FRAGOROSO SILENZIO

venerdì 3 aprile 2015

Allevo un selvaggio...e che sarà mai?







Siamo sotto assedio.
Tutto normale. I "pargoli" hanno sempre ragione.
I Prof sono stronzi,insensibili,incompetenti.
E non importa se hanno sulle spalle 20,30 anni di "onorata" carriera,oggi sono rifiutati,attaccati e maltrattati.
Nessuno si assume la responsabilità di questo sfacelo,il Ministro parla di "ruolo sociale degli insegnanti",ma tutti i ministri e tutti i governi degli ultimi 20 anni hanno lavorato perchè ciò accadesse.
Tutti hanno voluto che quel ruolo fosse calpestato,umiliato e svilito!
Gli insegnanti sono pericolosi,lavorano per la formazione di menti critiche e libere, di teste pensanti...ma è proprio questo che non si vuole!


Sempre vigili
Bullismo in gita, 14 sospesi. Le mamme: scuola esagerata, il castigo è eccessivo

A Cuneo il caso in un liceo: ragazzo denudato, deriso e “addobbato con delle caramelle. I genitori: perderanno l’anno. La preside replica: “Non era uno scherzo, l’episodio è grave”


Bullismo, in un liceo di Cuneo sospesi 14 ragazzi

LORENZO BORATTO, GIANNI MARTINI

CUNEO

Gita scolastica a Roma. È notte. Quindici studenti si danno appuntamento in una delle stanze d’albergo all’insaputa dei professori. Ci sono maschi e femmine, hanno 15 e 16 anni. Giocano, discutono, ridono. Uno di loro viene preso di mira: battute, vestiti che volano e, quando è nudo, la rasatura dei peli. Spuntano le caramelle, i marshmallow, utilizzati come addobbo indecoroso sul ragazzo che è sdraiato sul letto. Lui è stanco, forse hanno bevuto, vuole essere lasciato in pace. Uno dei compagni utilizza il cellulare della vittima e inizia a filmare. La scena non dura molto ma, al ritorno a Cuneo, la ripresa inizia a circolare in tante classi del liceo, finisce tra le mani di un professore e dei genitori del ragazzo.




“Per le mamme l’educazione non esiste e la scuola è solo un bene di consumo”

Il pedagogista Benedetto Vertecchi interviene sul caso del liceo di Cuneo: “La maggior parte dei genitori è interessata all’oggi, a non perdere l’anno. E se poi tirano su un selvaggio, che sarà mai?”

RAFFAELLO MASCI

«Altro che difendermi! Ai tempi miei mio padre mi avrebbe preso a calci». Di fronte a ragazzi colti in fallo e a mamme indulgenti e arroccate sulla difensiva, la reazione degli adulti è – immancabilmente – questa. Come testimonia, peraltro, il nostro sondaggio che vede la quasi totalità del campione schierato con la scuola contro le mamme mammone. 


Benedetto Vertecchi, professore di pedagogia nella terza università di Roma, ci aiuta a capire questo mammismo iperprotettivo?  

«Mi viene da pensare al film ”I nostri ragazzi” di Ivano de Matteo. Lo conosceranno le mamme di Cuneo? E’ la storia di due ragazzi che commettono un omicidio e l’atteggiamento dei genitori non è quello di difenderli con una tutela legale, come sarebbe giusto e comprensibile, ma di negare, insabbiare, rimuovere. Ma senza ricorrere per forza ad una fiction, basta pensare a cosa accade quando un figlio viene bocciato: la prima cosa a cui si pensa non è se il figlio ha studiato o no, ma il ricorso al Tar».  


Il figlio non va punito, insomma ?  

«Il figlio. Solo il figlio, però. Gli altri, invece, vanno puniti eccome. Siamo tutti irremovibili, consideriamo tutti la legge infrangibile, eccetto che nel caso del figlio». 


Non è stato sempre così, professore. Che cosa è successo?  

«E’ successo che c’è stata una perdita della finalità dell’educazione. Mi spiego: l’educazione, e la scuola in questo ambito, avevano una valenza di prospettiva. Io ti educo affinché tu possa avere gli strumenti per affrontare la vita nel bene ma anche nelle contrarietà, nei sacrifici, nelle asprezze di cui consta. A un certo punto – lo vogliamo datare? Direi dalla fine degli anni Ottanta in poi – tutto questo si è perso. La scuola non è stata più sentita come parte di un processo educativo orientato all’esistenza, ma come un pacchetto di conoscenze che servivano a imparare qualche cosa per trovare un lavoro e – magari – fare i soldi». 


La scuola come bene di consumo?  

«Esattamente. Io ho un figlio, gli compro il motorino, il telefonino, la settimana bianca e anche quel prodotto immateriale che si chiama scuola e che magari gli può servire, ma solo in una logica utilitaristica e a breve. L’educazione per l’esistenza, e con essa la responsabilità, sono scomparse. La scuola è un genere di consumo in più. Punto e basta. E se utilizzando il giocattolo-scuola ci scappa un incidente, si possono al massimo pagare i cocci. Ma la responsabilità no. Quella è troppo».  


La vita però non funziona così. Questi ragazzi un domani potrebbero essere chiamati ad assumersi delle responsabilità...  

«Se l’educazione non serve alla vita ma solo per essere promossi quest’anno e trovare un lavoretto l’anno prossimo, capisce bene che questo ragionamento non ha senso. Per le mamme conta l’oggi. Il non perdere l’anno. E se poi tirano su un selvaggio … che sarà mai?» 

Studenti contro professori: così le nostre classi diventano un ring

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