"Gioire in Musica" è un piccolo spazio per condividere lo splendore della musica classica e le emozioni che essa suscita in noi; ma anche un luogo in cui raccontare quanto ogni musica nata dal profondo si intrecci alla nostra esistenza nutrendo il cuore e infondendoci vita, sorriso e limpidezza di sguardi.
Tutti i giorni, quando apro il mio blog, come primo atto mi piace entrare nella pagina delle statistiche riservata solo a me, dove si registrano le varie visualizzazioni e la loro provenienza dal mondo. Clicco la voce "pubblico" e magari scopro che questo piccolo spazio web non è stato visto semplicemente dall'Italia o da altri stati vicini, ma talora anche dall' America, dalla Cina, dalla Russia e via dicendo. Chi ha un blog sa bene di che cosa sto parlando e per me è sempre un piacere osservare nell'immagine del planisfero quali paesi si colorano in verde, più chiaro o più scuro a seconda del numero delle visite del momento. E nonostante sia ormai un'operazione normalissima, non finisce mai di stupirmi la facilità con cui la connessione internet mi consente dimettere in rete una musica e - voilà! - condividerla col mondo intero. Non basta. Il blog mi dice anche quali sono i post più visualizzati, cosa che potete notare anche voi nella barra laterale, dove compare la top ten delle pagine più popolari nell'arco di un determinato periodo. Ed è proprio qui che volevo arrivare perchè ho notato che questa sorta di classifica, per quanto sia costantemente in movimento, presenta sempre almeno due post con dei canti di montagna.
Quando al mattino accendo il computer, spesso una visita a qualcuno di quei post è già stata fatta, e subito mi vado immaginando gli ascoltatori - forse conosciuti o forse no - che prima di iniziare la giornata, come fosse un rituale quotidiano, vanno a rinfrescarsi l'anima con uno di questi brani. Ma potrebbe anche trattarsi di un ascolto notturno: il blog dà l'andamento delle visualizzazioni ora per ora e non è raro che io scopra picchi di visite fatte proprio nel cuor della notte...o chissà, magari dall'altro capo del mondo! Trovo tutto ciò meraviglioso e toccante. Mi piace questa fedeltà quotidiana a un brano - magari quello solo - fatta di un ascolto ripetuto e instancabile, un affetto perseverante e appassionato che si appaga sempre delle stesse note trovando in esse non la monotonia, ma un inesauribile nutrimento. Vorrei dire a queste persone: grazie, è bellissimo, continuate così! E se non desiderate cambiare, tranquilli! Bach e Mozart non si offendono anche perchè - a dirla proprio tutta - tanta musica dei cori di montagna affonda le radici nel passato e spesso chi li ha armonizzati si è formato in Conservatorio proprio sulle note dei grandi.
Così, spinta dal desiderio di concretizzare la mia gratitudine verso tali ascoltatori, oggi ho scelto un altro brano simile, ritornando ad uno dei compositori più rappresentativi di questo genere musicale. Si tratta di Bepi de Marzi, autore di canti che parlano di montagne, ma anche di consuetudini o tradizioni di paese, e sempre ci conducono verso la contemplazione della natura colta nei vari momenti della giornata o nelle diverse stagioni. Sono testi ricchi di un afflato poetico che trova espressione in una musica fatta di intensa nostalgia, di forza e insieme di delicatezza. Ed è proprio giocato su di una nostalgica suggestione il brano di oggi, interpretato dal coro "I Crodaioli". S'intitola "Fodòm", termine ladino che significa là in fondo e sta ad indicare la vallata di Livinallongo, nel cuore delle Dolomiti. È il canto di chi custodisce nell'anima questi luoghi e ad essi - al loro silenzio, alle loro storie antiche e allo splendore della natura - sente di appartenere dal profondo. Immagini e ricordi fusi in un'attitudine contemplativa ed espressi da una polifonia ricca di sfumature e di solennità. Buon ascolto!
Quando a fine giornata spengo il computer, a volte, invece di andarmene subito, mi capita di indugiare ancora per qualche momento. Clicco "arresta il sistema" e, mentre la procedura di spegnimento fa il suo corso, resto lì come sospesa. Lo schermo si svuota delle icone e per un attimo rimane solo la foto di sfondo col paesaggio della mia Valnontey ormai libero, come se dalla scrivania potessi percorrerne il sentiero innevato e avventurarmi in un sogno. Poi sparisce. Ma per qualche istante quell'ordine - "arresta il sistema" - mi resta dentro come un comando che può significare tutto e il contrario di tutto: una tentazione, un delirio, una follia, un momento di totale assenza, un vuoto di fronte al quale, per un attimo, può mancare il respiro. Arresta il sistema: alzati, esci, torna indietro, ribellati al corso del tempo. Arresta il sistema e - come Faust - ferma l'attimo fuggente, afferralo e prolungane all'infinito il corso, la vita, la suggestione, il sapore, la bellezza, quasi in esso potessi addentrarti, avvolgerti nel suo profondo e restare lì, in una tana calda e rassicurante. Arresta il sistema e ritrova il passato, quasi fosse inciso su di un nastro magnetico intorno alla terra e lo potessi liberamente srotolare per andare danzando coi volti di chi hai amato o ripercorrere i giorni che ti hanno dato luce e consapevolezza di te. Arresta il sistema e fermati: lasciati raggiungere dalla tua anima e allarga lo sguardo a cogliere del mondo la visione d'insieme, come in certe notti d'estate quando la pianura dall'alto è un palpitare di luci e ogni luce una vita, ogni vita una storia. Ascoltane il cuore, il battito segreto, il palpito, l'incanto così come il grido. E modulane il ritmo sull'onda della musica. La musica, appunto. Ho avuto qualche incertezza nel cercare le note giuste da accordare a queste mie sensazioni in libertà. Poi una sera, mentre stentavo ad addormentarmi, da quel
magma indistinto di pensieri che precedono il sonno, all'improvviso è affiorato un brano e ho sentito subito che non poteva essere che quello. S'intitola "L' orologio degli dei", dal cd "Joy"di Giovanni Allevi. Si tratta di un pezzo non recente e dal titolo in apparenza un po' enigmatico, ma che il compositore ascolano ha spiegato alludendo alla prima pulsazione cardiaca che, come una scintilla divina, dà origine alla vita. È quindi il cuore quell' orologio che Allevi ci invita ad ascoltare e del quale sembra voler riprodurre in note il battito. Costruisce infatti una frase musicale, una piccola cellula ritmica e melodica che si ripete a lungo per tutto il corso del brano: prima sempre uguale a se stessa, poi coniugata in differenti modi quasi fosse un tema con variazioni, movimentata e al tempo stesso ferma. Movimentata per la sua pulsazione ora tranquilla, ora più accesa, ora nettamente scandita o pervasa da un'ansia tormentosa. Ma insieme ferma attorno a una nota di fondo che risuona spesso - un la minore se non erro - come attorno a un originario nucleo di vita, quasi la vita stessa avesse un suono. Una pulsazione simile a quella di un cuore che rallenta e poi accelera il battito: in alcuni passaggi dissonante e tempestoso come un orologio impazzito, altrove armonioso e dolcissimo.
Un battito che scandisce un tempo fisico ma soprattutto interiore, simile a una storia raccontata in note che attraversa e fa suoi tutti i colori della musica e insieme tutte le percezioni e le voci dell'anima. Un brano per fermarsie dare spazio proprio a queste voci. Buon ascolto!
Sono recentissime le foto che ci mostrano la gran quantità di neve venuta quest'anno e forse ancora prossima a cadere, soprattutto in montagna. Ma già le primule occhieggiano in qualche giardino e dai banchi del mercato. Lo notavo nei giorni scorsi e mi colpiva - oltre allo scorrere del tempo - la coesistenza di stagioni così diverse che nascono, in fondo, l'una dal cuore dell'altra. Le primule infatti, luminoso presagio di rinascita, fioriscono già nel pieno dell'inverno e ne illuminano il grigiore, inducendo a pensare che l'aridità dei mesi più freddi sia in fondo solo apparente, se cova nel segreto i germogli del futuro. È graduale il passaggio tra il vecchio e il nuovo, e se la primavera riserva poi sempre qualche giornata di gelo, resta vero tuttavia che il suo incanto nasce da lontano, col profumo del calicanthus ancora in gennaio, i primi timidi bucaneve e infine le mie primule. Sono tempi che s'intrecciano sia nella natura che nella storia e nella vita di ciascuno."Sotto la neve pane..." recita un antico proverbio a significare che la neve protegge e custodisce il seme favorendo così un buon raccolto e - come suggeriscono le primule con la loro vivacità - anche sotto il gelo di certi periodi della nostra esistenza, si prepara un pane inaspettato per gli occhi e per il cuore. Almeno così voglio credere.
Per questo, oggi mi piace pubblicare un brano che annunzia già la primavera. Sappiamo tutti quanto lo splendore della natura nei vari momenti dell'anno sia stato ampiamente celebrato in musica: dalle famosissime "Quattro stagioni" di Vivaldi all'oratorio "Le stagioni" di Haydn, ai pezzi di Tchaikovsky sui dodici mesi. Ma non mancano composizioni dedicate specificamente alla primavera: dalla Sinfonia n.1 di Schumann alla Sonata n.5 per violino e pianoforte di Beethoven, fino alle creazioni di Grieg e di Strawinsky. E proprio seguendo l'onda di queste musiche, oggi celebriamo l'ingresso nel blog di un nuovo autore.
Si tratta del norvegese Christian Sinding (1856 - 1941) col suo brano forse più conosciuto: "Mormorio di primavera op.32 n.3" per pianoforte solo, qui interpretato dal talento di Valentina Lisitsa. Il pezzo è costruito su di una cascata di arpeggi, quasi a imitazione delle acque di un ruscello dopo il disgelo. Delicato all'inizio - appunto un mormorio, un suono lieve come un dolce, furtivo presagio - si fa poi sempre più irruente e impetuoso, simile a un torrente ricco di acque. È una primavera che si annunzia timida recando in sè qualche sfumatura di malinconia, ma che va poi progressivamente aprendosi con i suoi colori vivaci e la sua luminosità. Sono note che riflettono l'altalena di contrasti tipica di questa stagione sia fuori che dentro di noi e - attraverso gli arpeggi - sembrano cercare ansiosamente la luce fino a quando essa non trionfa in pieno in una tumultuosa esplosione di vita. Un brano caratterizzato da una limpida freschezza che il tocco deciso, ma insieme morbido ed elegante della Lisitsa ci aiuta a cogliere. E mi sembra significativo che a comporlo sia stato un musicista norvegese, che ha avuto negli occhi e nel cuore la suggestione dei paesaggi nordici, la meraviglia dell'acqua che riprende a scorrere e dei prati che rifioriscono dopo il lungo inverno carico di neve. Buon ascolto!
A ispirarmi il post di oggi è stato il commento di qualche giorno fa dell'amica blogger Adriana Pitacco del sito natipervivereblog.com, che qui ringrazio di cuore. Riportando la propria esperienza di insegnante oltre che di appassionata di musica, osservava quanto sia bello lavorare a scuola con i bambini sottolineando il fatto che, in una classe, ogni piccolo è chiamato a fare la propria parte esattamente come la singola voce in un coro o uno strumento all'interno di un' orchestra.
Tutto questo mi è piaciuto molto, così ho deciso di pubblicare un video che avevo adocchiato da giorni e che, ancora una volta, ha per protagonisti dei bambini. Sono sempre i giovanissimi componenti del Coro della Cattedrale di Berlino("Staats und Domchor Berlin") che abbiamo ascoltato poco tempo fa nel "Tollite hostias". Ma se il pezzo di Saint-Saëns è famoso, il brano di oggi certamente lo è ancora di più. Si tratta di "Fra Martino", proprio il popolarissimo "Fra Martinocampanaro" che grandi e piccini hanno cantato almeno una volta in vita loro: una canzoncina semplice, certo, ma in realtà un ottimo punto di partenza per imparare il canto corale. Si presta infatti ad essere eseguito a canone, composizione nella quale una frase musicale viene ripetuta nella stessa tonalità da sezioni diverse del coro che si sovrappongono a una certa distanza l'una dall'altra. Inizia un primo gruppo con "Fra martino" e,a "campanaro" oa "dormi tu", se ne sovrappone un altro e via di seguito. Si va così a costruire quell'architettura senza fine che tutti ben conosciamo.
Ma chi ha scritto la musica di questa canzoncina??? Per trovarne l'autore dobbiamo tornare indietro al periodo barocco e - secondo l'attribuzione della musicologa Sylvie Boissou - arrivare nientemeno che a Jean-Philippe Rameau (1683 - 1764). L'originale del nostro "Fra Martino" era quindi "Frère Jacques" e come si sia trasformato per noi in Martino francamente non so, ma suppongo sia stato per esigenze squisitamente metriche soprattutto in relazione agli accenti. Giacomo - traduzione di Jacques - è infatti un nome sdrucciolo ma, per rispettare il ritmo, occorreva una parola piana e con Martino le cose tornano a funzionare. Certo, avrebbero funzionato anche con Giuseppe o Lorenzo, Marcello o Mariano ma, che volete, Martino ha avuto la meglio.
E chissà quale sarebbe stata la meraviglia di Rameau, se
avesse potuto immaginare il futuro successo del suo brano, cantato oggi in tutte, ma proprio tutte le lingue del mondo: dal
cinese al russo, dall' hindi allo swahili e via dicendo! Un pezzo che ha avuto fortuna non solo come oggetto di canzoncine e filastrocche infantili, ma anche all'interno della grande musica. Esempio eclatante è la rivisitazione che ne ha fatto Mahler nel Terzo movimento della Sinfonia n.1 in Re maggiore detta "Il Titano", dove ha trasposto il tema in tonalità minore, ricavandone addirittura una marcia funebre che - se volete - potete ascoltarequi.
Ma veniamo al video di oggi nel quale i giovanissimi coristi dello "Staats und Domchor Berlin" cantanoil nostro "Fra Martino" - anzi, "Bruder Jakob" - in un simpaticissimo arrangiamento. Le particolarità di questa esibizione, a mio avviso, sono due: da un lato la fusione di un rigoroso impianto corale con una ritmica jazz sottolineata dal sax e dalle percussioni; dall'altro la presenza di una chiara struttura polifonica che spesso prende il posto del vero e proprio canone. Un insieme di antico e moderno, di rigore classico e di ritmo per niente facile da realizzare. Ma l'intonazione di questi ragazzi, la loro sicurezza nell'insieme delle voci, l'attenzione, la gioia dei più piccoli e l'entusiasmo del direttore ci dicono che anche un piccolo "FraMartino" può portare lontano. E ora, seguiamo l'invito dei coristi: sing mit uns, canta con noi!