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La notte (film 1961)

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La notte
Jeanne Moreau, Marcello Mastroianni e Monica Vitti in una scena del film
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1961
Durata122 min
Dati tecniciB/N
rapporto: 1,66:1 (cinema europei)

1,85:1 (cinema americani)

Generedrammatico, sentimentale
RegiaMichelangelo Antonioni
SoggettoMichelangelo Antonioni, Ennio Flaiano, Tonino Guerra
SceneggiaturaMichelangelo Antonioni, Ennio Flaiano, Tonino Guerra
ProduttoreEmanuele Cassuto
Distribuzione in italianoDino De Laurentiis Distribuzione
FotografiaGianni Di Venanzo
MontaggioEraldo Da Roma
MusicheGiorgio Gaslini
ScenografiaPiero Zuffi
TruccoFranco Freda, Mimì Chaperon
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

La notte è un film del 1961 diretto da Michelangelo Antonioni.

La pellicola ottenne l'Orso d'oro al Festival di Berlino, Nastro d'argento e David di Donatello per la regia del miglior film.

Capitolo centrale della cosiddetta "trilogia esistenziale" o "dell'incomunicabilità", segue L'avventura e precede L'eclisse. È stato considerato un film fortemente innovativo nei contenuti[1] e nel linguaggio filmico.[2] Di rilievo il cast tecnico-artistico fra cui gli sceneggiatori Ennio Flaiano e Tonino Guerra ed i principali interpreti Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau e Monica Vitti.

Marcello Mastroianni e Jeanne Moreau

La giornata di una coppia in crisi, dalla mattina all'alba del giorno dopo. Giovanni, scrittore di successo, e la moglie Lidia visitano in clinica Tommaso, un caro amico gravemente malato, quindi partecipano al ricevimento di presentazione del nuovo libro. Lidia, sconvolta, se ne va presto e vagabonda senza meta per la città, mentre il marito l'attende a casa.

Alla sera, per rompere la monotonia, si recano in un tabarin, dove assistono a uno spettacolo di danza, ma Lidia pare non sopportare l'uscita a due, perciò la coppia si sposta fuori città, accettando l'invito ad una festa nella grande villa dell'industriale Gherardini, che propone a Giovanni di assumerlo e di fargli scrivere un libro sulla sua impresa.

Giovanni è affascinato da Valentina, ventiduenne, che in mezzo ai festeggiamenti se ne sta in disparte a leggere e che scopre essere la figlia del padrone di casa. Lidia rimane chiusa nel suo disagio esistenziale dopo aver telefonato in clinica e aver scoperto che Tommaso era morto da pochi minuti, infastidita dalla vacuità dei comportamenti degli invitati. In seguito ad un temporale che interrompe il ricevimento, Lidia si ritrova a tu per tu con Valentina e le spiega di non provare alcuna gelosia, dato che considera il suo matrimonio finito da tempo. Alle due donne al termine della notte si unisce Giovanni, che insieme a Lidia lascia Valentina, visibilmente turbata, e si apre ad un confronto finalmente sincero nel parco della villa.

Lei, dopo aver confessato i suoi sentimenti ambivalenti per lui e Tommaso, gli legge una sua vecchia e struggente lettera che Giovanni non ricordava di aver scritto, ribadendo di non amarlo più; Giovanni invece ritrova la passione per lei proprio quando sembrava ormai sopita, abbracciandola e baciandola con un ritrovato e intenso trasporto.

Il film è ambientato a Milano. I titoli di testa presentano il grattacielo Pirelli, dall'alto ancora in fase di costruzione, e la Stazione Centrale di Milano sul lato di piazza IV Novembre. La coppia protagonista del film abita in via Giovanni Battista Pirelli in un palazzo quasi all'angolo con via Gustavo Fara; in una ripresa dal balcone si nota l'edificio al numero 24 di via G.B. Pirelli. Si notano via Copernico, via Respighi, via Melchiorre Gioia e Sesto San Giovanni nei pressi della società Breda. La coppia circola su una Alfa Romeo Giulietta T.i. del 1960.

Distribuzione

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La notte, che uscì nei cinema italiani nel 1961, fu classificato dalla Commissione per la Revisione cinematografica del Ministero per i beni e le attività culturali come vietato ai minori di sedici anni. La commissione inoltre impose i seguiti tagli: a) Parte della scena dell'ospedale dopo il bacio iniziale tra Giovanni (Marcello Mastroianni) e la ricoverata (Maria Pia Luzi); b) La parola "puttana" pronunciata da una delle signore che passeggiano nel parco; c) Parte della scena finale del film quando, durante l'abbraccio finale, Giovanni e Lidia si distendono sull'erba, con una ripresa successiva della scena con una panoramica dove la coppia si intravede sul fondo, lasciando poi spazio solo al paesaggio.[3]

Al debutto nelle sale vi furono celebri interventi provenienti dal mondo intellettuale, fra cui quello di Moravia, che elogiò l'originalità della narrazione,[4] e quello di Pasolini, il quale analizzò acutamente punti di contatto e differenze con il romanzo La noia dello stesso Moravia, pubblicato proprio in quei mesi.[5]

L'azione si svolge a Milano nei primi anni sessanta nel pieno fervore sociale del boom economico, durante l'arco di un pomeriggio ed una notte. “L'ambiente è quello dei "nouveaux riches", dove lavoro e cultura, snobismo e affettazione si mescolano, e dove l'autenticità viene a volte scolorita e mistificata dalle maschere degli atteggiamenti”.[6]

Come per le pellicole precedenti del regista ferrarese, La notte non incontrò i favori del pubblico, mentre ebbe immediatamente un notevole impatto sulla critica, conquistando grandi lodi e consacrando Antonioni quale maestro di un cinema moderno ed atipico,[7] destinato ad avere una significativa influenza su molte generazioni successive di cineasti (Malle, Godard, Wenders, Wong Kar-wai, Fatih Akın, Hou Hsiao-hsien, Kim Ki-duk) e movimenti (Nouvelle Vague).

L'opera, per alcuni straniante e di difficile fruizione, è stata saltuariamente giudicata cerebrale e datata, perché intimamente legata alla descrizione di un determinato periodo storico ed una classe sociale (i primi anni sessanta e la borghesia intellettuale).[8] La maggioranza degli studi critici, al contrario, evidenzia la pervicacia di Antonioni nel seguire un percorso artistico personale privo di compromessi verso l'industria dello spettacolo, documentando inoltre una realtà culturale allora molto in voga e scarsamente rappresentata al cinema, in un'epoca dominata da correnti neorealiste e commedie all'italiana.[9][10]

Riconoscimenti

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Contenuti e linguaggio

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  • Tematicamente attratto dalle correnti culturali e dalla letteratura d'avanguardia (Proust, Broch, Musil, Camus), Antonioni riprende e definisce gli elementi cardine della sua poetica, quali l'alienazione dell'uomo nella società ed il suo disagio esistenziale[11], il sesso inteso come desiderio di trovare un rapporto con gli altri nell'esaurirsi dei sentimenti, l'incomunicabilità in una civiltà industriale conformista, venale, spiritualmente stanca, ed il tema della donna come essere più consapevole della crisi nella quale è immersa, ma ugualmente impotente di fronte ad essa.[12]
  • Narrativamente, mantiene uno sviluppo non lineare, in cui la progressione dei fatti non avviene in senso drammaturgicamente tradizionale, ma attraverso il costante e lento procedere di scene in cui introspezione e rapporto con l'ambiente interagiscono insieme ad avvenimenti e dialoghi apparentemente privi di senso. Privilegiando l'aspetto psicologico tramite pensieri e sensazioni, viene creata un'atmosfera di chiusura, dissoluzione ed annientamento delle personalità.[13] Questa sintassi espositiva di Antonioni sarà la peculiarità stilistica più studiata ed imitata.
  • Dal punto di vista figurativo il regista, memore della lezione post-impressionista di Cézanne, de Chirico e Sironi, persegue nelle inquadrature una ricerca visiva sulle profondità di campo ed i volumi delle forme. Coadiuvato da uno dei maggiori direttori della fotografia italiani, Gianni Di Venanzo, e dosando magistralmente i chiaroscuri di scenografie ed architetture, instaura un originale rapporto tra personaggi e spazio circostante. Alcuni scorci del nascente degrado metropolitano di quegli anni, tra i più emblematici e suggestivi nella loro fredda drammaticità, danno un senso particolare all'annichilimento dell'uomo nel contesto urbano, ed ispirano anche le prime pellicole di Pasolini.
  • Il finale del film è caratterizzato da un improvviso ribaltamento emotivo, che sposta il tono dalla distaccata analisi introspettiva ad un passionale, malinconico e tardivo sfogo di sentimenti rimasti a lungo inespressi.
  • «Il regista Antonioni, nel film La notte, ci dà un ritratto piuttosto azzeccato di un tipo di industriale lombardo (...). È un nuovo e abbastanza diffuso campione di compratore di cultura, di colui che, confusamente, avverte la necessità di avere qualche nome importante nella sua fiorente organizzazione».[14]
  • Pensato inizialmente come un racconto delle vicissitudini di sette coppie in crisi durante una notte, il soggetto venne ridotto e modificato drasticamente dallo stesso Antonioni con l'eliminazione di tutte le storie previste tranne quella principale.[15]
  • Alla fine dei titoli di coda del film Brian di Nazareth del collettivo di comici Monty Python, è riportata la seguente nota:

«If you have enjoyed this film, why not go and see La notte? (traduzione: se vi è piaciuto questo film, perché non andate a vedere La notte?)»

Il cameo di Salvatore Quasimodo
  1. ^ “Lo sguardo inquieto” - volume di Fernaldo Di Gianmatteo “Con questa trilogia Antonioni consegna al cinema un poema in prosa che narra l'errare di uomini smarriti nei luoghi di lavoro e della vacanza, impegnati nella ricerca di nulla, probabilmente neanche più di se stessi, come era accaduto al Leopold Bloom dell'«Ulisse» di Joyce”
  2. ^ Cinestudio 5-11-1962 – Adelio Ferrero “Qui … egli persegue e raggiunge, nel cinema, la dissoluzione di ogni tessuto narrativo tradizionale, brucia senza esitazioni ogni residuo di cinema da “intrattenimento”. All'analisi della disgregazione del tessuto connettivo della società e dei rapporti tra gli uomini, analisi conquistata e sofferta attraverso le scoperte e le reazioni di un personaggio femminile, corrisponde la rottura ed il rifiuto di un metodo narrativo organico ed ascendente e la scelta di forme distese e inconcluse. Antonioni celebra, con Hauser, i fastigi dell'essenza antinaturalistica del cinema.”
  3. ^ Italia Taglia, Documento 33395 (PDF), su Italia Taglia, Banca dati della revisione cinematografica della Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
  4. ^ Dalla recensione di Moravia “Un tempo si dava importanza ai soli momenti d'azione consapevole e motivata della giornata umana, e si taceva sul caos dal quale erano emersi. Nel film avviene il contrario. Antonioni ha trasposto sullo schermo, forse per la prima volta in Italia, modi e immagini che sono propri della narrativa e della poesia moderne. Certe sequenze de «La notte» fanno invecchiare di colpo cinema narrativo e neorealista”
  5. ^ Vie nuove - Analisi di Pier Paolo Pasolini del 16/03/1961 http://www.mymovies.it/dizionario/critica.asp?id=149780
  6. ^ Cineclub.it – Citazione dalla recensione di Giovanni Bogani http://www.cineclub.it/cineclubnews/cn0208-c.htm
  7. ^ Cinema Nuovo 1961 – Recensione di Guido Aristarco “Il suo “romanzo” non è costituito d'una progressione drammatica di fatti in senso tradizionale; ai fatti sostituisce i pensieri che tormentano, consumano, annientano, inghiottono i personaggi. Qui, come ne L'avventura, Antonioni dimostra la novità del suo linguaggio, la capacità di raggiungere analoga dignità dello scrittore moderno, di uguagliarne la complessità e le sottigliezze, superando i risultati raggiunti, nel medesimo ambito, da Bresson e dal Bergman migliore.”
  8. ^ La notte, su filmtv.it, film.tv.it. URL consultato l'11 agosto 2018.
  9. ^ Il Cibicida - Analisi critica dell'impatto di Antonioni sulla storia del cinema a cura di Giordano Biagio - Copia archiviata, su ilcibicida.com. URL consultato il 16 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 13 novembre 2008). "Antonioni rimane spesso indifferente alle necessità più urgenti di botteghino, tipiche dell'industria cinematografica, si trattiene dal fare spettacolo. Segue fino in fondo una sua idea e una specifica vocazione artistica. Giunge in breve tempo, e cambiando diverse volte genere, a concretizzare numerose invenzioni linguistiche e stilistiche che intesseranno con efficacia un vasto repertorio di motivi poetici e psicoanalitici, ben radicati nelle problematiche sociali ed esistenziali dell'epoca (anni '50-‘60-'70). È un cinema il suo che si dimostrerà fortemente innovativo, rispetto anche a ciò che il pur ricco panorama mondiale della settima arte offriva verso gli anni '50 e '60, come il Free cinema, il Neorealismo, la Nouvelle Vague.
  10. ^ Schermaglie Cinema Inoltre 09-08-2007 - Diario critico di Alessia Brandoni - Copia archiviata, su schermaglie.it. URL consultato il 25 novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 20 maggio 2015). "... si è detto che i film di Antonioni sono film datati. Ecco, credo che tale spiacevole sensazione sia al fondo superficiale, perché il suo è stato un pensiero in immagini che ha spesso anticipato il tempo futuro e che, in ogni caso, si è sempre confrontato con la storia, databile e relativa."
  11. ^ Quaderni del Centro Cinematografico università di Padova – Analisi di Giorgio Tinazzi “come un lucido ed amaro guardarsi dentro, nella propria incapacità di capirsi ed amarsi, continuamente insoddisfatti, malati di noia, vinti dall'abitudine, animati da sentimenti instabili, che sfuggono.”
  12. ^ Schermaglie Cinema Inoltre 09-08-2007 - Diario critico di Alessia Brandoni - Copia archiviata, su schermaglie.it. URL consultato il 25 novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 20 maggio 2015). "... è la donna... che sente e pensa e agisce avendo davanti a sé l'uomo, assumendosi la responsabilità di una scelta che comunque sempre lo comprende, anche nella separazione ... È lei che lascia dietro di sé il centro e che si avventura nei territori sconosciuti della periferia milanese, che riprende coscienza dei propri sensi frustrati a contatto con la visione della violenza dei corpi .... che soffre davvero e non si dà contegni davanti al compagno ... E dunque al tema portante dell'incomunicabilità si associa l'opportunità di trovare identificazione, per la prima volta, in un personaggio femminile finalmente ricettivo nei confronti dell'ambiente con cui interagisce."
  13. ^ Quaderni del Centro Cinematografico università di Padova 1961 – Analisi del linguaggio narrativo di Giorgio Tinazzi “C'è in Antonioni l'ansia di trovare un modo nuovo di guardare le cose, uno sforzo di guardare all'essenza, all'antidecorativo, di ridare ai gesti, ai fatti, ai ritmi il loro peso e il loro significato: non occorre più la “storia”, costruzione inutile; la “storia” e nei particolari, nel non costruito, nei fatti e nelle cose. Di qui il suo modo di narrare tutto all'interno, nei lunghi “monologhi figurativi”, nelle lente, inesorabili “spogliazioni” dei personaggi, nei ritorni, negli indugi necessari, nelle allusioni, nei ritmi interni, nelle cadenze (si pensi alla musica, alla fotografia, alla “forma' insomma, sempre pregna e significante). È questa la vera modernità di Antonioni, il suo stile, il suo star pari con la poesia e la narrativa d'oggi richiamando Proust e Joyce, Musil e Gide, o, addirittura, il Nouveau Roman francese.
  14. ^ Antonio Carbonaro, L'Italia cambia. Problemi di una società in transizione, La Nuova Italia, Nostro tempo / 22, Firenze 1971, p. 81
  15. ^ Antonioni dichiarò: “Durante il lavoro su questo soggetto non ho fatto che sfrondarlo di quello che c'era. Tutti gli altri personaggi sono quasi spariti, sono solo rimasti, proprio nudi come li avete visti, i personaggi principali. Anche tutti i fatti che prima arricchivano il soggetto li ho eliminati proprio per lasciare che la storia avesse il suo corso intero, che avesse una suspense interna, che non avesse più un legame con l'esterno se non attraverso gli atti dei personaggi, che corrispondevano poi ai loro stessi pensieri, alle loro angosce”
  16. ^ Simona Santoni, I 10 film più belli di tutti i tempi secondo Stanley Kubrick - Panorama, in Panorama, 23 settembre 2013. URL consultato il 12 marzo 2017.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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