Giusto de' Menabuoi: "Dio benedice il creato" - Padova, Battistero. |
Ma mentre navigavo su youtube, cercandone una versione tra i vari brani di Verdi, Haydn, Mozart e Charpentier, mi sono lasciata prendere invece dallo splendore di un altro pezzo, ed è proprio questo che voglio condividere con voi oggi.
Non è propriamente un "Te deum", ma sempre un inno di ringraziamento che - da quanto mi par di capire - più che alla fine dell'anno solare, si cantava al momento del raccolto, tant'è vero che il titolo prende spunto dal Salmo 65 (vv.10 e 12) dove risuona la lode a Dio per lo splendore e la fecondità della campagna. Tuttavia mi è parso adatto anche alla conclusione di un anno e, al tempo stesso, come brano augurale per quello nuovo.
Si tratta dell'inno "Thou Visitest the Earth" del compositore inglese Maurice Greene (1696 - 1755).
Il pezzo mi ha subito affascinato perché arieggia una melodia che mi sono accorta di conoscere, qualcosa che ho scoperto essere depositato nel profondo della mia memoria, come in un misterioso fondale marino dal quale improvvisamente è affiorato. Dopo le prime battute, mi sono ritrovata infatti a cantarne l'aria col solista e poi col coro sull'eco di reminiscenze lontane, lontanissime, soprattutto da 1,40 dall'inizio fino alla conclusione.
Stante il fatto che del suo autore - contemporaneo di Haendel e di Bach - ignoravo l'esistenza fino a pochi giorni fa, non so proprio come possa ritrovare in me le sue note. Dove ho già sentito questa musica?
Non ad un concerto, lo escludo. È piuttosto qualcosa che ascoltavo abitualmente. Forse avevo il brano in qualche vecchia compilation su audiocassetta, di quelle che mi creavo artigianalmente ai tempi dell'università o poco dopo, registrando spesso i brani dalla radio così come capitava, talora senza riuscire neanche a scoprirne l'autore. Musiche ascoltate e riascoltate fino a consumare il nastro...
Ma è probabile che qualche passaggio di questa splendida melodia riecheggi anche in altri musicisti del periodo barocco, da Haendel a Rameau.
E - guarda caso - proprio in Rameau, precisamente nella parte finale del famosissimo "Hymne à la nuit" a lui attribuito, è possibile ritrovare alcuni passaggi pressocchè identici.
Ma il brano di Greene mi prende anche per il suo ritmo molto simile a quello di una danza. Del resto non è raro che - in passato - gli inni di carattere religioso prendessero spunto da danze profane. E mi pare ben si adatti al tema del ringraziamento un testo che inneggia a Dio che visita la terra, la benedice e corona l'anno con i suoi benefici. Parole e note che - sia nel canto iniziale del solista che nella successiva ripresa da parte delle quattro voci del coro - ci allargano il cuore dandoci respiro e serenità.
Ci conducono infatti ad intuire la forza della benedizione divina che, lungi dall'essere qualcosa di estraneo o lontano, somiglia piuttosto ad un sorriso, ad uno sguardo pieno di benevolenza e incoraggiamento, tanto vicino da essere intrecciato alla nostra vicenda quotidiana.
Un sorriso che suscita in noi speranza, colmandoci di una leggerezza gioiosa e ben augurale anche per l'anno che verrà.
Buon ascolto e Buon Anno!