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giovedì 22 dicembre 2011

Buone feste

A Leone Werth

Domando perdono ai bambini di aver
dedicato questo libro a una persona grande.
Ho una scusa seria:
questa persona grande è il miglior amico
che abbia al mondo.
Ho una seconda scusa:
questa persona grande può capire tutto,
anche i libri per bambini;
e ne ho una terza: questa persona grande
abita in Francia, ha fame, ha freddo
e ha molto bisogno di essere consolata.
E se tutte queste scuse non bastano,
dedicherò questo libro al bambino
che questa grande persona è stato.
Tutti i grandi sono stati bambini una volta.
(Ma pochi di essi se ne ricordano).
Perciò correggo la mia dedica:

A Leone Werth
quando era un bambino
buone feste



martedì 20 dicembre 2011

L'articolo 18 non è né un totem né un tabù, è un diritto

Si intende a fatica (la materia è complicata) che l'antipatia per il famoso articolo 18, quello che limita la libertà di licenziare, è motivata dal desiderio di rendere più fluido e più "moderno" il mercato del lavoro. Meno obblighi e meno regole, e tutto funzionerà meglio.

Ora, a parte che precedenti deregulation promisero prosperità diffusa e finirono invece per approfondire differenze di classe; e dunque si è legittimati a drizzare le antenne ogni volta che risuona la formula "meno regole"; viene da osservare che la libertà di licenziare può funzionare da frustata benefica a patto che l'offerta di posti di lavoro sia brillante e magari in aumento, tanto che il licenziato, appena uscito dal portone della sua azienda, possa bussare al portone di fronte per trovare un nuovo impiego.

Ma in recessione, e con una lunga coda di ragazzi che aspettano lavoro, che risultato può mai dare, se non quello di ingrossare l'esercito dei disoccupati? E in un momento in cui il principale problema, per il governo, è cercare di tenere fede almeno in parte alla promessa di equità, c'era proprio bisogno di tirare in ballo il povero articolo 18, che è uno dei pochi drappi laceri e gloriosi che il mondo dei salariati può ancora sventolare sopra le macerie della propria sconfitta?

Michele Serra
L'amaca di oggi


lunedì 19 dicembre 2011

Milano, sconti contro la crisi, blitz in vari negozi



Bisognava vedere ieri la baraonda successa alle casse della Fnac di via Torino, della Feltrinelli-Ricordi in piazza Duomo e della Decathon in largo Cairoli. Clienti che pretendevano lo sconto e cassiere a ripetere che su quei prodotti bisognava pagare il prezzo pieno.

Era il risultato di uno scherzo serio firmato da una serie di collettivi ( Zam – Zona autonoma Milano, Rete Studenti Milano, Collettivo Lambretta, LabOut Milano, Milano in Movimento) che per rimarcare ancora di più gli effetti della crisi avevano appiccicato su libri, dischi, dvd, articoli sportivi e gadget vari adesivi rossi con massicci "sconti anticrisi" del tutto fasulli. E anche appiccicato il volantino che vedete in fondo all'entrata dei negozi.

"La fantasia al potere", com'era lo slogan di quei tempi là, non c'è andata, al potere. E non avrebbe potuto andarci. Esiste forse un potere fantastico? Ma mettere fantasia nelle lotte, anche in quelle per aprire le coscienze che in questi ultimi tempi non hanno fatto altro che ottundersi, è sempre stata l'aria che mi ha fatto respirare e dunque vivere.




Da Milano_in_movimento

sabato 17 dicembre 2011

Il design assurdo

Ieri, nel tardo pomeriggio, in un bar del centro di certe pretese, ho avuto da dire. Eravamo lì per un aperitivo, e ce li portano questi aperitivi in quattro bicchieri quadrati, proprio quadrati, con gli angoli a 90 gradi, appena appena smussati da un leggerissimo arrotondamento. Il cameriere, che aveva sentito il mio forte "Ma che cazzo! che labbra bisognerebbe avere per bere da questi?" e avevo accompagnato la domanda alzando il bicchiere al cielo, "Scusi signore, forse lei non lo sa, ma è una creazione di... " e mi aveva sussurrato il nome di non so quale designer giapponese. Non ho replicato, tanto non valeva, replicare voglio dire.

Voi non sapete quante volte mi è capitato nei posti più svariati osservare oggetti che avrebbero dovuto essere di uso quotidiano e che a usarli ti avrebbero complicato parecchio la vita, che per quanto riguarda a complicazioni già basta e avanza per se stessa.

Un esempio: questo che vedete. Per me un mostro di ibrido che di più non si potrebbe. Lo chef che lo ha inventato, che pare sia un cuoco molto trendy, lo ha chiamato passpartout. Con ciò, facendo anche uno sgarbo a una bella parola.

venerdì 16 dicembre 2011

Tiscali si è comprata Telecom e nessuno ne sa niente?



Cinque minuti fa ho avuto necessità di cercare un numero di telefono e all'url www.paginebianche.it mi è apparsa questa schermata. E mi è sembrato come se il sito della Fiat fosse circondato dalla pubblicità della Volkswagen. Non proprio così, perché Tiscali rispetto al colosso Telecom è un animale di taglia mingherlina, ma insomma avete capito.

Qualcuno potrebbe svelare l'arcano?

giovedì 15 dicembre 2011

Time - The protester

La copertina di Time con la Persona dell'anno

Per Time la Persona dell’Anno 2011 non è una singola figura ma “The Protester”, il contestatore. Qualcosa di grosso s’è risvegliato, partito dal venditore di frutta tunisino che si è dato fuoco e ha incendiato il Medio Oriente con le conseguenze note a tutti. E poi gli Indignados, Occupy Wall Street, un mondo, milioni di persone, in movimento con una nuova coscienza: basta con le ingiustizie, più dignità, più tolleranza, più civiltà.

Mi chiedo, e non so rispondermi, se questo vento sia solo uno zefiro d'annata, e poi al prossimo giro chissà Time cosa mai metterà in copertina, oppure se sia l'inizio di un uragano non controllabile, nemmeno dagli attuali padroni della Terra.

Moi chiedo e non so rispondermi.

mercoledì 14 dicembre 2011

Poi i bei tempi finiscono, ma...

Berlusconi e Minzolini
Berlusconi e Minzolini

Poi i bei tempi finiscono, ma intanto ci si è parato il culo. Se il culo non se lo parano i leccaculo chi altri?

Leggete, leggete.


Dal blog di Alessandro Gilioli

Gli inflessibili

Guardate che la vicenda Minzolini è fantastica. No, dico davvero: è fantastica.

Da dieci anni ci spiegano in coro che dobbiamo essere tutti licenziabili, tutti flessibili, cos’è questa incrostazione novecentesca del posto fisso. Ce lo spiegano un po’ tutti – anche nel Pd – ma più di tutti ce lo strillano i liberisti del Pdl (Sacconi e Brunetta in testa): cioè proprio quelli che hanno messo come direttore del Tg1 Augusto Minzolini.

Già, ma con che qualifica hanno assunto Minzolini in Rai? Leggere, per credere, la sua memoria difensiva: «Caporedattore con funzioni di Direttore». Cosa vuol dire questo? Semplice: che con quel bel contrattino, Minzolini non è licenziabile dalla Rai. Per sempre. Per sempre si potrà tenere la sua retribuzione di 550 mila euro lordi l’anno, che fanno più di 22 mila euro netti al mese, per tredici mensilità, ovviamente a spese di chi paga il canone.

Come noto, infatti, in base al contratto dei giornalisti sono licenziabili senza giusta causa o giustificato motivo soltanto i direttori e i vicedirettori. In questi casi, basta la fine del «rapporto fiduciario» con l’editore per porre termine a un contratto, con il pagamento di una penale pari a un certo numero di mensilità.

Invece, Minzolini, ciccia. Era il direttore, di fatto e senza il minimo dubbio, come ci ha ricordato più volte con i suoi editoriali. Ma non di diritto, almeno non formalmente. Quindi è illicenziabile. Infatti adesso, male che gli vada, lo sposteranno a Parigi o a New York. Dove oltre al suo stipendio da nababbo, avrà in più anche l’alloggio di servizio.

Questa è la flessibilità della destra italiana, o forse più in generale dei padroni del vapore di questo Paese: deve valere solo per gli altri, possibilmente per chi arriva in mutande alla fine del mese. Per i potenti, invece, si arriva a truccare un contratto pur di garantirgli il posto a vita.

martedì 13 dicembre 2011

Il palco crollato per il concerto di Jovanotti: «È la giustizia divina»

«Ricorderete che una settimana fa, Fiorello si esibì con il suo penoso "salvalavita Beghelli", alludendo e facendosi apostolo del profilattico, dunque incoraggiando via etere il libertinaggio sessuale, quindi il peccato mortale? Bene, in quella circostanza, Fiorello ebbe come partner proprio Jovanotti, colui il quale avrebbe dovuto esibirsi a Trieste. Dio non manda certamente il male che non vuole. Dio non chiede sofferenze agli umani, ma si ribella e acconsente ...

... acché Satana ci metta alla prova.

Una specie di "catechismo del male", giusto percorso spirituale, che ogni uomo deve affrontare al fine di santificare la propria vita, mediante fortezza e virtù.

Una positiva conseguenza del crollo è stata la sospensione del concerto di questo menestrello del vietato vietare, del tutto è permesso, della vita sregolata e dell'incitamento ad ogni scompostezza esistenziale.

Da questo e solo da questo punto di vista, esiste una giustizia divina che si oppone alla volgarità ed al libertinaggio senza censura, anzi, avallato da nomi noti che, così facendo, si fanno portatori di voce del Maligno.»

Dal sito Pontifex.it

Non ho commenti da fare.


lunedì 12 dicembre 2011

Lascia il tuo messaggio

Milano, piazza Duomo

Non mi risulta esista un'applicazione che permette di scrivere dentro una finestra bianca del browser con il mouse o molto meglio con la tavoletta grafica. Fosse esistita tutto sarebbe stato più semplice quella volta là.

Per analogia dal virtuale al reale il pensiero m'è venuto ieri mattina mentre scattavo le foto, e pensavo alla liberatoria follia di una città tappezzata di postazioni come queste, a tema, ma anche senza tema alcuno, nella libertà più completa.

E già mi vedevo la mamma col suo bambino che si fermavano, e ognuno scriveva quello che gli frullava, e mi vedevo anche che scrivevano quello che gli frullava un operaio uno studente una prostituta un disoccupato un turista e tutti gli altri. Fantasmagoria di insulti e desideri, di amore e odio.

Chi timidamente, quasi di nascosto, con un pennarello fine e lettere piccole, chi senza alcun timore, con ostentazione, adoperando un pennarellone che vergava lettere visibili da venti metri.

Se così fosse, se una città del genere esistesse, voi, voi vi fermereste a scrivere? E cosa?

Milano, piazza Cordusio




Oggi è il 12 dicembre (le foto). Per non dimenticare mai.


sabato 10 dicembre 2011

Non vado per mercatini



Che poi, visto il bel tempo e la temperatura mite, sarebbe una pacchia girare tra le bancarelle anche solo per curiosare, ché qualcosa di curioso si trova sempre. Basta averne voglia. E quest'anno, com'è come non è, voglia non ne ho. Non so voi.

In compenso qualche settimana fa assieme a un vicino un mercatino l'abbiamo steso nel giardino di casa qui a Milano, senza venditori né compratori. È successo che ho allestito all'aperto una sala di posa e lui ha tirato fuori tutti gli oggetti antichi che ha e che sono una miriade, e poi uno per uno li ho fotografati.

Pubblico questo e vi chiedo cos'è. Quando poi darò la risposta ne metterò altri.

Aggiunta, mezzodì dell'11 dicembre
Ecco la risposta


Si spinge il pomello e viene fuori la sigaretta contemporaneamente alla rotazione dell'uccello che la afferra. Ha risposto giusto Laura (si può sapere da dove scrivi?) e poi gli altri che si sono accodati. Ringrazio tutti, anche per le spiritosaggini, e in particolar modo il figlio di 6 anni di LGO, che se crede gli darà un bacino da parte mia.

È un po' che vorrei fare una specie di rubrica con cadenza fissa di oggetti che scompaiono. Oggetti che abbiamo usato e che adesso sono andati in disuso. Che ne dite?


Come detto inserisco altri oggetti

Arcolaio

Macinino


Il vicino mi dice che è un aggeggio per fare matasse di lana, ma io ho qualche dubbio e non capisco come funzioni.

mercoledì 7 dicembre 2011

Le tasse e i cobra

Ci sono fatti che accadono in zone del pianeta da noi distanti che ci fanno sorridere e anche ridere e poi sotto sotto ci fanno forse anche sorgere qualche desiderio di emulazione, visti i tempi che corrono.

Harayia (India nord-orientale). Un incazzatissimo signore di nome Hakkul soffocato dalle tasse si è presentato nell'ufficio governativo dove avrebbe dovuto pagare e ha liberato una dozzina di serpenti velenosi tra cui alcuni micidiali cobra.

C'è il video.

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domenica 4 dicembre 2011

Spirale



La forma ipnotica per eccellenza. Un disegno, un grande quadro, una immensa scultura, in cui l'artista ha usato le pietre come matite, la terra e l'acqua come colori, il cielo e l'orizzonte come il...
[continua su ladri di bellezza]

giovedì 1 dicembre 2011

Baci proibiti sulla tomba di Oscar Wilde




Il primo fu tanti anni fa. Un'ammiratrice (forse già arrivata lì con quell'intento o forse spinta sul momento da un trasporto fulmineo) lasciò un bacio col rossetto sul sepolcro parigino dove riposa Oscar Wilde assieme all'amante Robert Ross.

E poi venne il diluvio. Di baci. Pellegrine in visita allo scrittore adorato hanno continuato a lasciare il segno del loro passaggio, e chissà con quali fremiti hanno impresso quelle loro labbra.

Baci su baci, rossetto su rossetto, la lapide era diventata una coltre di pigmenti varianti dal rosso al marrone. Così è arrivato il restauro, finito in questi giorni, e con esso una bella lastra di cristallo che impedisce il contatto diretto con quelle pietre. Purtroppo non ci è dato sapere quale mai aforisma abbia tirato fuori lo scrittore irlandese che dimora di là dal vetro.

Detto fra noi, io non sono mai andato matto per Oscar Wilde.



mercoledì 30 novembre 2011

Divorzio sì, divorzio no

Bossi e Berlusconi


Dopo la separazione forzata di fronte a tutto il Parlamento si arriverà ora al divorzio definitivo? Ce n'era già stato uno, diciassette anni fa, con la capriola all'indietro che fu chiamata ribaltone, e se ne scambiarono di cotte e di crude come succede quando ci si lascia senza darsi la mano. Ma allora la coppia era ancora in rodaggio e nessuno li aveva avvisati che il matrimonio dispensa gioie ma ti rifila anche spine e dolori. In questi anni invece l'unione sembrava brillare di acciaio inossidabile. Ma non era tutto inox quello che luccicava. E adesso?

Adesso si mormora di incontri segreti, di doni respinti, di messaggeri non ricevuti. Di sicuro c'è che il Senatur si è fatto negare al telefono e ha dato buca alla cena del lunedì nel bordello di Arcore.

Sembra che gli avvocati stiano già preparando le carte per la divisione dei beni. All'Umberto andranno i Ministeri del Nord (quelli a Monza, ve li ricordate?), le ronde padane e un milione di adesivi di un bel verde fosforescente col Sole delle Alpi, al Silvio tutto il resto. Rimane il problema di Tremonti. Affidamento congiunto o a carico di solo uno dei genitori?

lunedì 28 novembre 2011

Schiavi. O che altro?

Crespi d'Adda - Crespi è il nome della famiglia di industriali cotonieri lombardi che a fine Ottocento realizzò un "Villaggio ideale del lavoro" accanto al proprio opificio tessile, lungo la riva bergamasca del fiume Adda.
Il Villaggio era una vera e propria cittadina completa costruita dal nulla dal padrone della fabbrica per i suoi dipendenti e le loro famiglie. Ai lavoratori venivano messi a disposizione una casa con orto e giardino e tutti i servizi necessari. In questo piccolo mondo "perfetto" il padrone "regnava" dal suo castello e provvedeva come un padre a tutti i bisogni dei dipendenti: dentro e fuori la fabbrica e "dalla culla alla tomba". Nel Villaggio potevano abitare solo coloro che lavoravano nell'opificio, e la vita di tutti i singoli e della comunità intera "ruotava attorno alla fabbrica stessa", ai suoi ritmi e alle sue esigenze.


Immancabilmente, quando qualcuno mi ha chiesto in che periodo storico mi sarebbe piaciuto vivere ho risposto: V-IV secolo a.C. ad Atene. E immancabilmente ho aggiunto: ma non come schiavo. Ci ho anche fantasticato, e mi sono immaginato in quel mondo laggiù a parlare nell'agorà del sole della luna e delle stelle.
Non come schiavo, me lo sono ricordato quando ieri ho letto il post della Sciura Pina. Ne riporto un brano, si riferisce alla visita a Crespi d'Adda
In passato, quando illustravo ai ragazzi la vita del villaggio, regolata dal ritmo dell’orologio della fabbrica e ad essa indissolubilmente connessa, coglievo sempre qualche insofferenza per una esistenza in qualche modo claustrofobica: spesso i ragazzi affermavano che non avrebbero mai barattato un po’ di sicurezza (o molta sicurezza: il lavoro, la casa, le cure mediche, l’istruzione…) con la libertà di fare o di dire ciò che si vuole, perché la libertà è un valore assoluto.

Non era facile farli ragionare sui privilegi dei cittadini del villaggio anche perché, si sa, i ragazzi sono sempre un po’ estremisti.

Quest’anno, invece, questi figli di una realtà precaria, magari con i genitori cassintegrati e con poche prospettive per il futuro, osservavano il villaggio con attenzione e poi, alla fine, i più erano concordi nell’affermare che a loro vivere nel villaggio, pur con le regole e i limiti, sarebbe piaciuto: sarebbe piaciuto loro avere una casa, il lavoro, la scuola assicurata, un po’ di tranquillità.


E allora il quesito. Secondo voi un trentenne, laureato, che ha già fatto chissà quante domande di lavoro con punto risultati, se non poche settimane di precariato pagato malissimo mesi e mesi dopo, di fronte alla prospettiva di un impiego a tempo indeterminato in un villaggio come quello di Crespi d'Adda rivisto secondo i canoni del terzo millennio ma di fatto uguale anzi molto più efficiente nel controllo totale della sua vita cosa risponderebbe?




Le foto e il testo della dida, con qualche leggera modifica, da qui.

sabato 26 novembre 2011

Konstantinos Kavafis

In una grande colonia Greca nel 200 a.C.

Non c’è il minimo dubbio, è palese
che le cose non vanno bene in questo Paese.
Benché tiriamo in qualche modo avanti,
è forse giunto il tempo, come pensano tanti,
di far venire un Gran Riformatore.

Ma qualcosa è d’ostacolo all’impresa:
questi Riformatori hanno pretesa
di fare grandi storie di ciascuna
cosa (poterne fare a meno, che fortuna!).
Sopra questioni di nessun valore
fanno indagini, lunghe inquisizioni,
piani di radicali modificazioni,
e d’attuarli senza remore hanno cura.

Hanno poi una tendenza al sacrificio:
"A quel possesso rinunziate: lo dovete!
La vostra occupazione è malsicura.
Certo, tali possessi recano pregiudizio.
Dovete rinunziare a quest’entrata
e a quest’altra, alla prima strettamente legata,
e a questa pure, che da quelle è derivata.
Sono essenziali, si. Ma che volete?
Responsabilità ne vengono, e non liete".

E quanto più procedono, eccoli reperire
Cose e cose superflue, che vogliono abolire.
Sopprimerle, peraltro, è cosa dura.

Partono, se Dio vuole, fatta l’opera attesa,
dopo avere fissato e potato (in contanti
ricevono un compenso giusto, come d’intesa):
vedremo adesso cosa resta, dopo
l’intervento chirurgico saggio e risolutore.

Forse non era il tempo. Via, non siamo zelanti
oltre misura! È un rischio la fretta, nelle imprese.
E dei provvedimenti prematuri ci si pente.
Sono molte le cose storte, ahimè nel Paese:
ma di perfetto, al mondo, non c’è niente.
E dopo tutto, via, tiriamo avanti.


Konstantinos Kavafis
Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863
Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1933


venerdì 25 novembre 2011

Cuore senza più amore

Sesto San Giovanni (MI), via XXIV maggio

Un anno fa pubblicai questa foto (anche l'ingrandimento) scattata a Sesto San Giovanni. Scrivevo tra l'altro
Mi piacerebbe molto adesso sapere dove sono, e spero ancora assieme, e spero ancora innamorati, e spero sempre felici.

Invece Polly, che non è perfida, ma si diverte così, a gufare, aveva commentato
che bello che bello!!! sono curiosa di sapere!!
(per me si sono riempiti di corna, lei gli ha graffiato la portiera dell'auto, lui ha raccontato a tutto il bar di come lei praticava le fellatio etc etc etc.)

Oggi Andrea s'è fatto vivo su quel post
Ciao ragazzi sono andrea, ovvero l'autore del graffito, sono stupefatto di aver trovato un'opera mia in rete, è la prima volta che mi succede una cosa del genere, mi rende felicissimo, anche se ora sinceramente quel cuore ha valore zero perché non sono piu insieme alla ragazza... Ora per chi volesse aggiungermi su facebook, lì ho ancora altri graffiti che ho fatto qui a sesto san giovanni, mi chiamo andrea di stefano.
Grazie ancora per aver pubblicato le foto del mio graffito!;)

Messaggi in bottiglia, piccole storie della rete, amori che nascono e finiscono. Conforta sapere che dietro a questi monitor si intrecciano vite reali e non evanescenti batuffoli virtuali.

giovedì 24 novembre 2011

La versione di Vasco - Vasco Rossi



Vivere significa poter scegliere. Chi non sceglie si sottopone alle scelte degli altri.
S. Kierkegaard


Ognuno ricorda le cose alla sua maniera, ognuno un po' se la racconta.
Io sono stato franco. Con questo libro di dichiarazioni forse si capirà di più la mia versione...

La realtà, a vederla bene, è dura, non sempre giusta, ma io la prendo come una sfida e dico sempre: andiamo a vedere fino in fondo. Questo è ciò che ci fa essere uomini, andare avanti nonostante tutto, anche se intorno la realtà ti fa schifo.

Una volta Pino Daniele mi ha detto: «In questo mestiere le donne ti possono schiacciare». Per questo ho scelto una compagna fuori dal giro: temevo la sindrome Yoko Ono.

Mio padre era socialista e non essere schierato in quegli anni con i comunisti o i preti non pagava a Zocca.

Nella comune teatrale di Bologna ho scoperto Bakunin e gli anarchici.
Non quelli che mettono le bombe, ma uomini migliori, liberi, talmente responsabili che non c’è più bisogno di uno Stato che ti detti le regole.

Io vengo dai cantautori, ho cominciato a scrivere ai tempi di Guccini, Dalla, De Gregori, De André. Cercavo di far canzoni come quelle, naturalmente non riuscivo a farle così belle, perché non avevo quel linguaggio. Poi ho iniziato a scrivere canzoni particolari... La prima è stata "Ogni volta". L’ho scritta una mattina, ero sul letto, dovevo ancora dormire e secondo me ho cominciato proprio a delirare... quando l’ho finita ero convinto che fosse una canzone che capivo solo io. Poi l’ho fatta sentire e ho avuto la meraviglia che la gente capiva perfettamente. Così ho trovato il mio stile.

La vita è come un’onda che ti trascina e ti trasporta... Poi però raggiunge la riva e sembra morta. Invece no: si rinnova!.. Così io ho dichiarato conclusa la mia straordinaria attività di rockstar... Ho finito una corsa che mi ha portato alla vittoria... Adesso cambio forma, cambio mira. Mi lancio in una sfida nuova. Alzo la posta. Sta per nascere un Vasco nuovo, inedito, ancora più libero, più vivo e più solo... Ancora più folle, temerario... e scomodo.



In libreria da oggi.
I proventi della vendita andranno al Gruppo Abele di don Luigi Ciotti.

Chiarelettere, collana Reverse, pp. 200, euro 14.00

mercoledì 23 novembre 2011

Splinder chiude


Dopo giorni di voci non controllabili, ieri la notizia ufficiale sull'home page: Splinder, la piattaforma tutta italiana di blogging, chiude. E chissà lo sconcerto di tutti quelli che su quel sito hanno ospitati i loro blog, anche con migliaia di post e millanta commenti. Che fare? C'è da fidarsi della "comunicazione con le indicazioni da seguire per recuperare tutti i contenuti"?

Mica tanto. L'amica Annarita Ruberto del magnifico Scientificando dice su Google+
Gestisco due blog su splinder da maggio 2007 e l'idea di perdere quasi 5 anni di lavoro e dintorni è veramente triste! Essì perché splinder non permette copie di backup o possibilità di esportare altrove. Così da venerdì, insieme ad un amico, sto cercando di salvare il salvabile per trasferirmi su altra piattaforma. Non è mica facile perché splinder va in blocco per l'esodo di massa in corso e fare una copia in locale sul pc, con i propri mezzi mica quelli di splinder, è una impresa ardua.


Piena solidarietà da parte mia e senz'altro da tutti voi ad Annarita e agli altri per lo smanettamento non proprio piacevole che dovranno affrontare nei giorni a venire se vorranno salvare il loro lavoro.

E allora mi viene da fare un'ipotesi catastrofica, dando a questo aggettivo l'importanza liquida del mondo virtuale. Mettiamo che domani vi alzate e il vostro blog non c'è più. Quell'indirizzo che avete visto infinite volte vi restituisce la schermata fatidica "error 404, file not found" o cose anche peggiori, tipo "server non trovato". E poi lo cercate con Google, e anche lì niente, nemmeno la cache, come non fosse mai esistito.

Riuscite ad immaginare la vostra prima reazione?


martedì 22 novembre 2011

La Lega si fa scippare la sede del Parlamento del Nord

Vicenza - Villa Bonin Maistrello, sede in passato delle riunioni del Parlamento del Nord

Caduto il governo la Lega se ne era uscita col reboante annuncio «Il 4 dicembre riapriremo il Parlamento del Nord». E già un "Parlamento" a maggioranza ultrabulgara (niente opposizione), che chiude e apre a seconda che piova o ci sia il sole, un filino da pensare lo dà.

Quello stesso giorno avevo sentito alla trasmissione Caterpillar di radiodue un'intervista a Mario Maistrello, proprietario della villa Bonin Maistrello a Vicenza dove i leghisti si erano riuniti negli anni passati. Interpellato se qualcuno si fosse fatto vivo aveva risposto di no e aveva aggiunto che lui era un commerciante non un politico e che quindi se qualcuno avesse prenotato prima quelle sale la Lega se la sarebbe presa in quel posto.

I giorni sono passati e nessuno si è presentato, emblematico della perfetta organizzazione di quel partito. E così per il 4 dicembre il posto è già occupato da un battesimo e una cena aziendale.

In alternativa suggerisco un tendone da circo, che da qualche parte si può sempre reperire. Si troverebbero là dentro come a casa loro.

lunedì 21 novembre 2011

Primo cambiamento a palazzo Chigi


Forse qualcuno ricorderà quel post dal titolo Era proprio necessario ricostruirgli il pisello?, dove parlavo della statua che vedete e dove dicevo tra l'altro
L'intervento costato 70.000 euro durerà fin che durerà il governo, perché l'opera è stata spostata temporaneamente dal Museo delle Terme di Diocleziano a Palazzo Chigi per volere del Cavaliere e poi, sloggiato lui, ritornerà al suo posto. E lì finirà la fiction, perché nessun museo si azzarderebbe a esporre una statua antica con aggiunte posticce.

Facile profeta fui. La statua è già stata tolta dal palazzo del Governo ed è ritornata al museo. Non si sa se il pisello posticcio sia già stato rimosso.

Meglio cominciare la settimana in leggerezza, perché non sappiamo cosa ci aspetta.

sabato 19 novembre 2011

Erri De Luca - I pesci non chiudono gli occhi

“Shsh-crivete”: all'ordine del maestro si impugnava il pennino e si intingeva. Se l'angolo della punta sulla carta era largo, la goccia d'inchiostro si precipitava sul foglio. Se l'angolo era stretto, non scorreva e si grattava a vuoto. Indice e medio s'impregnavano dell'unto di quel blu. A corredo il foglio di carta assorbente: gli scolari poveri non lo potevano acquistare e allora asciugavano col fiato, ma soffiato giusto, a regime di brezza per non spargere inchiostro. Al fiato misurato le lettere tremavano lucenti, come fanno le lacrime e le braci.


Da grande girerà il pianeta con un circo, pensavo di lei, invece è rimasta a Napoli. E forse ha avuto ragione, fuori di lì non esiste circo maggiore al mondo.


Il mio corpo non mi sta a cuore e non mi piace. È infantile e io non sono più così. Lo so da un anno, io cresco e il corpo no. Rimane indietro. Perciò pure se si rompe, non importa. Anzi, se si rompe, da lì dovrà venire fuori il corpo nuovo.


La prima coppia umana, creata in un giardino il giorno sesto, ebbe sopra di sé la prima notte sconfinata. A loro insaputa spuntò nei corpi l'appetito, la sete, l'entusiasmo e il sonno. La prima notte, sconosciuta, sembrò a loro il resto del giorno uno, sbriciolato in puntini luce. Non sapevano se sarebbe ritornato il sole, allora si abbracciarono. Le bocche si trovarono accanto e inventarono il bacio, il primo frutto della conoscenza. Era mercurio quella conoscenza, un liquido sensibile alla temperatura dei corpi. So quella prima volta perché l'ho avuta anch'io quell'ora sulla bocca, nel loro identico istante, su una sabbia di mare, il cielo scoperchiato sulla testa.




La foto gliela scattai in questa occasione






Erri De Luca


I pesci non chiudono gli occhi





Feltrinelli



venerdì 18 novembre 2011

Il nuovo ministro dell'Ambiente è favorevole a un ritorno al nucleare



Io penso che al posto di sparare ad alzo zero sul nuovo governo, con le armi della rosa larga dei massimi sistemi [sono tutti banchieri (quasi), sono tutti cattolici (quasi), sono tutti ricchi (quasi)] bisognerebbe considerare, uno per uno, i provvedimenti che prenderà, e anche fare attenzione alle dichiarazioni di intenti dei suoi componenti.

Tanto per cominciare, ieri a Un giorno da pecora su radiodue, il nuovo ministro per l'Ambiente Corrado Clini ha dichiarato «che è favorevole a un ritorno al nucleare a certe condizioni». Un bell'inizio, non c'è che dire.

No caro ministro Corrado Clini. Senza se e senza ma e a nessuna condizione gli italiani hanno deciso in via definitiva col referendum che il nucleare è fuorilegge sul territorio di questa nostra penisola. Se lo metta bene in testa.

Il primo bollino rosso se lo è guadagnato lei.



mercoledì 16 novembre 2011

I trenta migliori insulti tra scrittori

Sono passati i bei tempi quando si sputacchiavano fra di loro gli scrittori, fino ad arrivare al limite del duello. E qualcuno, vigliacchetto anzi vigliacco proprio, arrivava a sbeffeggiare anche chi aveva fatto il suo stesso mestiere secoli prima, ormai inoffensivo nella reazione.

Se volete potete dire l'insulto che più vi è piaciuto, oppure quello che magari vi ha ferito, perché rivolto a uno scrittore che amate.

Ve l'immaginate oggi, rimanendo in questa piccola Italia, la Mazzantini che insulta Faletti che se la prende con Camilleri che spara a zero su Carofiglio che stronca Baricco che deride Tabucchi che... Non riesco proprio a immaginarmelo.


Gustave Flaubert

30. Gustave Flaubert su George Sands
Una muccona piena di inchiostro.

29. Robert Louis Stevenson su Walt Whitman
È come un grosso cane a pelo lungo, che appena sciolto il guinzaglio, dissotterra tutte le spiagge del mondo e ulula alla luna.

28. Friedrich Nietzsche su Dante Alighieri
Una iena che scriveva poesie sulle tombe.

27. Harold Bloom su J.K. Rowling (2000)
Come leggere Harry Potter e la pietra filosofale? Be’, intanto molto velocemente, e forse anche per arrivare alla fine. Perché leggerlo? M’immagino che se uno non si convince a leggere qualcosa di meglio, la Rowling dovrà bastare.

Vladimir Nabokov

26. Vladimir Nabokov su Fëdor Dostoevskij
La mancanza di gusto di Dostoevskij, il suo monotono trattare di personaggi sofferenti di complessi pre-freudiani, il suo modo di sguazzare nelle tragiche sventure dell’umana dignità – tutto ciò è difficile da ammirare.

25. Gertrude Stein su Ezra Pound
Lui descrive villaggi. Sarebbe eccellente se tu fossi un villaggio, ma nel caso non lo fossi, allora non lo sarebbe.

24. Virginia Woolf su Aldous Huxley
Completamente rozzo, immaturo e oppositivo.

23. H.G. Wells su George Bernard Shaw
Un bambino idiota che strilla in ospedale.

Joseph Conrad

22. Joseph Conrad su D.H. Lawrence
Sozzura. Nient’altro che oscenità.

21. Lord Byron su John Keats
Ecco qui la poesia di Keats piscia-a-letto, e tre romanzi da iddio sa chi… Non più Keats, vi supplico: scorticatelo vivo; se qualcuno fra voi non è disposto a farlo, lo dovrò fare io in persona: non c’è posto per quelle schifezze idiote nel genere umano.

20. Vladimir Nabokov su Joseph Conrad
Non riesco a sopportare lo stile negozio di souvenir di Conrad, le navi in bottiglia e le collane di cliché romanticizzati.

19. Dylan Thomas su Rudyard Kipling
Il Signor Kipling… rappresenta tutto ciò che in questo mondo canceroso vorrei fosse diverso.

18. Ralph Waldo Emerson su Jane Austen
I romanzi della Signorina Austen… mi appaiono volgari nel tono, sterili nell’invenzione artistica, imprigionati nelle noiose convenzioni della società inglese, senza genio, intelligenza, o conoscenza del mondo. Mai la vita è stata così costretta e angusta. Il problema principale è la mente dello scrittore è… la sua propensione al matrimonio.

17. Martin Amis su Miguel Cervantes
Leggere il Don Chisciotte può essere paragonato a una visita per un periodo di tempo indeterminato da un tuo vecchio parente, il più insopportabile, con i suoi acidi scherzetti, le sozze abitudini, le reminescenze inarrestabili, e vecchi amici tremendi. Quando l’esperienza è finita e i vecchi ragazzi si accomiatano alla fine, (a pagina 846 – la prosa si assottiglia molto senza interruzioni per i dialoghi) verserai lacrime davvero, non lacrime di sollievo o di rimpianto, ma d’orgoglio. Ce l’hai fatta, a dispetto di quello che il Don Chisciotte poteva farti.

16. Charles Baudelaire su Voltaire
Mi sono annoiato in Francia – e la ragione principale è che tutti assomigliano a Voltaire… il re degli imbecilli, il principe dei superficiali, l’anti-artista, il portavoce delle portinaie, il padre Gigogne dei redattori del “Siècle”.

15. William Faulkner su Ernest Hemingway
Non risulta aver adoperato mai parola che costringesse il lettore a consultare il dizionario.

Ernest Hemingway

14. Ernest Hemingway su William Faulkner
Povero Faulkner. Davvero crede che i paroloni suscitino forti emozioni?

13. Gore Vidal su Truman Capote
È in tutto è per tutto una casalinga del Kansas, pregiudizi compresi.

12. Oscar Wilde su Alexander Pope
Ci sono due modi per disprezzare la poesia: uno è disprezzarla, l’altro è leggere Pope.

11. Vladimir Nabokov su Ernest Hemingway (1972)
Per quanto riguarda Hemingway, lo lessi la prima volta agli inizi degli anni Quaranta, qualcosa su palle, tori e campane*. L’ho detestato.

10. Henry James su Edgar Allan Poe (1876)
Provare entusiasmo per Poe è segno di uno stadio di pensiero decisamente primitivo.

9. Truman Capote su Jack Kerouac
Quello non è scrivere, è battere a macchina.

8. Elizabeth Bishop su J.D. Salinger
L’ho odiato [Il giovane Holden]. Mi ci sono voluti giorni per leggerlo, una pagina alla volta, con cautela, imbarazzandomi per lui a ogni frase ridicola. Come hanno potuto permetterglielo?

7. D.H. Lawrence su Herman Melville (1923)
Nessuno riesce a essere più buffonesco, sgraziato e sentenziosamente di cattivo gusto come Herman Melville, persino in un grande libro come Moby Dick… Uno sforzo immane. Ma c’è qualcosa di finto. Ed è Melville. Oh Dio, quando il solenne asino raglia, raglia raglia!

6. W.H. Auden su Robert Browning
Non credo che Robert Browing fosse molto bravo a letto. È probabile che la moglie non lo amasse poi tanto. Russava e aveva delle fantasie sulle dodicenni.

5. Evelyn Waugh su Marcel Proust (1948)
Sto leggendo Proust per la prima volta. Roba davvero scadente. Penso avesse qualche disordine mentale.

4. Mark Twain su Jane Austen (1898)
Non ci guadagno nulla a stroncare libri, e non lo faccio a meno che non li odii. Spesso ho provato a scrivere di Jane Austen, ma i suoi libri mi fanno diventare matto a tal punto che non riesco a nascondere la mia furia al lettore; perciò devo fermarmi ogni volta che comincio. Tutte le volte che leggo Orgoglio e Pregiudizio mi viene voglia di disseppellirla e colpirla sul cranio con la sua stessa tibia.

Virginia Woolf

3. Virginia Woolf su James Joyce
[L’Ulisse è] l’opera di un nauseabondo studente universitario che si schiaccia i brufoli.

2. William Faulkner su Mark Twain (1922)
Uno scribacchino che in Europa non sarebbe stato considerato nemmeno di quart’ordine, e che ha agghindato qualche vecchio schema letterario di provato successo con la giusta dose di regionalismo** per affascinare i superficiali e i pigri.

1. D.H. Lawrence su James Joyce (1928)
Dio mio, che olla podrida*** è James Joyce! Nient’altro che avanzi, torsoli di citazioni bibliche, e tutto il resto cotto nel brodo di una deliberata, giornalistica lascivia.


* in originale il gioco di parole “bells, balls and bulls”.
** in originale “local color”, movimento letterario americano.
*** piatto della cucina povera spagnola.


La lista è presa da Archivio Altari che vi consiglio vivamente di andare a vedere.

martedì 15 novembre 2011

Google+ e l'opzione alcolici



Google+ (Google plus) è il social network che vorrebbe fare concorrenza a Facebook, ma per adesso il divario in termini numerici è ancora molto divaricato; ogni giorno che passa però si sta riducendo.

Adesso, oltre ad avere un proprio profilo, permette di costruirsi una pagina, sia essa indirizzata al guadagno, alla cultura, al divertimento o a quello che più aggrada.

Ci sono varie sezioni, e in tutte la dicitura La pagina sarà visibile pubblicamente. Il suo contenuto è appropriato per: qualsiasi utente di Google+, utenti di 18 anni o più, utenti di più di 21 anni, alcolici.

Già ci sarebbe da chiosare sulla differenza tra i 18 e i 21 anni, ma qualcuno vorrebbe spiegarmi questo "alcolici"?



Prima che mi dimentichi, una comunicazione di servizio. Se c'è qualcuno tra voi che è iscritto a Google+ e non l'ho ancora cerchiato me lo dica così lo cerchio.


lunedì 14 novembre 2011

Il tritacarne



Lo dico non lo dico? Lo dico non lo dico? Lo dico. I pubblicitari sono tutti figli di buona donna. Ecco l'ho detto.

Pagina apparsa oggi su vari quotidiani nazionali.

domenica 13 novembre 2011

venerdì 11 novembre 2011

L'equazione da un milione di dollari - Marcus du Sautoy

11 11 11 11 11

Forse avrete già capito che questi cinque undici significano che oggi è l'undici di novembre del 2011, e che questo post è stato pubblicato alle undici e undici minuti. Una combinazione, niente più, o altro?

C'e chi ai numeri non crede, c'è chi ci crede e c'è anche chi li dà. Alcuni li danno nel senso che qualche rotella gli è andata fuori posto e altri li danno proprio, ai boccaloni, che li comprano per vincere al lotto o per sapere se la fidanzata li ama. Non so voi, se ci crediate o meno, e se volete dite la vostra.

Nel 2010 fu pubblicato in italiano questo eccellente libro, "L'equazione da un milione di dollari", di curiosità matematiche, alcune semplici, altre un po' più complicate. Quest'anno è uscito anche in edizione economica. Di seguito due di queste interessanti storie.

Per quale ragione a una specie americana di cicala piace il 17?
Nelle foreste del Nord America c'è una specie di cicale dal ciclo vitale davvero curioso. Per 17 anni, le larve di questi insetti vivono sotto terra senza fare praticamente nulla se non nutrirsi delle radici degli alberi, finché a maggio del diciassettesimo anno, raggiunto lo stadio adulto, emergono in massa in superficie (fino a un milione per acro) per invadere la foresta.

Le cicale cantano per attrarre potenziali compagni; tutte assieme, fanno tanto rumore che spesso gli abitanti sono costretti ad abbandonare le proprie case per l'intera durata di questa invasione. Bob Dylan fu ispirato e scrisse la sua canzone Day of the Locusts quando sentì la cacofonia delle cicale che emergeva dalle foreste di fronte a Princeton, dove si trovava per ricevere una laurea honoris causa dall'università nel 1970.

È rarissimo che una di queste cicale emerga dalla terra un anno prima o dopo.
Per un matematico, il lato più curioso di questa faccenda è rappresentato dalla scelta del 17, un numero primo. È per un caso fortuito che queste cicale hanno scelto di trascorrere un numero primo di anni nascoste sotto terra? Pare di no. Esistono altre specie di cicale che rimangono sotto terra per 13 anni, altre per 7; tutti numeri primi.



Cezanne e le forbici
Il gioco della morra cinese viene spesso usato per arrivare a una conclusione in una serie di dispute, dai litigi in cortile alle battaglie nei consigli di amministrazione. È celebre il caso di come due case d'aste, Sotheby's e Christie's, abbiano risolto una controversia sul diritto di mettere all'asta una collezione di dipinti di Cezanne e van Gogh ricorrendo a una singola mano di sasso-carta-forbici.

Le due case avevano a disposizione un weekend per decidere la mossa che avrebbero compiuto.

Senza badare a spese, Sotheby's assunse un gruppo di analisti di matematica col compito di mettere a punto una strategia vincente: gli esperti conclusero che, trattandosi di una questione di fortuna, una scelta valeva quanto l'altra, e optarono così per la carta. Christie's, invece, si limitò a chiedere alla figlia undicenne di un dipendente che mossa avrebbe fatto. «Tutti danno sempre per scontato che l'altro giocherà sasso e, di conseguenza, scelgono carta. Quindi provate con la forbice» fu la risposta della ragazzina. E Christie's vinse il contratto.

Questo aneddoto serve solo a mostrare che non è sempre vero che la matematica vi dà un vantaggio.





Marcus du Sautoy

L'equazione da un milione di dollari

Rizzoli


Dal calcio all’arte passando
per le cicale, tutti i segreti
dei numeri e dell’universo.
Perché non c’è niente
di più concreto
di un’astratta equazione.




Che cos’hanno in comune i fulmini, i broccoli e il mercato azionario? Perché Beckham ha scelto la maglia numero 23? Perché il più grande numero primo che sia mai stato scoperto fino a oggi – un numero di quasi tredici milioni di cifre – prende il nome da un monaco del XVII secolo? Nella Quinta di Beethoven c’è un messaggio in codice? Ma soprattutto: come mai il nostro pianeta non è una ciambella? Per rispondere a tutte queste domande, e a molte altre, non occorre essere un indovino o un tuttologo, ma un matematico. “Lo strumento più potente mai creato dagli esseri umani per orientarsi nel mondo selvaggio e complesso in cui viviamo è la matematica” scrive infatti Marcus du Sautoy. E, guidandoci con competenza e humour alla scoperta della regolarità che scandisce l’ordine della natura, ci dimostra che la vita è un’equazione: dai quadrati magici all’algebra da casinò, dai segreti dell’ISBN alla lettura crittografica del pensiero, dal corner di Wayne Rooney al metodo per falsificare un quadro di Pollock, dall’aritmetica dei chicchi di riso agli istinti assassini degli icosaedri. Questo libro raccoglie con un contagioso gusto dell’esplorazione curiosità, aneddoti e molti giochi ideati da Marcus du Sautoy per permettere al lettore di cimentarsi con le maggiori menti matematiche del passato. Perché anche dietro un piccolo rompicapo può celarsi un grande enigma come l’ipotesi di Riemann, il problema irrisolto che vale un milione di dollari. E perché “la matematica è il cuore di tutto ciò che vediamo e facciamo”.


giovedì 10 novembre 2011

Disorientamento



Disorientamento. È lo stato d'animo mio di questi tempi. Restringo, di questi giorni.

Disorientamento di fronte alla politica, quella italiana in luogo primissimo. Ma anche disorientamento più generale, di fronte al mondo il cui orizzonte non appare più per quel che è, mascherato da nebbie opache e impenetrabili.

Non maleditemi voi che nutrite certezze inossidabili se dopo aver guardato qualche secondo l'immagine vi siete resi conto che tanto inossidabili non sono.

E in quanto a voi che siete disorientati come me pongo la domanda: quando potremo riavere in mano una bussola che funzioni? Di più, potremo riaverla ancora?

martedì 8 novembre 2011

Gli appunti di Berlusconi fotografati oggi alla Camera



Scrive appunti Berlusconi, oggi in aula alla Camera. Un biglietto che i fotografi sono riusciti a riprendere (foto sopra), e che poi io ho ottimizzato nei livelli di luminosità e nella prospettiva (foto sotto). Schematico ma eloquente. Inizia con "308 (8 traditori)". Al secondo rigo "ribaltone". Al terzo "voto" . Al quarto "prenda atto, rassegni le dimissioni". Al quinto "Pres. Repubblica". Ultimo rigo: "una soluzione".



lunedì 7 novembre 2011

La nave affonda, i topi scappano



Anche la topastra Carlucci sta arrivando a nuoto sul dragamine Casini (altroché casa chiusa, di questi giorni poi). Oggi, domani, si farà la conta delle pantegane che stanno fuggendo dal Titanic squarciato da un iceberg di sfiducia. Si accettano scommesse sull'eroe che dirigerà imperterrito sul ponte la bandina per l'ultimo valzer. Intanto uno spettacolo brechtiano sarà messo in scena da tutti i farabutti, con le tasche piene di soldi rubati, che faranno carte false pur di riuscire a salire su una scialuppa di salvataggio, costi quel che costi.

Illustrazione da

sabato 5 novembre 2011

I carnefici del territorio - Carlo Petrini

Il 4 novembre 1966 l´Arno invase Firenze. Dopo 45 anni nulla è cambiato. Si resta sgomenti. L´Italia non regge più ore e giorni di pioggia. Muoiono persone, e anche una sarebbe troppo. Muoiono bambini.

Non servono più gli allarmi se i sindaci non mettono in atto misure di prevenzione. Se il clima è cambiato, se a Genova in cinque minuti sono caduti 50 millimetri di acqua, dobbiamo cambiare anche noi. Altrimenti si continuerà a morire, nelle grandi città e nelle nostre case che crediamo sicure. A Genova il sindaco ha lasciato scuole e uffici aperti, e solo ieri sera ha proibito, per oggi, il traffico di auto. Troppo tardi.

Oltre alla profonda tristezza, da lacrime agli occhi, si resta increduli nonostante lo si sia detto troppe volte. Si denunciano lo scellerato consumo di suolo libero, la cementificazione selvaggia, l´incuria cui sono sottoposti i terreni demaniali in svendita, i boschi, le coste e i suoli che un´agricoltura in crisi come non mai non riesce più a curare. Lo Stato da anni taglia fondi e personale per la cura del territorio. Pensano alle grandi opere e non si preoccupano più delle piccole. Minime, ma che a volte salvano vite. Ci sono delle colpe. Gravi.

L'altro ieri il ministro dell´Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ammetteva il fallimento dell´impegno principale assunto sull´ambiente. Come ha dichiarato la ministro in commissione al Senato, il miliardo di euro stanziato con la Finanziaria 2010 per la messa in sicurezza del territorio non è mai stato reso disponibile. Con la legge di stabilità è stato anche ufficialmente cancellato e sostituito con un impegno del tutto generico, e non vincolante.

Queste sono colpe, per cui un normale cittadino verrebbe condannato. Non c´è crisi che tenga di fronte alla cura del bene comune, il primo impegno che ogni Stato degno di questo nome dovrebbe avere.

Non c´è cura se non si cura la piccola agricoltura di qualità, che in molte zone ritenute “arretrate” ha salvato dal naufragio (umano nonché meteorologico) intere aree del Paese. Non c´è cura se si preferisce l´agricoltura dei grandi numeri, quella industriale che dicono «competitiva», che alla fine desertifica. Non c´è cura se c´è cemento ovunque. Non c´è cura se il soldo arriva a prevalere sul buon senso, quello che potrebbe salvare i nostri territori dalla bruttezza e dall´insicurezza più letale.

Smettiamola di dire che le alluvioni sono eventi eccezionali. Perché le abbiamo rese normali. Di fronte a cittadini ormai disabituati alla cura, lo Stato e la politica su questo fronte hanno colpe enormi. Sono anni che non si vede tra le priorità di un programma elettorale o di governo la difesa del territorio, nemmeno tra i riempitivi.

Spero che mentre si contesta questo governo, visti i drammi recenti, i partiti inizino a pensarci seriamente, a programmare, a spendere parole e impegni forti, proprio a partire dalle adunate di piazza. Spero che ascoltino quella buona parte di società civile che lo chiede da tempo e già ci lavora con passione e sacrifici. O quegli agricoltori distrutti dai debiti che nonostante tutto lo fanno ogni giorno, nel proprio podere.

Un poeta come Tonino Guerra un anno fa mi ha detto: «L'Italia non è più bella come una volta, è inutile che mi rompano le scatole, perché una volta c'era chi la curava. Non erano dieci persone messe lì e pagate dallo Stato, erano quelli che l´abitavano: i contadini. Dobbiamo riapprendere quella forza d'amore che avevano loro».

Qui non è più sufficiente indignarsi, bisogna tornare ad amare per davvero questa terra. Vilipesa non soltanto nei comportamenti inqualificabili di chi governa, ma nell'indifferenza di fronte a scempi che non sono più tollerabili. Anche se non lo erano già ben prima di arrendersi allo sgomento di questi tristi giorni della nostra storia.

Carlo Petrini
Da la Repubblica di oggi

La foto a Carlin Petrin gliela scattai nel 2005 in occasione della presentazione a Cavour del suo libro Buono, pulito e giusto.

venerdì 4 novembre 2011

Sculture viventi



Per carità non venitemi a dire che questa non è arte, e non perché non abbiate tutti i diritti di dirlo ma perché...
[continua su ladri di bellezza]

rubato da che a sua volta l'aveva rubato da

giovedì 3 novembre 2011

Brunetta: «Italia a posto entro tre mesi»


Era il 10 agosto e il Giornale dava ampio risalto all'intervista a Renato Brunetta, aspirante al Nobel nonché ministro di questa repubblica, un guru insomma, di quelli che prevedono il futuro delle nostre vite con sicurezze granitiche, senza tentennamenti di sorta.

Ecco, siamo arrivati alla resa dei conti. I tre mesi sono passati e l'Italia è stata messa a posto sì, nella maniera che sappiamo.

Si meriterebbe tante cose questo signore. Io comincerei a togliergli il posto che usurpa all'università come insegnante di economia, per il resto fate voi che avete più fantasia di me.


via