- "Námo il maggiore, dimora in Mandos, che si trova nella parte occidentale di Valinor. Egli è il custode delle case dei morti, colui che convoca gli spiriti di coloro che sono massacrati. Nulla dimentica; e conosce tutte le cose che saranno, eccettuate solo quelle che ancora stanno nella libertà di Iluvatar. Egli è il giudice dei Valar, ma pronuncia le sue sentenze e i suoi giudizi soltanto al comando di Manwe. Vaire la Tessitrice è la sua sposa, colei che intreccia tutte le cose che mai siano accadute nel tempo, nelle sue trame ricche di racconti, e le aule di Mandos, che sempre più si dilatano a mano a mano che le ere passano, ne sono tappezzate"
- —Il Silmarillion, Valaquenta, "I Valar".
Mandos, il cui vero nome è Námo, è un Ainur appartenente al novero dei Valar, sposo di Vairë la Tessitrice e fratello di Lórien e Nienna nella mente di Ilúvatar. Egli è il Signore della Morte e del Destino, Supremo Giudice dei Valar e Custode delle Case dei Morti; ma pronuncia le sue sentenze e i suoi giudizi soltanto al comando di Manwë.
È l'unico tra i Valar, oltre a Manwë, a conoscere il destino delle anime degli Uomini dopo la morte. Assieme ai sui fratelli Lórien e Nienna è conosciuto come uno dei Fëanturi, ovverosia uno dei "Signori degli Spiriti".
Etimologia[]
Il suo vero nome è Námo che in Quenya significa "Colui che ordina/Giude", tuttavia è più comunemente conosciuto col nome Mandos, deriva dalla parola Quenya Mandósto, che significa "prigione, fortezza"; tale appellativo fa riferimento alla sua dimora delle Aule di Mandos, dove le anime degli Elfi e dei Nani rimangono in attesa fino alla fine dei tempi.
In Sindarin e in Noldorin è conosciuto rispettivamente con i nomi di Badhron e Bannos. Dagli Uomini è invece conosciuto coi nomi di Nefrea e Neoaerma Hlaford.
Descrizione[]
Poteri e attributi[]
Mandos è il fratello maggiore di Irmo e di Nienna nella mente di Ilúvatar e assieme ai fratelli è noto come Fëanturi ovvero "Signore degli Spiriti".
Egli è il Giudice dei Valar e, come Manwë, conosce tutte le cose che sono state che sono e che saranno, ad eccezione di ciò che rimane nella libertà di Ilúvatar. Pur conoscendo il futuro non si esprime molto spesso e solo su esortazione di Manwë.
Námo è inoltre il custode delle Aule di Mandos, il luogo dove le anime dei morti sia Elfi che Nani si radunano in attesa della Dagor Dagorath. Assieme a Eru e a Manwë è l'unico a conoscere il destino delle anime degli Uomini dopo la morte.
Aspetto e carattere[]
Námo viene descritto come una grande figura scura e incombente, con dei profondi occhi blu scuro e con una voce potente e imperiosa. Caratterialmente viene descritto come rigido, severo e spassionato, che non dimentica mai nulla.
Viene spesso giudicato come il più severo e feroce dei Valar, soprattutto nei suoi giudizi. Tuttavia le sue sentenze e maledizioni non sono spinte da malvagità o da propositi vendicativi come quelle di Melkor, ma sono espressione diretta della volontà di Eru.
Námo fu mosso a compassione soltanto una volta in tutta la storia di Arda, quando Lúthien cantò al suo cospetto intrecciando insieme il dolore degli Eldar e la pena degli Uomini per chiedere di poter rivedere lo spirito di Beren Erchamion.
Biografia[]
Anni degli Alberi[]
Per approfondire, vedi le voci Risveglio degli Elfi e Seconda Guerra delle Potenze. |
Námo entrò in Arda assieme a Manwë e fu sempre suo alleato, anche perché i due sono coloro tra i Valar che meglio comprendono le ragioni e la volontà di Eru Ilúvatar. Era il maggiore dei tre Fëanturi (i Valar Irmo e Nienna) e la sua sposa fu Vairë la Tessitrice, che dimora con lui nelle Aule di Mandos nell'estremo ovest di Aman.
Durante uno dei primi concili dei Valar dopo che si trasferirono da Almaren ad Aman, le Potenze espressero preoccupazione sulla venuta dei Primogeniti, temendo che il mondo si presentasse loro come oscuro e pieno di pericoli a causa di Melkor. Fu allora che Mandos espresse la sua prima profezia decretando che sarebbe stato il destino dei Figli di Ilúvatar che il loro Risveglio accadesse nel riverbero della luce degli astri di Varda. Ciò dette lo stimolo ad Arda per la creazione delle stelle.
- "Ma, al cenno di Manwë, parlò Mandos e disse: «In quest'era invero i Figli di Ilùvatar verranno, ma non è ancora il momento. Inoltre, è destino che i Primogeniti giungano nella tenebra, e innanzitutto vedano le stelle. Grande luce ci sarà al loro declino. E sempre nel momento del bisogno invocheranno Varda »."
- —Il Silmarillion, cap. III, "L'Avvento degli Elfi e la Cattvità di Melkor".
Dopo la Seconda Guerra delle Potenze i Valar si riunirono nuovamente in consiglio per decidere se portare o meno gli Elfi a Aman. Nonostante alcuni come Ulmo avrebbero preferito che i Primogeniti rimanessero nella Terra di Mezzo, alla fine il consiglio decise che gli Elfi sarebbero stati accompagnati ad Aman.
Fu allora che Námo, rimasto muto fino a quel momento, ruppe il suo silenzio e disse: "Cosi è stato decretato!". Fu il guardiano di Melkor per ben tre ere, in quanto il Vala ribelle fu imprigionato nelle sue Aule prima di essere rilasciato in una sorta di libertà vigilata.
Fuga dei Noldor[]
Per approfondire, vedi le voci Fuga dei Noldor e Sorte dei Noldor. |
In seguito tra i Noldor, a causa delle menzogne di Melkor, cominciarono a svilupparsi tensioni che culminarono nell'episodio in cui Fëanor minacciò il fratello Fingolfin con la spada davanti alla soglia paterna. Quando il Principe Elfico fu convocato dinanzi ai Valar per rispondere delle sue azioni, si appurò che la responsabilità era di Melkor che aveva piantato il seme del dissenso. Nonostante ciò Mandos disse che Fëanor non avrebbe dovuto rimanere impunito per le minacce a Fingolfin (che comunque aveva messo in atto di propria iniziativa) e le parole sediziose nei confronti dei Valar. Il Giudice dei Valar emanò dunque la sua sentenza
- "Ma neppure Fëanor fu assolto, poiché aveva infranto la pace di Valinor e minacciato con la spada un consanguineo; e Mandos gli disse: «Hai parlato di servaggio. Se servaggio deve essere, orbene, tu non puoi sottrarti a esso; che Manwë è Re di Arda, e non della sola Aman. E questo tuo atto è stato contro la legge, in Aman come altrove. Ragion per cui, questo è il verdetto: per dodici anni, te ne andrai da Tirion dove la tua minaccia è stata pronunciata. In questo periodo consigliati con te stesso, e rammentati chi e che cosa sei. Dopo tale periodo, la questione sarà chiusa e dimenticata, posto che altri non nutrano rancori nei tuoi confronti»"
- —Il Silmarillion, cap. VII, "I Silmaril e le Agitazioni dei Noldor"
Fëanor venne dunque esiliato per dodici anni degli alberi da Tirion e sarebbe potuto ritornare solo se qualcuno avesse parlato in suo favore. A parlare in favore di Fëanor fu suo fratello Fingolfin il quale, nonostante le azioni del fratello maggiore, non gli portava rancore.
Durante l'Ottenebramento di Valinor, Fëanor venne convocato dai Valar per convincerlo a cedere i Silmaril a Yavanna in modo che potesse romperli per ridare vita agli Alberi di Valinor, tuttavia l'elfo era restio e disse alle Potenze: "Volete dunque che sia il primo del mio popolo a morire in Aman?" e fu allora che Mandos parlò. "No, non il primo" lasciando tutti momentaneamente spiazzati: infatti nessuno sapeva che approfittando dell'oscurità Melkor aveva raggiunto la dimora di Fëanor a Formenos e ucciso suo padre Finwë per rubare i Silmaril.
La morte del padre e il furto dei gioielli furono per Fëanor la goccia che fece traboccare il vaso: egli declamò dunque assieme ai figli il suo terribile giuramento e poi convinse i Noldor a seguirlo in quella che venne poi ricordata come la Fuga dei Noldor. Nel corso di questa la schiera di Fëanor si macchiarono del Fratricidio di Alqualondë scatenando l'ira dei Valar e Mandos li maledisse con quella che successivamente viene ricordata come la Sorte dei Noldor:
- "Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l'eco del vostro lamento varcherà le montagne. Sulla Casa di Fëanor l'ira dei Valar piomberà [...] ed essa sarà anche su tutti coloro che ne seguiranno i membri. Il loro Giuramento li impellerà, e tuttavia li tradirà, per sempre privandoli di quei tesori che hanno giurato di perseguire. [...] Sconterete il sangue col sangue, e fuori da Aman dimorerete nell'ombra di Morte. Ché, sebbene Eru vi abbia destinati a non morire in Eä e sebbene le malattie non vi assalgano, pure potete essere uccisi, e uccisi sarete: da armi e tormento e dolore; e i vostri spiriti raminghi verranno poi a Mandos. Ivi a lungo dimorerete bramando i vostri corpi, e troverete scarsa pietà sebbene tutti coloro che avete ucciso impetrino per voi."
- —Maledizione di Mandos, Il Silmarillion, cap. IX, "La Fuga dei Noldor".
Tale maledizione si legò al Giuramento di Fëanor e perseguitò i Noldor per tutta la Prima Era nel corso della Guerra dei Gioielli.
Beren e Lúthien[]
Quando Beren e Lúthien morirono, lo spirito della fanciulla elfica venne al suo cospetto e intonò un canto di tale potenza e bellezza che persino il cuore implacabile di Mandos venne mosso a compassione per la sorte dei due amanti.
- " [...] e Lúthien si inginocchiò davanti a Mandos e cantò per lui. Il canto di Lúthien al cospetto di Mandos fu il più bello che mai si sta contesto in parole, il canto più triste che mai il mondo udrà. [...] Ché Lúthien intrecciò due temi di parole, quello del dolore degli Eldar e quello della pena degli Uomini [...]. E mentre gli stava inginocchiata davanti, le lacrime cadevano sui piedi di Mandos come pioggia sulle pietre; e Mandos fu mosso a pietà, come mai era stato prima né mai è stato in seguito."
- —Il Silmarillion, cap. XIX, "Beren e Lúthien".
Ritenendo che questa faccenda andasse al di là delle sue azioni, Mandos si rivolse dunque a Manwë che interrogò Ilúvatar per ottenere consiglio. Una volta ottenuta la risposta di Eru, Mandos tornò da Lúthien ponendole davanti una scelta: rimanere per sempre a Valinor e dimenticare tutti i suoi dolori, o ritornare con Beren nella Terra di Mezzo come mortale. Lúthien scelse la seconda possibilità, abbandonando la sua immortalità. Così Beren fu restituito a una seconda vita e Lúthien ricevette un destino unico, per diventare mortale e ritornare con lui nella Terra di Mezzo.
Eärendil e la Guerra d'Ira[]
Per approfondire, vedi la voce Guerra d'Ira. |
In seguito, quando Eärendil mise piede ad Aman e implorò i Valar affinché perdonassero i Noldor e aiutassero i popoli del Beleriand nella loro guerra con Morgoth, Mandos chiese che fosse giustiziato perché nessun mortale avrebbe potuto mettere piede ad Aman e vivere.
Ma Ulmo si oppose, chiedendo se fosse il figlio di Tuor degli Edain o Idril dei Noldor. Mandos obbiettò che in entrambi i casi, poiché i Noldor erano ancora maledetti e banditi da Aman, non avrebbe dovuto vivere.
Indipendentemente da ciò, Manwë rispose alla sua preghiera e comandò che l'Esercito dei Valar fosse riunito e si dirigesse nella Terra di Mezzo per condurre guerra a Morgoth.
Considerando il destino di Eärendil, insieme a quello di Elwing, sua moglie, a loro e ai loro figli fu offerta una scelta: se essere contati tra Elfi o Uomini.
Dopo la Guerra d'Ira, i Noldor in esilio furono perdonati e la Maledizione di Mandos terminò.
Dagor Dagorath[]
Per approfondire, vedi la voce Dagor Dagorath. |