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venerdì 12 luglio 2013

Esiti di fine anno

Sono terminati in questi giorni gli esami di maturità e i quotidiani ci stanno aggiornando sui vari risultati e percentuali: quanti promossi o bocciati, quanti cento e quante lodi, se le commissioni sono state più severe al nord o al sud e via dicendo.

Leggo inoltre che, sulla scorta delle tecnologie informatiche entrate a buon diritto anche nella scuola, già in molti istituti ogni allievo nel corso dell'anno può visionare online le proprie valutazioni.
Un' indubbia comodità che risponde a tutta una serie di esigenze comprensibili; tuttavia mi auguro che ciò non accada anche per la comunicazione degli esiti finali fino ad oggi affidati - per quanto ne so - ai tradizionali tabelloni perchè.... posso dirlo? Mi metterebbe un po' di tristezza.

A mio avviso, infatti, l'attesa comunitaria della pubblicazione dei voti, quelle ore a volte angosciose condivise tra compagni di classe hanno un valore del tutto impagabile che non si può barattare con la solitudine della propria stanza davanti allo schermo azzurrino del computer.
E' quell'attesa tutti insieme, nella condivisione dell'ansia, che a volte cementa amicizie, sblocca dialoghi o fa emergere ancor più nitida la verità di ciascuno. Nella tensione che precede l'affissione dei tabelloni, sgorgano infatti confidenze, rabbie, imprecazioni, segreti, speranze di un momento unico nella vita (... almeno si spera!). 
Qualcuno forse dirà che parlo così perchè a me è andata bene e non mi metto nei panni di chi rischia di vivere davanti a tutti il dispiacere di un risultato negativo. Capisco...tuttavia sono convinta che, in certe situazioni, sia sempre meglio la pacca sulla spalla o l'abbraccio solidale di un amico che un brivido di sudore gelato in solitudine. 

Ho un ricordo nitido di quelle attese, non tanto della maturità sul cui esito ero tranquilla, ma soprattutto del primo anno del triennio liceale che era stato per me piuttosto difficoltoso.
In segreteria ci avevano detto che i tabelloni sarebbero stati pubblicati alle tre del pomeriggio. Ma naturalmente dall'una mezza eravamo già lì. 
I primi tra noi studenti ad arrivare si aggiravano un po' straniti in quel cortile ormai familiare che tuttavia in quel momento ci appariva improvvisamente distante, quasi fosse riemersa la soggezione del primo giorno. 
Poi, man mano che la gente diventava più numerosa, si era ristabilita l'atmosfera di sempre e avevamo ricominciato a riempire dei nostri schiamazzi il silenzio di quello spazio severo, un tempo chiostro benedettino.
L'ansia e la paura ci avevano condotti tutti lì, a confidarci senza maschere  timori e tremori, fragilità e debolezze, a minacciare ipotesi del tipo se mi bocciano, stasera non torno a casa, ma anche a ridere, ridere a crepapelle per ogni minima sciocchezza! 
Tensione nervosa, certo, e insieme consapevolezza di un momento che avrebbe segnato la nostra vita. 

L'attesa era durata ben più del previsto, scandita dalle nostre previsioni col passare del tempo sempre più nere. Quando infine il bidello era sceso portando quasi con solennità il tabellone e, assediato da tutti noi, lo aveva fissato all'albo con le puntine, dopo qualche istante di sguardi ammutoliti, era esploso di tutto!
Urla, euforia, salti di gioia, incredulità, sospiri, insieme a qualche espressione non proprio elegante all'indirizzo di alcuni insegnanti, il che peraltro non aveva sminuito la stima che ne avevamo, nè ci aveva impedito di considerarli - allora e in seguito - dei sostanziali punti di riferimento. 
Insomma, adrenalina a mille.
Eravamo rimasti insieme a lungo, tra abbracci e apprezzamenti, sfoghi e risate, condividendo con appassionata sincerità qualche delusione, ma anche tanta inaspettata gioia.

Ma l'ultimo flash di quella giornata per me è un altro.
Ricordo mia madre che si sporgeva dal balcone di casa al quinto piano aspettando il mio ritorno. E quando finalmente, dopo un pomeriggio di angosciosa attesa (....non esistevano ancora i cellulari), ci aveva avvistato in fondo alla via mentre tornavamo - io e le mie compagne - ridendo, cantando e saltando in mezzo alla strada in piena crisi di stupidera, solo allora con un sospiro di sollievo era andata a spegnere la candela che aveva acceso a S.Antonio.
Per questo penso che nessuna eventuale novità informatica potrebbe mai sostituire il sapore di certe esperienze.

E per restare legata ai miei anni liceali, propongo un brano che mi aveva appassionato moltissimo proprio in quel periodo: le "Variazioni op.9 su di un tema di Mozart" di Fernando Sor (1778 - 1839) chitarrista e compositore spagnolo. 
Amo da sempre questo genere di creazioni dove la stessa melodia fiorisce in tanti modi diversi, come altrettante voci che si avvicendano ciascuna col proprio carattere rispecchiando un po' la varietà della vita.
E' così anche in questo famosissimo pezzo di Sor che - prendendo spunto dall'opera mozartiana "Il flauto magico" - ne modula un'aria in successive variazioni che si alternano con vivacità e malinconia, ora più semplici, ora ricche di una complessità da veri virtuosi.

Buon ascolto!