(Nota a margine: anche questo post riprende una rubrica curata parecchio tempo fa – le precedenti puntate QUI, QUI, QUI e QUI – e abbandonata per esaurimento degli argomenti. Alcune recenti discussioni su blog amici me ne hanno suggeriti altri, quindi vado avanti).
Nascere con la camicia: vale essere una persona fortunata, ma l'origine del detto è controversa.
C'è chi lo fa derivare dal corredino del neonato che solo le famiglie abbienti, in passato, si potevano permettere, mentre i bimbi del popolo venivano avvolti in rozze fasce; starebbe perciò per nascere con la camicia pronta per essere indossata, simbolo, quindi, di agiatezza.
Un'altra ipotesi ugualmente convincente (e secondo me più suggestiva) fa riferimento a quei rari parti nei quali il neonato viene alla luce avvolto dal sacco amniotico, che erano considerati nell'antichità, proprio per il fatto di essere rari, di buon auspicio per il piccolo.
Stato interessante: questo detto, riferito alle donne in attesa di un figlio, è a mio avviso davvero difficile da interpretare.
Che si tratti di un eufemismio è addirittura ovvio: nel bigotto linguaggio del passato termini come gravida e pregna (tecnicamente ineccepibili) erano considerati volgari e sconvenienti, tanto da essere del tutto abbandonati in riferimento agli esseri umani e riservati agli animali (una vacca gravida, una pecora gravida si dice ancora oggi); anche incinta (non cinta, cioè impossibilitata ad usare la cintura per l'ingrossamento del ventre secondo alcuni; secondo altri dal participio passato del verbo latino incingere, cingere intorno) è già un eufemismo, ma anch'esso era considerato troppo diretto; ed ecco quindi nascere altre espressioni per riferirsi ai periodi connessi al parto: dolce attesa, stato di grazia, lieto evento, tutti dal significato trasparente... e poi quello strano stato interessante...
Tutti i tentativi d'interpretazione che ho trovati in giro – dall'interesse che una donna prova per se stessa in un momento particolare, all'essere più interessanti agli occhi degli uomini di fronte al mistero della maternità – mi sembrano campati in aria. In ultima analisi il più convincente, se pure arzigogolato, mi appare quello dato dall'Accademia della Crusca, che lo considera un francesismo, forgiato per calco linguistico sul francese intéressant, che contiene – o conteneva nel francese antico – anche l'accezione importante. Si tratterebbe quindi di uno stato importante nella vita di una donna.
Saltar di palo in frasca: lo si dice di chi, nel corso di una conversazione, cambi d'improvviso argomento senza un'apparente giustificazione. L'interpretazione più diffusa fa riferimento al palo come simbolo d'insegna nobiliare, e alla frasca come insegna d'osteria: significherebbe dunque passare ad argomenti tra loro diversissimi.
La trovo sinceramente argomentazione eccessivamente ricercata e artificiosa: preferisco invece una visione molto più bassa e contadinesca del termine: nei campi si trovano sempre affiancati i pali (della vigna) e le frasche (degli alberi attorno o della vigna stessa), e gli uccelletti svolazzano incessantemente posandosi ora sugli uni ora sulle altre, dando l'apparenza, ai nostri occhi umani, di non volersi mai decidere su quale appoggio scegliere definitivamente.
Fare la corte – fare il filo: più classico il primo, più moderno il secondo, sono comunque sinonimi nel significato di seguire assiduamente qualcuno/a con intenti amorosi.
Nell'origine però fare la corte non aveva significato amoroso: si riferiva ai cortigiani, coloro cioè che facevano parte della corte del signore di turno e che lo seguivano assiduamente e lo adulavano per ingraziarsi i suoi favori; passò poi nell'uso comune riferito ad un simile tipo di comportamento nei confronti di una persona dell'altro sesso, a fini non più di interesse ma bensì amorosi.
Di gran lunga più complicato fare il filo, diffuso soprattutto nel linguaggio giovanile della seconda metà del secolo scorso. Le interpretazioni sono molteplici e tutte di un certo interesse: la più immediata paragona il corteggiatore che tenta di adescare la persona amata al ragno che fa il filo per tessere la tela dove intrappolerà la preda; suggestiva una storia (leggenda?) su un gruppo di abili ballerini bolognesi di inizio '900 che filavano in continuazione tra le balere dei vari quartieri in cerca di ragazze da corteggiare, e che furono chiamati filuzziani. Fare il filo deriverebbe da loro.
Personalmente azzarderei anche un'etimologia più colta, notando che, mentre fare la corte, corteggiare, corteggiamento e corteggiatore sono tutti semanticamente equivalenti, fare il filo, filare e filarino non lo sono; in particolare filare e filarino rappresentano un passo avanti rispetto a chi fa il filo, riferendosi a persone che hanno già un rapporto amoroso in atto (in genere lo si dice di coppiette molto giovani); sicché potrebbe esserci un richiamo al greco philìa, amore, presente in molti termini italiani come filosofia, filantropia, filatelia... e fare il filo potrebbe anche avere una derivazione inversa, cioè aspirare a "filare" con qualcuno/a. Un po' fantasiosa, ma l'idea mi piace...
Un saluto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò