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domenica 31 ottobre 2010
Gli apòti
Per carità niente da dire in periodi come questi di ladri e grassatori politici che infestano peggio della gramigna pidocchiosa il nostro vissuto. E per quel che ne so Elio Veltri è sempre stato un onest'uomo. Ma un acronimo meglio di questo proprio no? E con la raccomandazione per giunta dell'accento tonico, apòti, perché se fosse stato àpoti o addirittura apotì chissà cosa si sarebbe potuto pensare. Provate a dirlo ad alta voce e poi riferite come suona.
sabato 30 ottobre 2010
Dio ve li ha dati
Milano, via Trincea delle Frasche
Da lontano, visto anche i colori, appena letto "Dio" ho pensato a un'agenzia di pompe funebri. Poi mi sono accorto che era tutt'altro.
Mi piacerebbe sapere a 'sto punto di quale mai colpa si sono macchiati i calvi, dato che Dio sì che i capelli gliel'ha dati anche a loro, ma poi gliel'ha tolti. E così non possono andare lì dentro a farsi dare lo stile da questi artisti. Se sono creativi come quello che ha inventato lo slogan Dio, ancora lui, ce ne scampi e liberi.
Io, ormai da una vita, per i capelli continuo ad andare da Luigi. Voi invece?
Fra i milanesi che mi seguono qualcuno sa dov'è via Trincea delle Frasche? Senza guardare la piantina beninteso.
venerdì 29 ottobre 2010
Gli scoraggiati
Adesso ci sono anche loro. Dopo i disoccupati, i cassintegrati, i precari, sono entrati nella compagnia gli "scoraggiati".
A dir la verità c'erano anche prima, cioè in questi ultimi tempi, non prima prima, ma venivano citati sottovoce, quasi con timore, come malati infetti di una malattia contagiosa e mortale. Ora, dopo che Mario Draghi, il governatore della Banca d'Italia mica un giornalistucolo qualsiasi, li ha sdoganati nominandoli proprio così, "scoraggiati", è successo ieri, ne possiamo parlare liberamente.
C'è dunque in Italia una categoria (categoria? datemi per favore una parola più umana) di persone che hanno perso il lavoro o non l'hanno mai avuto, che si è definitivamente stancata di mendicarlo a tutte le porte possibili, rimettendoci il fegato per le umiliazioni, senza niente sortire e adesso esausta ha buttato la spugna.
Questo lavoro non lo cerca più. Molto probabilmente ha un titolo di studio, una professionalità acquisita, e senz'altro aveva dei sogni che si sono frantumati contro un mondo bastardo e sempre più diseguale.
Quanti siano nessuno può dirlo, stanno di sicuro aumentando e vanno ad aggiungere altro malessere al tessuto sociale sempre più malvissuto di questo Paese.
Quando quel signore che ci governa dice che bisogna essere ottimisti perché solo così l'economia può riprendersi dovrebbe dirlo in mezzo a loro, senza attorno i pretoriani con gli occhiali neri che sempre lo circondano. Dovrebbe dirlo lì. E poi chi s'è visto s'è visto.
A dir la verità c'erano anche prima, cioè in questi ultimi tempi, non prima prima, ma venivano citati sottovoce, quasi con timore, come malati infetti di una malattia contagiosa e mortale. Ora, dopo che Mario Draghi, il governatore della Banca d'Italia mica un giornalistucolo qualsiasi, li ha sdoganati nominandoli proprio così, "scoraggiati", è successo ieri, ne possiamo parlare liberamente.
C'è dunque in Italia una categoria (categoria? datemi per favore una parola più umana) di persone che hanno perso il lavoro o non l'hanno mai avuto, che si è definitivamente stancata di mendicarlo a tutte le porte possibili, rimettendoci il fegato per le umiliazioni, senza niente sortire e adesso esausta ha buttato la spugna.
Questo lavoro non lo cerca più. Molto probabilmente ha un titolo di studio, una professionalità acquisita, e senz'altro aveva dei sogni che si sono frantumati contro un mondo bastardo e sempre più diseguale.
Quanti siano nessuno può dirlo, stanno di sicuro aumentando e vanno ad aggiungere altro malessere al tessuto sociale sempre più malvissuto di questo Paese.
Quando quel signore che ci governa dice che bisogna essere ottimisti perché solo così l'economia può riprendersi dovrebbe dirlo in mezzo a loro, senza attorno i pretoriani con gli occhiali neri che sempre lo circondano. Dovrebbe dirlo lì. E poi chi s'è visto s'è visto.
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giovedì 28 ottobre 2010
E adesso a Feltri brucia il culo
Il Giornale di ieri
Dopo svariati mesi che aveva inchiostrato i cilindri delle rotative con la merda sua e dei suoi pennivendoli Vittorio Feltri l'altro ieri è stato sentito imprecare fino al pianterreno del palazzo di via Gaetano Negri dove ha sede Il Giornale. Era appena arrivata la notizia che Gianfranco Fini non solo in tutto questo tempo era indagato per la questione della casa di Montecarlo, e loro malgrado tutti i segugi sguinzagliati non l'avevano mai saputo, ma anche e soprattutto che, porca di quella vacca, il procedimento era stato archiviato.
Come titolare, come non titolare? Eccolo il titolo, in pratica altra merda per nascondere tutta quella passata. Se così si può dire.
Ma ha imprecato di brutto anche Berlusconi (Paolo) perché dovrà sicuramente mettere mano al portafogli e scucire qualche milione di euro al presidente della Camera per la querela che aveva presentato.
Purtroppo, oh come avremmo voluto vederlo da un buco, non ci è dato sapere la reazione che ha avuto Berlusconi (quello grande).
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mercoledì 27 ottobre 2010
Capezzone e la libertà di stampa
Chi ha tirato il pugno a Capezzone è un emerito violento imbecille come sono imbecilli i violenti che sfogano la rabbia in tal maniera, due volte colpevoli. Premesso questo è passato in secondo piano da dove Capezzone arrivasse: era appena stato a quel convegno sulla libertà di stampa di cui avevo parlato ironicamete sabato scorso.
Ci fu un tempo in cui molti ebbero sulla bocca lo slogan "Sarà una risata che vi seppellirà" che a Milano divenne anche "Sarà un risotto che vi seppellirà". Purtroppo né la risata né il risotto lì ha (ancora) seppelliti.
Però si potrebbe ricominciare a ridere. E così ieri la scena al posto di un truculento pugno avrebbe potuto essere di gente danzante attorno al Capezzone e cantilenante "Libertà di stampa? Ah, ah, ah. Libertà di stampa? Oh, oh, oh. Libertà di stampa? Ih, ih, ih."
Non so se ne avessero parlato i giornali e le televisioni, di certo ci si sarebbe divertiti e si sarebbe fatto incazzare di brutto il mercenario portavoce del Pdl. E cosa da non sottovalutare ci si sarebbe anche guadagnati la complice simpatia di molte persone.
Aggiunta 14.38
Grazie Franco per la tempestività.
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martedì 26 ottobre 2010
Scudo reiterabile e anche estensibile
Ormai lo sappiamo tutti che lui proprio non ne voleva sapere. Sono stati quei paurosi dei suoi marescialli ad avergli appioppato sul groppone questo scudo per difenderlo dalle frecce avvelenate di quei comunistacci di giudici, che il diavolo se li porti. Ma che scudo è se alla prima bordata si affloscia e diventa un colabrodo?
Come dice Frattini, che forse sarà promosso aiutante di battaglia, deve essere reiterabile e automatico, in pratica una corazza di acciaio svedese da 270 millimetri, un po' pesantuccia vero ma invulnerabile una volta per tutte, cribbio.
E visto che ormai si è in ballo bisogna ballare, affettuosamente coreografati dal diretto interessato che se ne sta a bordo pista a dirigere le danze. E quindi perché non fornire di questi scudi così utili anche i parenti, per carità solo a quelli stretti, che verrebbero comodi proprio adesso al fratello Paolo e al figlio Piersilvio, ché anche con loro se la prendono, maledetti. Sarebbe uno scudo estensibile, reiterabile ed estensibile.
Ma suvvia, tagliamo definitivamente la testa al toro. Non sia mai che la progenie di Berlusconi abbia a trovarsi un giorno indifesa in mezzo alle insidie di leggi inique. E quindi per diritto divino che questo scudo diventi ereditario, che venga trasmesso ai discendenti come si fa con le ville e tutto il resto.
Sarebbe la chiusura del cerchio. Scudo reiterabile, estensibile, trasmissibile.
Forse non previsto dalla nostra Carta costituzionale, ma per il prestidigiatore Ghedini sarà un giochetto far vedere lucciole per lanterne a quei rimbambiti della Consulta. Il capolavoro per chiudere la sua onorata e redditizia carriera.
Come dice Frattini, che forse sarà promosso aiutante di battaglia, deve essere reiterabile e automatico, in pratica una corazza di acciaio svedese da 270 millimetri, un po' pesantuccia vero ma invulnerabile una volta per tutte, cribbio.
E visto che ormai si è in ballo bisogna ballare, affettuosamente coreografati dal diretto interessato che se ne sta a bordo pista a dirigere le danze. E quindi perché non fornire di questi scudi così utili anche i parenti, per carità solo a quelli stretti, che verrebbero comodi proprio adesso al fratello Paolo e al figlio Piersilvio, ché anche con loro se la prendono, maledetti. Sarebbe uno scudo estensibile, reiterabile ed estensibile.
Ma suvvia, tagliamo definitivamente la testa al toro. Non sia mai che la progenie di Berlusconi abbia a trovarsi un giorno indifesa in mezzo alle insidie di leggi inique. E quindi per diritto divino che questo scudo diventi ereditario, che venga trasmesso ai discendenti come si fa con le ville e tutto il resto.
Sarebbe la chiusura del cerchio. Scudo reiterabile, estensibile, trasmissibile.
Forse non previsto dalla nostra Carta costituzionale, ma per il prestidigiatore Ghedini sarà un giochetto far vedere lucciole per lanterne a quei rimbambiti della Consulta. Il capolavoro per chiudere la sua onorata e redditizia carriera.
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lunedì 25 ottobre 2010
Milano, cena fascista al circolo ufficiali in ricordo della marcia su Roma
Adesso che la notizia, che doveva rimanere riservata, è venuta alla luce l'ufficio stampa del comando militare smentisce. Ma come si fa a smentire se erano già partiti gli inviti che vedete sopra con tanto di piantina, e dell'ora e del giorno?
Era dunque stato organizzato un pranzo dall’Ordine dell’Aquila romana per ricordare l’anniversario della Marcia su Roma nei saloni affrescati del prestigioso palazzo Cusani, nel cuore di Brera, sede del Circolo ufficiali e del Comando militare dell’Esercito in Lombardia.
A chiamare a raccolta iscritti e simpatizzanti milanesi di quello che fu un ordine cavalleresco del Regno d’Italia e della Repubblica sociale italiana - divenuto poi «patrimonio storicoaraldico della famiglia Mussolini» - era un nipote del Duce, Guido Mussolini. Che nell’occasione «presenzierà - in veste di presidente - alla cerimonia di investitura di nuovi cavalieri, promozioni e assegnazione di medaglie al merito».
Nell’elenco dei "cavalieri" e dei "grandi ufficiali" figura anche il sottotenente Alberto La Russa, figlio di Romano (segretario provinciale del Pdl e assessore regionale) e nipote di Ignazio, ministro della Difesa. Buona razza non mente.
E allora faccio peccato a pensare che il bravo zio abbia messo una buona parolina nell'orecchio di qualche generale per concedere la disponibilità dei prestigiosi locali?
Milano, via Brera 15 - Palazzo Cusani, sede del Comando militare dell’Esercito in Lombardia.
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domenica 24 ottobre 2010
I primi ottomila libri di Pulcinoelefante, un piccolo grande editore
Dire che ieri pomeriggio la libreria "Il mondo offeso" in corso Garibaldi qui a Milano era strapiena è riduttivo perché altra gente era assiepata nell'androne e capannelli guardavano all'interno dalle finestre nel cortile.
Una festa meritata tutta, per Alberto Casiraghy e per il suo Pulcinoelefante arrivato all'ottomillesimo titolo con un libretto di Emilio Isgrò.
Ogni volume è un esemplare unico in quanto contiene un disegno originale, le pagine sono soltanto otto, stampate ancora con i caratteri a piombo su carta di cotone, tiratura sulle trenta copie. E quando lo prendi in mano puoi sentire al tatto l'incavo delle lettere impresse e quindi la fisicità palpabile delle parole. Altroché ebook.
Più di mille sono le edizioni dedicate ad Alda Merini, ma Alberto ha stampato per autori e artisti notissimi sia a livello nazionale che mondiale. Poeti come Loi o Erba, artisti come Cattelan e poi Ginsberg, Ferlinghetti, Gadda, Baj, Pontiggia, Nespoli, Penna, Munari, Pasolini.
È quasi destino che ci incontriamo in queste occasioni. Ci eravamo visti al castello del Roccolo per i 25 anni di Pulcinoelefante e ieri gli ho dato alcune foto che avevo scattato in quella occasione. Ha molto gradito e si è quasi commosso al vedere quella in cui è ritratto assieme a Nico Orengo.
Andrò a trovarlo quanto prima nella sua casa-officina a Osnago. Forse farà un risotto, di sicuro mi sparerà qualcuno dei suoi aforismi fulminanti e di certo mi racconterà qualche aneddoto sconosciuto su qualche autore conosciutissimo che sarebbe manna deliziosa per qualunque giornalista.
Una festa meritata tutta, per Alberto Casiraghy e per il suo Pulcinoelefante arrivato all'ottomillesimo titolo con un libretto di Emilio Isgrò.
Ogni volume è un esemplare unico in quanto contiene un disegno originale, le pagine sono soltanto otto, stampate ancora con i caratteri a piombo su carta di cotone, tiratura sulle trenta copie. E quando lo prendi in mano puoi sentire al tatto l'incavo delle lettere impresse e quindi la fisicità palpabile delle parole. Altroché ebook.
Più di mille sono le edizioni dedicate ad Alda Merini, ma Alberto ha stampato per autori e artisti notissimi sia a livello nazionale che mondiale. Poeti come Loi o Erba, artisti come Cattelan e poi Ginsberg, Ferlinghetti, Gadda, Baj, Pontiggia, Nespoli, Penna, Munari, Pasolini.
È quasi destino che ci incontriamo in queste occasioni. Ci eravamo visti al castello del Roccolo per i 25 anni di Pulcinoelefante e ieri gli ho dato alcune foto che avevo scattato in quella occasione. Ha molto gradito e si è quasi commosso al vedere quella in cui è ritratto assieme a Nico Orengo.
Andrò a trovarlo quanto prima nella sua casa-officina a Osnago. Forse farà un risotto, di sicuro mi sparerà qualcuno dei suoi aforismi fulminanti e di certo mi racconterà qualche aneddoto sconosciuto su qualche autore conosciutissimo che sarebbe manna deliziosa per qualunque giornalista.
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sabato 23 ottobre 2010
Convegno sulla libertà di stampa. Clap clap clap
Organizzato da Bondi, La Russa, Verdini e dalla Santanchè, martedì 26 alle 18, presso la sala Santa Marta del ministero della Cultura di via del Collegio romano, 27 a Roma si terrà un convegno sulla libertà di stampa. Saranno presenti anche Feltri e Belpietro.
Ma bravi! Ma bravi! Ma bravi!
La notizia qui, via.
Ma bravi! Ma bravi! Ma bravi!
La notizia qui, via.
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venerdì 22 ottobre 2010
Ruota della sfortuna di Bros
Milano, via Torino a due passi dal Duomo. La ruota della sfortuna di Bros.
Vagano in città artisti sotterranei. Alcuni anche piuttosto noti. Ogni tanto emergono e lasciano il loro segno. Qualche amico mi avvisa o sono io che mi accorgo e allora documento. Potrei ormai organizzare una mostra con queste immagini ma sarebbe del tutto fuorviante perché la street art deve essere goduta nel contesto dove è stata realizzata, nel mezzo del traffico cittadino e fra l'andirivieni dei passanti frettolosi.
Possono essere grandi tele, come questa di Bros (fotografata ieri), oppure enormi graffiti come quelli a Lambrate di Blu e di Ericailcane, o anche grandi manifesti dipinti come quello che avevo fotografato in via Pasubio e attaccato proprio nello spazio pubblicitario dei 6x3 di Mr. Di Maggio. Ma sono anche figure di carta che appaiono sui palazzi incollati ad alcuni metri di altezza o anche icone varie impresse con la sagoma, firmate o anonime. Hanno tutte in comune il loro essere precarie. Vivono da alcuni giorni a qualche anno e poi di esse non si avrà più traccia fisica. Rimarranno solo immagini a testimoniare che sono esistite. Tutte figlie di questo tempo senza spessore fatto di carta velina.
Ritornando all'opera fotografata e al suo contenuto ne approfitto per farvi alcune domande. Ma voi alla fortuna ci credete? E quindi anche al suo speculare rovescio? Non si dice per l'appunto "subire rovesci"? E un'altra cosa. Quando mai è entrata in uso la parola "sfiga" che prima non esisteva? E chi mai l'avrà inventata?
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giovedì 21 ottobre 2010
Italo Bocchino, i servizi segreti e Massimo D'Alema
Lancio d'agenzia
Italo Bocchino in procura a Roma. Il capogruppo Fli alla camera ieri è stato interrogato, come persona informata sui fatti, dal procuratore aggiunto Pietro Saviotti. Bocchino è stato ascoltato per circa due ore sui pedinamenti da parte dei servizi segreti. Su quest'ultimo aspetto il presidente del Copasir Massimo D'Alema ha presentato un esposto contro ignoti per fuga di notizie.
Un esposto contro ignoti? Sarebbe stato bello invece che D'Alema, per una fatale disattenzione, l'esposto lo avesse fatto contro una spia citandola per nome e cognome. Minimo minimo il Massimo sarebbe decaduto in tronco dall'incarico per non dire di tutto il resto e la barba finta ormai bruciata sarebbe stata spedita col primo aereo all'ambasciata di Khartum come aiutante in terza dell'addetto militare.
E parecchi di noi giù a scrivere minchiate sarcastiche.
Sarebbe stato bello.
E parecchi di noi giù a scrivere minchiate sarcastiche.
Sarebbe stato bello.
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mercoledì 20 ottobre 2010
Francesco Biamonti - D'ottobre Francesco
"... Un mattino, ho guardato il cielo: era di un
blu violento e vi passavano nuvole bianche che
sembravano urtare alle rocce. Un altro giorno ho
camminato tra gli ulivi. Un uomo stava falciando
le terrazze prima dell'aratura. Le erbe si
stagliavano su un fondo di anemoni che
cominciavano a deperire; v'erano pure dei
pennacchi d'argento, piegati dalla brezza, che
sembravano lanciare una muta implorazione. ..."
D’ottobre Francesco 2010
Centro Polivalente Le Rose, San Biagio della Cima (IM)
Piazza IV Novembre
Un amico, Luigi Betocchi
mostra fotografica
22 ottobre 2010, ore 17,30
Inaugurazione della mostra
Interviene Mara Pardini
Testimonianze di Enzo Maiolino e Corrado Ramella
La mostra sarà visitabile tutti i giorni dal 22 al 30 ottobre dalle 16,00 alle 19,00.
Nell’occasione verrà consegnato un riconoscimento alla memoria di Luigi Betocchi.
Da Biamonti: Ripensare la linea ligure
Conferenza di Matteo Meschiari
23 ottobre 2010, ore 17,30
Conferenza di Matteo Meschiari (Università di Palermo) su Francesco Biamonti, per una ridefinizione della Linea Ligustica.
Nell’occasione si converserà anche dei due ultimi libri di Matteo Meschiari, Sistemi Selvaggi e Terra Sapiens (Sellerio) entrambi dedicati al concetto di paesaggio.
Biamonti in Germania
Presentazione
30 ottobre 2010, ore 17,30
Presentazione di Francesco Biamonti (1928-2001)
Das Romanwerk. Metamorphose einer Landschaft (Peter Lang), 2009, di Gabriele Montaldi-Seelhorst.
Introduce Mauro Bico, sarà presente l’autrice.
Nell’occasione verrà consegnato un riconoscimento all’autrice per la prima monografia su Francesco Biamonti pubblicata all’estero.
www.francescobiamonti.it
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martedì 19 ottobre 2010
L'orecchia alle pagine di un libro
Ma intanto il fatto è accaduto. Non previsto e non in sintonia con l'occasione, l'indefinito si è fatto carne, la carne voglia, e la voglia azione. Un "fatto fatto" direbbe la 'Nita. Perché così si usa esprimere nella sua lingua, con la duplicazione, l'inconsueto e l'eccezionale.
Un fatto fatto.
Ho tolto gli occhiali, ho messo l'orecchia alla pagina e riposto il pesante volume di avventure che in quei giorni mi dava piacere, e ho allungato le mani. Mollemente. Qualcosa nel mio cuore prima ancora che altrove mi ha chiesto di farlo.
Maurizio Maggiani
Meccanica celeste
Feltrinelli
Un fatto fatto.
Ho tolto gli occhiali, ho messo l'orecchia alla pagina e riposto il pesante volume di avventure che in quei giorni mi dava piacere, e ho allungato le mani. Mollemente. Qualcosa nel mio cuore prima ancora che altrove mi ha chiesto di farlo.
Maurizio Maggiani
Meccanica celeste
Feltrinelli
Del romanzo ho già parlato. E adesso, quando rivedo Maggiani, glielo chiedo. Se questo del fare le orecchie alle pagine dei libri per tenere il segno è una sua abitudine o ha appiccicato questa abitudine al suo personaggio.
Forse mi sarà capitato qualche rarissima volta da ragazzo, ma poi non più. Non faccio orecchie alle pagine, e per tenere il segno quando sono in giro può essere uno scontrino un biglietto una penna un pezzo di giornale ma orecchie mai. E non è che io tratti i libri come delle reliquie da prendere con i guanti. Non li maltratto ma nemmeno sono un maniaco come certi che foderano le copertine per non sporcarle.
Io i libri li presto anche volentieri. E certi non ritornano e non so nemmeno più in che mani siano finiti. I libri sono fatti per essere letti e se lo stesso volume ha più lettori ben venga.
Ma dicevo le orecchie mai. E voi?
Forse mi sarà capitato qualche rarissima volta da ragazzo, ma poi non più. Non faccio orecchie alle pagine, e per tenere il segno quando sono in giro può essere uno scontrino un biglietto una penna un pezzo di giornale ma orecchie mai. E non è che io tratti i libri come delle reliquie da prendere con i guanti. Non li maltratto ma nemmeno sono un maniaco come certi che foderano le copertine per non sporcarle.
Io i libri li presto anche volentieri. E certi non ritornano e non so nemmeno più in che mani siano finiti. I libri sono fatti per essere letti e se lo stesso volume ha più lettori ben venga.
Ma dicevo le orecchie mai. E voi?
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domenica 17 ottobre 2010
Biancospino (Crataegus oxyacantha)
Sono nato in un giorno che era Pasquetta e così qualcuno in famiglia che aveva scarsa fantasia voleva appiopparmi come nome Pasqualino ma la proposta non ebbe seguito (me la sono scampata bella) e mi chiamarono quindi come sapete.
Questo per dire che il nome che abbiamo e che hanno anche le cose tante volte è in bilico fino a che non è dato. Adesso è così ma avrebbe potuto essere anche cosà.
Prendiamo questa pianta. Biancospino: perché esplode in primavera di un intenso bianco puro nei suoi piccoli fiori. Ma adesso in autunno, come potete vedere dalle foto che ho scattato ieri in una campagna che ho sopra il paesello, è un tripudio di un bel rosso, e gli starebbe anche bene, dico come nome, rossospino.
Nel mio dialetto si chiama abòsau (la esse come quella di Sassari), ed è un ottimo portainnesto del pero. Sarebbe da organizzare una squadra di innestatori e poi andare nei boschi e un po' qua un po là far rivivere le antiche e numerose varietà di questi frutti che stanno scomparendo.
Biancospino
Ha proprietà diuretiche, sedative, ipotensive, vasodilatatrici, antidiarroiche. Di aiuto per placare il senso di angoscia, di inquetudine, il senso di oppressione, per la ritensione idrica, per le infiammazioni del cavo orale, per le palpitazioni e la ipertensione e per i problemi cardiaci. E' chiamato la valeriana del cuore, in quanto è un ottimo tonico cardiaco, stimolante cardiaco, dilata le arterie coronariche, migliora l'afflusso del sangue, aumenta la forza di pompaggio del cuore, elimina le aritmie, riduce i livelli di colesterolo, riduce la frequenza e la gravità degli attacchi di angina pectoris, previene le complicanze cardiache nei pazienti anziani o a rishio affetti da influenza o polmonite, auta nelle tachicardie, nelle extrasistoli, negli stati di ansia, agitazione, angoscia e nervosismo.
da qui
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sabato 16 ottobre 2010
Calendario Pirelli 2011
Baptiste Giabiconi fotografato da Karl Lagerfeld.
Dopo 37 edizioni di donne discinte (ah, ah, forse è la prima volta che scrivo questo aggettivo) il calendario Pirelli 2011 pubblicherà anche due nudi maschili. Visto che il tema è la mitologia e gli dei dell'Olimpo forse non se ne poteva fare a meno. E così, senza veli, apparirà nei panni di Giove e di Mercurio Baptiste Giabiconi fotografato da Karl Lagerfeld che è l'autore di tutte le immagini.
Passato quel periodo d'oro in Grecia, IV secolo avanti Cristo e dintorni, la nudità maschile divenne quasi un tabù nell'arte e questa riluttanza esiste tuttora, malgrado il solco tracciato in tempi recenti da Robert Mapplethorpe. E mi piacerebbe sapere il perché.
Ma forse anche gli antichi avevano qualche problema a rappresentare gli attributi maschili. Ve li ricordate i "cosi" striminziti, del tutto sproporzionati nella loro piccolezza rispetto ai corpi vigorosi, dei due bronzi di Riace?
Foto di Robert Mapplethorpe - Derrick Cross, 1982
giovedì 14 ottobre 2010
Apertura domenicale dei supermercati
Milano, via Palmanova
Ci sarà pure una logica se questo supermercato dove non vado mai, così come gli altri che invece frequento (Simply_market, Coop, Esselunga) hanno tutti questa uguale programmazione di aperture domenicali. Prime e ultime domeniche del mese. Ci sarà pure una logica.
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mercoledì 13 ottobre 2010
Molte firme della lista Formigoni sono sicuramente false
Ho aspettato a pubblicare la notizia perché a suo supporto c'era solo il parere di un grafologo, sia pure perito del tribunale di Milano. Adesso c'è la prova provata che un bel po' di firme della lista Formigoni alle ultime elezioni regionali in Lombardia sono sicuramente false.
La scorsa settimana il radicale Marco Cappato aveva denunciato che da una perizia calligrafica almeno 349 risultavano false, e quindi eliminando queste il numero legale per presentare la lista sarebbe stata insufficiente.
Adesso c'è un riscontro oggettivo. La brava Tiziana Di Giorgio di Repubblica ha raggiunto telefonicamente i firmatari sospetti che è riuscita a rintracciare e sentite sentite.
Aggiornamento 23 ottobre
La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta sul caso delle firme false
Aggiornamento 24 ottobre
Firme false, lo strappo della Lega "Adesso il Pdl è tenuto a chiarire"
Grazie mille Franco.
La scorsa settimana il radicale Marco Cappato aveva denunciato che da una perizia calligrafica almeno 349 risultavano false, e quindi eliminando queste il numero legale per presentare la lista sarebbe stata insufficiente.
Adesso c'è un riscontro oggettivo. La brava Tiziana Di Giorgio di Repubblica ha raggiunto telefonicamente i firmatari sospetti che è riuscita a rintracciare e sentite sentite.
Nell'elenco n.73, fino al nominativo 17 è impossibile rintracciare i firmatari: non compaiono sulle Pagine bianche. Al diciottesimo tentativo ecco il numero di E. M. Che smentisce di aver firmato il listino per Formigoni presidente. Appena prima di riattaccare, lo sguardo cade sul nominativo successivo, il diciannovesimo: stesso cognome. Scusi, per caso è suo parente un certo D. M.? "Certo che è mio parente: è mio figlio. Roba da matti, glielo passo". D., 29 anni, ha sottomano la carta d'identità perché è alle prese con una prenotazione online. "Le dispiace dirmi che numero c'è scritto lì?". Corrisponde. "Pazzesco, questi sono andati recuperare il numero dei nostri documenti all'anagrafe. Io non sono formigoniano. Ho votato tutt'altro. Già che c'è, può controllare se da qualche parte c'è anche la firma di mia mamma?". Come no: M. M. Ha una grafia che sembra identica a quella del marito e del figlio. E a quella che ha messo le firme di quasi tutto l'elenco. "Io sono proprio l'ultima che avrebbe potuto mettere il mio nome lì", dice M. in sottofondo, mentre il figlio continua a chiedere con stupore chi mai possa aver preso la loro famiglia in blocco - tre su tre - per inserirli in quei documenti.
Quando Formigoni è stato messo di fronte alla realtà nuda del suo pateracchio si è inalberato come non mai e ha dichiarato con supponenza che la volontà popolare che lo aveva rieletto per la quarta volta non poteva in alcuna maniera essere sovvertita dalla burocrazia.
Si tratta di un modo di vedere le cose instaurato da Berlusconi e preso a modello dai suoi legionari che di fatto sta distruggendo a poco a poco i rimasugli di democrazia sfilacciata che ancora rimangono. Disprezzo assoluto delle regole e una continua istigazione a delinquere: dall'evasione fiscale all'abusivismo edilizio, dalle accuse verso la magistratura all'insofferenza per il parlamento.
Giova ripeterlo. In uno stato di diritto non è il popolo ad essere sovrano ma la legge.
Dimenticavo. Roberto Formigoni va a messa tutte le mattine.
Aggiornamento 14 ottobre
Formigoni sta abbassando la cresta e dichiara: «Ho provveduto a chiedere ai partiti che hanno appoggiato la mia candidatura di capire e reagire qualora vi fossero novità».
Reagire? Il presidente del Consiglio regionale lombardo Davide Boni, della Lega, ha così reagito: «La legge elettorale pone una delle sue basi fondanti sulla raccolta firme. La magistratura dovrà fare il suo corso ma se dovesse emergere che le regole non sono state rispettate allora qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di riportare al voto la Lombardia». Come dire, noi della Lega ci chiamiamo fuori da questo pasticcio.
Forse questa vicenda non finirà in una bolla di sapone.
Aggiornamento 21 ottobre
Ieri i radicali hanno pubblicato i 9 Motivi di irregolarità nella presentazione della Lista di Formigoni.
Il governatore rimane saldato e imbullonato alla sedia.Si tratta di un modo di vedere le cose instaurato da Berlusconi e preso a modello dai suoi legionari che di fatto sta distruggendo a poco a poco i rimasugli di democrazia sfilacciata che ancora rimangono. Disprezzo assoluto delle regole e una continua istigazione a delinquere: dall'evasione fiscale all'abusivismo edilizio, dalle accuse verso la magistratura all'insofferenza per il parlamento.
Giova ripeterlo. In uno stato di diritto non è il popolo ad essere sovrano ma la legge.
Dimenticavo. Roberto Formigoni va a messa tutte le mattine.
Aggiornamento 14 ottobre
Formigoni sta abbassando la cresta e dichiara: «Ho provveduto a chiedere ai partiti che hanno appoggiato la mia candidatura di capire e reagire qualora vi fossero novità».
Reagire? Il presidente del Consiglio regionale lombardo Davide Boni, della Lega, ha così reagito: «La legge elettorale pone una delle sue basi fondanti sulla raccolta firme. La magistratura dovrà fare il suo corso ma se dovesse emergere che le regole non sono state rispettate allora qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di riportare al voto la Lombardia». Come dire, noi della Lega ci chiamiamo fuori da questo pasticcio.
Forse questa vicenda non finirà in una bolla di sapone.
Aggiornamento 21 ottobre
Ieri i radicali hanno pubblicato i 9 Motivi di irregolarità nella presentazione della Lista di Formigoni.
- Le firme “sognate”: 42
- Le firme “inesistenti”: 21
- Le firme subito invalidate dall’Ufficio elettorale: 244
- Le firme invalide per vizi di autenticazione: 526
- Le firme non autenticate: 26
- Le firme false: 473 certamente dalle stesse mani; seri indizi su altre 99
- Le firme impossibili (o “falso ideologico”): 1826
- Le firme doppie: alcune, da approfondire
- Le firme dei “veggenti”: 544 (ovvero: per le quali i certificati elettorali sono stati acquisiti in data antecedente alle autenticazioni)
Aggiornamento 23 ottobre
La Procura di Milano ha aperto un’inchiesta sul caso delle firme false
Aggiornamento 24 ottobre
Firme false, lo strappo della Lega "Adesso il Pdl è tenuto a chiarire"
Grazie mille Franco.
Technorati Tags: formigoni, firme false, elezioni regionali
martedì 12 ottobre 2010
Sconto Ici al Vaticano, oggi il processo Ue all'Italia
Moneta da un euro del Vaticano
La Chiesa non paga l'Ici, come penso sappiate, sugli immobili di sua proprietà adibiti ad attività commerciali. Il mancato introito per lo Stato italiano è di 2 (due) miliardi di euro. Duemila milioni in fila, uno dietro l'altro.
Oggi verrà formalizzata da parte di Joaquín Almunia, commissario Ue per la concorrenza, una procedura fuori dell'ordinario contro il nostro Paese per aiuti di Stato. Sono quindici pagine dove si esprimono tutti i dubbi riguardo agli "sconti" concessi alle numerose e lucrose attività del Vaticano sul nostro territorio.
L'Italia ha un mese di tempo per spedire a Bruxelles le proprie difese. E sarei veramente curioso di leggere gli arrampicamenti affannosi di specchi e i sofismi funambolici che verranno utilizzati.
Se non saranno convincenti la sentenza che l'esecutivo comunitario emetterà entro 18 mesi potrebbe essere clamorosa. Via tutte le esenzioni dell'Ici e pagamento degli arretrati più gli interessi da parte della Chiesa.
Nell'ipotesi (improbabile) che una simile sentenza venga emessa, voi non pensate che un ulteriore escamotage verrà estratto dal cilindro magico dalla classe politica (tutta) per salvare le cose di Cesare che, guarda un po', coincidono con quelle di Dio?
L'esenzione totale dall'Ici è stata introdotta nel dicembre 2005, in campagna elettorale, dal governo Berlusconi. Le norme erano state poi portate a Bruxelles da una denuncia promossa dal radicale Maurizio Turco e del fiscalista Carlo Pontesilli (segretario di anticlericale.net) assistiti dall'avvocato Alessandro Nucara. L'allora commissaria Neelie Kroes aveva però archiviato due volte il caso sotto le fortissime pressioni ricevute da entrambe le sponde del Tevere. Di fronte all'ennesima archiviazione i denuncianti si sono rivolti alla Corte di giustizia e i legali di Bruxelles hanno convinto Almunia ad aprire la scomoda procedura (andare contro il Vaticano e un Paese fondatore non è mai consigliato) per evitare una condanna per inazione da parte dei giudici del Lussemburgo.
lunedì 11 ottobre 2010
Guerra è, non altro
Il ministro delle Difesa (Difesa? Forse non sarebbe meglio a 'sto punto chiamarlo in altra maniera?) Ignazio La Russa: «Bombe sugli aerei. Ho ritenuto che potessimo farne a meno perché vi è comunque il rischio di mettere a repentaglio vite civili: per questo ho pensato finora di dire no».
Cos'è, adesso i civili sono diventati invulnerabili o le bombe sono diventate così intelligenti che vengono vendute con la garanzia: cioè che mai e poi mai provocheranno danni collaterali, bell'eufemismo per definire stragi di cittadini inermi.
E per armare i cacciabombardieri AMX Ghibli e dare ai piloti le nuove regole d'ingaggio che permetta loro di bombardare villaggi uscirete finalmente da questo vischioso equivoco che vi trascinate dietro ormai da parecchi anni (destra e sinistra), "forze di pace", e pronuncerete la parola proibita "guerra"? E allora come la metterete con l'articolo 11 della Costituzione? O sarà ancora formale ambiguità? Proprio e solo formale perché nella sostanza è ormai chiaro a tutto il popolo italiano, e non da adesso, che i nostri soldati stanno combattendo un conflitto armato in cui vi siete irresponsabilmente infilati e da cui prima ci si defila meglio è.
Cos'è, adesso i civili sono diventati invulnerabili o le bombe sono diventate così intelligenti che vengono vendute con la garanzia: cioè che mai e poi mai provocheranno danni collaterali, bell'eufemismo per definire stragi di cittadini inermi.
E per armare i cacciabombardieri AMX Ghibli e dare ai piloti le nuove regole d'ingaggio che permetta loro di bombardare villaggi uscirete finalmente da questo vischioso equivoco che vi trascinate dietro ormai da parecchi anni (destra e sinistra), "forze di pace", e pronuncerete la parola proibita "guerra"? E allora come la metterete con l'articolo 11 della Costituzione? O sarà ancora formale ambiguità? Proprio e solo formale perché nella sostanza è ormai chiaro a tutto il popolo italiano, e non da adesso, che i nostri soldati stanno combattendo un conflitto armato in cui vi siete irresponsabilmente infilati e da cui prima ci si defila meglio è.
Technorati Tags: afghanistan, bombe, la russa, talebani
domenica 10 ottobre 2010
Auguri a Gianni Berengo Gardin
Oggi Gianni Berengo Gardin, uno dei maestri della fotografia italiana, compie la bellezza di ottant'anni. Auguri da parte di noi tutti che la fotografia la pratichiamo e la amiamo.
E proprio oggi sarà festeggiato dagli amici qui a Milano alla Fondazione Forma.
Cominciai sentendomi artista
inquadrando i bei tramonti.
Scoprii poi che la poesia stava
altrove, più o meno dove i fotografi
di allora non guardavano mai,
nei luoghi ordinari, nei gesti
semplici, in un pescatore che fuma,
in una ragazza che saluta...
inquadrando i bei tramonti.
Scoprii poi che la poesia stava
altrove, più o meno dove i fotografi
di allora non guardavano mai,
nei luoghi ordinari, nei gesti
semplici, in un pescatore che fuma,
in una ragazza che saluta...
Technorati Tags: gianni berengo gardin
sabato 9 ottobre 2010
Le scarpe slacciate
Questa storia dei lacci delle scarpe mi accadde per la prima volta a Torremolinos. Una sera di primavera inoltrata me ne andavo un po’ a zonzo tranquillamente e quasi perdendomi qua e là lungo le vie della bella parte antica del paese. Faceva ancora caldo. Le porte delle piccole case bianche erano aperte, davanti a esse stavano sedute le mamme e le nonne. I bambini giocavano. Si potevano vedere quadri di santi all’interno delle stanze e udire la gente che gridava da una casa all’altra. Gruppi di ragazzi e di ragazze passeggiavano - separatamente - su e giù per le vie, chiamandosi a vicenda e ridendo e cinguettando.
Ero tra di loro, ma essi vivevano nel loro mondo, io nel mio. Dunque questa, pensavo, è quella che Ferdinand Tönnies chiamava Gemeinschaft, una comunità chiusa, dove gli individui sono strettamente vincolati gli uni agli altri, in opposizione alla Gesellschaft, la «società» delle grandi città. A un certo punto ebbi l’impressione che le donne mi stessero dicendo qualcosa. Una ragazzetta mi si avvicinò, ridendo, guardandomi appena, di sottecchi. Pensai: «Però, precoce la piccola, fa già la civettuola!». Ma lei nascose il volto timidamente dietro le mani e corse da sua madre. Poi una ragazza poco più grande venne verso di me e indicò le mie scarpe. Finalmente capii: avevo le stringhe slacciate che penzolavano sulla strada. È una cosa che mi capita così spesso che ormai non ci faccio più caso.
Ma le donne, attente, se n’erano accorte, e ovviamente temevano che l’anziano straniero potesse inciampare e farsi del male. Così, osservato e incoraggiato da donne, uomini e bambini attorno a me, mi allacciai le stringhe con cura e, ridendo verso i volti che mi circondavano amichevolmente, ringraziai tutti. Poi il piccolo trambusto cessò e la vita riprese il suo corso consueto. È di certo una Gemeinschaft, dissi tra me e me; nessuno è un perfetto straniero. Ma la mia coscienza sociologica mi corresse: come puoi sapere quel che accade, se non sei là dove accade? Il giorno dopo lasciai le stringhe slacciate a bella posta, camminando in quella che forse è la via principale di Torremolinos, dove ci sono i turisti. E, come mi aspettavo, nessuno vide il pericolo; o meglio: talvolta qualcuno passando vicino sembrava accorgersi dei lacci che ciondolavano slegati, ma se ne guardava bene dall’avvertirmi. Dopo due ore cessai l’esperimento.
[continua]
------::------
Norbert Elias
L'illusione del quotidiano
Sociologia con le scarpe slacciate
Medusa
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Ho riportato un passo tratto da questo libro fresco di stampa perché io vivo di prevalenza in una società aperta, cioè a Milano (Gesellschaft) ma sovente vivo anche in una società chiusa quando mi reco al paesello (Gemeinschaft) e quindi conosco gioie e dolori di entrambi i vissuti. Per me sono due camere di compensazione, l'una dell'altra. La metropoli mi dà continui stimoli e il paesello mi regala la tranquillità che dopo un po' di giorni però mi assopisce.
Io non vedo, a parte alcuni, dove voi viviate. Ecco mi piacerebbe sapere se siete contenti del posto o se lo cambiereste volentieri con un altro.
Io non vedo, a parte alcuni, dove voi viviate. Ecco mi piacerebbe sapere se siete contenti del posto o se lo cambiereste volentieri con un altro.
OT
Se a qualcuno interessa ho fatto un altro aggiornamento a Il dito medio di Cattelan.
Se a qualcuno interessa ho fatto un altro aggiornamento a Il dito medio di Cattelan.
Technorati Tags: Norbert Elias, L'illusione del quotidiano
venerdì 8 ottobre 2010
Al rogo il libro di Berlusconi
Sono dieci milioni le copie di un "libro" che verrà inviato non richiesto agli italiani e che illustrerà le meraviglie fatte nascere e splendere da questo gioiello di governo che sta mantenendo in maniera encomiabile tutte le promesse che aveva fatto in campagna elettorale.
Non vado qui a sindacare la quantità di denaro che comporterà questa operazione di propaganda di regime pagata con i soldi presi dalle nostre tasche dove mettono le mani tutti i giorni, più volte il giorno, ma penso invece a una nostra reazione possibile e fattibile.
Ora io sono sempre stato visceralmente contrario al bruciare qualunque libro, sia pur esso portatore di idee contrarie alle mie, perché io i libri li amo, e le idee si combattono con altre idee. Ma questi che verranno sventagliati non sono libri ma solo accozzaglie di menzogne mal condite scritte dai ghostwriter mercenari che bivaccano nei retrobottega di palazzo Grazioli e palazzo Chigi.
E allora m'è venuta un'idea. Organizzare nelle piazze roghi di questi volumi che ci arriveranno a casa. Ma poi, a pensare alle tonnellate e tonnellate di carta in fumo, ho cambiato proposito. Magari bruciarne uno a titolo simbolico e tutti gli altri a riempire i cassonetti della raccolta differenziata. Sarebbe un bel sabba, da ballare tutti assieme.
Vi piace?
Aggiornamento 9 ottobre
Ringrazio tutti per i numerosi interventi, il che vuol dire che l'argomento è sentito. Emerge che il fuoco è simpatico a pochi mentre il rispedire al mittente il libello sembra l'opzione in netta maggioranza. Per quanto mi riguarda la cosa più importante non è tanto il metodo ma il fatto che l'azione sia collettiva, aspetto che pochi hanno sottolineato, sia qui sul web che nel mondo reale. C'è tempo per organizzare e vedo, come segnala Ross che altri si stanno già muovendo. Non capisco invece questa pagina di Facebook segnalata da Daniele che è datata 31 dicembre.
Al momento opportuno ci sarebbe da fare un post collettivo con un bel logo e anche vignette.
Qui di seguito i blogger che ci stanno. Basta che diciate sì in un commento e verrete aggiunti alla lista.
Comincio col mettere queste amiche che da quello che scrivono mi sembra abbiano già dato l'assenso. Ross e Pia le conosco di persona, Daniela e Tina no, ma un giorno o l'altro chissà.
Pia
Ross
Tina
Daniela
Gattonero
Baol
Vincenzo
Daniele
Ornella
Princi
Daniela
Enzo
Bastian Cuntrari
Lu
Romina
Arcureo
Technorati Tags: 10 milioni di libri, berlusconi
giovedì 7 ottobre 2010
Tarallucci e vino?
Il 27 settembre Umberto Bossi l'aveva cantato forte e chiaro «I romani sono dei porci», proprio così «dei porci». E il Trota che gli era a fianco, da fine politico qual è, a sganasciarsi. Non si erano mica sganasciati, ma proprio per niente, i romani, né tanto meno il loro sindaco Alemanno che in una lettera indirizzata a Berlusconi aveva minacciato querela se l'Umberto non si fosse rimangiato quella lorda offesa che aveva vomitato. Ma non si era mosso di un millimetro. E al suo posto si erano dati da fare i leccapiedi avanzando l'idea che «bisogna considerare il contesto in cui l'ha detto» (ricordate ieri?) mentre il premier lo assolveva con «ma è una battuta, non l'avete capito?».
No, Roma non l'aveva proprio capito ed esigeva le scuse, pubbliche formali contrite. Ora non si sa bene chi abbia fatto breccia nel testone coriaceo del capo della Lega, sta di fatto che queste scuse sono arrivate e ieri in piazza Montecitorio, nella Roma ladrona e mangiona, Bossi si è riappacificato (momentaneamente, è d'obbligo dirlo) con la città e col suo sindaco, allestendo un'abbuffata che si è trasformata in una pagliacciata tra i dieci gazebo bianchi ricolmi di salumi, parmigiano reggiano, trippa, cicoria ripassata e litri di vino dei Castelli e Lambrusco, più polenta, pajata e rigatoni al sugo di coda alla vaccinara.
Dicevo della pagliacciata. Da una parte i leghisti con bandiere della Padania che osannavano «Bossi, Bossi», dall'altra i rappresentanti del Popolo di Roma «Alemanno, Alemanno sindaco di Roma». E Renata Polverini che imboccava il Senatur direttamente dalla sua forchetta come potete vedere dalla foto.
Avevo intitolato un post precedente Gli ultimi giorni di Pompei, qui siamo alla provocazione indecente, se volete simbolica, ma sempre provocazione e sempre indecente verso un Paese che sappiamo tutti le tempeste che sta attraversando e i naufragi che queste stanno provocando.
Tarallucci e vino? Apparentemente sì oggi, ma domani, crisi o non crisi di governo, potranno anche essere coltellate, tra di loro.
No, Roma non l'aveva proprio capito ed esigeva le scuse, pubbliche formali contrite. Ora non si sa bene chi abbia fatto breccia nel testone coriaceo del capo della Lega, sta di fatto che queste scuse sono arrivate e ieri in piazza Montecitorio, nella Roma ladrona e mangiona, Bossi si è riappacificato (momentaneamente, è d'obbligo dirlo) con la città e col suo sindaco, allestendo un'abbuffata che si è trasformata in una pagliacciata tra i dieci gazebo bianchi ricolmi di salumi, parmigiano reggiano, trippa, cicoria ripassata e litri di vino dei Castelli e Lambrusco, più polenta, pajata e rigatoni al sugo di coda alla vaccinara.
Dicevo della pagliacciata. Da una parte i leghisti con bandiere della Padania che osannavano «Bossi, Bossi», dall'altra i rappresentanti del Popolo di Roma «Alemanno, Alemanno sindaco di Roma». E Renata Polverini che imboccava il Senatur direttamente dalla sua forchetta come potete vedere dalla foto.
Avevo intitolato un post precedente Gli ultimi giorni di Pompei, qui siamo alla provocazione indecente, se volete simbolica, ma sempre provocazione e sempre indecente verso un Paese che sappiamo tutti le tempeste che sta attraversando e i naufragi che queste stanno provocando.
Tarallucci e vino? Apparentemente sì oggi, ma domani, crisi o non crisi di governo, potranno anche essere coltellate, tra di loro.
Renata Polverini, governatrice del Lazio, mentre imbocca Bossi.
Technorati Tags: bossi, roma ladrona, roma, porci, romani, alemanno, tarallucci e vino, piazza montecitorio
mercoledì 6 ottobre 2010
Il contesto
Stimolata da un giornalista del Corriere a dire la sua sulle sparate ad alzo zero di Berlusconi contro la magistratura che l'ha definita «un'associazione a delinquere» il ministro Prestigiacomo ha dichiarato con nonchalance «Non prendo sul serio le battute decontestualizzate».
Monsignor Fisichella, che non è un ingenuo prete di campagna ma addirittura il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova evangelizzazione, non stimolato da nessuno ma di sua spontanea iniziativa di fronte alla bestemmia di Berlusconi se n'è venuto a dire che «Bisogna saper contestualizzare le cose» rendendo così omaggio alla clemenza misericordiosa di Santa Madre Chiesa.
E poi un esercito di pappagalli (è risaputo che se ammaestrati parlano ma non sanno quello che dicono) a ripetere «contestualizzare, contestualizzare, contestualizzare».
Eppure è proprio contestualizzando quei momenti, quando la pancia e il cervello del premier sono tutt'uno, viene da dire che sono i soli autentici, quando lui bestemmia e insulta i giudici, i soli momenti sinceri, contro la sua normale natura di mentitore.
Adesso ho capito. Il vero contesto è lui: il contesto in cui, nostro malgrado, ci costringe oggigiorno a vivere.
Monsignor Fisichella, che non è un ingenuo prete di campagna ma addirittura il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova evangelizzazione, non stimolato da nessuno ma di sua spontanea iniziativa di fronte alla bestemmia di Berlusconi se n'è venuto a dire che «Bisogna saper contestualizzare le cose» rendendo così omaggio alla clemenza misericordiosa di Santa Madre Chiesa.
E poi un esercito di pappagalli (è risaputo che se ammaestrati parlano ma non sanno quello che dicono) a ripetere «contestualizzare, contestualizzare, contestualizzare».
Eppure è proprio contestualizzando quei momenti, quando la pancia e il cervello del premier sono tutt'uno, viene da dire che sono i soli autentici, quando lui bestemmia e insulta i giudici, i soli momenti sinceri, contro la sua normale natura di mentitore.
Adesso ho capito. Il vero contesto è lui: il contesto in cui, nostro malgrado, ci costringe oggigiorno a vivere.
Technorati Tags: contesto, contestualizzare, bestemmia, giudici, fisichella
martedì 5 ottobre 2010
Nobel al padre della fecondazione artificiale. Il Vaticano attacca: «Inaccettabile»
Non ho fatto in tempo a passare la notizia a Portos caso mai gli ispirasse qualcosa che in un battibaleno mi ha scodellato questa bella vignetta. Grazie e poi ancora grazie.
Technorati Tags: nobel, fecondazione artificiale, vaticano
domenica 3 ottobre 2010
Potrebbe essere l'inizio di un thriller, e invece è tutto vero, capitato a me
Mercoledì sera, esattamente alle 22 e quattordici m'è suonato il telefono.
«Pronto»
«Pronto, qui la polizia»
Non me l'aspettavo, proprio non me l'aspettavo.
Ero anche un po' stanco. E adesso quella telefonata, a quell'ora.
Ero dunque arrivato alla stazione Centrale verso le diciannove, e prima di prendere le mie cose, che son sempre le stesse, uno zaino e un piccolo trolley, avevo controllato come d'abitudine se avevo con me quei tre oggetti che sono come delle appendici inseparabili quando sono in viaggio: il portafogli, le chiavi, il cellulare. E, perdìo, quest'ultimo non mi risultava. Avrebbe dovuto essere nella tasca interna del giubbotto che avevo sistemato sulla mensola sopra la mia testa. E anche dopo un esame più accurato eseguito perquisendomi davanti e dietro e di lato, perdìo, proprio non mi risultava. Avevo allora guardato dietro i sedili e anche sotto sdraiandomi sul pavimento dello scompartimento. Niente di niente. Si sarebbe potuta fare la prova di chiamare, per sentire un eventuale squillo, ma ormai tutti i passeggeri erano scesi e così feci anch'io e mi avviai verso la metropolitana più interdetto che incazzato.
In questi casi uno si aggrappa a qualcosa. E io mi ero aggrappato al fatto che l'ultima telefonata l'avevo fatta dalla casa in Liguria, e quindi mi infilai nella speranza che lo avessi lasciato là. Appena arrivato al mio numero fisso chiamai più volte. Suonava, suonava a vuoto e quindi mi ero quasi convinto che proprio là fosse, su quel tavolinetto in cucina dove lo lascio di solito, e mi immaginai anche il musetto perplesso di Tigre a sentire quelle musichette ripetute. Non so perché ma non avevo voluto coinvolgere nessuno ad andare a verificare, anche se qualcuno si era offerto.
Ora, si sa, la sfiga si tira dietro altra sfiga. Dovevo scrivere per l'indomani un post e avevo bisogno della mail che mi aveva mandato Gian Paolo ma era stata scaricata su un portatile al momento non disponibile. Quindi dovevo mettermi in contatto con lui, ma come facevo se avevo solo il numero del telefonino? Dovete a 'sto punto sapere che tutta la rubrica presente sulla sim l'avevo salvata, ma salvata, maledizione!, proprio su quel portatile al momento non disponibile. Quindi non mi rimaneva come ultima risorsa che mandare un'altra mail all'amico per venirmi in aiuto, e gliela mandai subito e scrissi anche di questa disavventura.
Mi chiamò poco dopo e, sorpresa, sorpresona, mi diceva che questo benedetto cellulare non lo avevo dimenticato nella casa in Liguria ma al momento era nelle mani di una straniera non ben identificata che era in viaggio verso Genova e lo avrebbe consegnato alla polizia ferroviaria di quella città. Lo aveva contattato perché aveva visto quell'ultima telefonata fatta dalla Liguria e che era diretta proprio a lui.
Trasecolai, e anche dopo, quando si fece viva la polizia con la telefonata, di cui parlo all'inizio, dove dicevano che il mio cellulare era in mano loro. Finalmente al sicuro.
Così ieri mattina ho fatto un salto a Genova e mi si è presentata la fortunata combinazione di trovare negli uffici proprio l'agente che era di turno mercoledì sera, e proprio lui mi aveva avvisato. Tre moduli da riempire a mano con la spiegazione di tutta la vicenda. Ma il pc? Non mi faccia dire niente, questo è l'unico modulo non informatizzato, e tra l'altro non esiste nemmeno più la carta carbone. Metto tre firme e poi finalmente apre la busta. Sì, è lui. Era stato spento, lo accendo subito e comincia la mitragliata di sms di tutti quelli che non mi aveva trovato raggiungibile in questi giorni.
E allora mi viene spontaneo da domandare:
«Ma questa straniera chi è, ha un nome, un recapito? Ché vorrei ringraziarla, il minimo»
«No, non sappiamo chi è, è arrivata di fretta perché doveva prendere un altro treno, e non abbiamo avuto modo di identificarla, in casi del genere il regolamento non lo prevede»
«Potrebbe almeno descrivermela?»
«Sì, sì. Bionda, molto carina, di un Paese dell'Est, ma non saprei dire quale. Sulla trentina»
«Vestita come?»
«Jeans e un giubbetto di pelle nera».
Sobbalzo e cerco di non darlo a vedere. Una ragazza così, ma proprio così, era seduta al mio fianco, e il giubbetto nero lo aveva sistemato sopra il mio, anch'esso nero, e me lo aveva anche chiesto (le uniche parole scambiate, e avevo sentito un accento slavo) dato che tutte le mensole erano occupate. E poi ci fu solo un sorriso scaturito spontaneo e scambiato all'arrivo.
C'era un'ultima curiosità da risolvere, e di fronte a una risposta affermativa certe combinazioni si sarebbero raggomitolate in un mistero fitto di inquietudine.
«Non ha sentito se aveva addosso un profumo particolare?»
«Mi dispiace proprio, ma non sento quasi gli odori, una malformazione, per fortuna non era un impedimento alla visita medica per entrare in polizia».
Ancora adesso non so decidermi se questa risposta mi è arrivata come una delusione o come una liberazione.
Nelle due ore di viaggio che le sono stato vicino, mentre armeggiava con destrezza col suo iPhone e io dormicchiavo, m'è penetrato un misto di lavanda selvaggia, di muschio bianco, di gelsomino dry con sentori sullo sfondo di felci bagnate. Mai sentito prima, da identificarla meglio del DNA suo.
Osservo adesso questo cellulare che lei (lei chi?) ha avuto tra le mani. Forse ha lasciato una traccia bioelettronica dentro i circuiti. E lì non basta essere hacker per scoprirlo, bisogna essere prima druidi (ciao Paola) e poi anche hacker, proprio come me. Ma se scoprirò qualcosa me la terrò stretta.
Tutto assolutamente vero. Ne fa fede la testimonianza di Gian Paolo Lanteri e la polfer della stazione Principe di Genova.
«Pronto»
«Pronto, qui la polizia»
Non me l'aspettavo, proprio non me l'aspettavo.
Ero anche un po' stanco. E adesso quella telefonata, a quell'ora.
Ero dunque arrivato alla stazione Centrale verso le diciannove, e prima di prendere le mie cose, che son sempre le stesse, uno zaino e un piccolo trolley, avevo controllato come d'abitudine se avevo con me quei tre oggetti che sono come delle appendici inseparabili quando sono in viaggio: il portafogli, le chiavi, il cellulare. E, perdìo, quest'ultimo non mi risultava. Avrebbe dovuto essere nella tasca interna del giubbotto che avevo sistemato sulla mensola sopra la mia testa. E anche dopo un esame più accurato eseguito perquisendomi davanti e dietro e di lato, perdìo, proprio non mi risultava. Avevo allora guardato dietro i sedili e anche sotto sdraiandomi sul pavimento dello scompartimento. Niente di niente. Si sarebbe potuta fare la prova di chiamare, per sentire un eventuale squillo, ma ormai tutti i passeggeri erano scesi e così feci anch'io e mi avviai verso la metropolitana più interdetto che incazzato.
In questi casi uno si aggrappa a qualcosa. E io mi ero aggrappato al fatto che l'ultima telefonata l'avevo fatta dalla casa in Liguria, e quindi mi infilai nella speranza che lo avessi lasciato là. Appena arrivato al mio numero fisso chiamai più volte. Suonava, suonava a vuoto e quindi mi ero quasi convinto che proprio là fosse, su quel tavolinetto in cucina dove lo lascio di solito, e mi immaginai anche il musetto perplesso di Tigre a sentire quelle musichette ripetute. Non so perché ma non avevo voluto coinvolgere nessuno ad andare a verificare, anche se qualcuno si era offerto.
Ora, si sa, la sfiga si tira dietro altra sfiga. Dovevo scrivere per l'indomani un post e avevo bisogno della mail che mi aveva mandato Gian Paolo ma era stata scaricata su un portatile al momento non disponibile. Quindi dovevo mettermi in contatto con lui, ma come facevo se avevo solo il numero del telefonino? Dovete a 'sto punto sapere che tutta la rubrica presente sulla sim l'avevo salvata, ma salvata, maledizione!, proprio su quel portatile al momento non disponibile. Quindi non mi rimaneva come ultima risorsa che mandare un'altra mail all'amico per venirmi in aiuto, e gliela mandai subito e scrissi anche di questa disavventura.
Mi chiamò poco dopo e, sorpresa, sorpresona, mi diceva che questo benedetto cellulare non lo avevo dimenticato nella casa in Liguria ma al momento era nelle mani di una straniera non ben identificata che era in viaggio verso Genova e lo avrebbe consegnato alla polizia ferroviaria di quella città. Lo aveva contattato perché aveva visto quell'ultima telefonata fatta dalla Liguria e che era diretta proprio a lui.
Trasecolai, e anche dopo, quando si fece viva la polizia con la telefonata, di cui parlo all'inizio, dove dicevano che il mio cellulare era in mano loro. Finalmente al sicuro.
Così ieri mattina ho fatto un salto a Genova e mi si è presentata la fortunata combinazione di trovare negli uffici proprio l'agente che era di turno mercoledì sera, e proprio lui mi aveva avvisato. Tre moduli da riempire a mano con la spiegazione di tutta la vicenda. Ma il pc? Non mi faccia dire niente, questo è l'unico modulo non informatizzato, e tra l'altro non esiste nemmeno più la carta carbone. Metto tre firme e poi finalmente apre la busta. Sì, è lui. Era stato spento, lo accendo subito e comincia la mitragliata di sms di tutti quelli che non mi aveva trovato raggiungibile in questi giorni.
E allora mi viene spontaneo da domandare:
«Ma questa straniera chi è, ha un nome, un recapito? Ché vorrei ringraziarla, il minimo»
«No, non sappiamo chi è, è arrivata di fretta perché doveva prendere un altro treno, e non abbiamo avuto modo di identificarla, in casi del genere il regolamento non lo prevede»
«Potrebbe almeno descrivermela?»
«Sì, sì. Bionda, molto carina, di un Paese dell'Est, ma non saprei dire quale. Sulla trentina»
«Vestita come?»
«Jeans e un giubbetto di pelle nera».
Sobbalzo e cerco di non darlo a vedere. Una ragazza così, ma proprio così, era seduta al mio fianco, e il giubbetto nero lo aveva sistemato sopra il mio, anch'esso nero, e me lo aveva anche chiesto (le uniche parole scambiate, e avevo sentito un accento slavo) dato che tutte le mensole erano occupate. E poi ci fu solo un sorriso scaturito spontaneo e scambiato all'arrivo.
C'era un'ultima curiosità da risolvere, e di fronte a una risposta affermativa certe combinazioni si sarebbero raggomitolate in un mistero fitto di inquietudine.
«Non ha sentito se aveva addosso un profumo particolare?»
«Mi dispiace proprio, ma non sento quasi gli odori, una malformazione, per fortuna non era un impedimento alla visita medica per entrare in polizia».
Ancora adesso non so decidermi se questa risposta mi è arrivata come una delusione o come una liberazione.
Nelle due ore di viaggio che le sono stato vicino, mentre armeggiava con destrezza col suo iPhone e io dormicchiavo, m'è penetrato un misto di lavanda selvaggia, di muschio bianco, di gelsomino dry con sentori sullo sfondo di felci bagnate. Mai sentito prima, da identificarla meglio del DNA suo.
Osservo adesso questo cellulare che lei (lei chi?) ha avuto tra le mani. Forse ha lasciato una traccia bioelettronica dentro i circuiti. E lì non basta essere hacker per scoprirlo, bisogna essere prima druidi (ciao Paola) e poi anche hacker, proprio come me. Ma se scoprirò qualcosa me la terrò stretta.
Tutto assolutamente vero. Ne fa fede la testimonianza di Gian Paolo Lanteri e la polfer della stazione Principe di Genova.
sabato 2 ottobre 2010
Rampolli. Rampolli di Corea del Nord e di Padania
Corea del Nord - Ieri è stata pubblicata per la prima volta la foto di Kim Jong-un (a sinistra nella foto) terzogenito del dittatore Kim Jong-il ed erede designato
Qui la didascalia è inutile.
Anche senza che me lo diciate lo so che il paragone è forzato perché un abisso divide la Corea del Nord dalla Padania (sì, sì, Padania, che c'è da ridere?). Però a pensarci bene qualche nesso si può trovare.
Per esempio, con le dovute differenze, questo. In Corea del Nord nessuno si azzarderebbe a criticare la scelta del "caro leader" Kim Jong-il nel designare il suo successore perché farebbe di sicuro una brutta fine. In Padania, e anche fuori, nessuno tra i leghisti osa mettere becco nella scelta di fatto insindacabile di Bossi per il Trota. Ora sarei curioso di sapere se questi leghisti si trattengono da ogni osservazione perché si autocensurano e si turano il naso o se veramente pensano che la decisione del senatur per il figlio, che è risaputo non essere un'aquila, sia stata una mossa politica di tutto rispetto. In quest'ultimo caso poveri noi.
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