E’ possible una politica diversa?
E’ possibile una
politica che si interessi del bene comune ?
E’ possibile raccogliere gli insegnamenti di Calamandrei?
E’ possibile ricominciare???????????
Da Sciascia a Calamandrei...
...“solo con la partecipazione collettiva e solidale alla vita politica un popolo può tornare padrone di sé". Sono le esortazioni, rivolte agli italiani, da Piero Calamandrei (Firenze 1889-1956),
Piero Calamandrei
Milano, 26 gennaio 1955
“L’art.34 dice: “i capaci ed i
meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più
alti degli studi.” E se non hanno mezzi! Allora nella nostra Costituzione c’è
un articolo, che è il più importante di tutta la Costituzione, il più
impegnativo; non impegnativo per noi che siamo al desinare, ma soprattutto per
voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: “E’ compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E’
compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona
umana. Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare
la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando
questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta
nell’articolo primo “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”
corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per
ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza con il proprio
lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà
chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica. Una
democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia
soltanto una uguaglianza di diritto è una democrazia puramente formale, non è una
democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di
concorrere alla vita della Società, di portare il loro miglior contributo, in
cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a
questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la Società. E allora voi
capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto
in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza,
un impegno, un lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto
lavoro vi sta dinnanzi! E’ stato detto giustamente che le Costituzioni sono
delle polemiche, che negli articoli delle Costituzioni, c’è sempre, anche se
dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa
polemica di solito è una polemica contro il passato, contro il passato recente,
contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete
la parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai
diritti di libertà voi sentirete continuamente la polemica contro quella che
era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi
sono elencate, riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute:
quindi polemica nella parte dei diritti dell’uomo e del cittadino, contro il
passato. Ma c’è una parte della nostra Costituzione che è una polemica contro
il presente, contro la Società presente. Perché quando l’articolo 3 vi dice “E’
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale
che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce, con questo,
che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un
giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo, contro l’ordinamento
sociale attuale, che bisogna modificare, attraverso questo strumento di
legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a
disposizione dei cittadini italiani. Ma non è una Costituzione immobile, che
abbia fissato, un punto fermo. E’ una Costituzione che apre le vie verso
l’avvenire, non voglio dire rivoluzionaria, perché rivoluzione nel linguaggio
comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente; ma è una Costituzione
rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa Società, in
cui può accadere che, anche quando ci sono le libertà giuridiche e politiche,
siano rese inutili, dalle disuguaglianze economiche e dalla impossibilità, per
molti cittadini, di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una
fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un regime di perequazione
economica, potrebbe anch’essa contribuire al progresso della Società. Quindi
polemica contro il presente, in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi
per trasformare questa situazione presente.
Però
vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va
avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si
muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna
metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse,
la propria responsabilità; per questo una delle offese che si fanno alla
Costituzione è l’indifferenza alla politica, indifferentismo, che è, non qui
per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghi strati, in larghe
categorie di giovani, un po’ una malattia dei giovani. La politica è una brutta
cosa. Che me ne importa della politica. E io quando sento fare questo discorso,
mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi
conoscerà di quei due emigranti, due contadini che traversavano l’oceano, su un
piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro
stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca, con delle onde
altissime e il piroscafo oscillava. E allora uno di questi contadini,
impaurito, domanda a un marinaio “ ma siamo in pericolo?” e questo dice
“secondo me, se continua questo mare, tra mezz’ora il bastimento affonda.”
Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno, dice: “Beppe, Beppe,
Beppe”,….“che c’è!” … “Se continua questo mare, tra mezz’ora, il bastimento
affonda” e quello dice ”che me ne importa, non è mica mio!” Questo è l’
indifferentismo alla politica.
E’
così bello e così comodo. La libertà c’è, si vive in regime di libertà, ci sono
altre cose da fare che interessarsi di politica. E lo so anch’io. Il mondo è
così bello. E vero! Ci sono tante belle cose da vedere, da godere oltre che ad
occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa. Però, la libertà
è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando
si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno
sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai. E vi
auguro, di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi
auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia
non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno, che sulla
libertà bisogna vigilare,vigilare, dando il proprio contributo alla vita
politica.
La
Costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal
punto di vista letterario non sono belli, ma l’affermazione solenne della
solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va
affondo, va affondo per tutti questo bastimento. E’ la Carta della propria
libertà. La Carta per ciascuno di noi della propria dignità d’uomo. Io mi
ricordo le prime elezioni, dopo la caduta del fascismo, il 6 giugno del 1946; questo
popolo che da venticinque anni non aveva goduto delle libertà civili e
politiche, la prima volta che andò a votare, dopo un periodo di orrori, di
caos: la guerra civile, le lotte, le guerre, gli incendi, andò a votare. Io
ricordo, io ero a Firenze, lo stesso è capitato qui. Queste file di gente
disciplinata davanti alle sezioni. Disciplinata e lieta. Perché avevano la
sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo
portare la propria opinione per contribuire a creare, questa opinione della
comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, della nostra patria,
della nostra terra; disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro
paese. Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la
vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il
senso civico, la coscienza civica, rendersi conto, questo è uno delle gioie
della vita, rendersi conto che ognuno di noi, nel mondo, non è solo! Che siamo
in più, che siamo parte di un tutto, tutto nei limiti dell’Italia e nel mondo.
Perché dobbiamo ri-farci sempre al passato?
Perché tra tutti gli sfaccendati che paghiamo profumatamente non c’è
alcuno che ragioni in termini di bene comune , tutti pensano ai propri
interessi...