"E te ne accorgi solo ora?" dirà qualcuno.
No, se è per questo lo so da tempo! Ma di tanto in tanto compaiono piccoli segnali che me lo ricordano: cose da poco in sè, ma una oggi, l'altra domani... insomma fanno pensare.
L'ultima avvisaglia mi è arrivata giorni fa mentre ero in un grande magazzino. Cercavo i tovagliolini di carta a fiori e dovevo andare nel reparto casalinghi che era nel seminterrato, ma avviandomi verso la scala - quella fissa - ho trovato solo la rampa in salita: possibile?... Ho girellato qua e là, ma niente. Così ho dovuto prendere quella mobile. "E dove sta il problema?..." direte. Tranquilli, c'è.
Il fatto è che non ho mai avuto simpatia per le scale mobili in discesa. A me che uso tranquillamente funivie e seggiovie sulle alte vette, quel vuoto - chissà perchè - ha sempre dato fastidio.
L' ho provato per la prima volta da bambina quando mia mamma mi portava a Milano. Erano pomeriggi di svago: dalla nostra città prendevamo la celere - che era l'autobus veloce dell'ATM, non il reparto di Polizia! - e in una mezzoretta arrivavamo a destinazione. Poi ci sguinzagliavamo di buon passo per le vie del centro facendo tappa anche alla Rinascente.
Qui mia mamma, giustamente attenta a che imparassi a sveltirmi, mi aveva insegnato come salire e scendere dalle scale mobili. Per la salita nessun problema, ma in discesa avevo sempre paura a fare il primo passo e dovevo aggrapparmi a lei. Poi certo, col tempo ho imparato a usarle senza difficoltà a cominciare da quelle della metropolitana milanese, ma se capita che siano più ripide e veloci del solito, l'antico disagio ricompare.
Mi è successo anni fa nel metrò di San Pietroburgo dove mi ero abbarbicata a mio marito per non cadere, ed è accaduto anche nel grande magazzino di cui parlavo dove ero sola. Sola significa che la pietosa scena non ha avuto testimoni. Davanti ai gradini che scorrevano ripidi e veloci, avrei avuto tutto il tempo di fare con calma il primo passo, ma è scattata in me un'esitazione viscerale, insieme a una voce che ha sentenziato "No, non ce la puoi fare!".
E per la prima volta sono tornata indietro.
Tuttavia, memore dei tovagliolini, mi sono intestardita a cercare una rampa fissa che ho poi trovato seminascosta dal reparto profumeria e sono finalmente approdata ai casalinghi.
È stato al momento di risalire - stavolta sì, sulla scala mobile - che ho preso coscienza del problema e mi sono detta: "Ragazza mia, come ti sei ridotta! Stai proprio perdendo colpi!" e altre simili stupidate.
Ma, invece di precipitarmi nella depressione, tale consapevolezza mi ha fatto sorridere perchè - in un flash improvviso - mi sono venuti in mente quei cani che hanno paura delle scale mobili e devono essere portati in braccio dal padrone. Il pensiero di essere diventata così - giusto come il golden retriever della foto - mi ha suscitato un moto di affetto per me stessa tanto che, quando sono riemersa al piano terra, ridevo da sola e ho dovuto infilarmi gli occhiali scuri per darmi un contegno!
Ora chiedo scusa a chi legge per la divagazione, ma l'argomento mi ha preso la mano. Devo dire che, al momento di associare una musica a questo piccolo episodio, la scelta non è stata facile. Mi serviva un brano leggero e ho pensato prima a Rossini, poi a Mozart, poi Scarlatti, Chopin, Beethoven, Ponchielli, Saint-Saëns, poi alla "Fantasia" di Walt Disney e su su fino alla colonna sonora della Pantera Rosa che qualche volta - lo giuro! - pubblicherò.
Però...Certi brani non sono adatti, altri sono già nel blog; nel "Carnevale degli animali" non ci sono cani; nella "Fantasia" di Walt Disney a scendere le scale c'è Topolino ma, appunto, non è un cane e, se è per questo, non lo è neanche la Pantera Rosa.
In verità, avrei potuto cavarmela con i famosi "4,33" minuti di silenzio di John Cage, che avrebbero opportunamente interpretato la mia esitazione davanti alla scala. Ma ho esitato anche qui!
Infine, ho trovato il "Pizzicato" dal terzo atto del balletto "Sylvia" di Léo Delibes (1836 - 1891) e mi ha convinto. Il brano - diciamola tutta - non c'entra proprio niente con cani e scale mobili, ma è un pezzo leggero e giocoso, ammiccante al punto giusto, che mi restituisce quel che di timoroso e un po' furtivo della mia avventura nel grande magazzino.
Mi ci rivedo mentre mi blocco davanti alla scala, poi mentre mi aggiro alla ricerca di una rampa fissa dove scendere con l'incedere di una miss, e infine quando mi scappa da ridere e devo nascondermi dietro due occhialoni da diva.
A parte gli scherzi, il pezzo mi affascina per i suoi pizzicati così nettamente scanditi e il ritmo di danza che mi riconcilia con me stessa, sull'onda di quel sorriso sorto spontaneo al pensiero di avere le stesse paure di un cane.
E per di più simpatico come un golden retriever!
Buon ascolto!
(La foto è presa dal web)