FLUSSO DI COSCIENZA

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“Il flusso di coscienza (noto come stream of consciousness) è una tecnica narrativa consistente nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. Il flusso di coscienza viene realizzato tramite il monologo interiore nei romanzi psicologici, ovvero in quelle opere dove emerge in primo piano l’individuo, con i suoi conflitti interiori e, in generale, le sue emozioni e sentimenti, passioni e sensazioni.”

Durante il primo incontro di questo nuovo ciclo dedicato alla scrittura abbiamo provato a praticare il flusso di coscienza.

Pensieri liberi: onde del mare che si infrangono sulla riva. Insonnia, sonno. Orari, pasticche, sveglia. Zanzare. Persone. Incontri. Appuntamenti. Solitudine, cuscini. Cane, luna, finestra. Acqua. Impegni, movimento, alberi, magnolie.

Racconto dei pensieri in libertà in un pomeriggio di inizio autunno.

Argomento migliore non poteva essere proposto in questo primo incontro. Un incontro pensato e atteso soprattutto nella giornata di oggi, inserito “a modino” fra qualche effimero impegno. Ed ora sono qui con loro, con i miei compagni di corso, fra adulti che condividono la passione di mettersi in gioco. Ripeto, argomento azzeccato e adeguato alla mia ansietà, tanto che in questo modo riterrei di aver relegato alla parola e depositato su carta i miei pensieri a riguardo e le attese connesse, per cui ritengo e spero che non entrerò in fibrillazione questa sera prima di cedere al sonno. Sarò rilassata se non interviene qualche altra ansia subdola e strisciante. Spererei di non dover subile l’assalto dei “cavalloni”… Eh sì, perché i miei pensieri serali non sono soltanto onde che lievi si infrangono sulla riva, essi sono onde…e onde e ONDE CHE DIVENTANO CAVALLONI SPUMEGGIANTI, se non li tengo a bada, se non stabilisco la graduatoria del tipo: questo a domani, quest’altro vedremo.

Sistemerò in miei 5 cuscini compattatati accanto a me per sostenermi e proteggermi dai pensieri fluttuanti, dagli impegni in agguato, dalle parole, dall’abbraccio che manca, dalla favola bella che ieri m’illuse e che oggi non c’è. Resterà il russare del cane sul pavimento, che tutto sommato non disturberà indicando la sua presenza. L ‘acqua è vicina, la sveglia impostata perché non si sa mai, e il cellulare silenziato.

Lascerò le tapparelle di camera sollevate, permettendomi di guardare la luna che sale nello spicchio di cielo buio catturato dalla mia finestra, oppure le nuvole nere, i lampi e la pioggia, i lampioni che illuminando le fronde degli aceri e dei pioppi e daranno forme strane alle foglie che ieri notte sembravano magnolie…

E speriamo che mi addormenterò alla svelta.

Zampettando

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Consegna per l’esercitazione:

Con un verbo e un aggettivo dato dall’insegnante costruisci il titolo e scrivi la storia.

Verbo: ZAMPETTARE

Aggettivo: FOCOSO.

TITOLO : Zampettando focosamente per un focoso zampettamento

C’era una volta una donnina piccina picciò che zampettava con le sue gambette larghe e piccolette nella piazza del paese. La piazza era adornata con grappoli di uva e pampini verdi, rossi e gialli per la festa del vino. La donnina aveva i capelli biondi e ricci legati in ciuffetti che saltellavano e ondeggiavano ad ogni passo con instancabile allegria. Zampettava, zampettando veloce, tac tap tac tap, andando determinata verso la giostra con i grappoli di uva bianca e nera che splendevano profumando l’aria. Le sue scarpette un po’ rigide battevano il selciato della piazza focosamente e con vigore: desiderava arrivare a fare “cranch” rompendo la buccia dell’acino con i dentini aguzzi e piccini per gustarsi il succo dolce, la morbida polpa dell’uva e deglutire quella delizia: aveva già l’acquolina in bocca!

Scansava gli ostacoli lanciandoli lontano, i suoi braccini piccini picciò erano forti: Via ! Via! Via! Diceva con la vocina acuta, cercando di tenersi in equilibrio. Tac tap tactap tactaptactap era vicina! Le guancette rosse, la boccuccia serrata nello sforzo, era vicina all’uva! L’avvicinarsi rendeva sempre più focoso lo zampettamento…! Non si guardava più intorno, vedeva solo il suo grappolo di uva! E non vide arrivare il Cavaliere sul suo bianco cavallo che mosso a pietà e piegato in due dal ridere.. la afferrò sotto le piccole ascelle, la sollevò e la posò accanto al grappolo più grosso e più bello della giostra.. mettendo fine al focoso zampettamento… La donnina piccina picciò sgranò gli occhioni azzurri di cielo, spalancò la bocca e cacciò un urlo rabbioso: “Io Io iooo… Da me! Da me! Da meee.. Ho zampettato focosamente per nullaaaa!!! “ Qualcuno più alto di lei aveva risolto il desiderio dell’uva, ma aveva guastato il gusto della VITTORIA!!

Un pomeriggio di pioggia

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SCRITTURA COLLETTIVA

Era un sabato pomeriggio bigio, uggioso, piovoso…

Il fruscio delle auto sull’asfalto bagnato faceva da sottofondo
Angela era affacciata alla finestra. Dietro di lei il divano la chiamava ad un ozio innaturale. Anche il gatto, acciambellato sul divano, pareva sopraffatto dalla noia. Nessuno stimolo gli provocava una reazione.

Improvvisamente un tuono fece sobbalzare il gatto e lei…

Elena, neo pensionata, cercava un posto nel parcheggio sotterraneo del supermercato. Ancora doveva spiegarsi come mai si riduceva a farlo il sabato ma la spiegazione era molto semplice: gli altri giorni aveva troppo da fare! “ Devo assolutamente cambiare qualcosa nell’organizzazione del mio tempo” -si disse rimuginando tra sé- “Non ho ancora realizzato che il tempo adesso non mi manca…” Eppure, quel tempo, lo maneggiava ancora come quando lavorava…

E proprio perché non le mancava, il tempo, Elena pensò che appena smetteva di piovere, dopo aver riposto la spesa, avrebbe dovuto lavare i vetri, stendere una lavatrice, passare l’aspirapolvere. Ma…il tempo per lei..? Intanto continuava a piovere…

Angela decise di sedersi sul divano accanto al gatto e lasciare che i pensieri le fluissero liberi nella mente. Per quel genere di “attività” quel sabato di pioggia, uggioso e bigio, era perfetto!
Durò poco. Lo squillo del cellulare la riportò alla realtà. Era Giacomo, Il nipote undicenne, che le chiedeva aiuto per i compiti del fine settimana.
“Ma dove sei?” Domandò indispettita “Non dovevi essere da Carlo per i compiti?.. No no zitto” -lo interruppe al sentire un respiro e una mezza parola-adesso era arrabbiata davvero-
“Adesso torni a casa e vediamo cosa possiamo fare”
“Va bene” sussurrò Andrea e riattaccò

Bianca viaggiava sull’autostrada con la sua piccola utilitaria. Le sembrava di essere in un mondo fatato, come in una bolla, al calduccio, con la sua musica preferita a volume sostenuto che giungeva dall’autoradio. Fuori, si scatenavano gli elementi. Sentiva la pioggia vicinissima battere sui vetri, la sentiva ma non la bagnava. Mentre si gustava la sua confortevole tana a quattro ruote un fragore, un rimbombo la riscosse… Un tir minaccioso l’aveva affiancata. Dalla motrice un ometto sbraitava e smanacciava verso di lei. Non si era accorta di aver rallentato un po’ troppo…

No ti prego Attilio non qui, non nel parcheggio della coop…ci potrebbero vedere! E stai fermo con ‘ste mani sembri una piovra!”
Mentre Luana cercava di frenare invano, l’impeto di Attilio in quel luogo non proprio adatto alla situazione amorosa, due suore del convento di Cristo del fico di Gerico, portavano la spesa al loro furgoncino. La loro attenzione fu attratta da quella Simca 1000 verde, con i vetri appannati, che dondolava come se fosse posseduta dal demonio. Demoni Attilio, così lo avremmo potuto definire, o quantomeno lo avrebbero potuto definirlo le due suorine!

Anche Elena passava di lì nello stesso momento, trascinando il suo carrello carico di spesa, in parte utile, in parte raffazzonata alla rinfusa. Le suore vestite di grigio e Simca 1000 dondolante, catturano la sua attenzione….

Donne, di storie intrise, di desideri raccontati solo in parte.
Donne, hanno divani su cui ritrovarsi e tragitti in cui perdersi.
Donne, il tempo spesso le vive ma non le ha mai fino in fondo.
Donne, innamorate di amore che sta tra gli uomini, le donne, Dio.
Donne, sanno lasciarsi andare nei pomeriggi di pioggia, mettendo insieme parole, per insieme stare…

La fine, epilogo

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DOPO IL RIENTRO

Lisa era andata dal medico curante per farsi ordinare delle analisi, non si sentiva in forma come aveva detto. Aveva preso gli appuntamenti on line nei centri dove fanno i prelievi del sangue. Era apparso il suo numero sul tabellone elettronico, sportello 7. Era entrata e si era immobilizzata: l’infermiere addetto al suo prelievo era proprio Marco, o come si chiama. Si sono guardati impietriti. Lisa ha preso coraggio, figuriamoci! Se si rifiutasse dovrebbe rifare tutta la trafila dell’appuntamento. Con occhi di ghiaccio si è avvicinata ha offerto il braccio con maggior evidenza venosa. Lui ha fatto quel che doveva, fra l’altro con garbo e delicatezza. Non una parola, che tanto sarebbe stata superflua.

L’esito dell’esame è arrivato dopo pochi giorni.

Mi ha suonato alla porta e quando ho aperto si è buttata fra le mie braccia piangendo.

“Positiva! Sono positiva!”

Era già stata dal medico curante che le aveva spiegato che quel valore altissimo del test HCV RNA , significava il virus dell’epatite in circolazione e attivo nell’organismo. Le transaminasi erano completamente sballate.

C’erano terapie da fare e assoluto riposo e dieta tutta la vita.

Mi sono trasferita in casa sua, tanto abitiamo sullo stesso pianerottolo. Fra alti e bassi sono trascorsi alcuni mesi. Le terapie sono state eseguite con scrupolo, Il suo colorito sta tornando normale, le forze stanno tornando. Gli incubi nei sogni sono la cosa peggiore, si agita ha paura e l’affanno.

Ci stiamo preparando ad affrontare le analisi di controllo, io sono sempre stata negativa. I valori di Lisa stanno abbassandosi lentamente, ma costantemente.

La salute è cosa preziosa: senza prezzo, senza vincite, senza amori. La salute non fa sconti e non ce n’è un’altra se rischi quella che hai. Una dura lezione per chi la perde e per chi assiste.

Giallo canarino

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4° parte

Il Rientro

Sbaaammmm

mi sveglio di soprassalto e sono seduta sul letto…il cuore a mille…

Il solito sbatacchiare della porta dell’ascensore.

Sarà così fino al prossimo guasto serio, sarà da sopportare. Guardo l’ora sul cellulare: sono le due.

Intanto i rumori continuano, e dato che l’effetto della sorpresa avuta tre giorni fa nell’appartamento di fronte non è svanito, ho un po’ di paura. Mi alzo e vado scalza a guardare dallo spioncino: è lei, Lisa, è tornata. Epperò, menomale!

Io taccio e tacerò, non andrò a trovarla. Se le interessa verrà lei a prendere la sua posta. Se verrà mi spiegherà, mi racconterà…Intanto mi aspetto di sentire le urla e le corse quando aprirà il frigo. Oramai l’adrenalina in circolo nel sangue mi impedirà di riprendere sonno.

Torno a letto lo stesso, leggo il libro Antartide di Tito Barbini, Il tono calmo e riflessivo della narrazione mi calma. Ma non riprendo sonno. Comunque dall’appartamento non viene alcun rumore. Forse non ha aperto il frigo, forse è stravolta e non si rende conto del caos e del cattivo odore. Forse…Pace, sono affari suoi, vorrei starne fuori.

All’alba mi alzo : le striature rosse del sole che sorge inondano il cielo del mattino. Porto fuori il cane che accetta riluttante di fare il primo giro con l’aria frizzante. Scelgo il percorso lungo, attraverso corti condominiali, giardini semi privati, parchi con i giochi dei bimbi. Camminando i pensieri si sciolgono e scorrono più chiari. Mi sento più tranquilla, Lisa è viva. Questo mi rallegra. Lisa non ha urlato, non ha dato in escandescenze. Vedrò e sentirò in giornata.

Niente, la mattinata scorre tranquilla e stranamente silenziosa. Lei esce un paio di volte per portare la nettezza. Soltanto verso sera sento bussare alla porta di ingresso. Lei non suona mai. Lei bussa. Apro. Vedo Lisa, è abbronzata, è bella, ma tesa. Non sorride. Mi guarda dritta con gli occhi preoccupati.

-Ciao! Mi fai entrare?-

-Certo, accomodati dove vuoi.-

Siede in poltrona. Io siedo nella poltrona di fronte. In mezzo a noi il tavolino con la sua posta in evidenza.

-Non hai del vino? Magari bianco, frizzante e fresco…-

-Sì, certo !-

Mi alzo e vado a recuperare due calici e la bottiglia di vino dal frigo.

Lo apro di fronte a lei e lo verso nei calici. Non mi sento accogliente, sono rigida e severa. Anche lei è seria.

-Lucia che c’è? E’ successo qualcosa? Ne parliamo?-

-Volentieri-. Ho la voce roca. -Mi dici tu qualcosa? Sei andata via e non ti sei mai fatta sentire.- Mi sento iperprotettiva senza averne diritto

-Cosa vuoi sapere Lucia…-

-Lisa, vorrei sapere tutto…Ero preoccupata, e sono entrata in casa tua, c’era un caos indescrivibile…non è da te. Ero preoccupata.-

Insisto… ho un nodo alla gola, mi salgono le lacrime agli occhi e non parlo più. Di fronte alla sua calma mi sento una cretina.

Lei abbozza un sorriso.

-Per il calendario sono una persona adulta, ma dentro di me non ho smesso di essere una ragazzina e molti mi dicono che mi comporto come tale. Mi guardo allo specchio e non comprendo la presenza di questi capelli grigi, e francamente non desidero diventare adulta saggia e ingessata in uno schema sociale… Però mi accadono cose che mi costringono a crescere.. e qualcosa cambia dentro, un po’ della spensieratezza se ne va e subentra la consapevolezza…-

Così Lisa inizia il suo racconto, mi dice della vincita straordinaria, del denaro incassato trasferito, del suo pseudonimo Virna Lisi. Mi racconta di Marco, che lei voleva farsi una vacanza, ma non da sola. Purtroppo si è fidata della persona sbagliata e stava per perdere parecchio. Mi racconta come ha bloccato carte e conto e cellulare dall’Internet point dell’hotel.. la vicenda è come l’ho descritta qualche pagina addietro.

Mi chiede della posta, apre la busta che contiene la carta di credito di Virna lisi. Per fortuna quando è arrivata, lei era via e io ho ritirato la posta per tempo e l ho tenuta in casa mia. La nuova carta di credito, l’accesso alla possibilità di una vita diversa.

Nessun accenno al tizio in frigo.

Io non reggo e le racconto di essere entrata da lei, e di aver aperto il frigo e di aver visto quel tipo…morto…chi è? Come è capitato? Lisa ride di gusto, finalmente la sua risata piena di vita…

-Vieni di là, vieni con me, prendi le chiavi di casa e vieni.-

Entro in casa sua, Tutto è in ordine e pulito anche se il tanfo di lezzo non è del tutto sfumato.

-Ti ricordi il tipo che lavorava nel cinema, che faceva la comparsa? Ecco lui mi ha fatto un regalo prima di evaporare come tutti.-

Mi porta in camera ed apre l’armadio, tira fuori un sacco di stoffa, piuttosto grande, lo apre e mi dice sorridendo di non aver paura. Tira fuori una mano, il braccio e la testa… quegli occhi sbiaditi che mi hanno terrorizzato ora sono lì e li trovo veramente ridicoli… é un bambolotto di caucciù a forma di uomo adulto. Un fantoccio utilizzato per fare da controfigura in casi estremi, feriti morti e altro nella finzione del film.

Lisa mi spiega che la diverte moltissimo utilizzarlo per spaventare o dissuadere gli intrusi, gli indesiderati. Lo lascia in poltrona o alla finestra se vuole lasciarla aperta. E stavolta lo ha messo nel frigo, dove ha fatto la sua egregia figura e pure il suo dovere di spaventare chi di dovere.

-Santo cielo, Lisa! Mi ha fatto prendere un infarto ! Per fortuna che ho deciso di non chiamare la polizia!Un bambolotto!_

-Cara Lucia, prima di te ha spaventato dei ladri, va bene così!-

L’atmosfera fra noi è leggera, ci siamo portate dietro calici e vino, ci accomodiamo nel suo soggiorno. In cucina mi sento ancora un po’ a disagio.

-Cosa farai per la truffa subita con Marco? Denunci?-

-No, nessuna denuncia- è seria- dovrei andare in questura a raccontare i fatti miei, del mio denaro all’estero, come ho conosciuto quel meschino e nemmeno ho la certezza che amici suoi sian venuti in casa mia.- Non credo nella giustizia. Se non sei qualcuno la tua denuncia giace in fondo ad un cassetto e intanto ho raccontato di me e della mia vita privata a qualcuno…-

– Lisa .. sono della polizia… affidabili…!-

– Sono poliziotti, Lucia! Sono persone che fanno un lavoro pesante e molto mal pagato. Se hanno l’occasione sono pure corrotti… quindi ti dicevo, che, se il poliziotto lavora e indaga, se va avanti la cosa e beccano Marco lui sa dove abito, chi sono e cosa faccio, i suoi amici sono venuti a visitare casa mia e devo giustificare la presenza del bambolotto in frigo… – No! E’ andata. Senza danno materiale per me. Che lui o loro si fottano e che rosichino. Tra le varie cose, so che lui è sposato. Inoltre ho provato il riconoscimento facciale tramite google immagine, pare che Marco non sia il suo nome. Ha più identità, e lavora nella sanità. Lo posso ricattare a vita. Ma non lo farò, se mi lascia in pace.

Ho un nuovo numero di telefono. Ho i soldi, ho un lavoro e voglio un nuovo appartamento. Dopo questa sventola basta con gli appuntamenti online.

Devo fare degli accertamenti sanitari qualche analisi, perché non sono in forma, e non so se è lo stress o un virus. Poi cerco casa e mi trasferisco.-

-Ho capito…!

Ci siamo salutate abbracciandoci e ridendo.

Ma ora devo smettere di scrivere, perché sento che lei si è svegliata e affanna, mi chiama devo correre…

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