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Tanaquil

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Tanaquil, dipinto di Domenico Beccafumi, (1519)

Tanaquil (o Tanaquilla[1], anche Gaia Caecilia, Gaia Cyrilla, Caia Caecilia o Caia Cyrilla; fl. VI-VII secolo a.C.) è stata la moglie di Lucumone, che poi cambiò nome in Lucius Tarquinius Priscus, meglio noto come Tarquinio Prisco, quinto re di Roma che governò tra 616 a.C. e 579 a.C.[2].

Incisione di Guillaume Rouille (1518?-1589)

Etrusca di nobile discendenza, fu una delle donne più influenti nella storia politica romana.

Tanaquil incoraggiò il marito Lucumone a lasciare la loro città, Tarquinia, per emigrare a Roma, vista l'ostilità di cui era fatto oggetto Lucumone in patria.

Fu sempre Tanaquil, profonda conoscitrice delle cose religiose, ad interpretare l'evento di cui fu protagonista Lucio Tarquinio al loro arrivo a Roma (un'aquila prima rubò il berretto al marito poi tornò indietro e lo lasciò sulla sua testa) come segno del favore degli dei verso il marito.[3]

Ancora lei aiutò il marito a inserirsi nella vita sociale e politica di Roma fino alla sua elezione a re. Dopo l’uccisione di Tarquinio Prisco da due sicari prezzolati dei figli di Anco Marzio,[4] Tanaquil, nascondendo l’uccisione del marito al popolo romano, annunciò ad arte che «lui era sopravvissuto all'attentato e che aveva designato come suo successore temporale Servio Tullio[2] Quando infatti suo marito era morto ed il popolo romano non ancora se n’era reso conto, Servio rinforzò il suo potere reale,[5] e le promise che avrebbe dato il regno al suo figlio quando questi avesse raggiunto la maggiore età, ma non lo fece.

Riferimenti nella cultura

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Tanaquil non ha goduto di alcuna fortuna letteraria, se si esclude La Saga di Tanaquilla di Johann Jakob Bachofen e De mulieribus claris di Giovanni Boccaccio, prima raccolta di biografie di personaggi unicamente femminili, 106 in totale, tra i quali vi è anche lei.

  1. ^ Tanaquilla, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ a b Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I, 6.1.
  3. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I.34.
  4. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I.40.
  5. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I.41.

Voci correlate

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