Carmenta: differenze tra le versioni

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[[File:Carmenta BnF Français 599 fol. 22v.jpg|thumb|Carmenta in un codice del ''[[De mulieribus claris]]'' di [[Giovanni Boccaccio]]]]
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Protetrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici, è lei stessa madre di [[Evandro (mitologia)|Evandro]].
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La dea possedeva il dono della profezia e veniva chiamata anche al plurale: ''Carmentes [[antevorta]] et [[postvorta]]'' ("che conosce il passato e che conosce l'avvenire"), aspetti della stessa dea che in seguito diverranno due figure distinte.
Era rappresentata con una corona di fave ai capelli e con un'arpa a simboleggiare le sua capacità profetiche.


Era venerata anche come l’inventrice dell'[[alfabeto latino]]. Il suo [[tempio]], in cui era proibito indossare abiti ed oggetti di pelle, era sito vicino alla [[Porta Carmentalis]], presso il [[Campidoglio]] .
Era venerata anche come l'inventrice dell'[[alfabeto latino]], cosa confermata persino da Isidoro di Siviglia. Il suo [[tempio]] a [[Roma]], in cui era proibito indossare abiti ed oggetti di pelle, era sito vicino alla [[Porta Carmentalis]], presso il [[Campidoglio]].<ref>Lo storico greco [[Dionigi di Alicarnasso|Dionigi]] (60 a.C. - 7 a.C.) scrive di aver visto tale altare. Dionigi di Alicarnasso, ''Antichità romane'', I 32.3.</ref>


Iconograficamente veniva rappresentata con una corona di [[Vicia faba|fave]] ai capelli e con un'arpa a simboleggiare le sue capacità profetiche, con le quali prediceva il destino del neonato.
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Al culto di Carmenta era preposto il [[flamine carmentale]] ed in suo onore, l'11 gennaio, si festeggiavano i ''Carmentalia''. A questi, successivamente, si aggiunse il 15 gennaio come secondo giorno di festa voluto dalle [[matrona (antica Roma)|matrone romane]] per onorare la dea che le aveva favorite nella loro battaglia contro il Senato che aveva proibito loro l'uso delle carrozze. Per non essere costrette a casa o ad estenuanti camminate, le donne si coalizzarono negando ai propri mariti il piacere dei sensi finché le agitazioni e le proteste costrinsero il Senato a tornare sulle sue decisioni.
La dea possedeva il dono della profezia e veniva chiamata anche al plurale '''Carmente''': ''Carmentes [[antevorta]] et [[postvorta]]'' ("che conosce il passato e che conosce l'avvenire"), aspetti della stessa dea che in seguito diverranno due figure distinte.


== Note ==
{{Mitologia romana}}
<references/>


== Voci correlate ==
[[Categoria:Divinità romane]]
* [[Flamine carmentale]]


== Altri progetti ==
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* {{Collegamenti esterni}}
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[[pl:Carmenta]]
{{Religione romana}}
[[ru:Кармента]]
{{De mulieribus claris}}
{{Portale|mitologia}}

[[Categoria:Divinità romane]]
[[Categoria:Personaggi del De mulieribus claris]]

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Carmenta in un codice del De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio

Nella religione romana Carmenta (lat. Carmentis) o Nicostrata,[1] è una delle dee Camene ed è compresa nel gruppo dei Di indigetes.

Protettrice della gravidanza e della nascita e patrona delle levatrici, è lei stessa madre di Evandro che ebbe da Mercurio.[2]

La dea possedeva il dono della profezia e veniva chiamata anche al plurale: Carmentes antevorta et postvorta ("che conosce il passato e che conosce l'avvenire"), aspetti della stessa dea che in seguito diverranno due figure distinte.

Era venerata anche come l'inventrice dell'alfabeto latino, cosa confermata persino da Isidoro di Siviglia. Il suo tempio a Roma, in cui era proibito indossare abiti ed oggetti di pelle, era sito vicino alla Porta Carmentalis, presso il Campidoglio.[3]

Iconograficamente veniva rappresentata con una corona di fave ai capelli e con un'arpa a simboleggiare le sue capacità profetiche, con le quali prediceva il destino del neonato.

Al culto di Carmenta era preposto il flamine carmentale ed in suo onore, l'11 gennaio, si festeggiavano i Carmentalia. A questi, successivamente, si aggiunse il 15 gennaio come secondo giorno di festa voluto dalle matrone romane per onorare la dea che le aveva favorite nella loro battaglia contro il Senato che aveva proibito loro l'uso delle carrozze. Per non essere costrette a casa o ad estenuanti camminate, le donne si coalizzarono negando ai propri mariti il piacere dei sensi finché le agitazioni e le proteste costrinsero il Senato a tornare sulle sue decisioni.

  1. ^ Strabone, Geografia, V, 3,3.
  2. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I 31.1.
  3. ^ Lo storico greco Dionigi (60 a.C. - 7 a.C.) scrive di aver visto tale altare. Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, I 32.3.

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