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sabato 13 gennaio 2024

Dirompente...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Immagino che in tanti abbiate riconosciuto subito, in questa immagine, un particolare della splendida "Adorazione dei Magi" di Giotto (1267 - 1337), nel ciclo di affreschi della Cappella degli Scrovegni a Padova.
È la cometa che sovrasta la capanna dove i Re venuti dall'Oriente
portano doni al piccolo Gesù. Probabilmente, l'artista vi ha voluto raffigurare la celebre cometa di Halley della quale aveva visto il passaggio, anche se gli studiosi non ne sono totalmente certi. Tuttavia non è su questo argomento che intendo soffermarmi, ma proprio sul dettaglio pittorico.

Osserviamolo: è un'immagine che fonde in modo straordinario semplicità ed efficacia e in pochi tratti - ora indefiniti, ora progressivamente più marcati - non solo rende splendidamente un'idea, ma ci riempie di emozione. E se non ne conoscessimo l'autore nè il periodo in cui è stata realizzata, potremmo forse scambiarla per un'opera moderna o contemporanea.
Certo, la grandezza di Giotto sta anche nella sua modernità fatta di pennellate
essenziali, capaci in pochi tocchi di dar vita, espressione, sentimenti alle figure umane e a tutta la compagine naturalistica che rappresenta. Ma c'è di più.

Qui non vediamo un astro dalla luminosità contenuta e tranquilla come in altre raffigurazioni pittoriche, ma una meteora dirompente a somiglianza di un oggetto che sta esplodendo. Il modo in cui è dipinta la coda della stella non sembra forse imprimerle velocità? E il cuore della cometa, animato da un fuoco interno e da quei raggi di luce che si irradiano intorno, non rappresenta una sorta di deflagrazione?
Osservare oggi questo particolare colpisce perchè, se è splendido sul piano pittorico,
può diventare inquietante per la terribile attualità di altre deflagrazioni che stanno devastando proprio la stessa parte di mondo in cui il dipinto è ambientato. Tuttavia, al di là di tale riferimento, la bellezza del dettaglio giottesco sta nel fatto che la forza esplosiva della stella è in realtà un ardente palpito di vita quasi che, attraverso di essa, l'artista abbia voluto rappresentare la sorpresa del creato e la sua corsa gioiosa a celebrare l'evento dirompente della nascita di Gesù. 

Nell'insieme dell'affresco, la qualità del particolare può forse sfuggire, ma il suo ingrandimento ci rivela quanto Giotto abbia fatto della cometa non un ornamento puramente accessorio, ma un segno forte a indicare Colui che è sceso nel mondo a salvarlo dal male.

Così, ho scelto di associare a questa immagine un brano del musicista estone Arvo Pärt intitolato proprio "Da pacem, Domine".
Si tratta di un antico testo liturgico le cui parole
- "Da pacem, Domine, in diebus nostris, quia non est alius qui pugnet pro nobis nisi tu Deus noster" - fanno riferimento a vari passi biblici.
Il pezzo è stato scritto dal compositore nel 2004 su iniziativa di Jordi Savall,
per ricordare le vittime degli attentati terroristici a Madrid dello stesso anno; ma è una preghiera che sottintende la sofferenza dell'intera umanità, nella convinzione che l'unica vera protezione è quella di Dio.
Il brano corale a quattro voci è costruito sulle note di un'antica antifona gregoriana, e se ciò da un lato è cosa insolita nello stile di Pärt, dall'altro dona al mottetto cadenze tipiche della musica rinascimentale.

Tuttavia, a mio modesto avviso, anche altre reminiscenze fanno la bellezza di questo canto. Il suo procedere lento, segnato da note ripetute e ritmate - quasi un grido che sembra racchiudere tutto il dolore del mondo - nel suo andamento in minore con qualche cenno di apertura in maggiore, mi suggerisce due riferimenti: l'intensità dell'esordio del "Requiem" di Mozart e l'atmosfera sublime di certi inni ortodossi.
Il pezzo è stato rielaborato in differenti versioni: per coro a cappella, coro e
orchestra d'archi così come per violoncelli, sassofoni e flauti dolci. Qui ho scelto l'interpretazione del Bundesjugendchor - Coro Federale della Gioventù che raccoglie cantori da tutti gli stati federali tedeschi - che mi è parsa particolarmente toccante.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

 

martedì 23 maggio 2023

Le mie città - 5

Beato Angelico : "Deposizione dalla croce"













 

Non è italiana e neppure europea la mia città di oggi, ma il suo nome evoca vicende di portata universale che in qualche modo ci interrogano nel profondo facendo riecheggiare in noi gli antichi versetti del Salmista: "Se mi dimentico di te, si paralizzi la mia destra, si attacchi la lingua al mio palato se lascio cadere il tuo ricordo". Parlo infatti di Gerusalemme.

Ci sono stata parecchi anni fa, ma non così tanti da non aver visto checkpoint e muri di confine con i territori palestinesi. Un viaggio certo interessante sul piano storico, religioso e politico, ricco di tappe che tuttavia qui non intendo ripercorrere perchè mi piace soffermarmi invece su alcuni particolari paesaggistici. Le vicende millenarie del luogo e le dominazioni susseguitesi nel tempo, come sempre accade, ne hanno plasmato anche la fisionomia, conferendole però in questo caso un fascino molto singolare.

Osservando il suo panorama, mi verrebbe spontaneo definire Gerusalemme la città tutta d'un colore, perchè - se si eccettua la spianata delle moschee - la visuale che dal Monte degli Ulivi digrada sulle tombe della Valle del Cedron e poi sale alle mura e agli edifici del centro storico, ci offre una tinta uniforme. La pietra delle diverse costruzioni ha infatti un colore chiaro tra il bianco crema e il beige rosato che ricorda il marmo, ma che in realtà è una particolare varietà di calcare di cui sono ricchi i monti della Giudea.
Forse è stato proprio questo aspetto che - al di là dei vicoli dei vari quartieri
dove si addensano botteghe e merci coloratissime come in un suq - mi aveva ricordato alcuni nostri centri storici d'impronta medioevale, a cominciare da Assisi e Viterbo. Ma se il colore chiaro, la spoglia pietra romanica delle chiese insieme alle arcate che sormontano certe vie mi erano risultate familiari, l'atmosfera che vi ho respirato resta unica.

Sarà per questo che sono andata a cercare le raffigurazioni della città in alcuni pittori del Quattrocento e mi ha colpito il fatto che - per quanto talora essa sia in secondo piano - non manca di accurati dettagli.
Ecco la Gerusalemme del Beato Angelico
(1395 - 1455) sullo sfondo della splendida "Deposizione dalla croce" al Museo di San Marco a Firenze, e poi quella di Andrea Mantegna (1431 - 1506) nella "Crocifissione" del Louvre a Parigi!
E parlando sempre del Mantegna, la citt
à compare ancora in secondo piano nell' "Orazione nell'orto" della National Gallery di Londra.

Una serena geometria di case quella dell'Angelico, dove edifici e cinta muraria possono ricordare Ambrogio Lorenzetti nel raffigurare Siena, o Giotto nella "Cacciata dei demoni da Arezzo", anche se con proporzioni più realistiche e tinte più luminose. E, parlando appunto di geometria, ciò che mi colpisce - oltre ai piani squadrati del tempio somigliante a uno ziqurrat - sono le tante figure solide cui si possono assimilare le costruzioni come ad una sorta di cubismo ante litteram.

A. Mantegna : "Orazione nell'orto" (part.)

Diversa la Gerusalemme del Mantegna, composta da edifici che ricordano alcuni centri storici italiani tra i quali si riconosce Roma con il Colosseo. Una città dalla possente cinta muraria, dal disegno severo e ben dettagliato che testimonia la passione dell'artista per l'antichità classica.

A. Mantegna : "Crocifissione" (part.)

Al contrario, nel particolare qui a lato sullo sfondo della "Crocifissione", il centro adagiato sulla collina e fitto di case, torri e mura, non ha edifici che lo identifichino con precisione. Solo i cippi delle tombe dietro la croce possono ricordare la Valle del Cedron ma, a parte questo, potrebbe trattarsi di una qualsiasi città dall'architettura quattrocentesca a cui il Mantegna si è ispirato.

Tuttavia, la Gerusalemme a mio avviso più sorprendente è del fiammingo Hans Memling (1430 - 1494) nella tavola intitolata "Passione di Cristo", conservata alla Galleria Sabauda di Torino.

H. Memling : "Passione di Cristo"












Il primo elemento di sorpresa è la gran quantità di persone e di edifici delineati con attenzione minuziosa in rapporto alle limitate dimensioni del dipinto(56,7×92,2 cm), probabile eredità della tradizione dei miniatori fiamminghi, esperti nel lavorare nel piccolo spazio. Le architetture della città poi sono quelle tipiche del Nord Europa all'inizio del Rinascimento, ma ad affascinarmi è la particolare iconografia dell'opera.
Due sono gli elementi più singolari: la rappresentazione contemporanea nello stesso quadro di momenti
diversi della Passione di Cristo - dall'ingresso in Gerusalemme alla Resurrezione - e soprattutto la descrizione di esterni e insieme di interni dove i vari episodi si intersecano col tessuto urbano diventando un tutt'uno con esso. Il dipinto infatti ci presenta una sorta di intricata processione che entra ed esce da porte, archi, case e vie, come se di Gerusalemme vedessimo uno spaccato, irto di edifici addossati l'uno all'altro, simile a un corpo che mostra le proprie viscere.

Certo, qui la città è in primo piano perchè frutto di un tema diverso da quello della Crocifissione o della Deposizione.
Ma tale iconografia mi sembra degna di nota anche
perchè ci parla di Gerusalemme come luogo inseparabile dalla Passione, evento che l'ha attraversata e segnata in passato, lasciando però sia sul piano materiale che spirituale un'impronta che ancora dura.

E quale musica dedicarle allora? A dire il vero, ci ho pensato a lungo vagliando diverse ipotesi da Bach fino alle arie festose dei klezmer. Poi però ho optato per un pezzo di un autore contemporaneo al quale oggi dò il benvenuto in questo blog.
Si tratta dell'estone Arvo Pärt, classe 1935, la cui ricca produzione è caratterizzata da un
profondo interesse per la musica sacra, uno stile di grande essenzialità e armonie improntate ad antichi procedimenti compositivi. Tra le sue opere corali, ho scelto il brano intitolato "Peace upon you, Jerusalem", in cui l'autore ha messo in note il testo del Salmo 122 (121) qui interpretato dall'Ensemble Sjaella, sestetto di splendide voci femminili.

Ma al di là dell'originalità stilistica di questo pezzo, mi piace sottolineare due dati che ci riportano all'attualità. Il primo è proprio il contenuto del Salmo che invoca pace sulla città, ma il secondo riguarda il luogo in cui il gruppo corale si esibisce. Si tratta della Chiesa di San Nicola a Lipsia, famosa per essere stata a lungo sede di incontri di preghiera per la pace e punto di partenza della rivoluzione pacifica della DDR che ha portato nel 1989 alla caduta del muro di Berlino.
Città diverse e storie lontane tra loro, certo. Ma mi sembra una coincidenza significativa quella che vede la preghiera per Gerusalemme cantata proprio nel luogo che ha dato origine alla caduta di un muro.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)