Scherza coi fanti e lascia stare i Santi, si diceva una volta; nel video qui sotto i mitici Gufi dimostrano come sia possibile scherzare anche coi santi, quando non vengano meno il buon gusto e il rispetto. Ciò non impedì al quartetto milanese (come ricorda Nanni Svampa nell'introduzione) di beccarsi, nel clima bigotto e benpensante degli anni '60, una denuncia per vilipendio della religione, finita ovviamente nel nulla.
Sulla canzone Sant'Antonio allu desertu ho trovate, in rete, poche e frammentarie notizie: tutti sono concordi nel considerarla un canto popolare anonimo, chi dice abruzzese e chi pugliese; qualcuno addirittura napoletano, ma evidentemente sbagliando di grosso. Di sicuro è un'opera recente, non anteriore al secolo scorso, visto che vi si parla di farsi la permanente ai capelli... E mi sembra perlomeno strano che di una canzone del XX secolo non si conosca l'autore.
Merita forse ricordare che il Sant'Antonio di cui si parla non è, come alcuni erroneamente credono (ho trovato addirittura su un blog un vecchio post con la canzone riportata anche qui, pubblicato il 13 giugno in occasione della ricorrenza – sic!), il santo portoghese che svolse la sua opera a Padova nel XIII secolo, praticamente coetaneo di Francesco d'Assisi e festeggiato, per l'appunto, il 13 giugno; si tratta bensì di Sant'Antonio Abate, di quasi un millennio precedente, che visse da anacoreta nel deserto della Tebaide attorno al IV secolo e che – secondo la tradizione – fu per tutta la vita assediato e tormentato dal demonio (tema scherzosamente ripreso dalla canzone), del quale si celebra la ricorrenza il 17 gennaio.
Santo chiamato per l'appunto, nel linguaggio popopare, Sant'Antonio del deserto o anche Sant'Antonio del fuoco (da lui proviene il nome fuoco di Sant'Antonio per la malattia herpes zoster). In Lombardia lo chiamano anche Sant'Antoni del purcel sia per l'iconografia che lo raffigura spesso in compagnia di un maiale e che ne fa il protettore dei raccolti e degli animali domestici, sia perché la sua festa cade nel periodo tradizionalmente dedicato alla macellazione dei maiali.
Per concludere, quella che ho scelta non è la versione originale dei Gufi, ma una loro esibizione televisiva di una quindicina d'anni posteriore, in occasione di una reunion che li vide tornare a collaborare per un breve periodo (i Gufi si sciolsero ufficialmente nel 1969); ho trovato irresistibili le smorfie di Gianni Magni, lo scarno accompagnamento alla sola chitarra di Lino Patruno, con Magni e Brivio che fanno gli strumenti con la voce...
Buon ascolto dal vostro
Cosimo Piovasco di Rondò