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Periodo Kamakura

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Mōko Shūrai Ekotoba (1275-1293)
Samurai giapponesi su navi mongole

Il periodo Kamakura (鎌倉時代?, Kamakura-jidai, 1185-1333) è un periodo della storia del Giappone segnato dal governo dello shogunato Kamakura (鎌倉幕府?, Kamakura bakufu), stabilito nel 1192 dallo shōgun Minamoto no Yoritomo (源 頼朝?) proveniente da Kamakura, e dal trasferimento della capitale da Heian, che comunque conservò il primato culturale e artistico, a Kamakura, che divenne il centro politico.[1]

Da allora il titolo di shogun divenne ereditario e il Giappone incominciò a essere governato da una oligarchia militare (bakufu): con lo shogunato, le élite e la popolazione si divisero in caste, pertanto si creò un'organizzazione sociale per certi versi simile ai sistemi feudali occidentali controllata dai samurai, dai gokenin, basata sulla concessione di terre ai militari e sul rapporto signore-vassallo. Quindi questo periodo fu favorevole ai samurai, alle caste militari, e si assistette allo sdoppiamento della gestione del potere, in mano agli emergenti militari ma ancora condizionato dagli imperiali. Nel 1274 e nel 1281 vi furono gli unici tentativi di invasione del Giappone dall'estero, ma le imponenti flotte nemiche (quarantamila uomini la prima volta e centocinquantamila la seconda) furono spazzate via da una tempesta che venne interpretata dai giapponesi come un kamikaze o "vento divino". Questa situazione di incertezza aiutò la nascita e la diffusione di nuove correnti religiose, come il Buddhismo Zen e il Sutra del Loto di Nichiren.[2] In questo periodo venne codificato il Bushidō ("via del guerriero"), incentrato sui valori di disciplina, obbedienza, lealtà e coraggio.

In questo periodo Marco Polo parla del Giappone chiamandolo Cipangu o Zipangu, secondo il racconto che gli è stato fatto in quanto non vi ha mai messo piede:

«Zipangu è una isola in levante, ch’è ne l’alto mare 1.500 miglia.
L’isola è molto grande. Le gente sono bianche, di bella maniera e elli. La gent’è idola, e no ricevono signoria da niuno se no da lor medesimi.
Qui si truova l’oro, però n’ànno assai; neuno uomo no vi va, però neuno mercatante non ne leva: però n’ànno cotanto. Lo palagio del signore de l’isola è molto grande, ed è coperto d’oro come si cuoprono di quae di piombo le chiese. E tutto lo spazzo de le camere è coperto d’oro grosso ben due dita, e tutte le finestre e mura e ogne cosa e anche le sale: no si potrebbe dire la sua valuta.
Egli ànno perle assai, e son rosse e tonde e grosse, e so’ piú care che le bianche. Ancora v’àe molte pietre preziose; no si potrebbe contare la ricchezza di questa isola.»

Statua del guardiano Nio al Tōdai-ji di Nara

Per quanto riguarda l'architettura il periodo Kamakura si caratterizzò per uno stile più semplice e meno elegante di quello Heian. In quegli anni si manifestò l'influenza della cultura cinese e del Buddhismo Zen nella realizzazione dei templi che seguirono lo stile cinese karayō e con minore diffusione lo stile indiano tenjikuyō, proveniente dalla Cina meridionale.[1] Nel periodo Kamakura, comunque, lo stile più diffuso fu l'antico stile giapponese wa-yō, che comprendeva ancora molti elementi dello stile Heian. Tra gli esempi più importanti si può citare il Kōfuku-ji di Nara.

Nel periodo Kamakura la scultura divenne florida perché numerose statue raffiguranti divinità buddhiste vennero ricostruite in uno stile e in uno spirito vigoroso e realistico. Il realismo che trionfò in questo periodo fu motivato dall'esigenza di diffondere il Buddhismo ai ceti popolari, dalle tendenze dei militari, dalla riscoperta dell'arte Nara e dall'influenza dell'arte cinese Song.[1] L'arte Nara fu riadattata e combinata armoniosamente con il realismo Kamakura da artisti importanti quali Kōkei. Gli esempi più emblematici risultarono la grandiosa statua in bronzo dell'Amitabha Buddha del Kōtoku-in di Kamakura realizzata nella metà del XIII secolo, e le sculture da ritratto dei santi buddhisti Asaṅga e Vasubandhu.

Pittura della Kishimojin (Dea del diavolo) del periodo Kamakura

Anche nella pittura fu il realismo a caratterizzare lo stile della scuola yamato-e, evidenziato dall'attenzione per le linee del disegno, per il colore, per la narrazione e per i particolari. Le opere acquisirono maggiore naturalezza e vitalità scenica come nel Manuale degli Inferni (Museo Nazionale di Tokyo) e nel Manuale degli Spettri Affamati (tempio Raigō). Anche la ritrattistica laica fu pervasa dal realismo e da una grande espressività, che condurrà alla nascita della pittura paesaggistica.[1]

Tra le arti minori si distinse la produzione di ceramica, che si ispirò al vasellame cinese chien (Song). Per gli oggetti in lacca si utilizzarono le tecniche makie e kamakura bori. Pregevole risultò la produzione di armi e di armature (in particolare le tecniche di forgiatura di spade raggiunsero la loro acme), invece non fu molto elaborata e molto elegante la produzione tessile.

Nel periodo Kamakura vi fu una notevole influenza della lingua cinese, una semplificazione grammaticale e un avvicinamento della lingua scritta a quella parlata, oltreché una grande diffusione del katakana. I generi letterari più importanti furono per la poesia il waka e il renga, mentre per la prosa il gunki monogatari e il setsuwa.[3] Tra le tematiche più diffuse si possono citare quelle sentimentali e quelle naturalistiche per la lirica, la realtà contemporanea nella prosa.

La fine del periodo Kamakura

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La fine dello shogunato Kamakura nel 1333 portò prima un breve ritorno al potere dell'imperatore Go-Daigo (後醍醐天皇?, Go-Daigo Tennō), e poi alla fondazione dello shogunato Ashikaga da parte di Ashikaga Takauji (足利 尊氏?), che diede inizio al periodo Muromachi.

  1. ^ a b c d Le Muse, vol. 6, Novara, De Agostini, 1965, p. 229.
  2. ^ Periodo Kamakura, in Dizionario di storia, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. URL consultato il 20 dicembre 2017.
  3. ^ I CONFLITTI CHE SEGNARONO LA FINE DEL PERIODO HEIAN (XII SECOLO) (PDF) [collegamento interrotto], su www00.unibg.it. URL consultato il 3 gennaio 2018.

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