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lunedì 4 agosto 2014

Una finzione di povertà

Necessarium ergo iudico id quod tibi scripsi magnos viros saepe fecisse, aliquos dies interponere quibus nos imaginaria paupertate exerceamus ad veram; quod eo magis faciendum est quod deliciis permaduimus et omnia dura ac difficilia iudicamus. Potius excitandus e somno et vellicandus est animus admonendusque naturam nobis minimum constituisse. Nemo nascitur dives; quisquis exit in lucem iussus est lacte et panno esse contentus: ab his initiis nos regna non capiunt. 

«Perciò ritengo necessario quello che, come ti ho scritto, hanno fatto spesso i grandi uomini; scegliamo alcuni giorni in cui esercitarci, con una finzione di povertà, a tollerare la vera povertà. Ciò è tanto più necessario in quanto ci siamo snervati nei piaceri e ormai giudichiamo tutto duro e difficile. Bisogna, invece, scuotere l'animo dal torpore, stimolarlo e ricordargli che la natura ci ha dato ben poche esigenze. Nessuno nasce ricco: appena viene alla luce, ogni essere umano deve appagarsi del latte e di un panno; ma, dopo questi inizi, neppure un regno basta a saziare i suoi desideri.»

Seneca, Lettere a Lucilio, 20, [13], Edizione BUR, traduzione di Giovanni Monti.

Ai tempi di Seneca non c'erano i reality show e così la classe dominante si divertiva come poteva. Oggi, i più scalcagnati dei pezzi di merda, per fare i loro esercizi di povertà, vanno a Davos. E aprono fondazioni per fare a gara a chi fa più beneficenza. «Nessuno nasce ricco», ricordatevelo uomini, e per uno che lo è diventa ce ne dev'essere almeno qualche milione che muore in povertà, ma mai per finta.

sabato 20 marzo 2010

La vera battaglia



Anch'io sono stato in piazza oggi pomeriggio. Piazza Paolo Uccello: del comune ove risiedo, la principale. Cinque minuti soltanto, il tempo di parcheggiare, di andare in edicola e prendere le Lettere a Lucilio di Seneca e poco più. C'era un gazebo surreale della Lega Nord: tre, quattro persone che se la ridevano e se la cantavano, coi manifesti dell'indiano e di Roma ladrona. Avrei voluto dir loro: ma non vi vergognate? Sono 8-9 anni che siete a Roma, al potere... ma come fate a comportarvi ancora come se foste all'opposizione? Ma poi ho lasciato perdere. De tranquillitate animi dentro di me


«[Il saggio] non deve camminare a tentoni, con passi incerti; è sì grande infatti la fede che egli ha in se stesso, che non esita ad andare incontro alla fortuna e non indietreggia mai di fronte ad essa. Né ha di che temerla, perché non soltanto gli schiavi e le proprietà e gli onori, ma anche il proprio corpo e gli occhi e le mani e qualsiasi cosa gli rende più cara la vita, e se stesso insomma, egli annovera fra i beni conquistati per grazia altrui e vive come ceduto in prestito a se stesso e pronto a restituirsi senza rammarico al creditore che ne facesse richiesta». [trad. E. Paratore].

Oh, ma quanto avrei volentieri respinto questi leghisti oltreconfine