Immagino che in tanti abbiate riconosciuto subito, in questa immagine, un particolare della splendida "Adorazione dei Magi" di Giotto (1267 - 1337), nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.
È la cometa che sovrasta la capanna dove i Re venuti dall'Oriente portano doni al piccolo Gesù. Probabilmente, l'artista vi ha voluto raffigurare la celebre cometa di Halley della quale aveva visto il passaggio, anche se gli studiosi non ne sono totalmente certi. Tuttavia non è su questo argomento che intendo soffermarmi, ma proprio sul dettaglio pittorico.
Osserviamolo: è un'immagine
che fonde in modo straordinario semplicità ed efficacia e in pochi
tratti - ora indefiniti, ora progressivamente più marcati - non solo rende splendidamente un'idea, ma ci riempie di emozione. E se non ne conoscessimo l'autore nè il periodo in cui è stata realizzata, potremmo forse scambiarla per un'opera moderna o contemporanea.
Certo, la grandezza di Giotto sta anche nella sua modernità fatta di pennellate essenziali, capaci in pochi tocchi di dar vita, espressione, sentimenti alle figure umane e a tutta la compagine naturalistica che rappresenta. Ma c'è di più.
Qui non vediamo un astro dalla luminosità contenuta e tranquilla come in altre raffigurazioni pittoriche, ma una meteora
dirompente a somiglianza di un oggetto che sta esplodendo. Il modo in cui è dipinta la
coda della stella non sembra forse imprimerle velocità? E il cuore della cometa, animato da un fuoco interno e da quei raggi di luce che si irradiano intorno, non rappresenta una sorta di deflagrazione?
Osservare oggi questo particolare colpisce perchè, se è splendido sul piano pittorico, può diventare inquietante per la terribile attualità di altre deflagrazioni che stanno devastando proprio la stessa parte di mondo in cui il dipinto è ambientato. Tuttavia, al di là di tale riferimento, la bellezza del dettaglio giottesco sta nel fatto che la forza esplosiva della stella è in realtà un ardente palpito di vita quasi che, attraverso di essa, l'artista abbia voluto rappresentare la sorpresa del creato e la sua corsa gioiosa a celebrare l'evento dirompente della nascita di Gesù.
Nell'insieme dell'affresco, la qualità del particolare può forse sfuggire, ma il suo ingrandimento ci rivela quanto Giotto abbia fatto della cometa non un ornamento puramente accessorio, ma un segno forte a indicare Colui che è sceso nel mondo a salvarlo dal male.
Così, ho scelto di associare a questa immagine un brano del musicista estone Arvo Pärt intitolato proprio "Da pacem, Domine".
Si tratta di un antico testo liturgico le cui parole - "Da pacem, Domine, in diebus nostris, quia non est alius qui pugnet pro nobis nisi tu Deus noster" - fanno riferimento a vari passi biblici.
Il pezzo è stato scritto dal compositore nel 2004 su iniziativa di Jordi Savall, per ricordare le vittime degli attentati terroristici a Madrid dello stesso anno; ma è una preghiera che sottintende la sofferenza dell'intera umanità, nella convinzione che l'unica vera protezione è quella di Dio.
Il brano corale a quattro voci è costruito sulle note di un'antica antifona gregoriana, e se ciò da un lato è cosa insolita nello stile di Pärt, dall'altro dona al mottetto cadenze tipiche della musica rinascimentale.
Tuttavia, a mio modesto avviso, anche altre reminiscenze fanno la bellezza di questo canto. Il suo procedere lento, segnato da note ripetute e ritmate - quasi un grido che sembra racchiudere tutto il dolore del mondo - nel suo andamento in minore con qualche cenno di apertura in maggiore, mi suggerisce due riferimenti: l'intensità dell'esordio del "Requiem" di Mozart e l'atmosfera sublime di certi inni ortodossi.
Il pezzo è stato rielaborato in differenti versioni: per coro a cappella, coro e orchestra d'archi così come per violoncelli, sassofoni e flauti dolci. Qui ho scelto l'interpretazione del Bundesjugendchor - Coro Federale della Gioventù che raccoglie cantori da tutti gli stati federali tedeschi - che mi è parsa particolarmente toccante.
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)