RACCONTI DA RIDERE – Un’antologia curata da Marco Rossari (molto bravo, acuto, appassionato, simpatico e coinvolgente nelle parti introduttive, questo gli va riconosciuto, e forse un po’ meno bravo nella scelta di alcuni brani).
Voto medio ai racconti: 7.07
Nel complesso è una compilation gustosa e intrigante, ben bilanciata, anche se si apre un po’ autolesionisticamente con una serie di racconti antiquati, stantii, raffinatini e puerili (io sarò un rozzo lettore e un ancor più rozzo scrittore, ma l’unica possibilità che gente come P.G. Wodehouse ha di farmi ridere con robette come questa “lotteria dei grassoni” è inviare un fantasma a farmi il solletico in zona ombelicale…)
Ma forse il primo ingenuo difetto del libro sta proprio nel titolo: ricorda un po’ quelle persone goffe e sgraziate che, non contente di non saper raccontare aneddoti o barzellette, pensano bene di preannunciarne l’arrivo con la raggelante frase: “Adesso vi faccio ridere”. Dopodiché non riderà nessuno, mai.
Qui però, anche se non sempre e non tantissimo, si ride.
A costo di passare per un maestrino che si diverte a dare i voti, credo che il modo più utile e onesto di valutare questa raccolta sia di fornire per ogni autore, e relativo racconto, una scheda più concisa possibile, accompagnata da una valutazione da 1 a 10 (da cui la media segnalata poco sopra).
Avvertenza. Onde evitare lunghe ripetizioni, ho deciso di battezzare in modo del tutto arbitrario come “Difetto 14” una magagna ricorrente: per “Difetto 14” intendo tutti quei casi in cui un racconto parte con uno spunto davvero originale, quasi geniale, ma poi si arena in uno sviluppo prevedibile, pedissequo, scontato, come un’equazione matematica, finendo col tradire le promesse e col diventare mortalmente tedioso, e allora, per quanto breve possa essere, tu che lo leggi non vedi l’ora che… finisca!
P.G. Wodehouse 5
Umorismo datato, scialbotto, quasi infantile (quand’ero piccolo mio padre lo chiamava “spirito di patata”, o anche “spirito di Topolino”), vetero-anglosassone nella sua accezione peggiore. Proporlo in apertura è una scelta che rasenta l’autogol. (Stavo per non dirlo per non infierire troppo, ma… “Difetto 14” in tutto il suo malefico splendore).
Achille Campanile 6-
Spunto originale e carino, ma il risultato è un raccontino insipido e superfluo.
Dorothy Parker 4½
Una robina insulsetta, banale, insignificante, con l’aggravante di una prolissa malagrazia (nel breve, il che è incredibile) che risulta irritante, soporifera e fuori luogo. Nella prima parte si dilunga a descrivere un tizio famoso per far ridere con le sue battute, riuscendo nella monumentale impresa di non far neppure sorridacchiare stancamente, ma neanche mezza volta. Mah.
Alan Bennett 9
Finalmente una perla di comicità intelligente, piena di ritmo, di brio, di piccole sorprese e momenti spassosi. Grande Alan!
James Thurber 7+
Non un capolavoro ma divertente assai, col guizzo di genio della disputa coniugale su Greta Garbo e… Paperino.
Stefano Benni 7½
Qui forse non nel suo stato di grazia, ma fra gli italiani proposti è di gran lunga il migliore (non che ci volesse molto, visto che mancano all’appello Flaiano, Rodari, Bergonzoni, Pezzoli… Ma persino fra gli stranieri ci si è dimenticati di qualcuno molto bravo – Auslander, tanto per dirne uno. Un grande merito a Marco Rossari va però riconosciuto: si è comunque concentrato – piacciano o non piacciano – su scrittori veri, lasciando fuori il guittume televisivo e altri usurpatorelli assortiti, e di questi tempi non è cosa da poco).
Irvine Welsh 6
Forse il più lampante esempio di “Difetto 14”: l’autore ci stende con la trovata geniale delle ragazze famosissime (cantanti e attrici) che fanno impossibili sogni a occhi aperti leggendo le gesta gossippare di hooligans del calcio e altri oscuri energumeni, dopodiché ci annoia a morte sviluppando il temino nel modo più scontato e ripetitivo possibile.
Tiziano Scarpa 6+
Un pezzo un po’ pretenzioso, che vuol sembrare chissà che, ed è invece insignificante e moscio, non dice nulla, non propone nulla, al di fuori di qualche sprazzo di buon esibizionismo descrittivo (perché l’autore sa scrivere, eccome!). Soprattutto non diverte neanche un po’. Perché inserirlo in un libro intitolato “Racconti da ridere”?
Nora Ephron 6-
Raccontino arguto e autoironico, ma fondamentalmente insulso e spaccamaroni. Pare tratto da uno di quei rotocalchi femminili che circolano dalle parrucchiere e nelle sale d’attesa dei dentisti, e forse è davvero così.
David Sedaris 7-
Ingegnoso brano al vetriolo, ma non esente dal “Difetto 14”: la caduta dei protagonisti in un precipizio di demenzialità segue inesorabili cadenze matematiche, e più vuol sorprendere o scioccare meno ci riesce. (Ad ogni modo, ecco un autore che mi era del tutto sconosciuto e che ha stimolato la mia curiosità, e per un’antologia questo è sempre un grande merito, se non il merito principale).
Martin Amis 8½
Un geniale spunto (inversione di ruoli, notorietà e fortune fra poeti e sceneggiatori di cinema, coi primi a far milioni d’incasso con singole poesie e i secondi, disperati e frustrati, a nuotare nei bassi fondali della cultura alternativa…) che era a forte, fortissimo rischio di “Difetto 14”: e invece l’autore, essendo uno dei più grandi scrittori di sempre, riesce a tenersene alla larga con brillante spavalderia.
Charles Bukowski 9
Semplicemente meraviglioso (e la cosa non mi stupisce) il racconto dello zio Buk. Ma bisognava dare una rispolverata alla pessima traduzione, con quel verbo “badare” assurdamente usato (più volte) al posto di “continuare” che mi aveva indispettito già la prima volta che lo lessi…
Umberto Eco 7+
Più che geniale l’idea di ribaltare “Lolita”, col protagonista che diventa gerontofilo. Peccato non si sia fermato all’incipit o poco oltre, perché poi fa morire di noia sprofondando di brutto nel “Difetto 14”, con l’aggravante di un registro eruditoide e pedante che non ha assolutamente nulla a che vedere con quello del capolavoro di Nabokov. La parodia della perfezione dev’essere perfetta, altrimenti zoppica e fa addormentare.
Margaret Atwood 7-
Satira del politically correct, intelligente, pungente (e meritoria!) ma piuttosto ovvia e scontata, come te la potresti aspettare dalla penna di una brava quindicenne.
Mark Twain 8-
Gustosissima parodia dell’Antico Testamento, che ha forse il torto di osare poco per paura di incorrere nella blasfemia (ma vista l’epoca in cui scriveva lo possiamo perdonare). Comunque tanta roba.
Michele Mari 6½
Abbiamo qui il raccontino saporito (ma un po’ déjà vu) di un ragazzino che vuol vedere per la prima volta una figa, e si riduce ad approfittarsi della scema del villaggio. Carino ma nulla più, e forse penalizzato dalla scelta di un linguaggio fin troppo forbito, professorale (l’ho sempre considerato un handicap di questo bravo autore), che dovrebbe far ridere per contrasto ma ci riesce solo fino a un certo punto. Molto bello e tenero il finale, ma siamo sempre lì: se mi intitoli l’antologia “Racconti da ridere”…
Slawomir Mrozek 5-
Questa storiella potrebbe essere usata come dimostrazione (in negativo) di come anche il nonsense abbia bisogno di un minimo di senso. Se mi scrivi la storia di un conte che per eccitarsi e trombare ha bisogno (in contemporanea) di una truppa di fanteria che gli marci sotto le finestre, di violinisti che gli suonino dal vivo in camera, di un orso non addomesticato e incazzato messo sopra una roccia artificiale, e poi mi fornisci pure le spiegazioncine di psicologia dell’età evolutiva che stanno dietro a tutto questo, non solo non mi diverto io a leggere, ma mi viene da chiedermi come diavolo abbia fatto a divertirti tu mentre scrivevi.
Anton Cechov 7½
Che dire: forse anche qui quel poco di comicità si nasconde nella tragica stupidità del protagonista, e nella perfidia del finale (che sarebbe una folgorante sorpresa, se non fosse, mi permetto di dirlo, per l’imperdonabile errore del titolo che l’anticipa!), e forse anche qui abbiamo un testo sabotato da traduzione in italiano vetusto (i participi passati accordati al femminile, la parola “sollecitatori”, e quell’inguardabile “in istrada”) eppure la grandezza del Maestro rifulge a ogni riga, e a dargli un voto più basso mi sarei sentito un bestemmiatore, o uno sciocco.
Nikolaj Gogol’ 7½
Un racconto (“Il naso”) famosissimo e magistrale, ma non esattamente scompiscioso, se non in un paio di momenti felici. E decisamente troppo lungo rispetto agli altri della raccolta. (Lo so, sono uno spaccaballe, ma non mi sembra una controindicazione dappoco: proprio perché si tratta di un classico conosciutissimo, lo si poteva rimpiazzare con due o tre racconti più agili e freschi, e un po’ più divertenti). Per traduzione e voto, vale quanto detto a proposito di Cechov. (Ora che ci penso, anche quello di Martin Amis era quasi della stessa lunghezza, solo che in quel caso, chissà perché, non me n’ero reso conto…)
Jorn Riel 8-
Be’, questo Riel non mi ha esattamente conquistato ma mi ha incuriosito, perché il suo racconto, pur non straordinario, è decisamente stravagante, piacevole e ricco di significati.
Interessante anche come persona, per le sue particolarissime scelte professionali e di vita.
Interessante anche come persona, per le sue particolarissime scelte professionali e di vita.
Joe R. Lansdale 8
Un pezzo brevissimo che risulta originale, travolgente, intelligente, brillante, carino. Lansdale, che a volte ho adorato e quasi idolatrato (“La sottile linea scura”, per dire un titolo meraviglioso) e altre volte detestato per le sue cadute nella più puerile e goffa insulsaggine, quasi che a scrivere fosse un altro, una controfigura (“La foresta”, per dirne uno che fa cagare) qui conferma di essere, in generale, un Grande.
Donald Barthelme 10
Oh, finalmente! È di perle simili che un’antologia di racconti umoristici dovrebbe essere farcita! Ma la genialità pura è dono di pochi, e davanti a questo puro genio m’inginocchio. Se non avete letto i suoi libri, fatelo!!
(Potete cominciare, senza indugio, con "Ritorna, dottor Caligari".)
(Potete cominciare, senza indugio, con "Ritorna, dottor Caligari".)
Heinrich Böll 8-
Insomma, finale decisamente in crescendo. Bravo anche Böll. E bravo Rossari.