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Saljut 1

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Saljut 1

Rappresentazione della Saljut 1 su un francobollo sovietico del 1972.
Emblema della stazione
Statistiche
NSSDC ID1971-032A
Equipaggio3
Lancio19 aprile, 1971

01:40:00 UTC

Rientro11 ottobre, 1971
Perigeo200 km
Apogeo222 km
Periodo orbitale88.5
Inclinazione51.6°
Rivoluzioni2 929
Distanza percorsa118.602.524
Massa18.425
Volume abitabile99 m3
Configurazione
Configurazione della Saljut 1 con una Sojuz agganciata

La Saljut 1 (in russo Салют-1?) fu la prima stazione spaziale in assoluto lanciata dall'Unione Sovietica in orbita terrestre bassa il 19 aprile 1971.[1][2][3] Faceva parte del programma Saljut.

Riassunto missione

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Lanciata dal Cosmodromo di Bajkonur su un razzo Proton K,[2][3] fu poi raggiunta il 23 aprile dello stesso anno dall'equipaggio della missione Sojuz 10 con l'intento di agganciarla.[1] La procedura comunque non riuscì perfettamente e, nonostante il rendezvous e l'aggancio, l'equipaggio non poté salire a bordo.[3]

Fu nuovamente raggiunta il 7 giugno da parte della Sojuz 11 e questa volta l'equipaggio poté entrarvi per rimanervi 23 giorni.[3] Sfortunatamente, durante lo sgancio tra la stazione e la Sojuz, quest'ultima riportò dei danni ad una valvola che comportò la fuoriuscita dell'aria presente all'interno della navetta, causando la morte dell'intero equipaggio.[2][3]

La Saljut 1 non fu più visitata da nessun equipaggio e rimase in orbita fino a che fece il suo rientro distruttivo in atmosfera, avvenuto l'11 ottobre 1971.[2][3]

La stazione era lunga 20 metri e con un diametro massimo di 4 metri. Lo spazio interno era di 99 m3. Presentava tre compartimenti pressurizzati, due dei quali abitabili dall'equipaggio.

Compartimento di trasferimento

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Il primo compartimento era deputato all'aggancio con la navetta Sojuz. Il portellone di aggancio aveva un diametro compreso tra i 2 e i 3 metri.

Compartimento principale

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Il secondo compartimento, quello principale, aveva un diametro di 4 metri. Le riprese televisive mostravano lo spazio per 8 grandi sedie, (sette per l'utilizzo di console e strumentazioni) diversi pannelli di controllo e circa 20 oblò (alcuni ostruiti dalle strumentazioni).

Compartimento ausiliario

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Il terzo compartimento pressurizzato conteneva l'equipaggiamento per il controllo e le comunicazioni, il sistema di alimentazione, il sistema di supporto vitale e gli equipaggiamenti ausiliari.

Nell'ultimo compartimento, non pressurizzato, vi era il motore e le sue strumentazioni.

Salyut possedeva delle batterie chimiche, una riserva di ossigeno e acqua e sistemi di rigenerazione. Inoltre vi erano presenti due pannelli fotovoltaici per la produzione di energia solare e dei radiatori per la regolazione della temperatura

Osservatorio Orion 1

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Sulla Saljut 1 era presente un telescopio, chiamato Orion 1, che fu utilizzato dal cosmonauta Viktor Ivanovič Pacaev. Fu la prima volta che si utilizzò un telescopio per osservazioni astronomiche direttamente in orbita.[4]

Dopo aver completato le manovre di rendezvous, Sojuz 10 si agganciò alla Saljut il 23 aprile, rimanendovi attraccata per oltre 5 ore ma non riuscendo a trasferirvi l'equipaggio.

Missione Equipaggio Data di lancio Volo di andata Data di rientro Volo di rientro Durata Note
Sojuz 10 Vladimir Šatalov, Aleksej Eliseev e Nikolaj Rukavišnikov 23 aprile, 1971 Sojuz 10 25 aprile, 1971 Sojuz 10 0 L'equipaggio non riuscì ad entrare nella stazione

Questa volta l'aggancio riuscì e l'equipaggio poté abitare la stazione per 23 giorni. Purtroppo uno scorretto sgancio comportò la morte dei cosmonauti durante il rientro.

Missione Equipaggio Data di lancio Volo di andata Data di rientro Volo di ritorno Durata Note
Sojuz 11 Georgij Dobrovol'skij, Viktor Pacaev e Vladislav Nikolaevič Volkov 6 giugno, 1971 04:55:09 UTC Sojuz 11 29 giugno, 1971 23:16:52 UTC Sojuz 11 23.77 Equipaggio deceduto durante il rientro

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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  • (EN) Salyut 1, su NSSDC Master Catalog, NASA (archiviato dall'url originale il 26 novembre 2006).
  • (EN) Salyut 1, su Zarya (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2010).
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