mercoledì 13 novembre 2024

No, amici. Non siate così ingenui...

Jodie Foster Césars 2011 2

"No, amici. Non siate così ingenui. A chi fa cose cattive non va sempre male. A molti andrà bene. Li vedrete trionfare. Li vedrete prendersi la parte migliore di tutto. E questo è il mondo reale. Ma se può esservi di conforto, posso dirvi che ho visto molti malvagi avere successo, ma mai in pace." 

Jodie Foster

Photo credit Georges Biard, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons


Io ogni sera desidererei...


"Io ogni sera desidererei rivolgermi al pubblico e dire loro che tutto quello che avete ascoltato fino ad ora è assolutamente falso, come sono assolutamente veri i sentimenti e gli ideali che mi hanno portato a scrivere queste canzoni. Ma con gli ideali e con i sentimenti si costruiscono delle realtà sognate. La realtà quella vera, è quella che ci aspetta fuori. E per modificarla, se vogliamo modificarla, c'è bisogno di gesti concreti e reali".


Fabrizio De André

L’enfasi sulle politiche industriali e le condizioni di lavoro


Articolo da Union-net

È ormai da diverse settimane che è conclamata la “crisi” dei grandi produttori automobilistici globali, Stellantis inclusa, con conseguenze ovviamente pesanti per le lavoratrici e i lavoratori del settore in termini di cassa integrazione. E così, aumenta il pressing di sindacato e politica nei confronti della proprietà aziendale affinché Stellantis presenti un piano industriale in cui sia contemplato un deciso aumento dei volumi produttivi previsti in Italia, così da tutelare le prospettive di lavoro sul territorio nazionale. Ma sarà davvero questa la soluzione?

Torino, 15 ottobre 2024. È mattina. Mi appresto ad andare per un volantinaggio verso la porta 20 dello stabilimento Stellantis di Mirafiori, in Corso Settembrini, lì dove entrano le operaie e gli operai delle Meccaniche, addetti alla produzione dei cambi per le auto del colosso industriale italo-francese. È da un po’ di tempo che non vado da quelle parti per distribuire dei volantini e, mentre sono sempre piu vicino alla fabbrica, mi dico che naturalmente non sara mai la mia presenza di piccolo e saltuario militante a determinare un cambiamento nella situazione di chi lavora lì. Senza nulla togliere, ovviamente, alla generosità di quelle compagne e di quei compagni tendenzialmente piu anziani che con una frequenza molto maggiore della mia saltellano ancora oggi, di mese in mese, se non di settimana in settimana, da una Porta all’altra dello stabilimento di Mirafiori per diffondere il verbo del conflitto di classe. Piuttosto, concludo, sarà la stessa intelligenza e autonoma capacitò di mobilitazione degli operai a contribuire ad un miglioramento delle loro condizioni di vita e di lavoro.

Poi, mentre penso a tutto questo, realizzo che proprio oggi, 15 ottobre, e l’anniversario dell’ultimo giorno in cui si chiuse la storica lotta dei 35 giorni nel 1980, con la capitolazione di sindacato e classe operaia. Eppure, arrivato lì davanti alla Porta 20, di questa ricorrenza storica non vi e traccia. Non una bandiera, non un simbolo. Non c’è niente. Non c’è nessuno. Ci siamo noi a distribuire questo volantino mentre qualche sparuta decina di operai entra progressivamente nello stabilimento, accettando nella maggior parte dei casi il nostro foglietto in cui ci si augura non solo la riuscita dell’imminente sciopero del settore auto previsto per il 18 ottobre, ma anche un rilancio complessivo della vertenza dei lavoratori affinché la loro concreta situazione di fabbrica possa effettivamente migliorare. Già. Perché e ormai da diverse settimane che è conclamata la “crisi” dei grandi produttori automobilistici globali, in particolare quelli europei, Stellantis inclusa. Con conseguenze ovviamente pesanti per le lavoratrici e i lavoratori del settore in termini di cassa integrazione, a fronte della decisa diminuzione delle vendite rispetto allo scorso anno. È così , sembra aumentare il pressing di sindacato e politica tutta nei confronti della proprietà aziendale e in maniera particolare dell’amministratore delegato Carlos Tavares, affinché Stellantis presenti un piano industriale in cui sia contemplato un deciso e robusto aumento dei volumi produttivi previsti in Italia, così da tutelare le prospettive di lavoro sul territorio nazionale.

Ma sarà davvero questa la soluzione?

Le condizioni di lavoro degli operai ex-Fiat

Nello scorso 2017, ormai sette anni fa, ho avuto la fortuna e l’onore di prendere parte nelle vesti di ricercatore, insieme a molte e molti ben piu illustri colleghi, ad una indagine o, se preferiamo citare Vittorio Rieser, inchiesta sulle condizioni di lavoro degli operai di tutti gli stabilimenti italiani dell’allora gruppo FCA/CNH, in modo da capire che cosa fosse cambiato durante l’era Marchionne. Si e tratta di una ricerca corposa, promossa dalle Fondazioni Giuseppe Di Vittorio e Claudio Sabattini insieme alla Fiom-Cgil, con circa 9.000 questionari distribuiti in tutta Italia cui hanno risposto altrettanti lavoratori ex-Fiat. I risultati, di cui abbiamo peraltro già parlato su Jacobin online, non sembravano lasciare spazio a dubbi: secondo il 60% degli operai intervistati la condizione di lavoro negli anni immediatamente precedenti all’indagine era peggiorata, mentre solo il 12% affermava di aver assistito a un miglioramento. Fra le cause principali di questa situazione veniva citato l’aumento dei ritmi e dei carichi di lavoro, dovuto in particolare all’introduzione del sistema ÈRGO-UAS, che a partire dallo scorso 2010 ha fatto sì che agli operai venga assegnato un numero molto maggiore di operazioni di lavoro da eseguire durante il turno rispetto a quanto avveniva in passato, quando ancora vigeva un vecchio accordo del 1971. Ma c’è di più : se si disaggrega questo dato stabilimento per stabilimento, si scopre che le fabbriche in cui veniva denunciato un più marcato peggioramento delle condizioni di lavoro erano proprio quelle che in quegli anni erano state investite da un aumento dei volumi di produzione. Ad esempio, a Melfi, dove in quegli anni si producevano oltre 300.000 vetture l’anno, era addirittura l’80% degli addetti alle linee di montaggio a dichiarare che la propria condizione di lavora era peggiorata. Simile il dato relativo a Pomigliano, dove la produzione annuale di Panda era quasi raddoppiata nei pochi anni prima della ricerca: nel caso dello stabilimento campano, il 71% degli operai parlava di un peggioramento della propria situazione. Nel complesso, dunque, l’indagine restituiva una fotografia per certi versi sorprendente: lì dove si era lavorato di più le condizioni di lavoro erano peggiorate in misura maggiore rispetto a quegli stabilimenti in cui invece si era lavorato di meno e si era fatto più ricorso alla cassa integrazione, segno probabilmente dell’insofferenza degli operai verso ritmi di produzione accelerati, ossessivi e insostenibili.

Di fronte a un simile scenario, appare allora quasi spontaneo pensare che la chiave per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori Stellantis non risieda tanto in una auspicata ripresa del mercato e nell’aumento della produzione nazionale, quanto piuttosto nell’idea – forse vecchia, eppure sempre attuale – della riduzione dell’orario di lavoro a parità, però, di stipendio. Più salario, meno orario, insomma. Pena il rischio di lavorare di più, ma stando sempre peggio, come messo in evidenza dagli stessi operai dell’allora FCA nella ricerca del 2017. A ulteriore testimonianza di questo punto, basta considerare proprio la recentissima storia dello stesso stabilimento di Mirafiori: prima della crisi di vendite di questo 2024, la produzione della 500 elettrica che viene svolta a Torino aveva visto un aumento progressivo negli anni fra il 2021 e il 2023, determinando una serie di scioperi in sequenza contro le condizioni di lavoro. Insomma, sembra proprio che nel caso Stellantis lavorare di più significhi in realtà stare peggio, oltre ad essere naturalmente una garanzia per maggiori volumi di profitto a beneficio dell’azienda.

Continua la lettura su Union-net

Fonte: Union-net

Autore: Stefano Valerio



Articolo tratto interamente da 
Union-net


Maltempo in Sicilia: allagamenti, danni e disagi


Articolo da Vivere Sicilia

Il maltempo annunciato con le allerte meteo ha provocato allagamenti, danni e disagi nella Sicilia orientale, in particole nelle province di Catania e Siracusa.

Dalle prime ore del mattino di mercoledì 13 novembre allagamenti, disagi alla viabilità stradale e persone in difficoltà nella fascia costiera ionica del Catanese: tra i comuni più colpiti ci sono Riposto, Giarre, Acireale, Aci Sant'Antonio e Torre Archirafi. A Riposto e a Giarre sono stati segnalati allagamenti in numerosi garage e scantinati, nella frazione Altarello sono state evacuate 4 persone, tra cui 2 con disabilità, bloccate ai piani bassi della loro casa allagata.

A Torre Archirafi è esondato il torrente Babbo, trascinando a mare decine di auto. Decine gli interventi dei vigili del fuoco. Pesanti disagi anche nell'autostrada A18 nel tratto tra Fiumefreddo di Sicilia e Giarre, dove diversi automobilisti sono rimasti bloccati nelle corsie allagate. 

Continua la lettura su Vivere Sicilia

Fonte: Vivere Sicilia

Autore: 
Redazione

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported


Articolo tratto interamente da Vivere Sicilia

Video credit WEATHER 36 OGGI caricato su YouTube


Le donne e le ragazze africane moriranno a causa di aborti non sicuri grazie alla vittoria di Trump



Articolo da openDemocracy

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su openDemocracy

Trump ha incoraggiato i gruppi anti-diritti a livello globale. Le donne africane ne soffriranno le conseguenze

La presidenza di Trump sembra già destinata ad avere un effetto catastrofico sulla salute riproduttiva e sui diritti sessuali nel continente africano. Lavoro come specialista in salute riproduttiva e di genere in Uganda e stiamo ancora risentendo degli impatti dell'ultima presidenza di Trump. Senza dubbio, le donne e le ragazze africane in tutto il continente sono preoccupate di come la seconda presidenza di Trump avrà un impatto sulla loro salute e sulle loro vite.

Nel suo ultimo mandato, abbiamo assistito a un rafforzamento delle forze anti-diritti, anti-genere e anti-democratiche, mentre i valori della destra cristiana sono stati trasformati in armi contro le minoranze. E questo si è diffuso ben oltre i suoi confini. Con la sua ultima vittoria elettorale, i gruppi che hanno sostenuto la sua corsa al potere probabilmente si sentiranno ancora più incoraggiati.

L'amministrazione Trump ha tentato di creare quadri internazionali sui diritti umani completamente alternativi come la Dichiarazione di consenso di Ginevra, che, contrariamente al suo titolo, non è un documento raggiunto tramite consenso né ha nulla a che fare con Ginevra. È stata infatti sviluppata e lanciata con le firme di 34 paesi, molti dei quali sono stati con scarsi risultati in materia di diritti umani, tra cui Uganda e Kenya. La GCD cerca di mettere in discussione l'esistenza di un diritto internazionale all'aborto e i progressi nella ricerca e nello sviluppo che si sono verificati nell'ultimo decennio per rendere accessibili gli aborti sicuri a livello globale.

Da allora, questa politica ha incoraggiato gli stati che l'hanno sottoscritta a limitare l'accesso all'aborto, con una notorietà crescente: i firmatari di questa politica sono ora 39, con Ciad e Burundi tra gli ultimi ad aggiungersi.

Trump ha anche legami con personaggi come il suo alleato di lunga data Viktor Orbán, il primo ministro ungherese, e Micheal Pompeo e Valerie Huber; quest'ultima è una degli artefici della coalizione anti-donne denominata Geneva Consensus Declaration.

Questi stessi attori hanno avuto un ruolo nello sviluppo del Progetto 2025, il progetto conservatore di 900 pagine per la presidenza repubblicana in arrivo, prodotto dalla Heritage Foundation di destra e dai suoi partner della coalizione. Tra le altre cose, il Progetto 2025 mira a limitare l'accesso al farmaco per l'aborto medico, il Mifepristone. Consiglia il ripristino della "regola bavaglio globale" ampliata del 2017, che proibisce alle ONG straniere che ricevono finanziamenti dagli Stati Uniti di fornire servizi di aborto. I sostenitori dei diritti riproduttivi hanno indicato che il Progetto 2025 è destinato a essere la più grande minaccia dei nostri tempi per la salute e i diritti riproduttivi.

In pratica, questo significa che gli africani possono aspettarsi di vedere un aumento di morti e feriti da aborti non sicuri e simili leggi e politiche a catena implementate nei loro paesi a causa dell'agenda populista dei loro leader politici. Vedremo più donne e ragazze morire o subire ferite debilitanti da aborti non sicuri perché alle organizzazioni che forniscono questi servizi verranno chiusi i rubinetti delle risorse.

È importante notare che molti dei nostri bilanci per i servizi sociali in Uganda e in altri stati subsahariani sono integrati da assistenza finanziaria estera. Un'amministrazione statunitense indifferente alle esigenze della popolazione africana, unita a riforme politiche dannose, avrà un impatto catastrofico. Gli ugandesi dipendono da questi attori per servizi sanitari salvavita e rischiano di soffrire e persino morire se non vengono messe in atto misure di mitigazione.

Inoltre, durante la sua ultima presidenza, i giudici scelti personalmente da Trump, Brett Kavanaugh e Amy Coney Brett, hanno ribaltato la sentenza Roe v Wade. Ciò ha ulteriormente rafforzato il movimento anti-diritti in Africa per combattere qualsiasi programma legale, politico e di fornitura di servizi mirato ad ampliare l'accesso all'aborto.

Ad esempio, un'alta corte in Kenya ha emesso una sentenza progressista nel marzo 2022 basandosi sulla definizione di Roe v Wade del diritto alla privacy come parte integrante dei diritti delle donne. Poiché il caso storico degli Stati Uniti è stato abrogato, si sono aperte le strade per il successivo appello della sentenza progressista dell'Alta corte di Malindi.

Trump, ovviamente, è anche un negazionista del cambiamento climatico, rendendo gli Stati Uniti il ​​primo paese a ritirarsi dall'accordo di Parigi nel 2020. Ma le crisi indotte dal clima e l'aumento delle temperature hanno un impatto sproporzionato non solo sugli africani, ma anche sulla salute e sulla vita delle donne. Noi, come femministe del continente, ci aspettiamo quindi che la sua politica repressiva sulla salute riproduttiva e sul cambiamento climatico insieme continui a perpetrare morti e lesioni prevenibili di donne e ragazze e a spingerle ulteriormente nella povertà.

Non ci facciamo illusioni sul fatto che la vittoria di Kamala sarebbe stata una panacea per tutte le questioni di genere e di giustizia riproduttiva che restano controverse negli Stati Uniti e nel mondo. Ma sappiamo anche che molte delle politiche proposte da Kamala sarebbero state vantaggiose per le donne africane, le ragazze e altri gruppi strutturalmente emarginati. Il suo partito è stato chiaro sulla natura fondamentale del diritto all'autonomia corporea e all'uguaglianza di fronte alla legge, in netto contrasto con il presidente entrante.

In definitiva, la vittoria di Trump rende più difficile il nostro lavoro di femministe perché abbiamo un presidente di estrema destra e le risorse e le strutture dello Stato che, sotto il suo controllo incontrollato, saranno usate come armi contro le minoranze negli Stati Uniti e altrove. Dopo tutto, come abbiamo visto, la spesa dell'estrema destra degli Stati Uniti sta già esplodendo in Africa.

Come sostenitori, dobbiamo tornare al tavolo da disegno, fare il punto delle risorse, compresi i nostri attuali alleati globali e nazionali, e distribuirli strategicamente. Dobbiamo anche mantenere la linea sulle vittorie duramente conquistate; non dobbiamo diventare silenziosi ma continuare a controllare la disinformazione che i gruppi anti-diritti di solito distribuiscono e, cosa più importante, dobbiamo attingere alla nostra forza collettiva e solidarizzare con tutte le femministe e gli attivisti pro-diritti umani, che siano negli Stati Uniti, in America Latina o in Africa, e continuare a scalfire sistemi di distruzione come il patriarcato, la misoginia, il fascismo, l'imperialismo con perseveranza e cura di sé e della comunità.

Continua la lettura su openDemocracy

Fonte: openDemocracy

Autore: Joy Asasira

Licenza: Licenza Creative Commons

Articolo tratto interamente da openDemocracy


La gentilezza...


"La gentilezza ci consente di allentare le continue difficoltà della vita, di essere aperti agli stati d’animo e alla sensibilità. La gentilezza è un fare e un rifare leggera la vita, ferita continuamente dalla indifferenza e dalla noncuranza, dall’egoismo e dalla idolatria del successo. La gentilezza è un ponte che ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività, e ci fa partecipare della interiorità, della soggettività, degli altri; creando invisibili alleanze, invisibili comunità di destino, che allentano la morsa della solitudine, e della disperazione, aprendo i cuori ad una diversa forma di vita.


Eugenio Borgna


Citazione del giorno


"Dopo millenni di odi e di guerre per lo meno dovremmo avere imparato questo: che il dolore non ha bandiera."


Dacia Maraini