(Foto presa dal web) |
Non solo "Il mio primo Bach" - o Mozart, Beethoven, Schumann, Chopin e via dicendo - ma anche manuali di didattica della musica, variati secondo il livello e finalizzati all'apprendimento della tecnica pianistica: dai primi approcci alle scale, ad esercizi per migliorare l'agilità e la velocità delle dita, fino a quelli per un vero e proprio pianista virtuoso.
Come dimenticare, a questo proposito, il Pozzoli, il Bayer, il Duvernoy, l'Hanon o lo Czerny? Certo, oggi esistono anche altre raccolte ma questi nomi - spesso più croce che delizia di tanti studenti di musica! - dovrebbero suonare comunque familiari. Gli esercizi che essi riportano - come scrivevo - sono di difficoltà sempre crescente: non solo indirizzati ai principianti, ma anche a pianisti fatti e finiti che, per mantenersi a livelli di eccellenza, non dovranno mai abbandonarli un po' come atleti in costante allenamento.
A dire il vero, certi grandi interpreti talora hanno dichiarato di usare per il proprio studio quotidiano anche altri pezzi e in particolare quelli bachiani: le "Suites francesi" - per esempio - o quel monumento di bellezza costituito dal "Clavicembalo ben temperato". E in effetti quest'ultimo è stato scritto dal compositore "per utilità e uso dei giovani musicisti desiderosi di apprendere, ed anche a ricreazione di coloro che sono già provetti in questo studio".
È una dedica che mi ha sempre colpito perchè, se da un lato mi parla dell'umiltà di Bach - credeva forse di aver fatto un semplice manuale didattico e non un capolavoro? - dall'altro vede la musica come ambito di ricreazione in cui, da un certo livello in avanti, superate le difficoltà tecniche, suonare diventi solo un momento di gioia.
A parte tali splendide eccezioni però, quando si parla di esercizi, generalmente per i comuni mortali il pensiero va subito a qualcosa di nioioso e monotono.
Il termine infatti induce a pensare a passaggi musicali ripetitivi, privi di una melodia o comunque di un tema che li renda piacevoli.
Per questo mi sono meravigliata quando - navigando qua e là su youtube - ho ascoltato quelli tratti da un manuale dell'austriaco Carl Czerny (1791 - 1857) intitolato "L'arte di rendere agili le dita. 50 studi brillanti per pianoforte op.740".
È stato l'aggettivo brillanti a colpirmi, non solo perchè mi ha dato l'idea della loro vivacità, ma perchè mi ha fatto pensare subito ad un testo che dell'esercizio vero e proprio non avesse in realtà le caratteristiche, ma somigliasse in tutto e per tutto a una composizione con una sua precisa struttura.
Ed è proprio così. Proviamo ad ascoltare quello che ho scelto: l' "Allegro agitato in sol minore n.50", l'ultimo della raccolta e probabilmente il più impegnativo. Non sapessimo di chi è, potremmo scambiarlo per uno degli Studi più accesi di Chopin o forse anche di Liszt: insomma una pagina romantica e tempestosa. In effetti Czerny è stato anche compositore, ma probabilmente la grande fama ottenuta come didatta ha un po' oscurato il resto della sua produzione.
Come potete vedere dallo spartito, il brano non è difficile...è difficilissimo!!!
Le quartine di sedicesimi hanno lo scopo di sciogliere la mano destra, conferendole la maggiore agilità possibile quasi potesse volare sulla tastiera, ma insieme gli accordi netti e scanditi della sinistra mirano a far acquisire precisione nel rispetto del tempo giusto, in questo caso 4/4.
E la notevole velocità con cui si dipanano le note ci dice che, per suonare questo pezzo, occorre una bravura non comune.
Plauso e lode quindi a Czerny e al suo esecutore!
Buon ascolto!