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martedì 24 marzo 2020

Se cielo e terra s'incontrano...

No, questa immagine così soave non apre un'ulteriore post della serie "Donne col libro" che probabilmente - l'incertezza di questi tempi è d'obbligo - arriverà, ma non oggi.
Il fatto è che, nei mesi scorsi, mentre cercavo raffigurazioni che documentassero la presenza di un libro nelle mani della Vergine Maria, tra i vari dipinti mi aveva colpito proprio questo che vedete.

Si tratta dell' "Annunciazione" di Guido Reni (1575 - 1642), splendida tavola conservata nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno.
Ad attrarmi in essa non stati tanto i visi nella loro soavità, la morbidezza del tratto pittorico nei panneggi o la capacità dell'artista di ambientare le figure nello spazio: segni di un'epoca in cui l'equilibrio rinascimentale ha già dato luogo alla libertà del Barocco. E neppure altri pur pregevoli aspetti: i due angioletti affacciati da lievi cumuli di nuvole e l'indice dell'Angelo rivolto verso l'alto, dettaglio che ha vari precedenti da Piermatteo d'Amelia a Fra' Bartolomeo, senza contare il celebre "San Giovanni Battista" di Leonardo.

Ad affascinarmi al di sopra di tutto è stato invece quel paesaggino in fondo, in secondo piano ma esattamente al centro del quadro, dove le direttrici prospettiche guidano il nostro sguardo. Un particolare di sublime bellezza, sia per il modo in cui quel panorama è delineato, sia per l'inquadratura: un triangolo tra la Vergine, l'ala dell'Angelo, i gigli e il libro. 
Di fatto, un quadro nel quadro, una finestra sul paesaggio dove l'ala è simile a una tenda che si apre sul mondo.

Fuori poi, nonostante le dimensioni piccole in rapporto al resto della composizione, il panorama è ampio e ricco di dettagli: cespi di vegetazione ai lati, un albero disegnato con levità, le torri e i contrafforti di un castello, mentre in lontananza il verde - o forse la collina - va sfumando nell'azzurro sotto un cielo dai colori cangianti. 
Un paesaggio che non si finirebbe mai di contemplare tale è il pacato splendore che da esso promana, mentre i fiori e il libro in primo piano danno un tocco di leggiadrìa e un senso di profonda pace.
Inoltre, se nell'insieme del dipinto le dimensioni della stanza scompaiono nell'onda di nuvole che accompagna l'Angelo e invade l'ambiente, là fuori - invece - il mondo esterno è concretamente delineato. Un mirabile incontro quindi tra Mistero e realtà quotidiana: qui il cielo, là fuori la terra in cui tutto si compirà. 
E come osservavo tempo addietro a proposito di altre Annunciazioni, tale iconografia dal Rinascimento in poi non è rara. Infatti, se pure la luce dello Spirito scendendo dall'alto va spesso a convergere su Maria, in parecchi dipinti la prospettiva ci conduce al di là dei due protagonisti e all'aperto, proprio verso quel mondo a cui l'evento è destinato.

Per entrare nel cuore di questa immagine, ho scelto allora un brano che mi pare altrettanto ricco di soavità e di pace. 
Si tratta dell' "Et incarnatus est" dal "Credo" della "Missa Pange lingua" del franco-fiammingo Josquin Desprez (1450 - 1521), compositore di musiche sacre e profane tra i più rappresentativi del Rinascimento.
Lenta, pacata e luminosissima la struttura polifonica del pezzo nella parte iniziale, mentre va a vivacizzarsi nel successivo "Et resurrexit". 
E insieme al dipinto di Guido Reni, mi piace pubblicarlo oggi, vigilia della festa dell'Annunciazione.

Buon ascolto!