Amore e amicizia, un racconto di Jane Austen

Ogni tanto è bene approfondire vita e opere di un autore o di un’autrice poiché, a costo di sembrare banali, è sempre importante conoscere il contesto storico in cui sono cresciuti, la letteratura in voga a quel tempo,  gli scrittori loro contemporanei, e magari affiancare a tutto ciò la lettura di qualche loro opera minore. Che poi, le opere minori non sono sempre tali perché meno riuscite, spesso sono solo quelle meno conosciute! Questo approccio ci mette al riparo dai giudizi frettolosi, dal consumismo letterario, e soprattutto ci evita di cadere in una trappola piuttosto diffusa anche tra i cosiddetti Grandi Lettori contemporanei: quella di filtrare gli eventi del passato con gli occhi del presente, per poi costruirci intorno dei giudizi pre-confezionati, suscitati dalle emozioni provate sul momento, o peggio ancora dal sentito dire, replicando talvolta pareri superficiali su quello che abbiamo appena vissuto – o letto – per poi etichettarlo come ‘noioso’ quando non ‘roba da femminucce’.

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Le opere minori talvolta contengono tracce dei personaggi e dei romanzi che poi hanno reso celebri questi autori, talaltra sono preludi di trame sviluppate in una fase successiva – e non potrebbe essere diversamente se, come sostiene qualcuno, ogni autore non fa altro che scrivere lo stesso unico grande  libro per tutta la vita.

Jane Austen (1775-1817), ad esempio, è nota soprattutto per i suoi romanzi, ma ha scritto anche molti racconti e un’infinità di lettere; uno dei tanti è proprio Amore e amicizia 1, un’opera decisamente minore, uno dei suoi Juvenilia, ovvero, frammenti di storie, romanzi brevi, brani teatrali, scritti tra i dodici e i diciotto anni, testi che, secondo G. K. Chesterton 2, anticipano tutti i suoi lavori successivi, precorrendo il lato satirico e l’ironia che contraddistinguono il suo stile e mostrando l’acuto spirito di osservazione di cui era dotata. La Austen, infatti, non è mai stata interessata alla forma quanto allo spirito, alla vivacità veicolata da una storia, giacché questi brevi testi li scriveva per intrattenere amici e parenti, non perché aspirasse a diventare famosa, benché fosse piuttosto consapevole del proprio talento, ma altrettanto refrattaria a essere al centro dell’attenzione. Alla fine del Settecento, per le famiglie della county gentry inglese, ovvero della piccola nobiltà di campagna, organizzare serate davanti al caminetto o nel salotto buono di casa, per leggere ad alta voce una storia o improvvisare una rappresentazione teatrale amatoriale, era un normale passatempo; l’era vittoriana era ancora molto lontana.

Ma cos’ha di speciale questo particolare racconto? È semplicemente uno spasso, una parodia del culto della sensibilità, di quel romanticismo svenevole da ‘bacio perugina’, di quella sensibilità ritenuta una prerogativa del gentil sesso, troppo debole e incapace di affrontare qualunque verità, dunque da mettere al riparo dalla cruda realtà e lontano da aspirazioni diverse da un buon matrimonio, sinonimo di sicurezza, ricchezza, figli, rispetto, timore di Dio; creature quasi prive di volontà propria e bisognose solo di  protezione altrui. Quella ‘sensibilità’ aveva contaminato abbondantemente la letteratura di quel tempo e, verso la fine del XVIII, aveva stancato tutti, come racconta Lucy Worsley 3 accennando alla presunta protesta (apparsa nel 1799 in una rivista satirica) di una madre la cui figlia non faceva che leggere romanzi dalla mattina alla sera: ‘Una settimana li legge in quest’ordine: Sensibilità eccessiva, Delicatezza raffinata, Amore disinteressato, Bellezza sentimentale… La successiva leggerà Misteri raccapriccianti, Caverne infestate dagli spiriti, Torri oscure, Incantesimi malefici e altri innumerevoli titoli, e le eroine di questi libri non valgono nulla.”

È di questa impressionabilità e suggestione incontrollate che la Austen si prende gioco in Amore e amicizia, dove si avvertono giocosità e divertimento nel ridicolizzare le  protagoniste della storia, visto che le povere creature non fanno altro che svenire a ogni piè sospinto, pur di sfuggire alle proprie sventure! Eccone qualche esempio:

Non avevo mai visto una scena tanto affettuosa come l’incontro di Edward e Augusto. «La mia vita! La mia anima!» esclamò il primo «Mio caro angelo! » rispose il secondo. Fu troppo toccante per la sensibilità mia e di Sofia – svenimmo prima l’una e poi l’altra sul divano.

e  ancora

La prima cosa che vedemmo furono due gentiluomini agghindati alquanto elegantemente, che ruzzolavano nel proprio sangue – ci avvicinammo – erano Edward e Augusto. Sì cara Marianna, erano i nostri mariti. Sofia strillò e svenne. Io gridai e persi il controllo. Restammo entrambe prive di senso per qualche minuto, e appena riacquistammo conoscenza la perdemmo di nuovo. Per un’ora e un quarto andammo avanti in questa sfortunata situazione – Sofia che sveniva ogni momento e io che davo i numeri di continuo.

Eppure, quante volte abbiamo sentito definire la Austen come un’autrice di romanzi rosa? Che abbaglio! Era esattamente il contrario, tant’è che le eroine dei suoi romanzi successivi sono forti ancorché imperfette, capaci di esprimere i propri pensieri e di opporsi alle decisioni prese dalle loro famiglie senza essere interpellate in proposito, un’innovazione letteraria di non poco conto all’epoca. D’altronde, la Austen ha precorso i tempi se pensiamo a un altro grande della letteratura universale che a metà dell’800 creerà Madame Bovary, una giovane donna – nata dalla penna di Flaubert – intossicata al punto tale dalla letteratura da quattro soldi, da confondere la vita reale con la fantasia, decisa a  trasformare la propria in un romanzo d’appendice dal lieto fine, per poi invece concluderla nel modo più tragico possibile.

Per chiudere, ci affidiamo ancora alle parole della Worsley, che alle opere di Jane Austen ha dedicato un saggio molto interessante, pieno di informazioni utili per comprendere a chi e a quali episodi della sua vita si è ispirata per costruire e caratterizzare gran parte dei suoi personaggi: “Solo con Jane Austen le donne cominciarono a provare il desiderio – il bisogno – di trovare Mr Darcy (n.d.r. protagonista di Orgoglio e Pregiudizio). Solo con Jane Austen i pensieri e i sentimenti femminili presero vita in modo elegante, autentico e irripetibile. Solo con Jane Austen le donne cominciarono a vivere come vivono ancora oggi.”4

  1. edito da La Vita Felice con testo inglese a fronte.
  2. nella presentazione del racconto
  3. p. 134, A casa di Jane Austen, ed. Beat
  4. ibidem, p. 406
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