"Gioire in Musica" è un piccolo spazio per condividere lo splendore della musica classica e le emozioni che essa suscita in noi; ma anche un luogo in cui raccontare quanto ogni musica nata dal profondo si intrecci alla nostra esistenza nutrendo il cuore e infondendoci vita, sorriso e limpidezza di sguardi.
sabato 26 febbraio 2011
Regali per sempre
Dico "sorpresa" perchè ci sono pezzi che non sento più da una vita, ma che scopro di avere ancora dentro quasi nota per nota come se, dopo la prima volta, fossero divenuti miei per sempre.
Alla "Sinfonia fantastica" di Berlioz, primo disco in assoluto, ne erano seguiti molti altri come ho già avuto occasione di dire in un recente post, anche se non tutti mi "prendevano" immediatamente.
Non sono un soggetto particolarmente emotivo e, a parte i canti di montagna che hanno sempre esercitato su di me particolare suggestione, smuovermi dentro non è facile.
Capitava che certi brani classici di primo acchito non mi piacessero e richiedessero di essere risentiti a lungo prima di parlarmi. O per meglio dire, era necessario che, per cogliere la bellezza della musica, fossi io ad aprirle il cuore, a socchiudere quello spiraglio dell'anima che, rendendoci vulnerabili, consente di stabilire un'autentica comunicazione.
Mozart e Chopin mi avevano preso subito, ma nonostante a sedici anni fossi già innamorata di Bach, non tutto di lui mi era di immediato approccio: occorrevano tempo e frequentazione assidua, come capita con quelle persone a cui al momento non fai molto caso e delle quali solo più avanti scopri l'immenso valore.
Tuttavia, ho il ricordo nitido di brani che, per una serie di circostanze, sono stati amore al primo ascolto.
Ho in mente l' "Ouverture" del "Tannhauser", il primo Wagner che abbia mai ascoltato e che mi aveva spalancato l'anima verso l'infinito. Così pure la "Mariazellermesse" di Haydn, scoperta all'improvviso nel Duomo di Salisburgo, o il "Larghetto" della Sinfonia classica di Prokofiev con la sua dolcezza e il suo ritmo. Ma ogni pezzo dentro di me è denso di ricordi e meriterebbe attenzione particolare.
Possedevo poi un disco che comprendeva autori di varie epoche: lì, avevo scoperto il "Largo" di Haendel, così come il "Concerto di Varsavia" di Addinsell o la "Meditazione di Thais" di Massenet. Ascoltarlo era passare dalla solennità dell'organo alle note più intime del violino e così via, lasciando che l'anima letteralmente si ri-creasse alla luce di tanta bellezza.
E' proprio con uno di questi brani che mi riporta alle atmosfere della mia adolescenza che desidero augurare buon weekend a chi mi legge.
Ascoltare la "Meditazione di Thais" di Massenet dal violino della magica Anne Sophie Mutter non mi ricorda solo il fremito di un particolare periodo della mia vita, ma mi suggerisce che, sull'onda delle note e nell'attenzione del cuore, quella Vita è ancora qui.
Buon ascolto!
lunedì 21 febbraio 2011
"Incontro"
Avevo sempre guardato con qualche sospetto la realtà virtuale che certo ha i suoi vantaggi, ma pure inconvenienti e ambiguità. Tuttavia, sto sperimentando quanto anche il web possa diventare luogo di condivisione e di arricchimento, veicolo di cultura e di confronto. Se poi si parla di musica, è la stessa magìa delle note a creare un comune denominatore in cui ritrovarsi perché è proprio della musica, col suo linguaggio universale, il potere di creare dei legami.
Per questo, desidero dedicare oggi ai miei lettori e a tutti coloro che, anche per caso, si troveranno a passare di qui, un brano di Giovanni Allevi dal titolo particolarmente significativo : “Incontro”. E’ un pezzo tratto da “Composizioni” , il secondo cd pubblicato dall’autore ancora quasi alle prime battute del suo itinerario compositivo.
Sono delicatezza e intensità le cifre più significative di questo brano. Il tema - ripetuto e rielaborato in modo sempre più ampio come è tipico dello stile di Allevi - dal tono sommesso dell’inizio si arricchisce e si apre a sonorità progressivamente più complesse per poi riprendere a farsi intimo.
Tuttavia, mentre talora la melodia ritorna su se stessa con insistenza e quasi ridondanza, talaltra è come se il vero nucleo del pezzo si rendesse per così dire inafferrabile: nel momento in cui il compositore enuncia un tema, infatti, già lo rielabora andando oltre, conducendo l’ascoltatore altrove, quasi a inseguire - attraverso frequenti cambi di tonalità – un’espressività sempre nuova e più intensa.
E voglio pensare che il fulcro del brano, quello cui allude il titolo, sia proprio l’incontro del compositore con la Musica: un incontro iniziato delicatamente, quasi in segreto, poi alimentato da un’appassionata ricerca di pienezza fino ad esplodere in un impeto che qui, a tratti, riecheggia Chopin.
Belle le insistenti riprese del tema iniziale sottolineate dai bassi profondi della mano sinistra, così come gli arpeggi, il nitore delle singole note e - ancora una volta - le pause, dettate più che altro dal ritmo del cuore ad esprimere una dolcezza senza fine.
Buon ascolto!
venerdì 18 febbraio 2011
Grazie !!!
Gliene sono profondamente grata e mi sorprende che il mio piccolo spazio che compie in questi giorni solo quattro mesi - proprio un neonato ! - conti amici lettori così affezionati.
E certamente il merito è della musica che, con il suo fascino, ha il potere di creare legami aprendo il cuore e aiutandoci a scoprire lo splendore nascosto in noi e negli altri.
E' con gioia allora che anch'io mi appresto a segnalare tra i tanti blogs meritevoli per passione, freschezza e competenza - e, nessuno me ne voglia.... inevitabilmente esclusi - i seguenti tre:
- a tempo e luogo (http//atempoeluogo.blogspot.com)
- Eccomi (http//szaszkati.blogspot.com)
- la verità vi farà liberi (http//semperamicus.blogspot.com)
A voi e a tutti, oggi desidero dedicare un brano dell'autore con cui ho inaugurato questo blog: Mozart.
L'Andantino dal "Concerto per flauto, arpa e orchestra K.299" con la sua luminosa soavità sia il mio GRAZIE e il mio augurio di buona giornata!
mercoledì 16 febbraio 2011
Neve intatta
E' impagabile poter riascoltare il silenzio assoluto, abituati come siamo ai rumori del traffico cittadino e delle radio di sottofondo che ormai imperversano ovunque, dai bar ai supermercati e ultimamente anche alle stazioni.
Il silenzio diventa quindi una realtà nuova e inusitata, un'esperienza sorprendente che ci consente di affinare non solo l'udito, ma ogni altra percezione.
Dalla carezza del vento sul viso, allo sguardo che cerca di cogliere il disegno scuro delle cime nella notte stellata, tutto diventa in qualche modo fresco e nuovo, fino al respiro e ai battiti del cuore che nella pace circostante riusciamo a sentire riscoprendo di possedere un ritmo, una pulsazione, di essere vivi, come fosse la prima volta.
Ma certamente in questa stagione, ad accrescere tali sensazioni è la presenza della neve.
Davanti al bianco della neve intatta, viene spontaneo soffermarsi con stupore, contemplarne lo scintillio e tornare bambini imprimendo nel soffice spessore una mano magari solo per vederne l'orma.
E' riconciliarsi con una natura che sembra averci atteso maestosa e sublime, sempre uguale a se stessa, e che ora ci accoglie nel suo abbraccio rigenerante se solo ci abbandoniamo a lei e ci lasciamo portare dal suo splendore.
Così, la serenità ci pervade poco a poco, operando in noi una sorta di pacificazione, come un prezioso rammendo che ricuce il segreto tessuto del cuore.Anche la musica, come la bellezza della natura possiede un simile potere terapeutico capace di risanare dal profondo, restituendo splendore e integrità all'anima come un manto di neve intatta nella luce dell'alba.
Ed è Albinoni a guidarci oggi, con l'Adagio dal "Concerto per oboe op.9 n.2", un brano forse meno popolare del più famoso Adagio in sol minore, ma senza dubbio altrettanto suggestivo.
Buon ascolto!
domenica 13 febbraio 2011
"Hortus conclusus"
Col passare del tempo, il luogo si è diffuso anche in ambito laico assumendo una funzione decorativa, ma senza perdere le sue varie simbologie : la forma quadrata rifletteva i quattro angoli dell'universo e il centro era costituito da un albero (riferimento all'albero della vita) o da un pozzo o da una fontana (segno di Cristo fonte di sapienza, e dei quattro fiumi del Paradiso terrestre).
Al loro interno, questi giardini segreti ospitavano fiori e frutti dai significati simbolici sia mitologici che religiosi, ma nel campo dell'arte sacra l' "hortus conclusus" divenne ben presto il simbolo della verginità di Maria con riferimento al passo biblico del Cantico dei Cantici (4, 12): "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata".
Mi è venuta in mente questa immagine proprio oggi che in tutte le piazze d'Italia, ma anche all'estero, le donne hanno manifestato giustamente in difesa della loro dignità, perchè ho pensato che dignità è la salvaguardia di uno spazio anche interiore di bellezza, da custodire e proteggere così come si difende un giardino dall'invasione delle erbe infestanti.
Esiste infatti, a mio avviso, una verginità del cuore più che mai necessaria in questi tempi, per coltivare con cure da esperto giardiniere il terreno dei sentimenti e delle relazioni difendendolo dalle incursioni esterne.
Certo, è un discorso che vale per ogni persona, uomo o donna che sia, perchè tutti abbiamo da preservare in noi un luogo segreto e silenzioso che ci ricorda la nostra origine divina.
Tuttavia mi pare tipicamente femminile la vocazione a proiettare la propria attenzione dentro prima ancora che fuori, a coltivare la propria interiorità facendole spazio e imparando a leggerne ogni sfumatura con tenacia e insieme con dolcezza.
A commento di tali considerazioni, mi piace postare qui un brano del musicista che - forse più di ogni altro - parla col linguaggio dell'interiorità, colui che con la profondità e la delicatezza delle sue note si è addentrato più a fondo nel meraviglioso e variegato giardino del cuore: Frédéric Chopin.
Dal "Concerto n.2 in fa min. op.21 per pianoforte e orchestra", il mirabile Larghetto eseguito in maniera altrettanto mirabile proprio da una donna.
Buon ascolto!
mercoledì 9 febbraio 2011
Febbraio
Pare infatti che, in questo caso, del lavoro dei Limbourg (Paul in particolare) rimangano solo tracce di uno schizzo nella parte alta della miniatura, e che in realtà l'autore sia anonimo.
Ciò spiegherebbe anche la singolarità di questo mese rispetto agli altri per il fatto che la scena rappresentata si limita ad un quadro di ambiente rurale e manca il castello sullo sfondo.
Detto questo però, non si può non cogliere la suggestione di una simile immagine, sia per l'impianto iconografico prospetticamente ben costruito, sia per il fascino della neve che crea un clima di particolare calma e riempie la rappresentazione di silenzio, quasi un preludio a quelli che saranno i dipinti di Bruegel.
L' autore rappresenta l'interno e l'esterno di una fattoria dove sono illustrati con grande realismo i dettagli di una giornata invernale: dalle persone che al coperto asciugano le vesti davanti al fuoco, ai panni stesi, agli uccelli neri che becchettano sul terreno innevato, all'ovile, agli alveari allineati, alla figura che si dirige verso casa alitando sulle mani gelide.
Nella parte alta della miniatura poi, un contadino spinge l'asino verso un paesetto che s'intravvede sullo sfondo, lontano, affondato nel biancore, tuttavia ben individuato nei particolari.
La suggestione nasce anche dal gioco dei colori: il bianco della neve infatti dà risalto alle diverse tonalità di marrone (l'edificio, il recinto, gli alberi, il silos) e qua e là, qualche macchia di blu richiama la lunetta.
Bellissimo l'intreccio del recinto che fa pensare a un contesto di vita ordinata e regolare nei suoi ritmi, all'interno della quale ogni lavoro è ben curato e trova la sua giusta e serena collocazione.
Nel contemplare la bellezza e il senso di pace che spira da questa miniatura, ci accompagna ancora la musica di Respighi, questa volta con la "Siciliana" sempre dalla Suite n.3 da "Antiche arie e danze per liuto".
Buon ascolto!
sabato 5 febbraio 2011
Dalla classica al rock
Era stato proprio il disco di quella sinfonia, infatti, il primo in assoluto che avevo acquistato per inaugurare il giradischi regalatomi dai miei genitori.
Avevo quindici anni, era l'epoca dei 33 giri di vinile e non immaginavo che quel Berlioz comprato a caso senza sapere in realtà di cosa si trattasse, sarebbe stato il primo di una lunga serie che mi ha accompagnato durante la mia adolescenza.
Avevo scoperto che in edicola usciva una collezione di fascicoli dedicata ai grandi musicisti per modiche 350 Lire l'uno salite poi, se non erro, a 750 nella successiva edizione (...sì, lo so...sto parlando di preistoria!...). Così l'acquisto di quegli album bianchi, ciascuno con relativo disco inserito nella copertina, era diventato il mio prezioso appuntamento settimanale.
A Berlioz era seguito Chopin, poi Beethoven, Schumann, Mendelssohn, Mozart, Bach e via dicendo. Non erano pubblicati in ordine cronologico: perciò passavo dal fascino dei concerti più romantici per violino o pianoforte al rigore del clavicembalo bachiano e di nuovo all'impeto pianistico di Liszt o di Brahms.Sentivo musica in ogni momento libero e non: adoravo Bach a tutto volume per la gioia e la disperazione dei vicini di casa. Lo ascoltavo a volte anche studiando: i Brandeburghesi erano perfetti con gli esercizi di algebra, mentre con geometria o letteratura mi occorreva maggiore concentrazione e dovevo rinunziare.
Col passare del tempo, però, pur essendo rimasta inalterata in me la passione per la classica, ho iniziato ad ascoltare anche la musica leggera dei cantautori o dei gruppi più in voga, mentre ho faticato parecchio invece a familiarizzarmi con il rock.
Unica eccezione in questo campo è stata una composizione che mi ha immediatamente appassionato e che amo ancora moltissimo : "Jesus Christ Superstar", forse la più famosa opera rock degli anni Settanta, scritta da Tim Rice per il testo e Andrew Lloyd Webber per la musica, e rappresentata ancora oggi sia nella versione musical che in quella cinematografica.
Al di là dell'interpretazione hippy della vita di Gesù che a suo tempo aveva creato alcune polemiche, è stata proprio la musica di Lloyd Webber a prendermi: grintosa e accattivante, ricca di sensualità e di ritmo e splendida soprattutto nelle parti vocali di Giuda e della Maddalena.
E' proprio una delle più famose arie cantate dalla Maddalena, "I don't know how to love him" (Io non so come amarlo), che oggi desidero postare qui perchè - e anche in questo sta il bello! - è la chiara ripresa di una delle pagine più suggestive della letteratura violinistica dell' Ottocento: l'Andante dal "Concerto in mi minore op.64" di Mendelssohn che propongo nella datata ma sempre magica esecuzione di Christian Ferras.
Dalla classica al rock...e poi ancora alla classica!
Buon ascolto!