Ancora Bach ???
Sì, ancora!!!
Ho una bella riserva di brani che attendono dentro di me "in gioiosa lista di attesa" - come ho già scritto tempo fa - e mi urgono nella testa e nel cuore.
E' come se venissero a bussare alla mia porta, a volte in modo discreto e sommesso, ma altre in maniera più insistente chiedendo di essere condivisi.
Oggi Bach insiste e la richiesta si fa pressante.
Fuor di metafora, intendo dire che la gioia che mi regala la musica non è solo quel tipo di godimento tranquillo e riservato per cui accendi lo stereo (o l'ipod), ti metti in poltrona, infili le cuffie e ti lasci beare dalle note in perfetta solitudine. Sì...magari anche quello!
Ma la Bellezza, quando è proprio con la maiuscola, chiede di per se stessa di andare per il mondo ed essere condivisa perchè è viva e ti lavora l'anima come qualcosa di vivo.
Così, anche la musica - come ogni altra forma di arte - se ti colma il cuore non può restare solo tua, ma trabocca e dilaga verso gli altri come le acque di un torrente impetuoso e vivace.
Il blog diventa allora un utilissimo strumento che consente di metterla in rete, farla volare ad amici e sconosciuti perchè - se vogliono - se ne possano nutrire anche solo per poco.
Ed è un condividere che, in realtà, non divide affatto ma moltiplica l'onda del nostro sentimento e ne accresce l'intensità per la gioia di averlo messo in comune.
Il brano di oggi, il Preambulum dalla "Partita n.5 in Sol magg. BWV 829" di Bach, è uno di quei pezzi (tanti!...) che mi fanno coltivare nel profondo il desiderio (folle per le mie capacità di principiante...) di imparare a suonarlo.
E' dall'interno infatti che la musica rivela la sua segreta magìa. Ascoltare va benissimo, ma suonare....è un'esperienza divina! E' entrare nella melodìa e assaporarne tutto il gusto, anche nella più piccola frase musicale.
In questo Preambulum che apre la Partita in modo più vivace ed energico del classico preludio, la bravissima interprete sfrutta in pieno la sonorità del pianoforte per far fiorire tutta l'espressività degli arpeggi bachiani. Ma nella velocità dell'esecuzione, sottolinea meravigliosamente anche i bassi che segnano e costruiscono il discorso ritmico.
Buon ascolto!
"Gioire in Musica" è un piccolo spazio per condividere lo splendore della musica classica e le emozioni che essa suscita in noi; ma anche un luogo in cui raccontare quanto ogni musica nata dal profondo si intrecci alla nostra esistenza nutrendo il cuore e infondendoci vita, sorriso e limpidezza di sguardi.
mercoledì 29 giugno 2011
venerdì 24 giugno 2011
Un Bach quasi a passo di danza
Si avvicina a grandi passi la fine di giugno e, per chi può, l'inizio di un periodo di vacanza.
Inutile dire che, per tanti, quella delle ferie è un'attesa sempre piena di gioia, anche se la vigilia della partenza talora diventa una giornata campale, con mille incombenze da sbrigare prima di andarsene tranquilli senza aver dimenticato niente.
Ma poi, una volta via, si riesce - come si suol dire - a "staccare la spina" ?
Confesso che, fino a quando lavoravo, ho sempre fatto molta fatica: non credo di esagerare se dico che mi serviva almeno una settimana di decompressione, durante la quale affioravano tutti i malesseri e i malumori del mondo, quasi fosse lo scotto da pagare dopo un anno di lavoro che, se per certi aspetti era appassionante, per altri aveva ritmi convulsi.
Era stress che doveva uscire, mi dicevano.
Poi, una mattina mi svegliavo e all'improvviso stavo bene: il cielo azzurro era azzurro e il sole era il sole, nel senso che - finalmente - ero capace di goderne con la semplicità di chi riesce a vivere il presente in pienezza, senza sentirsi trascinato indietro a rimuginare il passato o già ansiosamente proiettato in avanti a preoccuparsi del futuro.
Godere il presente e basta, ecco la vera vacanza! Senza affannarsi, però, nè strafare col rischio di rientrare più stanchi di prima. Una vacanza infatti dovrebbe ritemprare anche lo spirito, donare tranquillità e distensione, restituire calma e leggerezza.
Così, a chi va in ferie auguro di potersi staccare, una volta tanto, dai rumori e assaporare invece l'incanto dei suoni: dalla voce del silenzio - magari il silenzio che si vive in montagna, rotto solo dal fragore di una cascata o dal soffio del vento - a quella della musica.
Per questo, ho postato la foto in alto, perchè mi riporta alle vacanze e al fascino del silenzio: cliccateci sopra, s'ingrandisce e vi potrete distendere sul verde dell'erba, sentirne il tocco di freschezza, contemplare in perfetta solitudine la pace della radura più lontana e poi levare lo sguardo verso le cime.
Per questo, ho postato uno straordinario Bach, un brano che dilata l'anima e le consente di riacquistare un respiro più sereno, riprendere un ritmo più disteso, ricongiungersi in pieno al nostro essere.
L'Adagio dal "Concerto per violino e oboe BWV 1060" si snoda infatti come un canone le cui voci si susseguono lente, inanellandosi quasi a ritmo di danza, in un incantevole dialogo tra i due strumenti solisti.
E' questa musica - insieme con la foto - il mio augurio per chi nei prossimi mesi partirà, ma anche per chi resterà a casa: basterà contemplare l'immagine e aprire l'audio del computer; o starsene ad occhi chiusi custodendo tutto nell'anima e lasciando che quel ritmo ci pervada, prima nel respiro, poi nella pulsazione del cuore e nel sangue, finchè non saremo totalmente portati dalle note.
Buon ascolto!
Inutile dire che, per tanti, quella delle ferie è un'attesa sempre piena di gioia, anche se la vigilia della partenza talora diventa una giornata campale, con mille incombenze da sbrigare prima di andarsene tranquilli senza aver dimenticato niente.
Ma poi, una volta via, si riesce - come si suol dire - a "staccare la spina" ?
Confesso che, fino a quando lavoravo, ho sempre fatto molta fatica: non credo di esagerare se dico che mi serviva almeno una settimana di decompressione, durante la quale affioravano tutti i malesseri e i malumori del mondo, quasi fosse lo scotto da pagare dopo un anno di lavoro che, se per certi aspetti era appassionante, per altri aveva ritmi convulsi.
Era stress che doveva uscire, mi dicevano.
Poi, una mattina mi svegliavo e all'improvviso stavo bene: il cielo azzurro era azzurro e il sole era il sole, nel senso che - finalmente - ero capace di goderne con la semplicità di chi riesce a vivere il presente in pienezza, senza sentirsi trascinato indietro a rimuginare il passato o già ansiosamente proiettato in avanti a preoccuparsi del futuro.
Godere il presente e basta, ecco la vera vacanza! Senza affannarsi, però, nè strafare col rischio di rientrare più stanchi di prima. Una vacanza infatti dovrebbe ritemprare anche lo spirito, donare tranquillità e distensione, restituire calma e leggerezza.
Così, a chi va in ferie auguro di potersi staccare, una volta tanto, dai rumori e assaporare invece l'incanto dei suoni: dalla voce del silenzio - magari il silenzio che si vive in montagna, rotto solo dal fragore di una cascata o dal soffio del vento - a quella della musica.
Per questo, ho postato la foto in alto, perchè mi riporta alle vacanze e al fascino del silenzio: cliccateci sopra, s'ingrandisce e vi potrete distendere sul verde dell'erba, sentirne il tocco di freschezza, contemplare in perfetta solitudine la pace della radura più lontana e poi levare lo sguardo verso le cime.
Per questo, ho postato uno straordinario Bach, un brano che dilata l'anima e le consente di riacquistare un respiro più sereno, riprendere un ritmo più disteso, ricongiungersi in pieno al nostro essere.
L'Adagio dal "Concerto per violino e oboe BWV 1060" si snoda infatti come un canone le cui voci si susseguono lente, inanellandosi quasi a ritmo di danza, in un incantevole dialogo tra i due strumenti solisti.
E' questa musica - insieme con la foto - il mio augurio per chi nei prossimi mesi partirà, ma anche per chi resterà a casa: basterà contemplare l'immagine e aprire l'audio del computer; o starsene ad occhi chiusi custodendo tutto nell'anima e lasciando che quel ritmo ci pervada, prima nel respiro, poi nella pulsazione del cuore e nel sangue, finchè non saremo totalmente portati dalle note.
Buon ascolto!
sabato 18 giugno 2011
Colonne sonore
Non amo molto andare al cinema, ma da un paio d'anni a questa parte ho fatto l'abbonamento a una videoteca proprio vicino a casa. Così, ogni tanto, prendo un dvd e me lo guardo.
L'ultimo, una quindicina di giorni fa, è stato "Il discorso del re" diretto da Tom Hooper, protagonisti Colin Firth e Geoffrey Rush insieme a un cast di altri notevoli attori tra i quali la brava Helena Bonham Carter.
Il film, uscito lo scorso anno riscuotendo grande successo, ripercorre una singolare pagina di storia della monarchia inglese: i problemi di balbuzie del re Giorgio VI e la nascita del suo rapporto di amicizia col logopedista che lo aiuterà a superare tale difficoltà.
Splendidi i due protagonisti peraltro già famosi per aver interpretato notevoli ruoli sia leggeri che drammatici. Ricordiamo per esempio Geoffry Rush nel famosissimo "Shine", dove ha dato vita alla figura del pianista David Helfgott da adulto.
Ma torniamo al film. Al di là di qualche lentezza narrativa e di un paio di figure minori a mio avviso poco convincenti, l'ho trovato decisamente apprezzabile per la straordinaria bravura dei due attori e per la sceneggiatura che scava nel cuore dei protagonisti alla ricerca della loro umanità. Tant'è vero che, superando incertezze, contrasti e soprattutto la gabbia dei ruoli, riescono a stabilire un'autentica relazione di amicizia.
Non sta a me, tuttavia, fare qui la recensione del film che presenta diversi piani di lettura e di cui è già stato detto tutto dalla critica.
Vorrei invece sottolineare un aspetto che riveste non poca importanza nel valorizzare ogni tipo di pellicola: la colonna sonora, strumento che parla senza parole, sottolinea, interpreta, crea spessori e profondità, completa discorsi e immagini.
Mi sembra interessante notare che qui l'autore delle musiche, Alexander Desplat, ha lasciato largo spazio anche a pezzi classici.
C'è Mozart con l'Ouverture da Le Nozze di Figaro e il Concerto per clarinetto K.622 ma, a mio avviso, vero colpo d'ala è Beethoven: scelta assolutamente magistrale è infatti il commento alla scena conclusiva - il discorso del re alla nazione - affidato prima all' Allegretto della Settima Sinfonia e, proprio sul finire, all'Adagio del Concerto "Imperatore".
L'Allegretto infatti, con le sue battute prima sommesse e via via più incalzanti, col suo ritmo uguale e ripetuto di un dattilo e uno spondéo, conferisce alla sequenza spessore e intensità, e ben sottolinea il gioco dei due volti, dalla tensione di Colin Firth all'espressione pacata e autorevole di Geoffrey Rush.
Così pure, dona particolare solennità l' Adagio del Concerto n.5 op.73 "Imperatore", pagina grandiosa e soave ad un tempo, che nella scena finale del film viene però eseguita solo in parte e che ho riportato qui integralmente, in tutta la magnificenza di una splendida esecuzione.
Ultima nota: interessante che, per commentare il discorso in cui il re inglese annuncia la dichiarazione di guerra ad Hitler, sia stata scelta la musica di Beethoven, tedesco e nemico di ogni potere assoluto: un duplice tocco d'ironia!
Buon ascolto!
L'ultimo, una quindicina di giorni fa, è stato "Il discorso del re" diretto da Tom Hooper, protagonisti Colin Firth e Geoffrey Rush insieme a un cast di altri notevoli attori tra i quali la brava Helena Bonham Carter.
Il film, uscito lo scorso anno riscuotendo grande successo, ripercorre una singolare pagina di storia della monarchia inglese: i problemi di balbuzie del re Giorgio VI e la nascita del suo rapporto di amicizia col logopedista che lo aiuterà a superare tale difficoltà.
Splendidi i due protagonisti peraltro già famosi per aver interpretato notevoli ruoli sia leggeri che drammatici. Ricordiamo per esempio Geoffry Rush nel famosissimo "Shine", dove ha dato vita alla figura del pianista David Helfgott da adulto.
Ma torniamo al film. Al di là di qualche lentezza narrativa e di un paio di figure minori a mio avviso poco convincenti, l'ho trovato decisamente apprezzabile per la straordinaria bravura dei due attori e per la sceneggiatura che scava nel cuore dei protagonisti alla ricerca della loro umanità. Tant'è vero che, superando incertezze, contrasti e soprattutto la gabbia dei ruoli, riescono a stabilire un'autentica relazione di amicizia.
Non sta a me, tuttavia, fare qui la recensione del film che presenta diversi piani di lettura e di cui è già stato detto tutto dalla critica.
Vorrei invece sottolineare un aspetto che riveste non poca importanza nel valorizzare ogni tipo di pellicola: la colonna sonora, strumento che parla senza parole, sottolinea, interpreta, crea spessori e profondità, completa discorsi e immagini.
Mi sembra interessante notare che qui l'autore delle musiche, Alexander Desplat, ha lasciato largo spazio anche a pezzi classici.
C'è Mozart con l'Ouverture da Le Nozze di Figaro e il Concerto per clarinetto K.622 ma, a mio avviso, vero colpo d'ala è Beethoven: scelta assolutamente magistrale è infatti il commento alla scena conclusiva - il discorso del re alla nazione - affidato prima all' Allegretto della Settima Sinfonia e, proprio sul finire, all'Adagio del Concerto "Imperatore".
L'Allegretto infatti, con le sue battute prima sommesse e via via più incalzanti, col suo ritmo uguale e ripetuto di un dattilo e uno spondéo, conferisce alla sequenza spessore e intensità, e ben sottolinea il gioco dei due volti, dalla tensione di Colin Firth all'espressione pacata e autorevole di Geoffrey Rush.
Così pure, dona particolare solennità l' Adagio del Concerto n.5 op.73 "Imperatore", pagina grandiosa e soave ad un tempo, che nella scena finale del film viene però eseguita solo in parte e che ho riportato qui integralmente, in tutta la magnificenza di una splendida esecuzione.
Ultima nota: interessante che, per commentare il discorso in cui il re inglese annuncia la dichiarazione di guerra ad Hitler, sia stata scelta la musica di Beethoven, tedesco e nemico di ogni potere assoluto: un duplice tocco d'ironia!
Buon ascolto!
giovedì 16 giugno 2011
Giugno
Si avvicina il solstizio d'estate e con l'approssimarsi del caldo anche la natura cambia aspetto e colori.
In alcune zone, soprattutto in pianura, i campi coltivati già imbiondiscono, mentre sui prati da tempo è iniziata la raccolta del fieno.
E sono proprio le operazioni agricole al centro della miniatura del "Ciclo dei Mesi" dei fratelli Limbourg che rappresenta Giugno, un'immagine che, per certi versi, sembra in contrasto con quella del precedente Maggio.
Là infatti, davanti agli edifici più importanti di Parigi, si snodava un'elegante parata, un corteo di nobili in festa, mentre qui - sempre davanti alla città che però ci appare da un altro angolo di visuale - protagonista della scena è il lavoro dei campi.
Pare quasi che l'autore della miniatura abbia voluto mostrare in questi due mesi, due diversi aspetti della società del Quattrocento francese, un mondo ancora per molti versi legato al feudalesimo, in una compagine che già si era avviata - per esempio in Italia - verso configurazioni sociali e politiche differenti.
La miniatura ci presenta i campi su cui i contadini stanno raccogliendo il fieno: dai tre uomini in secondo piano che falciano l'erba, alle due donne in primo piano che la rastrellano e ne fanno dei piccoli covoni. Dietro di loro, al di là di un filare di alberi e della Senna, si eleva la città di Parigi con le sue mura e il Palais de la Cité, dimora reale e allora sede dell'amministrazione.
Bellissima la prospettiva segnata dalla triplice linea dei covoni, del filare di alberi (forse gelsi?...) e delle mura merlate, così come estremamente particolareggiata è la rappresentazione degli edifici completi di pinnacoli, comignoli, torri, finestre, finestrelle e il magnifico rosone.
Tutto è registrato con grande realismo, nulla è lasciato al caso, neppure la vegetazione sulla riva del fiume che presenta esemplari di Tipha latifolia, pianta che anche oggi troviamo di frequente nei canneti vicino ai corsi d'acqua.
Come di consueto, da tutta la composizione spira un'aura di serenità data sia dall'equilibrio e dalle rispondenze dei colori, verdi e blu in particolare, sia dalla grazia delle figure femminili in primo piano alle quali l'autore restituisce eleganza e dignità, quasi a valorizzare il lavoro contadino un tempo disprezzato o ignorato.
A commento di questa immagine, il Preludio di Bach per liuto tratto dal "Preludio, Fuga e Allegro BWV 998".
Interessante la morbidezza e la profondità di suono che lo strumento conferisce al pezzo e pregevole l' interpretazione di Luciano Contini che fa fiorire il canto bachiano con limpida continuità.
Buon ascolto!
In alcune zone, soprattutto in pianura, i campi coltivati già imbiondiscono, mentre sui prati da tempo è iniziata la raccolta del fieno.
E sono proprio le operazioni agricole al centro della miniatura del "Ciclo dei Mesi" dei fratelli Limbourg che rappresenta Giugno, un'immagine che, per certi versi, sembra in contrasto con quella del precedente Maggio.
Là infatti, davanti agli edifici più importanti di Parigi, si snodava un'elegante parata, un corteo di nobili in festa, mentre qui - sempre davanti alla città che però ci appare da un altro angolo di visuale - protagonista della scena è il lavoro dei campi.
Pare quasi che l'autore della miniatura abbia voluto mostrare in questi due mesi, due diversi aspetti della società del Quattrocento francese, un mondo ancora per molti versi legato al feudalesimo, in una compagine che già si era avviata - per esempio in Italia - verso configurazioni sociali e politiche differenti.
La miniatura ci presenta i campi su cui i contadini stanno raccogliendo il fieno: dai tre uomini in secondo piano che falciano l'erba, alle due donne in primo piano che la rastrellano e ne fanno dei piccoli covoni. Dietro di loro, al di là di un filare di alberi e della Senna, si eleva la città di Parigi con le sue mura e il Palais de la Cité, dimora reale e allora sede dell'amministrazione.
Bellissima la prospettiva segnata dalla triplice linea dei covoni, del filare di alberi (forse gelsi?...) e delle mura merlate, così come estremamente particolareggiata è la rappresentazione degli edifici completi di pinnacoli, comignoli, torri, finestre, finestrelle e il magnifico rosone.
Tutto è registrato con grande realismo, nulla è lasciato al caso, neppure la vegetazione sulla riva del fiume che presenta esemplari di Tipha latifolia, pianta che anche oggi troviamo di frequente nei canneti vicino ai corsi d'acqua.
Come di consueto, da tutta la composizione spira un'aura di serenità data sia dall'equilibrio e dalle rispondenze dei colori, verdi e blu in particolare, sia dalla grazia delle figure femminili in primo piano alle quali l'autore restituisce eleganza e dignità, quasi a valorizzare il lavoro contadino un tempo disprezzato o ignorato.
A commento di questa immagine, il Preludio di Bach per liuto tratto dal "Preludio, Fuga e Allegro BWV 998".
Interessante la morbidezza e la profondità di suono che lo strumento conferisce al pezzo e pregevole l' interpretazione di Luciano Contini che fa fiorire il canto bachiano con limpida continuità.
Buon ascolto!
lunedì 13 giugno 2011
Il regalo di S.Antonio
Ho sempre festeggiato fin da bambina il 13 giugno, S. Antonio di Padova, sia perchè una zia che abitava con noi si chiamava Antonietta, sia perchè la festa coincideva per me con la fine della scuola e il tanto sospirato inizio delle vacanze.
Ma insieme al ricordo di pomeriggi luminosi e deliziose merende, mi è rimasta anche molta simpatia per questo santo che ho sempre sentito quasi di casa e che - me ne sono resa conto tempo dopo - nel giorno della sua festa mi ha riservato spesso qualche bella sopresa.
Per questo voglio ricordare quanto è accaduto un anno fa, esattamente la sera del 13 giugno 2010.
Mi trovavo a Medjugorje, ultimo giorno di permanenza con un gruppo di pellegrini, e avevo scoperto che, in occasione della festa di S.Antonio, nella chiesa parrocchiale si sarebbe tenuto un concerto del Coro polifonico S.Eufemia di Padova. Certo non me lo sarei lasciato sfuggire.
Così, mi ero staccata dal gruppo e alle nove di sera ero lì pronta, col cuore in ascolto.
Mi rivedo, mentre mi guardo intorno cercando qualche locandina col programma, ma non c'è nulla, e posso solo sperare che eseguano musiche di mio gradimento, chissà!... Ma già il poter assistere a un concerto è per me un gran regalo, non devo pretendere troppo.
Inizia il coro con una serie di canti religiosi ovviamente mariani, belli certo, eseguiti anche bene, ma è come se dentro di me fossi in attesa di altro.
Penso a Verdi, allo splendore de "La Vergine degli Angeli"....quella vorrei!
Ma non faccio in tempo a formulare il desiderio che iniziano a cantarla : "La Vergine degli Angeli mi copra del suo manto...", un sussurro d'anima assolutamente sublime, e ascoltarlo in quella circostanza, in quel luogo, mi pare una dolcissima risposta:
"Vedi?... A te piace la musica... e io te la regalo, proprio quella che vuoi tu!"
Il concerto prosegue con diversi altri brani, mentre silenziosa mi aggiro per la chiesa scattando qualche foto con la pacificante sensazione di essere in una sorta di grembo materno.
Però dentro di me avrei ancora un desiderio: vorrei l'Hallelujah di Haendel, con tutta la sua potenza esultante.
I canti si susseguono, ma...nulla! C'è anche un Magnificat di una bellezza che mette i brividi, stupendo. Ma io spero sempre in Haendel, almeno alla fine...
E poco dopo inizia inconfondibile l'Hallelujah, mentre mi si accende in cuore un irrefrenabile entusiasmo.
Però era proprio il canto finale, il concerto è finito.
Sì, sono stati tutti bravissimi, posso ritenermi soddisfatta.
Certo.....per me il massimo sarebbe stato sentire anche un coro alpino, magari "Signore delle cime", a mio avviso il più bello in assoluto, ma un canto di montagna non c'entra in un concerto di musica sacra e non si può avere tutto. Pazienza!
La gente applaude vivacemente, il direttore ringrazia, qualcuno si prepara a uscire. Sono già con la mente altrove, quando capisco che ci sarà un bis e mi dispongo tranquilla all'ascolto.
Il direttore spiega che, poco tempo prima, è venuto a mancare uno dei membri della corale e per ricordarlo degnamente canteranno....giuro che dentro di me lo so già.... canteranno "Signore delle cime"!
Faccio un salto sulla panca, un sussulto di felicità e gratitudine! Questo sì che è un regalo!
E cantano, cantano, nella chiesa tornata di colpo silenziosa e attenta, mentre lenta e pacata sale la melodia dandomi la sensazione di trovarmi in un angolo di Paradiso, accolta dal profondo proprio nel segno della musica, e mentre penso che - in realtà - questo canto è sacro davvero! Lo è in tutti i modi possibili, non tanto perchè è una preghiera e siamo in chiesa, ma perchè sa addentrarsi mirabilmente a toccare il terreno sacro dell'anima.
Lo condivido qui con voi, non nell'esecuzione della Corale S.Eufemia che non è stata registrata, ma in un'interpretazione altrettanto splendida offerta da youtube.
Buon ascolto!
Ma insieme al ricordo di pomeriggi luminosi e deliziose merende, mi è rimasta anche molta simpatia per questo santo che ho sempre sentito quasi di casa e che - me ne sono resa conto tempo dopo - nel giorno della sua festa mi ha riservato spesso qualche bella sopresa.
Per questo voglio ricordare quanto è accaduto un anno fa, esattamente la sera del 13 giugno 2010.
Mi trovavo a Medjugorje, ultimo giorno di permanenza con un gruppo di pellegrini, e avevo scoperto che, in occasione della festa di S.Antonio, nella chiesa parrocchiale si sarebbe tenuto un concerto del Coro polifonico S.Eufemia di Padova. Certo non me lo sarei lasciato sfuggire.
Così, mi ero staccata dal gruppo e alle nove di sera ero lì pronta, col cuore in ascolto.
Mi rivedo, mentre mi guardo intorno cercando qualche locandina col programma, ma non c'è nulla, e posso solo sperare che eseguano musiche di mio gradimento, chissà!... Ma già il poter assistere a un concerto è per me un gran regalo, non devo pretendere troppo.
Inizia il coro con una serie di canti religiosi ovviamente mariani, belli certo, eseguiti anche bene, ma è come se dentro di me fossi in attesa di altro.
Penso a Verdi, allo splendore de "La Vergine degli Angeli"....quella vorrei!
Ma non faccio in tempo a formulare il desiderio che iniziano a cantarla : "La Vergine degli Angeli mi copra del suo manto...", un sussurro d'anima assolutamente sublime, e ascoltarlo in quella circostanza, in quel luogo, mi pare una dolcissima risposta:
"Vedi?... A te piace la musica... e io te la regalo, proprio quella che vuoi tu!"
Il concerto prosegue con diversi altri brani, mentre silenziosa mi aggiro per la chiesa scattando qualche foto con la pacificante sensazione di essere in una sorta di grembo materno.
Però dentro di me avrei ancora un desiderio: vorrei l'Hallelujah di Haendel, con tutta la sua potenza esultante.
I canti si susseguono, ma...nulla! C'è anche un Magnificat di una bellezza che mette i brividi, stupendo. Ma io spero sempre in Haendel, almeno alla fine...
E poco dopo inizia inconfondibile l'Hallelujah, mentre mi si accende in cuore un irrefrenabile entusiasmo.
Però era proprio il canto finale, il concerto è finito.
Sì, sono stati tutti bravissimi, posso ritenermi soddisfatta.
Certo.....per me il massimo sarebbe stato sentire anche un coro alpino, magari "Signore delle cime", a mio avviso il più bello in assoluto, ma un canto di montagna non c'entra in un concerto di musica sacra e non si può avere tutto. Pazienza!
La gente applaude vivacemente, il direttore ringrazia, qualcuno si prepara a uscire. Sono già con la mente altrove, quando capisco che ci sarà un bis e mi dispongo tranquilla all'ascolto.
Il direttore spiega che, poco tempo prima, è venuto a mancare uno dei membri della corale e per ricordarlo degnamente canteranno....giuro che dentro di me lo so già.... canteranno "Signore delle cime"!
Faccio un salto sulla panca, un sussulto di felicità e gratitudine! Questo sì che è un regalo!
E cantano, cantano, nella chiesa tornata di colpo silenziosa e attenta, mentre lenta e pacata sale la melodia dandomi la sensazione di trovarmi in un angolo di Paradiso, accolta dal profondo proprio nel segno della musica, e mentre penso che - in realtà - questo canto è sacro davvero! Lo è in tutti i modi possibili, non tanto perchè è una preghiera e siamo in chiesa, ma perchè sa addentrarsi mirabilmente a toccare il terreno sacro dell'anima.
Lo condivido qui con voi, non nell'esecuzione della Corale S.Eufemia che non è stata registrata, ma in un'interpretazione altrettanto splendida offerta da youtube.
Buon ascolto!
lunedì 6 giugno 2011
"Ti scrivo" : dialogare con le note
Sappiamo tutti che, se ogni forma di arte è un linguaggio comunicativo, la musica lo è per eccellenza perchè, superando la necessità o in qualche modo il vincolo delle parole e andando dritto alle emozioni, assume una portata universale.
Come ad esempio le arti visive, alle quali la mancanza del filtro delle parole conferisce immediatezza, così anche la musica - per quanto sia dotata di un suo linguaggio che va comunque compreso perchè se ne possa fruire pienamente - ha la virtù di raggiungere la nostra sensibilità in modo più diretto e toccante.
Il brano di Allevi che presento oggi intitolato "Ti scrivo" (dal cd "No concept" del 2005) s'inserisce in questo contesto.
Se pensiamo al precedente "Carta e penna" (da "13 Dita") che ho postato qui mesi fa, dove il titolo induce a pensare alla tastiera proprio come al foglio bianco sul quale l'autore scrive, scopriamo che non è nuova in Allevi l'esigenza chiaramente esplicitata di dialogare attraverso le note.
"Ti scrivo" però, sembra sottolineare questo aspetto comunicativo con intensità ancora maggiore, come se le note potessero tradursi non tanto in parole, quanto in onde emotive - frequenze interiori per così dire a monte delle parole stesse - andando a toccare quel nucleo segreto presente in ciascuno di noi dove nascono i pensieri.
Ed è singolare questo brano perchè, al di là del tema - talora leggero, talaltra più incisivo - il suo pregio sta nei dettagli: nel lieve quasi impercettibile rallentare e nelle successive riprese più veloci, nello sfumare qua e là una frase musicale modulandola con dolcezza, sempre alla ricerca di una perfezione non asettica, ma di un suono vivo e palpitante. Tutti aspetti che il tocco del compositore e il Bosendorfer Imperial con cui il brano è registrato ci fanno apprezzare maggiormente.
Ma tutti aspetti tipici anche di un vero e proprio discorso dove un'inflessione di voce, una pausa, un accento particolare, l'indugiare su di una parola piuttosto che lo scorrere via, ne affinano il significato.
Un discorso ricco di sfumature e di scioltezza nel ritmo fluido e a volte sincopato di certe battute, a tratti animato da martellante intensità, e poi ancora sommesso verso la fine.
Il brano è dedicato a un amico, prete e filosofo, scomparso improvvisamente senza che il compositore potesse salutarlo, ma al quale Allevi parla con queste note - come afferma lui stesso - "...sicuro che da lassù continua a seguire i miei passi".
Buon ascolto!
Come ad esempio le arti visive, alle quali la mancanza del filtro delle parole conferisce immediatezza, così anche la musica - per quanto sia dotata di un suo linguaggio che va comunque compreso perchè se ne possa fruire pienamente - ha la virtù di raggiungere la nostra sensibilità in modo più diretto e toccante.
Il brano di Allevi che presento oggi intitolato "Ti scrivo" (dal cd "No concept" del 2005) s'inserisce in questo contesto.
Se pensiamo al precedente "Carta e penna" (da "13 Dita") che ho postato qui mesi fa, dove il titolo induce a pensare alla tastiera proprio come al foglio bianco sul quale l'autore scrive, scopriamo che non è nuova in Allevi l'esigenza chiaramente esplicitata di dialogare attraverso le note.
"Ti scrivo" però, sembra sottolineare questo aspetto comunicativo con intensità ancora maggiore, come se le note potessero tradursi non tanto in parole, quanto in onde emotive - frequenze interiori per così dire a monte delle parole stesse - andando a toccare quel nucleo segreto presente in ciascuno di noi dove nascono i pensieri.
Ed è singolare questo brano perchè, al di là del tema - talora leggero, talaltra più incisivo - il suo pregio sta nei dettagli: nel lieve quasi impercettibile rallentare e nelle successive riprese più veloci, nello sfumare qua e là una frase musicale modulandola con dolcezza, sempre alla ricerca di una perfezione non asettica, ma di un suono vivo e palpitante. Tutti aspetti che il tocco del compositore e il Bosendorfer Imperial con cui il brano è registrato ci fanno apprezzare maggiormente.
Ma tutti aspetti tipici anche di un vero e proprio discorso dove un'inflessione di voce, una pausa, un accento particolare, l'indugiare su di una parola piuttosto che lo scorrere via, ne affinano il significato.
Un discorso ricco di sfumature e di scioltezza nel ritmo fluido e a volte sincopato di certe battute, a tratti animato da martellante intensità, e poi ancora sommesso verso la fine.
Il brano è dedicato a un amico, prete e filosofo, scomparso improvvisamente senza che il compositore potesse salutarlo, ma al quale Allevi parla con queste note - come afferma lui stesso - "...sicuro che da lassù continua a seguire i miei passi".
Buon ascolto!
mercoledì 1 giugno 2011
Buon Compleanno, Flautista!!!
Il post di stamattina - come si evince già dal titolo - è dedicato all'amica blogger LaFlautista che, se non ho inteso male, proprio oggi compie diciotto anni !!!
Insieme agli auguri e agli abbracci da stritolo che le mando online, colgo l'occasione per manifestare il mio apprezzamento per il suo blog intitolato "Vasetto di margherite" che raccomando a tutti di visitare.
Si tratta di uno spazio ricco di freschezza e profondità, dove gli avvenimenti quotidiani sono scandagliati con gli occhi del cuore e gli eventi anche più piccoli divengono occasione per arricchirci dentro.
Passione, delicatezza e sincerità mi sembrano i tratti distintivi di questa giovanissima amica, sia che racconti l'entusiamo di un viaggio, o che confidi le proprie ansie, o che condivida - a volte con tratti di mirabile profondità - la propria esperienza di flautista.
I suoi post sono a volte notazioni brevissime, sintetiche, quasi a dire "Ci sono". Ma dove più si dilunga, sotto l'apparente minimalismo delle osservazioni, fiorisce la poesia, quella vera.
Ho pensato a lungo a che brano postare qui per lei, come regalino di compleanno.
Meglio musica rock o un valzer di Strauss? Un coro di montagna o un brano che renda omaggio al suo flauto?
Poi invece ho seguito le mie passioni e sono tornata a Bach scegliendo il Presto dal "Concerto italiano", un brano vivacissimo che adoro e che, a mio avviso, ben si adatta allo slancio e alla grinta di una diciottenne.
Il pezzo infatti - singolare concerto senza orchestra ma col solo pianoforte - ricostruisce l'ampiezza orchestrale attraverso il continuo inseguirsi delle voci, gli accenti posti alternativamente sulla destra o sulla sinistra a riprendere il filo della melodia e a condurlo fino alla conclusione.
Ne deriva un andamento veloce dove, dalle frasi musicali più scintillanti a quelle più sommesse, è una gioiosa vitalità a scaturire dalle note, fresca come acqua sorgiva.
Lo dedico ai diciotto anni della nostra amica con un mondo di auguri, una tirata di orecchie e tanti baci. Anzi, come direbbe lei... bacini!
Buon ascolto!
Insieme agli auguri e agli abbracci da stritolo che le mando online, colgo l'occasione per manifestare il mio apprezzamento per il suo blog intitolato "Vasetto di margherite" che raccomando a tutti di visitare.
Si tratta di uno spazio ricco di freschezza e profondità, dove gli avvenimenti quotidiani sono scandagliati con gli occhi del cuore e gli eventi anche più piccoli divengono occasione per arricchirci dentro.
Passione, delicatezza e sincerità mi sembrano i tratti distintivi di questa giovanissima amica, sia che racconti l'entusiamo di un viaggio, o che confidi le proprie ansie, o che condivida - a volte con tratti di mirabile profondità - la propria esperienza di flautista.
I suoi post sono a volte notazioni brevissime, sintetiche, quasi a dire "Ci sono". Ma dove più si dilunga, sotto l'apparente minimalismo delle osservazioni, fiorisce la poesia, quella vera.
Ho pensato a lungo a che brano postare qui per lei, come regalino di compleanno.
Meglio musica rock o un valzer di Strauss? Un coro di montagna o un brano che renda omaggio al suo flauto?
Poi invece ho seguito le mie passioni e sono tornata a Bach scegliendo il Presto dal "Concerto italiano", un brano vivacissimo che adoro e che, a mio avviso, ben si adatta allo slancio e alla grinta di una diciottenne.
Il pezzo infatti - singolare concerto senza orchestra ma col solo pianoforte - ricostruisce l'ampiezza orchestrale attraverso il continuo inseguirsi delle voci, gli accenti posti alternativamente sulla destra o sulla sinistra a riprendere il filo della melodia e a condurlo fino alla conclusione.
Ne deriva un andamento veloce dove, dalle frasi musicali più scintillanti a quelle più sommesse, è una gioiosa vitalità a scaturire dalle note, fresca come acqua sorgiva.
Lo dedico ai diciotto anni della nostra amica con un mondo di auguri, una tirata di orecchie e tanti baci. Anzi, come direbbe lei... bacini!
Buon ascolto!
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