mercoledì 28 maggio 2014

Angoli di Sicilia

Castello di Donnafugata
Finalmente, dopo una serie di attese e d'incertezze, ho avuto la



possibilità di trascorrere qualche giorno in giro per la Sicilia, alla scoperta di alcune sue bellezze naturali e artistiche.





A dire il vero, dovrei dire la mia Sicilia perchè - benchè sia nata e vissuta sempre al nord - le mie radici sono là, tra il mare e gli agrumeti, tra pistacchi e fichidindia, in mezzo ai telamoni lugubri di cui parla Quasimodo in una delle sue poesie per me più affascinanti.

Ragusa: Duomo
Il mio itinerario si è limitato però alla zona che da Catania si stende verso Siracusa e poi giù fino alla punta, tra piccoli gioielli barocchi come Noto e Scicli, Ragusa e Modica, senza dimenticare tuttavia lo splendore del passato greco-romano dell'isola, dalla Valle dei Templi di Agrigento alla Villa del Casale di Piazza Armerina.


E' una Sicilia non facile da raccontare. Mi porto dentro infatti sensazioni, colori, profumi, ma anche sapori di tale suggestione che parole e immagini non bastano a tradurre: dal silenzio raccolto e commosso davanti alla tomba di Vincenzo Bellini nel Duomo di Catania, all'animato vociare del mercato del pesce, vera full immersion nel colore locale; dal mare luminoso di Siracusa, alla progressiva arcana penombra delle latomie e dell'"Orecchio di Dionisio"

Ma mi restano impresse anche le
Modica : Duomo
scenografiche scalinate che conducono al Duomo di Ragusa e di Modica fino a quella di Caltagirone ricoperta di maioliche
, così come le storie ascoltate dalle guide che narrano di santi e processioni tradizionali, di ville romane e chiese rupestri.
Aspetti diversi di una Sicilia dai mille volti: dalle vecchie botteghe ricavate ancora oggi da antiche grotte a Scicli, a dimore sontuose e aristocratiche come il Castello di Donnafugata; da una ricchezza umana fatta di grande ospitalità e da un vivo senso di intraprendenza, a una visione della vita venata invece da una punta di rassegnato scetticismo.

Scicli: chiesa rupestre.
Penso allo splendido recupero della cattedrale di Noto dopo il crollo della cupola, ma anche al Duomo di Agrigento da anni ormai in attesa di opportuni restauri. 
Penso alla competenza e alla passione con cui le guide illustrano chiese, palazzi e vicende storiche. 
Ma ho in mente anche la simpatica signora che a Scicli mi ferma per strada per chiedermi "D'unne venite?", e alla mia risposta sgrana occhi meravigliati dicendomi "Accussì luntanu....E cche ci facite ccà?" come se, a suo dire, il paese fosse privo di qualunque attrattiva.

E attraversando poi campagne talora brulle, ma più spesso fitte di colture ben ordinate, incontrando indicazioni di paesi come Lentini, Francofonte o Licodìa, impossibile non pensare al Verga, alle immense piantagioni di Mazzarò e ritrovarsi quasi negli stessi panni del viandante che le percorre sotto la calura del meriggio tra siepi di fichidindia e sughereti grigi.

Noto: balcone di Palazzo Nicolasi
Scicli: S.Giovanni
E poi il barocco di palazzi e chiese, così diverso da quello che s'incontra altrove: talora più severo, talaltra più opulento, un barocco unico al mondo oserei dire, per quell'arenaria dai toni chiari e insieme caldi, resa ancor più luminosa dal particolare azzurro del cielo e dalla splendida vegetazione mediterranea che le fa da cornice.
Ma sono anche le decorazioni a rendere le architetture affascinanti in ogni dettaglio: dai ferri battuti simili a pizzi, fino alle balconate sontuose nelle loro mensole scolpite e direi quasi lussureggianti, come i fiori blu di jacaranda e gli agrumeti già carichi di frutti che costellano le campagne e i viali di città.

Agrigento: Tempio di Hera Lacinia
E infine la Valle dei Templi, alta sul mare, tra mandorli e ulivi nella brezza del mattino, oasi d'incanto senza tempo da percorrere in silenzio, lasciando riaffiorare dal cuore i versi di Quasimodo in "Strada di Agrigentum".  
Pietre vivissime ancora oggi nella loro armonia, nonostante il contrasto stridente con la collina accanto sulla quale s'innalzano i palazzi di Agrigento frutto di una sconsiderata speculazione edilizia.

Agrigento: Tempio della Concordia
Eppure anche questo ai miei occhi non è privo di una sua particolare attrattiva: è la vita ieri e oggi con le sue contraddizioni. 
Ma dall'alto della città, un impagabile panorama si apre fino alla striscia verde-blu del mare: la piana in mezzo alla quale, in contrada Kaos - con la kappa, come precisa la guida - è nato Pirandello e in fondo Porto Empedocle.....dov'è nato anche mio padre.

Mancherà l'Etna a completare il quadro di questa meraviglioso angolo di Sicilia: riusciremo a vederlo uscire dalla foschia solo ripercorrendo la strada verso Catania, alto sulla piana e incappucciato da una nube di vapore. 

Il mare a Siracusa
Dall'aereo del ritorno - poco dopo la partenza - riesco a scorgere però lo stretto di Messina, la città e più su, ancora più vicina alla Calabria, la punta di Ganzirri, luoghi che ho conosciuto da sempre attraverso i racconti di mia madre che lì è nata e ha trascorso la giovinezza. 

Poi l'aereo prende quota e ci porta via inesorabile, sempre più alto sul Tirreno incontro a una bianca barriera di nuvole, verso la mia pianura disseminata di pievi romaniche. 
E resto con in cuore quel verso di Ungaretti che sempre mi risuona ad ogni distacco: "E come portati via / si rimane".

Ma per tornare alla musica, mi sembra bello commentare le immagini che vedete con un brano del catanese Vincenzo Bellini (1801 - 1835). 
Vien quasi da tremare scrivendo queste date - come peraltro quelle di altri autori romantici come Schubert e Chopin, solo per citarne alcuni - ma trentaquattro anni sono davvero pochi e chissà quanta altra musica il compositore ci avrebbe regalato se fosse vissuto più a lungo! 

Parlando di Bellini, il primo pensiero va alla "Norma" con la sua romanza più famosa, "Casta diva", interpretato naturalmente dalla Callas: è un brano che ho già pubblicato tempo fa e che, se volete, potete ritrovare qui. 
Così, ora della stessa opera ho scelto l' "Ouverture", anche perchè mi pare sommi in sè una varietà di temi e caratteri diversi: sono toni ora irruenti e tesi, ora decisamente più lirici; ora marziali, ora pervasi da dolcezza e limpida serenità.
Un insieme di passionalità e di fremiti che possono ben rappresentare gli aspetti così eterogenei dell'anima di Sicilia.

Buon ascolto!





 

martedì 20 maggio 2014

Dolcissimo Schumann....

Renoir: "Fanciulle al pianoforte" - Parigi, Museo d'Orsay.
Probabilmente, chi studia pianoforte, nei suoi primi approcci alla musica, avrà accostato diversi brani che famosi compositori del passato hanno dedicato proprio ai principianti. 
Sono pezzi a volte indirizzati ai figli o ai familiari, ma in alcuni casi si tratta di veri e propri album per la gioventù.

Così, grazie a Schumann - forse il più eseguito da questo punto di vista - a Tchaikovsky e a tanti altri autori, senza dimenticare Bach con il suo Quaderno di Anna Magdalena, molti pianisti in erba hanno iniziato a mettersi in gioco sulle pagine dei grandi musicisti, familiarizzandosi con minuetti e polonaise, preludi e rondò.

Sono in genere brani talora piuttosto semplici, ma non sempre così facili come certi titoli inducono a pensare, anche perchè - al di là di una corretta esecuzione - occorre poi una buona capacità interpretativa per riuscire a trarne tutto il fascino che essi ci sanno regalare. E non è detto che una scrittura musicale in apparenza semplice, non nasconda poi difficoltà proprio a livello di interpretazione.

Come spesso accade quando ci troviamo di fronte a un grande, il suo genio si manifesta nelle creazioni più complesse e articolate così come nelle piccole cose. Ed è meraviglioso, per chi è agli inizi, familiarizzarsi con la musica attraverso composizioni che vanno subito a toccare le corde dell'anima in cento modi e sfumature differenti, accendendo quella passione che consentirà poi di affrontare pagine più difficoltose.

Così, oggi voglio pubblicare un dolcissimo pezzo per pianoforte di Robert Schumann (1810 - 1856): il "Piccolo studio in Sol maggiore op.68 n.14" tratto dal suo Album per la gioventù nel quale questo splendido gioiellino è inserito proprio nella sezione indirizzata ai più piccoli.
Chissà perchè, ma la prima volta che l'ho ascoltato mi ha ricordato subito uno dei brani più conosciuti di Bach: il "Preludio n.1 in Do maggiore BWV 846" che apre il I libro del "Clavicembalo ben temperato", reso poi ancor più famoso da Gounod che ne ha fatto la base della propria "Ave Maria".  
Il brevissimo studio di Schumann mi è parso infatti una sorta di risoluzione in chiave romantica proprio di quel preludio. E anche se il ritmo degli arpeggi è differente, e la scansione del tempo è in sei ottavi e non in quattro quarti, mi pare di ritrovarvi la stessa incantevole semplicità. 
E' come se il compositore, che ha studiato a lungo Bach e il "Clavicembalo ben temperato" in particolare, l'avesse tanto assorbito e - per così dire - metabolizzato, che la linfa di quel preludio è rinata nelle sue note.
Così, qui di seguito ho riportato entrambi i pezzi: Schumann dolcemente eseguito da Jorg Demus e Bach in una nitida interpretazione di Tzvi Erez.

Certo, dire Bach è parlare soprattutto di un rigore quasi matematico, mentre Schumann ci trasporta in un romanticismo pervaso da sognanti atmosfere, una sorta di poetica del vago e dell'indefinito tradotta in musica, in cui la melodia è attraversata da una grande varietà di sfumature e di colori. 
Gli arpeggi esplorano infatti un'ampia gamma di possibilità espressive e il suono delle note diviene ora lievissimo canto, ora rintocco di campane che va lentamente spegnendosi.
Tuttavia, mi pare che vi si possa avvertire chiaramente il saldo legame col passato, la ricchezza di una tradizione che rifluisce nel presente e che, consegnata allo scorrere del tempo, va a rifiorire in nuovi germogli. 

Buon ascolto!

 

martedì 13 maggio 2014

Rose di maggio

Assistiamo, in questo periodo di primavera ormai inoltrata, alla fioritura delle rose. 
E anche se ci sono varietà che mantengono il loro splendore fino ai primi freddi, è sempre maggio il mese che vede la loro bellezza rifulgere al massimo grado. 
Sono fiori che - è risaputo - hanno spesso ispirato gli artisti: vari poeti, infatti, li hanno celebrati nel tempo, ma anche diversi pittori ne hanno fatto rivivere la leggiadria nelle loro opere.

E' a questo proposito che oggi desidero presentare un dipinto piuttosto singolare che, all'interno della produzione di uno degli artisti che amo di più, mi ha sempre colpito.
Si tratta di "Giardino di rose" di Paul Klee (1879 - 1940), olio su tela del 1920 conservato alla Stadtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco di Baviera.

E' - a tutta prima - l'insieme delle tonalità calde del quadro a colpirmi: tinte che si accendono fino al fucsia come se il colore delle rose, con la sua intensità, debordasse andando a riflettersi su tutta la costruzione architettonica rappresentata nel dipinto.
Ed è ben strano il giardino che ci si presenta. In realtà è un incastro di geometrie e volumi, quadrati e triangoli, parallelepipedi e coni, un insieme di vuoto e pieno, concavo e convesso dove poi - solo poi - ravvisiamo un panorama fatto di case, torri, chiese, finestre, muri e tetti appuntiti, edifici d'altri tempi come appartenessero a un passato un po' fiabesco.

Chissà a che pensava Klee! A una città arrampicata in collina o ai contrafforti di un castello? O forse ad antiche miniature dalla prospettiva un po' incerta? Probabilmente a nulla di tutto ciò, se il paesaggio che si apre davanti ai nostri occhi in realtà si scompone mostrando il suo nucleo segreto costituito essenzialmente di geometrie. E anche le rose cui il dipinto si riferisce, scandite quasi con regolarità nello spazio del quadro, ci ricordano la semplicità dei disegni infantili fatti di aste e di cerchi. 
Un Klee - questo - che certo avverte l'influsso del Cubismo e, nel rappresentare una prospettiva scomposta, sembra avvicinarsi allo stile del suo contemporaneo Robert Delaunay.
Ma è anche la suggestione coloristica di un mondo forse di fiaba a divenire qui strumento dalle infinite possibilità espressive non tanto per riprodurre la realtà, ma per scandagliarne lo spessore nascosto.

"Fuga in rosso": Zentrum Paul Klee, Berna
Tuttavia, il fascino di Klee nasce per me non soltanto da quest'opera e dal suo itinerario artistico che lo vede esponente dell' Astrattismo e attivo in movimenti come "Il cavaliere azzurro", ma anche dalla sua passione per la musica, essendo stato figlio di musicisti e lui stesso violinista.

Nella sua vita, la pittura s'intreccia infatti alla musica in un legame variegato e complesso che qui mi limito solo ad accennare. Quest'ultima s'imprime nei suoi quadri attraverso colori che diventano una sorta di elemento danzante, fatto di sfumature e vibrazioni di tono tese a donare ritmo alla composizione. 
"Polifonia": Kunstmuseum , Basilea
Ciò risulta evidente in opere come "Fuga in rosso" dove il digradare della tonalità sembra rappresentare un dato ritmico, ma anche in altre composizioni come - per esempio - "Polifonia" in cui la sovrapposizione di tinte crea sfumature particolari, simili all'effetto di un coro polifonico dove le singole voci cantano simultaneamente melodie diverse. 
Proprio la simultaneità sembra interessare a Klee che, nel fondere i colori, stempera le tinte traendone esiti pacati, al contrario dei Futuristi che la traducevano in segni veloci, marcati e talora quasi violenti.

Ma la stessa caratteristica ritrovo anche in altre opere dell'artista per me davvero affascinanti, sia perchè il suo tratto è ancora leggero - mentre si appesantirà nel periodo più vicino alla morte - sia per il gioco di incastri capaci di creare un senso di profonda armonia.
"Pesci che giocano" : Fondazione Mazzotta, Milano
Parlo - per esempio - di "Pesci che giocano", dipinto nel quale la lezione del Cubismo, se perde da un lato parte della propria intensità plastica, dall'altro ci regala però lievi e sognanti geometrie giocate su valori di superficie e sottolineate dai colori pastello.
E anche in questo caso, mi pare che la pittura sappia rendere con grande efficacia  il movimento, rispecchiandone la simultaneità.
 
Ma per passare dall'armonia dei colori a quella dei suoni, considerato che nei suoi "Diari" Klee cita Mozart e Bach tra i propri autori preferiti, ho pensato di associare ai suoi dipinti un brano di Mozart che ricorda da vicino proprio lo stile delle composizioni bachiane.
Si tratta della "Fuga" dalla "Sonata per violino e pianoforte in La maggiore K.402", pezzo di particolare bellezza dove le note, come un disegno dai tratti lievi, vanno costruendo un'architettura polifonica sempre più complessa e tuttavia leggera. Il pianoforte infatti non si limita ad accompagnare il violino come accade altrove, ma i due strumenti dialogano da comprimari prima con delicatezza, poi con crescente intensità.
E' un Mozart, come dicevo, che ricorda da vicino Bach non solo per la struttura fugata del brano, ma anche perchè il tema, nelle sue note iniziali, riprende sia pure con ritmo diverso proprio l'esordio dell' "Invenzione a due voci in re minore BWV 775".

Buon ascolto! 

lunedì 5 maggio 2014

A spasso per Ferrara

E' stata la splendida città di Ferrara a far da cornice, questa volta, all'appuntamento primaverile del nostro ormai collaudato gruppo di blogger.  
...Primaverile si fa per dire perchè, nonostante abbiamo goduto del conforto - finalmente! - di un bel sole caldo, le previsioni dei giorni scorsi ci avevano fatto temere un tempo da tregenda e fino all'altra sera qui da me diluviava.
Tuttavia, nessuno di noi - amici di vecchia data e nuovi - si è lasciato intimidire dalle previsioni e sotto la guida delle nostre tre organizzatissime donzelle del web, Ambra, Sandra ed Erika - che avevano pensato a itinerari alternativi in caso di pioggia, vento e tempeste varie - l'inarrestabile manipolo dei blogger ha potuto trascorrere una piacevolissima giornata. E come si vede dall'azzurro di questa splendida foto scattata da Stefano, siamo stati premiati.

A Ferrara, è stato bello attraversare il centro storico, affollato e vivacizzato da piccoli sbandieratori in festa e bancarelle di artigianato vario, incantarci poi davanti allo splendore del Duomo, o girellare nella tranquillità delle viette più interne e antiche a naso in su, adocchiando un campanile, una torre o un arco ogivale.

Passare dal chiasso e dall'animazione intorno al Castello o al Palazzo Ducale e inoltrarsi poi nel silenzio delle stradette che vedete, ha ravvivato la conversazione che si è fatta talora più intensa e confidenziale in un clima di distensione e spontaneità.
E poi - diciamolo - non sono state solo le bellezze artistiche della città ad incantarci, ma anche la sua ospitalità fatta di simpatia e, cosa non trascurabile, di buona cucina....

Tuttavia, al di sopra di tutto, abbiamo vissuto la gioia di ritrovarci in un rapporto di condivisione che - ce ne siamo resi conto subito - la consuetudine ha reso sempre più facile e spontaneo. 
Ancora una volta, infatti, lo scambio di idee, di esperienze o di emozioni ci ha fatto toccare con mano quanto un blog possa essere il punto di partenza verso legami di concreta amicizia, una base di sintonia destinata a tradursi - quando ci s'incontra - in un'accoglienza reciproca sempre più vera. 

E per festeggiare una giornata così piacevole, mi piace postare un brano di musica molto conosciuto, carico di ritmo e al tempo stesso di distensione : "La Danza delle ore" da "La Gioconda" di Amilcare Ponchielli (1834 - 1886).

Si tratta di un pezzo che alterna passaggi scanditi con levità, quasi fossero appunto i battiti delle lancette di un orologio, ad altri in cui la melodia si dipana in modo più intimo e intenso. Un brano che, se per un verso ci ricorda il passare del tempo, con la sua serenità sembra tuttavia esortarci a riempirlo di sorriso.
Così, alla fine, la danza - prima sempre misuratamente ritmata - sfocia nell'entusiasmo di un trascinante e vivacissimo can-can che ci porta via con sè in tutta la sua effervescenza.

E mi sembra che ciò possa rispecchiare in qualche modo anche l'andamento del nostro incontro, fatto prima di un procedere "a corserelle e a fermatine", talora per raggiungere il gruppo o per indugiare con qualcuno nella conversazione; e poi di una gioia sempre crescente e di un comune rinnovato entusiasmo.

E nel segno della gratitudine, auguro a tutti un buon ascolto!!!