Da qualche tempo vengono alla luce, sempre più
frequentemente, episodi di bullismo nei confronti dei professori delle scuole
superiori “grazie” alle nuove tecnologie degli smartphone.
Il riferimento alle “superiori” è importante perché è una scuola
che ha a che fare con ragazzi che sono nella fase di sviluppo detta “della stùpidèra”,
cioè della stupidità costituzionale.
Episodi di prevaricazione nei confronti di docenti da parte
degli alunni ne ho “visti” parecchi nella mia lunga vita di insegnante, ma la
gestione degli stessi è sempre stata adeguata al comportamento e alla
“missione” della docenza.
Nei primi anni del 1900 mio nonno frequentava il liceo ed
aveva un professore di scienze piccolo e rotondetto che indossava sempre braghe
bianche che gli mettevano in risalto un “bel mappamondo” posteriore. Gli
allievi per “idiozia costituzionale” gli misero dell’inchiostro blu sulla
sedia. Quando si rialzò sul suo deretano si era disegnato un magnifico sole blu
con tutti i suoi raggi. Mio nonno conosceva a memoria l’intero testo di
botanica!
Avere a che fare con adolescenti spocchiosi e convinti di
essere onnipotenti, onniscenti , con tutti i diritti dell’universo e nessun
dovere non è certo facile, specie se l’obiettivo è aiutarne la maturazione
corretta. In questa fase l’unica arma per l’adulto è l’autorevolezza e non
l’autorità, il che non sempre è possibile perché si dimentica spesso che il
docente è un essere umano.
La transizione dall’infanzia alla maturità (che taluni non
raggiungono mai) è un passo difficile da fare, e avviene con un confronto-scontro continuo con l’adulto per
determinare i limiti della propria individualità. Purtroppo molto dipende sia
dal contesto sociale che dai “prerequisiti”, cioè dalle regole apprese nella
fase di crescita primaria, e questo è motivo prevalente.
Un’infanzia vissuta senza ostacoli mette le basi per un
futuro privo della capacità di superare i problemi, che induce quindi o in
crisi di arroganza e violenza pura o di depressione a rischio di esiti funesti.
Le liti infantili con “botte da orbi” e con “bande di
amichetti” contro “amichetti” insegnano la socializzazione e la reazione
positiva nella sconfitta, ma spesso sono proprio gli adulti d’oggi che
intervengono rovinando la lezione.
Mia figlia ricorda ancora la frustrazione del materno “se
stavi a casa tua non ti succedeva”, in risposta alla richiesta di intervento
nelle liti con i compagni di gioco, ma così ha imparato a gestire autonomamente
le situazioni di contenzioso sempre presenti nella vita.
Il problema più grave è, invece, la crescita in un contesto
sociale che premia l’arroganza e la sopraffazione, diffusa anche tramite
“l’etere” con trasmissioni televisive
prive di ogni filtro di buona educazione e di correttezza anche morale.
Mi riferisco ad esempio a programmi come “scherzi a parte” in cui si provocano
volutamente situazioni d’ansia e di
panico a qualcuno per puro divertimento dello spettatore. (In fondo anche gli
spettacoli per gli antichi romani al Colosseo avevano lo stesso fine, divertire
la gente di 2700 anni fa.)
Anche “l’sola dei fumosi” (nessun errore di battitura) o “il
grande fratello” sono ottimi esempi educativi per i giovani, saturi di vacuità
cerebrale e morale, specialmente nel valore del rispetto nei confronti sia del
pudore che della persona. Non parliamo poi dei talk show in cui la violenza
verbale e vocale nasconde il vuoto profondo delle argomentazioni e delle idee.
Dal crescere con gli esempi negativi di persone il cui unico
scopo è l’apparire per sentire d’essere, per i quali solo il danaro ed il
potere da questo comprato è l’essenza dell’esistenza, che giudicano con
disprezzo chi non condivide questi falsi valori e ne calpestano senza vergogna
la vita, cosa ci si può attendere se non un comportamento aberrante?
Ormai “la scuola” si vuole sia la sola maestra di
comportamento, mentre il mondo la svilisce e la bastona privandola delle armi
per farlo.
Ed a fronte di tutto questo chi paga?
La società condanna solo quanto viene alla luce, il resto è solo polvere sotto al
tappeto, e il conto arriva al colpevole in questione, un adolescente a cui
nessuno ha insegnato il comportamento corretto, e che forse emula esempi
familiari e sociali mai condannati da alcuno.
E sarà lui a pagare anche per gli errori degli altri.
grazie Anna carissima. Ho letto e capito. Avevo qualche dubbio su quello che è accaduto Quello che mi è piaciuto di più in questo tuo asciutto , logico e sano commento è la differenza fra autorità ed autoritarismo
RispondiEliminaCarissima Anna, ho "divorato" il tuo pezzo, condividendone punti e virgole, e le situazioni che descrivi le ho vissute sulla mia pelle.
RispondiEliminaNon ho certo avuto una vita facile (erano altri tempi), sia a causa delle precarie condizioni di salute della mamma, malata da sempre e che mi ha lasciato quando avevo solo 15 anni, e poi dal mio carattere ribelle ancora non del tutto sopito. Dagli anni di collegio: laici i primi, gli Scolopi i secondi; alla vita militare, passando per la severità del babbo (classe 1900, diplomato ragioniere a pieni voti ad appena 17 anni, figlio di un medico e di una nobildonna caduta in rovina) e le già citate disgrazie familiari.
Del babbo te ne ho parlato non per vanto ma per rendere l'idea di quanto potesse essere severo, visti i suoi trascorsi scolastici e familiari.
Giorni fa, nella rubrica "l'Amaca" che Michele Serra tiene su Repubblica, il giornalista ha pubblicato un pezzo che ha scatenato le reazioni prevedibili di molti lettori.
fonte:
https://www.ilpost.it/2018/04/22/michele-serra-amaca-bullismo/
Ho dovuto dividere il commento in tre parti, perché troppo lungo.
RispondiEliminaAggiungo la seconda parte:
Siccome Serra parla anche di episodi di violenza e di rispetto delle regole, mi vengono in mente nomi di persone le cui famiglie non sono certamente povere ma che non le hanno degnamente rappresentate in fatto di regole. Ne posso citare alcuni, come il "presunto" assassino di Marta Russo (Giovanni Scattone, nato da "nobili" lombi e laureato con 110 e lode in Filosofia del diritto)) e Salvatore Ferraro (giurista, scrittore, avvocato, condannato per favoreggiamento); Lapo Elkann, che nonostante abbia fatto l'operaio alla Fiat come tradizione familiare vuole, in seguito ha fatto parlare di sé per episodi legati al mondo della droga e a dubbie frequentazioni; Lorenzo Bozano (imparentato con gli armatori Costa e condannato per l'omicidio di Milena Sutter); i responsabili del delitto del Circeo (anche loro di ottima famiglia); la scomparsa ancora avvolta nel mistero di Emanuela Orlandi, presumibilmente durante un festino "pedofilo" all'interno del Vaticano...
Questi, i casi che adesso mi vengono in mente, ma chissà quanti altri ce ne sono...
Insomma, se l'assioma cultura del sapere = uguale famiglia di provenienza può anche essere valido, non penso si possa dire lo stesso per quei valori morali, intellettuali, etici che dovrebbero assicurare l'individuo alla società nella trasmissione dei quali capita che la famiglia d'origine possa fallire...
D'altra parte lo stesso Serra, nel suo libro "Gli sdraiati", qualche problema di comunicazione col figlio mi pare che l'abbia avuto. Il tutto, condito con quell'indolenza filiale ormai tipica dei giorni nostri. Partirei così dalla famiglia, povera o ricca che sia, e dalle regole che vigono al suo interno, che tutti devono rispettare compreso chi le stabilisce. Certo che ognuno di noi, come sto facendo adesso, tende a far riferimento alla propria, di famiglie, e così l'analisi rischia di diventare prima di parte finendo poi per generalizzare: i "ricchi" sono più educati dei "poveri", e nelle scuole per ricchi s'insegna e si studia di più rispetto a quelle per poveri.
(segue)
Terza e ultima parte:
RispondiEliminaIo ho studiato sempre poco, sia nelle scuole per ricchi che nelle altre, ma ricordo che a casa mia le regole erano tante: a tavola, tutti insieme, a quell'ora e niente gomiti sul tavolo o parlare biascicando col boccone in bocca, e se ti volevi alzare prima dovevi chiedere il permesso... d'estate, niente torsi nudi o canottiere in giro per casa. E soprattutto sul divano, altrimenti lo potevi macchiare col sudore. E a scuola ho preso "righellate" sulle dita, scappellotti e "nocchini", ad abundantiam e senza lamentarmi. Perché sennò a casa avrei preso il resto!
Negli anni, ahimè, c'è stata una caduta a picco dei valori morali fondanti della società a vantaggio dell'economia, della tecnologia, del profitto ad ogni costo e dei falsi miti. A iniziare dalla televisione, come dici tu, sempre accesa su programmi demenziali e diseducativi... i giochi virtuali violenti... le cattive compagnie della cui frequentazione nessun genitore si occupa più... Ai quali si aggiunge la profonda solitudine di chi comunica ormai solo attraverso i social e si autoemargina dal mondo reale che lo circonda. Per giunta, sentendosi autorizzato a scrivere di tutto, su tutto e a tutti.
Anche la scuola, per come l'hanno voluta dopo il 68 le politiche di sinistra, ha le sue colpe. Invece di essere il luogo dove nel complicato e difficile processo di formazione tutti dovrebbero essere coinvolti, dai genitori agli alunni, dagli insegnanti ai dirigenti scolastici, è diventata un'azienda legata all'economia di mercato, in cui la partecipazione delle famiglie si riduce spesso unicamente alla "logistica". Manca la carta igienica... il riscaldamento non funziona... il soffitto è da riparare.
Non s'insegna più l'Educazione Civica, l'Economia domestica, e autori come De Amicis (per citarne uno che spesso viene tirato in ballo) sono stati accusati di essere "lacrimevoli", "stucchevoli" e "moralisti".
Io da ragazzo ho letto Cuore e ho pianto per il Ferruccio di "Sangue Romagnolo" e mi sono inorgoglito di patriottismo per "La piccola vedetta lombarda". Ne sono fiero, e queste letture non mi hanno fatto diventare un "mollaccione". Pochissimi giocattoli, e quando compivo gli anni mi regalavano libri. Che leggevo tutti d'un fiato volando sulle ali della fantasia!
Nella scuola di oggi le famiglie si comportano come se fossero solo utenti di un servizio e non parte di un insieme in cui tale servizio ricopre invece un ruolo importantissimo nella formazione degli adulti di domani. Perché, è utile ricordarlo, molti di quei "bulli" è assai probabile che ce li ritroveremo a uno sportello di un Comune, di una Asl, quando non addirittura in un ospedale, in un tribunale o in magistratura.
E allora, si salvi chi può.
Un abbraccio e a presto!