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domenica 12 aprile 2015

Antonioni - Aux origines du Pop

The Cinémathèque Française in Paris feels like home, to me. 
Especially these last months, since they have consecrated to two of my favourite film-makers of all time their biggest exhibitions. Truffaut in the Fall/Winter season and now Michelangelo Antonioni in the Springtime/Summer season (April 9-July 19).
Life is beautiful!
Lucky enough to be invited to the vernissage of the exhibition last Wednesday night, I have enjoyed every minute of it and I was very curious to see what the friends at the Cinémathèque were able to do: a great job, as usual!
The space at the 5th floor, very often divided into different corners, have been left completely open, giving the exhibition a particularly free and energetic look (it is not by coincidence that the exposition has been called The Origins of Pop):
The life and the career of Antonioni are followed chronologically in a circular itinerary that suavely run along the Cinémathèque walls.
Everything is there: from his first steps as cinema critic at the Corriere Padano to the first movies written for Rossellini and Fellini, to letters, books, pictures, records, paintings, original screenplays, all the passions of the Ferrara film-maker are shown in the exhibition.
With some surprises too!
I didn't know Antonioni had a huge collection of cinema postcards... and that he used to "store" them in very big books (great idea, now I know where I could collect mine!):
I really loved the niche consecrated to my favourite Antonioni's movie (and my favourite Italian movie tout court), La Notte, part of the famous "Trilogia dell'incomunicabilità" together with L'Avventura e L'Eclisse:
Lidia (Jeanne Moreau)
Antonioni sul set di La Notte, a Milano
Foto dal set con J. Moreau, M. Mastroianni, Antonioni e M. Vitti
Antonioni e la Vitti discutono sul set di La Notte
Antonioni's movies with Monica Vitti are so special that after seeing these pictures I just wanted to watch them all over again...
Vittoria (M. Vitti) e Piero (A. Delon) - L'Eclisse
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The two sections dedicated to Deserto Rosso and Blow up were painted in bright and vivid red and green colors, which was a pretty simple but very beautiful idea:
Antonioni e Vanessa Redgrave sul set di Blow Up
The exhibition also displays a number of letters that important film-makers and artists wrote to Antonioni about his movies, showing how much love and respect his cinema was able to generate. In particular, there is a letter by Fellini where the director sketches a short but powerful description of Antonioni and talks about his melancholic way of being, that I found really moving (and God knows if these two were very different kind of artists!).
Very moving was also seeing his cameras and the prizes he won for different movies (the Golden Bear for La Notte, the Palme D'Or for Blow Up, the Golden Lion for Deserto Rosso and a honorary Oscar for his entire career):
If you are an Antonioni's fan, this is an unmissable exhibition, and even if you don't like his movies, this is still a great exhibition about a film-maker who really changed cinema history with his modern vision of contemporary solitude.
If I were you, I would run to the Cinémathèque to be taken away by Antonioni's world... and watch all his movies that are going to be screened between now and the end of May.
The incomunicabilità has never been so communicative!  

lunedì 30 giugno 2014

Nel deserto non ci sono cinema

 
Questa mattina stavo leggendo un’intervista con lo scrittore americano Don DeLillo pubblicata dalla rivista Obsession del Nouvel Obs
DeLillo è uno che di interviste ne rilascia pochissime. Questa l’aveva concessa perché stava facendo il giurato al Festival del Cinema di Estoril invitato dal produttore portoghese Paulo Branco. Era lì e ha chiesto a questi giornalisti francesi di raggiungerlo al ristorante dell’albergo. E’ rimasto con loro solo 40 minuti ma è riuscito a dire un sacco di cose interessanti.
DeLillo, ad un certo punto, si è messo a parlare di Salinger e del suo essersi ritirato dal mondo (argomento che gli interessa parecchio visto che è persona super schiva e si fa vedere in giro raramente), e ha pronunciato queste parole: “Ammiro questa sua capacità di scomparire. Accade spesso anche ai personaggi dei miei libri, ma io non potrei mai riuscirci. Scegliere un punto sperduto su una mappa, un deserto, ad esempio, e sparirci dentro. Non ce la farei. Perché? Perché nel deserto non ci sono cinema”.

Insomma viene fuori che DeLillo va al cinema tutti i pomeriggi. Da solo.
Viene fuori che questa malattia che ho io ce l’ha anche lui. Che cosa bellissima!
La sua frase mi ha ricordato un episodio abbastanza emblematico della mia vita: tanti anni fa ho trascorso le vacanze estive sull’isola di Stromboli, sottovalutando il fatto che su un’isola così piccola i cinema non esistono. Dopo qualche giorno, pensavo di morire. L’idea di stare in un posto in cui, fisicamente, non esistesse un luogo in cui le persone si sedevano davanti ad uno schermo, mi faceva uscire di testa. Hai voglia ad andare a fare la foto davanti alla casa in cui aveva vissuto Ingrid Bergman al tempo in cui girava Stromboli... era una particella di cinema infinitesimale che si esauriva in tempi rapidissimi. 

Un giorno, allo stremo, scopro una piccola libreria con un bel giardino dove di sera proiettano su uno schermo un po’ artigianale i film fatti alle Eolie. Gaudio e gioia immensi! E ovviamente trascino tutta la banda di amici che era con me a vedersi Stromboli di Roberto Rossellini (ma vuoi mettere, vedere Stromboli con dietro lo Stromboli?) e L’Avventura di Michelangelo Antonioni. Insomma mi sono salvata! E capite bene che quando DeLillo dice che non vivrebbe mai nel deserto, con me sfonda una porta più che aperta.
Una sera a New York, devo raccontarvelo, mi sono ritrovata ad una cena dove c’era anche DeLillo. 
In un momento in cui la conversazione aveva avuto un attimo di pausa, lui si era guardato intorno e aveva chiesto: “Qualcuno di voi per caso ha visto Hunger?”. Sono stata l’unica ad alzare la mano. 
Non ci siamo detti niente. Ci siamo guardati, sorridendo.
Due che, mettili in un deserto, anziché l’acqua ti chiederanno un film.

p.s. Se anche voi siete fans di DeLillo, sappiate che ha messo da parte la sua proverbiale riservatezza per partecipare al Festival Letterario Le Conversazioni, di Antonio Monda e Davide Azzolini, che si tiene ogni anno a Capri l’ultimo week-end di Giugno e il primo week-end di Luglio. DeLillo sarà presente in Piazzetta Tragara sabato 5 Luglio. E ci sarà pure la vostra Zazie! 


giovedì 23 agosto 2012

La Notte

Non posso farci proprio niente. 
Se mi capita di arrivare alla Stazione Centrale di Milano in pieno Agosto e alzo gli occhi per guardare il Grattacielo Pirelli, a me partono in automatico i titoli di testa della Notte di Antonioni:

Film del 1961, capitolo centrale della "Trilogia esistenziale" (o dell'incomunicabilità) insieme a L'Avventura e L'Eclisse (hai detto niente!), La Notte rappresenta per me il punto più alto della cinematografia di Antonioni, e il punto più alto della cinematografia italiana tout court. Ebbene sì, se in una ipotetica classifica dei migliori film di tutti i tempi io dovessi citare un solo film italiano, dubbi non ne avrei, il mio titolo sarebbe questo.
Antonioni sul set con Jeanne Moreau e Marcello Mastroianni
La Notte è la cronaca di 24 ore (dal mattino all'alba successiva) nella vita di una coppia, quella composta da Giovanni, uno scrittore di successo, e sua moglie Lidia. A Milano è estate, fa caldo e le strade sono semi deserte. Giovanni e Lidia vanno a trovare in ospedale Tommaso, un amico gravemente ammalato, e poi partecipano in una libreria al lancio dell'ultimo romanzo di Giovanni. Fin da subito, risulta chiaro che il rapporto tra i due è in crisi. Lidia, lievemente disgustata dall'atmosfera e dalla gente, abbandona la presentazione e si mette a vagare senza meta, finendo in una periferia deserta e abbandonata. La sera, dopo essere stati in un night club, i due decidono di partecipare ad una festa nella villa fuori città dell'industriale Gherardini. Nel corso della serata, Lidia accetta la corte di uno sconosciuto, mentre Giovanni rimane affascinato dalla giovane figlia dell'industriale, Valentina. Chiamando in ospedale, Lidia scopre che Tommaso è morto. La notte è ormai alla fine, sta spuntando l'alba, e Giovanni e Lidia si ritrovano, soli, nel parco deserto della villa. La donna inizia a leggere al marito una lettera d'amore. Lui l'ascolta, affascinato. Quando le chiede chi le ha scritto quella lettera e quando, la risposta di Lidia lo lascia senza parole: quella lettera è sua. L'ha scritta per Lidia all'inizio del loro amore.
Marcello Mastroianni - Giovanni
Jeanne Moreau - Lidia
Monica Vitta - Valentina
Ho sempre pensato una cosa: che nessun regista al mondo è stato capace di comunicare l'incomunicabilità come Antonioni. Nessuno è mai stato capace quanto lui, in maniera tanto elegante, precisa e spietata, di rappresentare la disperazione, il vuoto, l'alienazione. Antonioni è stato anche estremamente moderno, talmente avanti sui tempi che la gente faceva fatica a capirlo (penso a tutti i fischi che si era beccato con L'Avventura le prime volte che veniva proiettato... un film che ha praticamente rivoluzionato il modo e il senso di fare cinema, e che ha influenzato generazioni intere di giovani registi). Anche su certe insensatezze della vita moderna e del progresso, Antonioni era stato di una lungimiranza estrema. Se un regista come Jacques Tati aveva scelto la strada dell'ironia e dell'assurdo per mettere in ridicolo le aberrazioni del mondo moderno, Antonioni aveva scelto quella del rigore e del silenzio, rappresentando il deserto di valori e sentimenti con un deserto fisico (a volte rosso e a volte in bianco e nero) di paesaggi, di orizzonti, di strade. Il mondo di Antonioni è vuoto, fuori e dentro. Le città sono palazzi moderni dalle forme geometriche spigolose e crudeli, in cui le persone sembrano muoversi sperdute, solitarie, abbandonate. Antonioni si interroga costantamente sul perché della nostra esistenza senza riuscire a trovare una sola risposta decente. Cosa ci può salvare dall'assenza di senso e di riferimenti? La Notte, sotto questo profilo, è il suo film più spietato: la malattia e la morte (Tommaso), l'ignoranza e la miseria umana dei ricchi (l'imprenditore Gherardini, il classico cumenda milanese), la noia moraviana dei giovani che hanno avuto tutto e non desiderano niente (Valentina), lo scrittore-artista più interessato alle mondanità e al successo che a quello che scrive nei libri (Giovanni), la moglie che non ha saputo dare un senso alla sua vita al di là dell'amore, ormai morto, per il marito (Lidia). C'è tutto, non manca niente, salvo (forse) un po' di speranza. 
Aiutato in questa mirabile impresa dalla penna di Ennio Flaiano e Tonino Guerra, che hanno scritto con lui la sceneggiatura, Antonioni ha scelto un trio di attori straordinari per esprimere al meglio il buio di questa notte. Mastroianni, lontano dai gigioneggiamenti delle prove felliniane, è febbrile, sperduto e fragilissimo. Jeanne Moreau, con la sua aria triste e corrucciata, è il ritratto di un disagio profondo ed immobile, mentre Monica Vitti, in quel suo modo leggero e falsamente spensierato, fa intravedere abissi di vuoto esistenziale. Ma uno dei motivi per cui amo da morire questo film, è per come Antonioni ha filmato Milano. Mi pare che lui ne abbia catturato la vera essenza, fatta di cose davvero impalpabili eppure riconoscibilissime. Il mondo di ciascuno è gli occhi che ha, ha scritto una volta José Saramago. Ma il mondo di ciascuno è anche i film che ha visto, e a me sembra di avere sempre osservato Milano con gli occhi di Antonioni.

In uno degli episodi di Die Zweite Heimat di Edgar Reitz, alcuni dei protagonisti vanno al cinema a vedere La Notte e al rientro uno di loro annuncia agli amici, estasiato: "Questo film è straordinario. Lo vedi, e poi hai voglia di spararti un colpo."  
Devo essere l'unica al mondo a cui La Notte fa tornare la voglia di vivere.
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