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Gaslighting

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Locandina del film Gaslight (in italiano Angoscia) da cui si è originato il termine gaslighting

Il gaslighting, o manipolazione psicologica maligna[1] in italiano, è una forma di manipolazione psicologica nella quale vengono presentate alla vittima false informazioni con l'intento di farla dubitare della sua stessa memoria e percezione. Può anche essere semplicemente il negare da parte di chi ha commesso qualcosa che gli episodi siano mai accaduti, o potrebbe essere la messa in scena di eventi bizzarri con l'intento di disorientare la vittima.

Gaslighting è una parola di origine colloquiale ma il termine è stato anche usato nella letteratura clinica.[2][3]

Il termine deriva dall'opera teatrale del 1938 Gaslight (inizialmente nota come Angel Street negli Stati Uniti) del drammaturgo britannico Patrick Hamilton, e dagli adattamenti cinematografici entrambi intitolati Gaslight, del 1940, per la regia di Thorold Dickinson, e del 1944 (quest'ultimo conosciuto in Italia come Angoscia), per la regia di George Cukor. Nella storia, un marito cerca di portare la moglie alla pazzia manipolando piccoli elementi dell'ambiente, per esempio affievolendo le luci delle lampade a gas. La moglie nota questi cambiamenti, ma il marito insiste nell'affermare che sia lei a ricordare male o inventarsi le cose. Questo porta la moglie a dubitare sempre di più delle sue sensazioni e diventare sempre più emotivamente instabile.

Tra i primi a parlare di gaslighting in Italia figura la rivista web di psicologia Psicoadvisor che descrive il fenomeno come una «forma di violenza psicologica silenziosa, in cui si sperimenta angoscia, impotenza, frustrazione e si finisce per diventare vittime di un abuso senza accorgersene».

Alice Leroy nel numero 806 di Cahiers du cinéma, dedicato alle cineaste e al loro sguardo ai tempi del Me Too, recensendo il libro Hélène Frappat Le Gaslighting ou l'Art de faire taire les femmes (2023) e scrivendo dell'incubo coniugale descritto nel film di George Cukor, fa riferimento, oltre a filosofi, psicanalisti, sociologi e teorici della comunicazione che hanno approfondito con i loro lavori le tematiche del film, a personaggi politici contemporanei e del passato arrivando a citare Hannah Arendt in quanto teorica insospettabile del gaslighting esteso dalla sfera domestica al campo della storia e della politica. Benché la storica e filosofa tedesca naturalizzata statunitense non abbia mai usato tale termine, continua la Leroy, l'individuazione di tale passaggio da una sfera personale a quella universale ne farebbe la radice del negazionismo.[4]

Funzionamento

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Una scena del film Angoscia (Gaslight) del 1944

Il gaslighting funziona come un'inversione dei ruoli di vittima e carnefice. L'obiettivo dell'abusante è di sopprimere le reazioni di autodifesa della vittima per sfuggire alle sanzioni che gli spetterebbero, e continuare così a ripetere l'abuso.

Concretamente, è un caso speciale di diversione basato su sottili manipolazioni verbali o gestuali (espressioni facciali, intonazioni, atteggiamento, ecc.) in cui l'abusante mette in dubbio ogni scelta, sentimento, emozione, valore, ecc. della vittima.

Per esempio, per degradare l'autostima della vittima, l'abusante può ignorarla completamente, poi riconsiderarla fortemente, poi ignorarla di nuovo, ecc. In questo modo, la vittima abbassa i propri standard relazionali ed emotivi, si percepisce come "indegna", non è più in grado di fidarsi dei suoi sentimenti di attaccamento e diventa sempre più dipendente dal manipolatore.

Questo perché la vittima interiorizza la violenza e inizia a pensare che se l'abusante vede le sue debolezze, è perché lui è più forte di lei e quindi dovrebbe fidarsi di lui.

Negli anni Ottanta, gli psicologi Gass e Nichols usavano il termine gaslighting per descrivere una dinamica osservata fra coniugi in alcuni casi di adulterio:

«I terapeuti possono contribuire al disagio del paziente mal interpretando le loro reazioni. [...] I comportamenti di gaslighting del coniuge forniscono una ricetta per il così detto crollo psicologico per alcuni pazienti [e] il suicidio in alcune delle peggior situazioni.[2]»

Negli anni Novanta, Jacobson e Gottman riferivano che alcuni coniugi violenti potrebbero usare il gaslighting sull'altro coniuge, anche negando fermamente di aver mai commesso alcun atto di violenza.[3] Questo comportamento è notato sia nei casi di violenza al coniuge che verso i figli [5]. La vittima finisce per credere alla versione dell'abusante con la forza della ripetizione. Questo rafforza la situazione di plagio. Questo comporta che degli estranei che altrimenti avrebbero difeso le vittime possano ritrovarsi complici involontari, perché anche loro finiscono per sottovalutare o minimizzare l'abuso, rafforzando i sentimenti di abbandono e colpa delle vittime. Per esempio, gli astanti esterni possono dire a se stessi: "Se fosse così grave, lui/lei se ne sarebbe già andato o l'avrebbe tagliato fuori". Tuttavia, se la vittima non lascia l'abusante, non è perché non è stata abusata "abbastanza" ma perché è stata abusata "così tanto" che anche i suoi meccanismi di autodifesa (fuga o ribellione) sono stati distrutti.

Negli anni 2000, la psicologa Martha Stout sosteneva che i sociopatici usano frequentemente tattiche di gaslighting. I sociopatici trasgrediscono coerentemente leggi e convenzioni sociali, sfruttando gli altri, ma sono anche tipicamente dei bugiardi credibili e convincenti, negando coerentemente ogni misfatto. Così, alcune vittime di sociopatici possono dubitare della propria percezione.[6]

Le principali tipologie di gaslighting

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Il gaslighting non è, tuttavia, legato esclusivamente alla sociopatia o al contesto delle relazioni di coppia. Più in generale, il termine descrive strategie di manipolazione mentale messe in atto in circostanze che includono, oltre alle relazioni amorose, quelle familiari e quelle lavorative.

Nel contesto familiare, il gaslighting può riguardare, come riferito dai già citati Jacobson e Gottman, la relazione genitore-figlio. In questo caso specifico, la manipolazione è un effetto dell’iperprotettività dei genitori, che può avere come conseguenza la totale subordinazione dei figli. Tale condizione è favorita dall’insinuazione di colpe e paure, che si ha, per esempio, quando il genitore sottovaluta le abilità o denigra gli interessi della prole. Per tale ragione, i figli vittima di gaslighting potrebbero sviluppare insicurezze e bassa autostima.

Nel contesto lavorativo, invece, il gaslighter può essere un collega o un superiore[7]. Anche in questo caso, l’obiettivo principale è quello di destabilizzare le sicurezze della vittima, di trascinarla in una condizione di totale dipendenza e sottomissione rispetto al manipolatore. Ciò avviene, per esempio, quando il capo nega di aver ricevuto una proposta, un suggerimento o un’idea dal dipendente, che per questo potrebbe arrivare al punto di dubitare di se stesso. Stress, incertezza e insoddisfazione sono, perciò, le principali conseguenze del gaslighting sul lavoro.

Tutte le tipologie di gaslighting, inclusa quella che riguarda le relazioni di coppia, possono essere perpetrate (o subite) a prescindere dal sesso degli individui coinvolti. Nel caso specifico delle relazioni amorose, uno dei due partner può minare la stabilità emotiva dell’altro, che finisce a trovarsi in un ciclo di violenza psicologica[8].

Gaslighting e introiezione

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In un influente articolo intitolato Some Clinical Consequences of Introjection: Gaslighting ("Alcune conseguenze cliniche dell'introiezione: Gaslighting"), gli autori argomentano come il gaslighting coinvolga la proiezione e l'introiezione dei conflitti psichici del perpetratore sulla sua vittima: "questa imposizione è basata su un tipo molto particolare di transfert... di conflitti mentali dolorosi e potenzialmente dolorosi"[9][10].

Gli autori esplorano una varietà di ragioni che spiegano perché la vittima può avere "una tendenza a incorporare e assimilare quello che gli altri esternalizzano e proiettano su di loro", e concludono che il gaslighting può essere "una configurazione molto complessa e altamente strutturata che coinvolge contributi da molti elementi dell'apparato psichico"[11].

Gaslighting di primo e secondo ordine

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Il gaslighting di primo ordine avviene quando il gaslighter e il soggetto di gaslighting cercano di trovare un punto d’accordo su un concetto condiviso ma non riescono a trovarlo.

Il gaslighting di secondo ordine avviene quando il gaslighter e il soggetto di gaslighting NON vogliono trovare un punto d’accordo su un concetto condiviso e difatti, non lo trovano e discordano sul fatto che il concetto in questione possa essere usato in un certo contesto.[12]

Test per autodiagnosi

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Ingrid Bergman nello stesso film

Secondo Ramani Durvasula[13], quando si sente la necessità di registrare o mettere per iscritto le conversazioni che si hanno con una determinata persona, per essere sicuri di non essersi inventati tutto, è un campanello d'allarme importante del fatto che si è molto probabilmente vittime di gaslighting.

Alcune frasi tipiche del gaslighting[13] sono:

  • "Non essere così permaloso!"
  • "Non devi sentirti così"
  • "Non ho detto questo, hai capito male come sempre"
  • "Ti ricordi male come sempre"
  • "Questo non è mai successo, ti inventi le cose"
  • "Ma stai bene? Mi sto preoccupando per te perché dici cose strane"

Esempi clinici e popolari

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  • I componenti della Famiglia Manson nei crimini compiuti durante la fine degli anni sessanta entravano nelle case senza rubare nulla, ma spostavano i mobili per turbare i residenti.[14]
  1. ^ Manipolazione psicologica maligna, su ipsico.it.
  2. ^ a b Gass, Gertrude Zemon and William C. Nichols. 1988. Gaslighting: A marital syndrome. Journal of Contemporary Family Therapy, 10(1), 3-16.
  3. ^ a b Jacobson, Neil S. & John Mordechai Gottman. 1998. When men batter women: new insights into ending abusive relationships. NY: Simon & Schuster. ISBN 0684814471, pp. 129-132.
  4. ^ (FR) Alice Leroy, Déjouer le silence, in Cahiers du cinéma, n. 806, Paris, Février 2024, pp. 40-41.
  5. ^ R. Cawthra, G. O'Brien et F. Hassanyeh, « 'Imposed psychosis'. A case variant of the gaslight phenomenon», The British Journal of Psychiatry: The Journal of Mental Science, vol. 150, avril 1987, p. 553–556 (ISSN 0007-1250, PMID 3664141)
  6. ^ Stout, Martha. 2005. The sociopath next door: the ruthless versus the rest of us. NY: Random House, ISBN 9780767915816, pp. 94-95
  7. ^ Annarita Correra, Gaslighting sul lavoro: una forma di manipolazione psicologica da cui stare lontani, in https://www.bari-e.it/in-attualita/gaslighting-sul-lavoro-una-forma-di-manipolazione-psicologica-da-cui-stare-lontani/.
  8. ^ Pagani Michela, Il gaslighting: cos'è e come affrontarlo, 19 gennaio 2022.
  9. ^ Victor Calef, Edward M. Weinshel, "Some clinical consequences of introjection: gaslighting", Psychoanal Q, 1981 Jan;50(1):44-66.
  10. ^ Victor Calef and Edward M. Weinshel, in Edward M. Weinshel/Robert S. Wallerstein, Commitment and Compassion in Psychoanalysis (Routledge 2003) p. 83
  11. ^ Calef/Weinshel, p. 83 and p. 90
  12. ^ Catapang Podosky, P.-M. (2020). Gaslighting, First- and Second-Order. Hypatia, 36(1), 207–227. doi:10.1017/hyp.2020.54.
  13. ^ a b Dr. Ramani Durvasula, What is Gaslighting?, 2019
  14. ^ Bishop, Victor George Witness To Evil Pages 19,146 & 147, Nash Pub., 1972 Accessed via Google Books August 13, 2009
  • C. Carrè, La manipulation au quotidien: la repérer, la déjouer et en jouer, Eyrolles 2007.
  • S. Sarkis, Gaslighting: How to recognise manipulative and emotionally abusive people... and break free, Orion Publishing 2019.
  • M. Scatigno, L. Puglisi, L. Tinelli, Gaslighting. La più subdola tecnica di manipolazione psicologica, CSA Editrice 2022.


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