"Abìtuati ad ascoltare attentamente ciò che gli altri
dicono, e cerca di penetrare il più possibile nell’animo di chi ti parla."
(Marco Aurelio, Pensieri).
"Bisogno di innamorarsi.
Certe cose le senti venire, non è che ti innamori perché ti innamori, ti
innamori perché in quel periodo avevi un disperato bisogno di innamorarti. Nei
periodi in cui senti la voglia di innamorarti devi stare attento a dove metti
piede: come aver bevuto un filtro, di quelli che ti innamorerai del primo essere
che incontri. Potrebbe essere un ornitorinco."
(Umberto Eco, Il pendolo di
Foucault, 5 GEBURAH, 36, Bompiani, Milano, 1988, p. 246).
“Perché Io sono la prima e
l’ultima. Io sono l’onorata e la disprezzata. Io sono la prostituta e la santa.
Io sono la sposa e la vergine. Io sono la madre e la figlia. Io sono le membra
di mia madre. Io sono la sterile e molti sono i miei figli. Io sono colei il
cui matrimonio è grande, eppure Io non ho marito. Io sono la levatrice e colei
che non partorisce. Io sono il conforto dei miei dolori del parto. Io sono la
sposa e lo sposo, ed è mio marito che mi generò. Io sono la madre di mio padre
e la sorella di mio marito ed egli è la mia progenie. Io sono la schiava di
lui, il quale mi istruì. Io sono il sovrano della mia progenie. Ma egli è colui
il quale mi generò prima del tempo, nel giorno della nascita. Ed egli è la mia
progenie, a suo tempo, e il mio potere proviene da lui. Io sono l’appoggio del
suo potere nella sua giovinezza, ed egli il sostegno della mia vecchiaia. E
qualsiasi cosa egli voglia, mi succede. Io sono il silenzio che è
incomprensibile, e l’idea il cui ricordo è costante. Io sono la voce il cui
suono è multiforme e la parola la cui apparizione è molteplice. Io sono la
pronuncia del mio nome. Perché, voi che mi odiate, mi amate, ed odiate quelli
che mi amano? Voi che mi rinnegate, mi riconoscete, e voi che mi riconoscete,
mi rifiutate. Voi che dite la verità su di me, mentite su di me, e voi che
avete mentito su di me, dite la verità. Voi che mi conoscete, ignoratemi, e
quelli che non mi hanno conosciuta, lasciate che mi conoscano. Perché Io sono
il sapere e l’ignoranza. Io sono la vergogna e l’impudenza. Io sono la
svergognata; Io sono colei che si vergogna. Io sono la forza e la paura. Io
sono la guerra e la pace. Prestatemi attenzione. Io sono la disonorata e la
grande”.
(Frammento da I Codici di Nag Hammadi, 6, 2).
“È la linea estrema della più
alta delle risacche che si protrae lontano, senza fine sulla costa. Così ti ha
portato a me la tempesta della vita, mio vanto, e così ti raffigurerò” (Boris Pasternak, Il dottor Živago, Feltrinelli, Milano, 2004, p. 365).
"Ho messo mi piace alla tua
ultima foto perché nonostante tu sia in perizoma, si nota chiaramente la tua
passione per la filosofia rinascimentale."
(Alcolicesimo).
“La notte porta scompiglio”. (Garbo, La dodicesima notte, Shakespeare Edition, Stratford-upon-Avon,
2045).
Subito dopo aver conseguito la
laurea Ermengarda (così intendo
chiamare da adesso in poi questa donna) si presentò nello studio del mio amico Liutprando chiedendogli se poteva fare
il tirocinio presso di lui; abilitatasi alla professione aprì a sua volta
bottega e iniziò a vivere di lavori che le inviava il mio amico e altri
professionisti già affermati.
Qualche anno fa Liutprando venne
contattato da una grossa impresa israeliana che aveva vinto degli appalti in
Italia per un lavoro di una certa rilevanza, avendo necessità di professionisti
in gamba e fidati Liutprando chiese la collaborazione ad alcuni colleghi, fra i
quali Ermengarda, per tutti, soprattutto per i più giovani, questo incarico era
molto prestigioso e rappresentava una grande opportunità professionale ed
economica.
Tutto andava a meraviglia, ma a
volte la vita non finisce di sorprenderti, può accadere che ti riservi una
serie di sciagure una di fila all’altra, senza darti nemmeno il tempo per
riaverti e respirare, e può anche accadere che ti colmi di doni uno di fila
all’altro, senza che la catena positiva sembri avere mai fine.
Ad una cena di lavoro, in cui era
presente per intero il gotha della
Società, la proprietà, i funzionari, i professionisti e le maestranze
principali accadde che il proprietario unico dell’Azienda, che chiameremo Desiderio, israeliano, notò per la
prima volta Ermengarda e iniziò a farle una corte discreta.
Non è che non l’avesse mai vista,
nell’ambito del lavoro chissà quante altre volte aveva avuto a che fare con lei,
ma è come non si fosse mai accorto di lei, come se quella sera la guardasse per
la prima volta e con occhi diversi, come se solo adesso vedesse quanto fosse
bella, raffinata, piacevole, come se avesse risvegliato improvvisamente in lui
qualcosa.
Alcuni uomini funzionano a
compartimenti stagni, il lavoro è lavoro e la vita privata è vita privata, non
mischierebbero mai le faccende dell’uno con le faccende dell’altra, quando
lavorano si chiudono fuori dalla porta dell’ufficio, dello studio, la vita
privata, la famiglia, gli affetti, e quando tornano a casa appendono al chiodo
fuori dalla porta la loro divisa e i loro titoli professionali, con tutti i
problemi annessi e connessi, che rinviano alle ore d’ufficio.
Queste persone attingono la
ripartizione della loro giornata e delle loro attività alla cultura degli
antichi romani, che amavano vivere nell’otium,
e, se potevano, delegavano agli schiavi e ai loro clientes molte delle attività noiose o faticose seppur necessarie,
e che uscivano a malincuore dalla beatitudine dei loro otia quando proprio non potevano farne a meno, negandoli (nego-otia).
Altri uomini, invece, fanno confusione
fra pubblico e privato, fra affetti e lavoro, fra otium e negotium, e non è
raro che cerchino di attingere o di riversare sentimenti nel loro ambiente di
lavoro e di imprimere dinamiche tipiche del mondo lavorativo ai loro
sentimenti.
È certamente impressionante
notare quante storie d’amore nascano nell’ambiente in cui lavoriamo, e non si
tratta soltanto del fatto che passiamo così tanto tempo fra le mura dei nostri
studi, dei nostri uffici, a stretto contatto con clienti e colleghi, che pare
inevitabile che anche gli affetti sorgano dal medesimo ambiente … non scrisse
forse quel grande poeta che fu Giacomo
Leopardi che la ginestra è un fiore stupendo che nasce sulle pendici dei
vulcani, dove non c’è più vegetazione, dove sembra non poter crescere
nient’altro … e non ho visto io stesso sulle pendici dell’Etna, dove la
vegetazione si rarefà fino ad annullarsi, quelle macchie di giallo intenso in
mezzo al grigio antracite e al nero basalto?
No, non si tratta di un caso,
come la ginestra è un
fiore che è fuoco, e del fuoco ha il profumo, così ciò che nasce in fucine, fra
cattedre e banchi, fra i tasti di un calcolatore, nei meandri di un social
network, fra le grige pareti di uno studio notarile, fra gli scaffali di una
biblioteca, fra i faldoni di un commercialista, fra gli scranni di un giudice,
e fra le toghe di avvocati, fra l’ufficio di un ragioniere o fra le figure solide
di un geometra, …, segue più le regole della consuetudine, dell’arte e non
quelle del cuore.
E ci si ritrova amanti come prima
si era colleghi, e si è colleghi come si fosse amanti, con lo stesso zelo, con
la stessa foga, con la stessa passione, con la stessa disperazione, perché un
rapporto siffatto può darti le stesse soddisfazioni di un successo lavorativo,
non certamente quelle dell’amore.
Desiderio guardava Ermengarda e
finalmente la vedeva, non come professionista, non come dipendente, e nemmeno
come oggetto più o meno bello, più o meno gradevole, più o meno piacevole con
la quale gratificare le sue voglie … la vedeva come “persona”, come altro da
sé, con una sua volontà, con una sua indipendenza, con sentimenti propri che
chissà a chi erano indirizzati, con un cuore pulsante autonomamente che non è
detto si sarebbe armonizzato col suo.
E quando vedi qualcuno con questi
occhi, quando pensi che niente di ciò che sei, di ciò che rappresenti, del tuo
potere, del tuo prestigio, dei tuoi titoli, possa davvero influenzare ciò che
vorresti influenzare, allora ti senti davvero disarmato e non ti resta che
rinunciare ai tuoi desideri o cercare di conquistare questa persona, in una
parola: sedurla.
Che non vuol dire, come
comunemente si crede, condurre a sé, ma più precisamente “sviare”, portare
fuori dalla retta via, appartarsi in qualche angolo nascosto, perché il termine
deriva dal suo antecedente latino sed-ducere,
in cui il “sed” è una congiunzione
con valore avversativo che, a seconda dei casi, possiamo tradurre con un ma o,
come in questo caso, con un “a parte” … ecco perché ogni volta che penso alla
seduzione il mio cuore intona spontaneamente le note e la mia mente pronuncia
le parole della canzone cantata da Gino
Bechi o da Claudio Villa:
“Vieni, c'è una strada nel bosco, il suo nome conosco, vuoi conoscerlo tu?
Vieni, è la strada del cuore, dove nasce l'amore che non muore mai più”.
Fu così che sulla scrivania di
mogano di Ermengarda cominciarono a spuntare miracolosamente delle rose a stelo
lungo, non rosse per carità, troppo audaci, ma dai colori che più si intonavano
al suo vestito e al suo stato d’animo, fu così che Desiderio la faceva chiamare
molto più spesso di quanto avesse mai fatto prima … e sempre da sola; fu così
che lei sentì pronunciare qualche invito da quest’uomo che sembrava tutto preso
dal lavoro, a prendere un caffè insieme, a pranzare insieme con un tramezzino
nella pausa pranzo, fino a dei veri e propri inviti a cena non più
giustificabili col fatto di lavorare nello stesso posto.
Lui si mostrava sempre più
attratto da lei e lei non rifiutava mai un
suo invito, accettato sempre con piacere e con un sorriso anzi, non
soltanto sembrava gradire, ma incoraggiava le sue avanches e pareva battere lo stesso tempo che batteva lui sul
rullante dell’amore.
Fu così che quest’uomo austero,
sposato, con figli adulti, di almeno 25 anni più vecchio di lei, una sera nel
suo appartamento che usava quando veniva in Italia, in cui aveva invitato lei a
chiudere una serata dopo una cena, le si avvicinò come non aveva mai fatto, le
prese la mano e … le dichiarò di amarla.
So che sarete sconcertati, solo
un israeliano e per giunta di una certa età poteva dichiarare il suo amore ad
una donna, noi italiani non siamo abituati a queste cose anzi, tutto ciò che è
“dichiarare” ci è estraneo, e non solo dichiarare il nostro amore, ma anche
dichiarare i nostri redditi … noi italiani preferiamo agire, preferiamo evadere
(le tasse … e non solo quelle), preferiamo mezzi più spicci del tipo “o la va o
la spacca!”, e non è un caso se siamo il popolo che ha inventato, e che ancora
esercita, la “mano morta”.
Si, quella manina che … non si sa
perché, non si sa cos’è, non si sa com’è … tende a scivolare (nostro malgrado,
beninteso) verso le curve di una donna; anni fa, e sono parecchi ormai, la mia
amica Irma veniva ciclicamente a
lamentarsi con me affranta riguardo alla frequenza con cui alcune manine
scivolavano molto velocemente verso il suo ginocchio sinistro … e le più audaci
si facevano pure un giro coscia.
I fatti stavano in questi
termini, Irma (la chiamo così per assonanza con Irma la dolce, perché è in realtà una donna molto dolce che
nasconde la sua dolcezza dietro un cipiglio battagliero assai, come se essere dolci fosse un
difetto o una debolezza) è una bella donna, anche adesso che ha la mia età e
una bella figlia che le somiglia molto, ha lunghi capelli castani, molto mossi,
un viso graziosissimo, un fisico da urlo con più curve di Daytona o di
Indianapolis e delle cosce lunghe e sode come quelle di Atalanta.
Ma non è finita qui, anche adesso
veste in maniera sexy, ma allora indossava minigonne e vestitini mozzafiato,
che a guardarla ti si bloccava la circolazione arteriosa per qualche minuto, ti
surriscaldava tutti i circuiti e diventavi anche tu come Goldrake che: “ … si trasforma in un razzo missile con circuiti di
mille valvole tra le stelle sprinta e va mangia libri di cibernetica insalate
di matematica e a giocar su Marte va lui respira nell'aria cosmica è un
miracolo di elettronica ma un cuore umano ha […] raggi laser che sembran
fulmini è protetto da scudi termici sentinella lui ci va quando schiaccia un
pulsante magico lui diventa un ipergalattico lotta per l'umanità …”.
Ebbene, non lo crederete, ma a
questa ragazza così sobria capitava spesso (quasi sempre) che quando andava alle
cene con i colleghi, al ritorno il tizio a cui aveva chiesto di accompagnarla
visto che pur avendo la patente non guidava e non aveva neanche la macchina, si
sentisse quasi in dovere di farle scivolare la manina sul ginocchio proprio
quando si fermava sotto casa di lei.
Ma tutti poi, dallo scapolo
scanzonato all’ammogliato con prole, dal bravo ragazzo al pessimo soggetto, dal
giovane al vecchio catabasima (dal greco katábasis,
discesa negli inferi), la manina scattava inesorabile subito dopo aver scalato
la marcia e aver azionato il freno a mano); e lei ci si dannava per questo,
all’inizio ci si incazzava, poi toglieva loro la mano dal suo ginocchio senza
alcun risentimento, con un fare quasi meccanico (come voleva apparire la manina
dei suoi accompagnatori), come se si trattasse del disbrigo di una faccenda burocratica.
Certo, nessuno adesso
riconoscerebbe nel professor Tal de Tali, nel primario Caio e nel capo
dipartimento Sempronio, Joe Fogliadifico e Slim Manolesta, anche se almeno in
alcuni casi il vizietto si è conservato intatto e qualcuno di loro è finito sui
giornali per molestie e qualcun altro è finito in tribunale per un procedimento
di separazione intentato dalla moglie dopo la 25ª infermiera che si portavano a
letto.
Il maschio della specie umana è,
purtroppo, un essere primitivo, molto più primitivo della femmina della sua
specie, più che cercare di scoprire discretamente se la donna che le piace è
interessata a lui, magari per disperazione visto che i segnali delle donne in
questo senso non sono mai chiari, mai inequivocabili, mai semplici ed
elementari come l’uomo a cui sono diretti, allora preferisce fare affidamento
su altri segnali come ad esempio: “Se ha chiesto a me di accompagnarla, se sale
in macchina da sola con me, se mette la minigonna … allora ci sta!”.
E questo ragionamento è vero a
prescindere dai risultati, perché non importa che tutte le volte che lui abbia
provato non ha avuto il risultato sperato, (e davvero solo una donna disperata
potrebbe sentirsi lusingata da un corteggiamento di questo tipo); egli, come lo “spinarello”
che nella stagione degli amori attacca letteralmente tutto ciò che di rosso si
presenta nel suo territorio anche se fosse un pezzo di legno e come il
calabrone che continua a dare testate sul vetro perché lui il vetro non lo
vede, il maschio umano pensa che se ci prova ha pur sempre una probabilità di
riuscita, se non ci prova non ne ha nessuna.
Il maschio umano è un illuso, applica il calcolo statistico delle probabilità secondo cui ad esempio ogni lancio di una moneta ha il 50% di possibilità che venga fuori "croce" e dimentica che una donna non è una moneta e che con quel sistema di approccio grossolano e rudimentale è più probabile che non esca né testa, né croce, ma "schiaffo".
Irma veniva a lamentarsi con me: “Perché capita a me e non a Simonetta?” (anch’ella auto-sprovvista, anch’ella richiedente passaggi per partecipare alle cene): “Cos’ha lei che io non ho, a parte qualche cm di gonna in più?”: “Cosa dovrei fare, non mettermi più la minigonna?”. Fino all’amara constatazione che se continuava così non sarebbe rimasto più nessuno a cui chiedere di accompagnarla!”.
Il maschio umano è un illuso, applica il calcolo statistico delle probabilità secondo cui ad esempio ogni lancio di una moneta ha il 50% di possibilità che venga fuori "croce" e dimentica che una donna non è una moneta e che con quel sistema di approccio grossolano e rudimentale è più probabile che non esca né testa, né croce, ma "schiaffo".
Irma veniva a lamentarsi con me: “Perché capita a me e non a Simonetta?” (anch’ella auto-sprovvista, anch’ella richiedente passaggi per partecipare alle cene): “Cos’ha lei che io non ho, a parte qualche cm di gonna in più?”: “Cosa dovrei fare, non mettermi più la minigonna?”. Fino all’amara constatazione che se continuava così non sarebbe rimasto più nessuno a cui chiedere di accompagnarla!”.
Fortunatamente l’ho dissuasa
dall’eliminare le minigonne dal suo guardaroba, dicendole semplicemente che l’essere
bella non è solo una casualità o un dono che intender si voglia, ma comporta
dei precisi doveri, se uno è bello deve mostrare la sua bellezza … il mondo è
già così brutto che non possiamo privarci di quel poco di bellezza che ci viene
concesso.
Un consiglio però mi sono sentito
di darglielo, la volta successiva, prima che fosse il suo accompagnatore a far
scivolare la manina sul suo ginocchio, all’andata e non al ritorno, fosse lei
ad invitarlo a mettere la mano adesso, così lei gliela avrebbe tolta ed
entrambi si sarebbero tolti in anticipo dall’imbarazzo a fine serata … le jeux sont faits … le jeux de main.
Da quella sera sbocciò una bella
relazione fra Ermengarda e Desiderio e si incontravano tutte le volte che
potevano, molto più spesso di prima perché lui veniva in Italia tutte le volte
che poteva, per vederla, per stare con lei; stavano benissimo insieme e il
sentimento era forte e reciproco, così forte che Desiderio prese una decisione
fatale e irrevocabile: convocò moglie e figli e annunciò che lui amava un’altra
donna e che intendeva separarsi.