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Balestrieri genovesi

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I balestrieri genovesi sono stati un corpo scelto medievale, impiegato a difesa della Repubblica di Genova o al soldo di altre nazioni come unità mercenaria. Distintisi in molte battaglie in molti eserciti, sono uno dei corpi militari più celebri del Medioevo.

Utilizzando la balestra, costruita dai balistai della Repubblica, i balestrieri genovesi potevano essere impiegati sia sulla terra (durante gli assedi, ma anche in battaglie campali), che durante le battaglie navali come nella battaglia della Meloria e in quella di Curzola. I balestrieri venivano reclutati da ogni parte della Liguria, e allenati nel capoluogo, dove potevano approfondire l'arte bellica in questa potente arma. Dopo il tradimento da parte dei balestrieri genovesi durante la battaglia del 1346, il corpo cominciò a perdere la propria fama e la sua nomea, arrivando così al suo scioglimento.

Organizzazione ed equipaggiamento

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La regolamentazione del Corpo fu sancita nel XII secolo circa. I balestrieri venivano assoldati in formazioni chiamate "bandiere", composte da 20 uomini, comandati da un connestabile, fino a compagnie che potevano arrivare da qualche centinaio di membri a poche migliaia, con un comandante in capo, in genere un rappresentante di una delle nobili famiglie genovesi, che era responsabile del loro coordinamento in battaglia.

L'arruolamento era di pertinenza di due persone, in genere nobili anch'esse, che dovevano valutare ogni singolo uomo in parametri come il valore e la sua abilità visiva. Ogni candidato doveva presentare una garanzia per essere assunto, e il suo garante si impegnava a rimborsare la Repubblica in caso di disobbedienza o diserzione. Tutti i balestrieri assunti giuravano fedeltà alla Repubblica ed erano stipendiati direttamente da essa, con una ferma a scadenza variabile in genere inferiore ad un anno.

Con una certa frequenza essi erano reclutati tra gli individui appartenenti agli strati più bassi della società, spesso si trattava di individui immigrati a Genova di recente o di piccoli artigiani che, privi d'occupazione, abbandonavano, anche solo temporaneamente, il loro lavoro usuale alla ricerca di maggior fortuna. Dai registri conservati, possiamo così osservare che molti balestrieri erano originari di Savona, dell'entroterra genovese, dell'Oltregiogo (Novi e Gavi in particolare) del Monferrato, di alcune località dell'Italia padana (Parma, Piacenza, Pavia) e della Corsica[1].

Il balestriere genovese utilizzava una balestra a staffa chiamata manesca per via della sua maneggevolezza che ne consentiva l'utilizzo anche in condizioni di instabilità, come sulla pavesata di una nave (ovvero il muro di scudi utilizzato per proteggere le fiancate dove stazionavano i balestrieri). La balestra era caricata tramite il Crocco, il gancio da cintura che doveva sempre essere indossato dai balestrieri genovesi (tale raccomandazione si legge sulle leges genuenses del 1363). Gli artigiani che producevano quest'arma, i balistai (con questo nome vengono però spesso indicati gli stessi balestrieri), furono riuniti in una corporazione specifica nel XIII secolo.

Il balestriere era equipaggiato inoltre con una daga, un elmo leggero in metallo, una gorgiera, una cotta di maglia. Il palvese, grande scudo usato come riparo durante le battaglie in campo aperto, era sempre sorretto da uno scudiero detto pavesaro, a volte dietro al pavesaro si trovava un lancere. Un esempio importante è citato da Aldo Settia nel suo libro “De Re Militari”: Balestrieri Genovesi e Pisani a servizio di Riccardo d’Inghilterra nel 1192 a Giaffa si disposero su due file dietro una “siepe di scudi e di lance”, col tiro continuativo dato dall’alternanza delle due file vennero vanificate tutte le cariche dei cavalieri turchi.

Sembra che il tessuto utilizzato per le tuniche dei balestrieri, altro non fosse che l'antenato del moderno blue-jeans. Ogni balestriere doveva portare con sé almeno 20 quadrelli a punta piramidale o verrettoni a punta conica, (con punizioni in caso di mancanza), e ogni galea genovese, in tempi di guerra, doveva avere a bordo almeno quattro balestrieri, i quali erano esentati dai compiti di bordo.

Va ricordato inoltre, che i balestrieri erano sempre alle dipendenze dirette della Repubblica di Genova, e non potevano costituire compagnie di ventura prive di bandiera. Solo il governo della città poteva autorizzare l'impiego di queste truppe fuori dai confini della Repubblica di Genova, ed era la stessa ad incassare il denaro derivato dal loro noleggio. Non si può dunque parlare di loro come mercenari in senso stretto, (si pensi alle differenze con i capitani di ventura del tardo Medioevo), ma più appropriatamente di specialisti militari, anche se la definizione di mercenario è generalmente accettata, per indicare che essi combattevano non sempre per difendere la propria patria, ma anche al soldo di stranieri.

Note tattiche

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Affresco di Lazzaro Tavarone presso il Palazzo Cattaneo-Adorno di Genova raffigurante i balestrieri genovesi durante la Presa di Gerusalemme

Il comandante concordava con il generale il posizionamento delle truppe: era preferibile schierare i balestrieri su un terreno asciutto, possibilmente sopraelevato e senza ostacoli tra i balestrieri e il nemico; infatti a differenza degli archi che potevano usufruire del tiro parabolico, le balestra potevano colpire un nemico soltanto in linea retta. Qualora non vi fossero terreni più alti, spesso i balestrieri dovevano essere schierati in prima fila, per potere colpire. Durante le fasi di caricamento, che col crocco obbligatorio a Genova duravano una decina di secondi, essi si riparavano dietro al grosso scudo pavese, piantato nel terreno o retto da uno scudiero. Questo impaccio rendeva particolarmente difficile ai balestrieri una brusca ritirata, per cui un condottiero doveva utilizzare questo corpo con perizia per evitarne la rotta. In genere, dopo alcune scariche di quadrelli, la compagnia poteva ritirarsi con calma nelle retrovie, o venire oltrepassata da altre truppe terrestri. Dopodiché essa avrebbe potuto ricollocarsi in un'altra zona del campo di battaglia per insidiare nuovamente il nemico.

Spesso i contratti con i balestrieri genovesi erano molto specifici, ed avevano clausole, come il combattere in determinate condizioni climatiche, o per un certo lasso di tempo. Si malignava che la proverbiale avarizia dei genovesi si manifestasse anche in questi frangenti, quando i loro comandanti si rifiutavano di combattere per un solo minuto di più rispetto al pattuito. Non si hanno però notizie certe di questi comportamenti, e anzi la Repubblica li inviò spesso a sue spese in aiuto agli alleati.

Le balestre manesche genovesi potevano colpire e uccidere nemici corazzati a distanza di centinaia di metri, i balestroni da mura anche fino a 400 (da qui si spiega l'avversione della nobiltà per quest'arma, che consentiva di perforare anche le pesanti armature della cavalleria), e vedere un vessillo di San Giorgio elevarsi dal campo di battaglia, costringeva spesso gli eserciti nemici a cambiare strategia per evitare questa minaccia.

Il periodo di massima importanza di questo corpo militare andò dal XII al XVI secolo.

Il primo banco di prova sulla scena internazionale fu probabilmente nella Prima crociata, quando il comandante del contingente genovese Guglielmo Embriaco detto "Testadimaglio" li utilizzò nell'assedio di Gerusalemme, per eliminare i pericolosi arcieri mamelucchi, prima di utilizzare due torri d'assedio, costruite con il fasciame delle stesse navi utilizzate per giungere in Terra santa.

L'impiego di balestrieri alle dipendenze non dirette della Repubblica, e quindi come truppe mercenarie, risale come primo evento al 1173. Il marchesato di Gavi ottenne con un contratto, alcuni balestrieri a scopo difensivo. Nel 1225 la città di Asti noleggiò 120 balestrieri, tra cui 20 a cavallo, da utilizzare nella guerra contro Alessandria

Numerose furono le rappresaglie di alcuni monarchi, dovute alle ingenti perdite che subivano le loro truppe ad opera dei balestrieri, ma non solo: l'imperatore Federico II di Svevia fece mutilare i prigionieri perché non potessero più tirare. Federico era furente per via di una sortita che nel 1247 aveva visto protagonisti 600 balestrieri che avevano in tal modo rotto l'assedio imperiale di Parma.

Già tra il 1229 ed il 1230 il comune di Siena assoldò balestrieri provenienti da Genova e da altre località dell'Italia settentrionale, ma, a partire dal Trecento, numerosissimi furono i contingenti di balestrieri genovesi reclutati da Firenze, Pisa e da diversi signori dell'Italia nord occidentale, come i marchesi di Saluzzo, di Monferrato, i Savoia e, soprattutto, i Visconti[1][2].

Altra grande battaglia in cui si fece grande impiego dei balestrieri fu in quella di Sanluri, avvenuta il 30 giugno 1409, dove circa mille di questi furono schierati dalla parte del Giudice o Re di Arborea, Guglielmo III, forte di un totale di 20.000 uomini.[3] La battaglia, nonostante la importante partecipazione dei balestrieri, finì male per la parte da cui stavano i genovesi. Circa 5000 soldati furono massacrati in un luogo chiamato attualmente S'Occidroxiu e 600 nel borgo fortificato di Sanluri.[3]

Il più largo impiego dei balestrieri al soldo straniero si ha nella guerra dei cent'anni. Durante tutto il suo corso, Genova seguì le sorti del Regno di Francia, e ne condivise le amare sconfitte iniziali a caro prezzo. Durante la battaglia di Crécy (1346), i Balestrieri schierati (2000-6000 secondo diverse fonti) erano superati abbondantemente di numero dagli arcieri inglesi avversari, e forse già superati in numero dai soli arcieri della vicina divisione del Principe di Galles. I Balestrieri non erano tutti Genovesi, i Balestrieri italiani e provenzali avevano servito negli eserciti francesi dai primi anni del XIV secolo, e quelli chiamati Genovesi in servizio francese al momento della battaglia di Crécy venivano da molti luoghi, oltre a Genova stessa ma erano al comando di Ottone Doria. I Balestrieri, sia Genovesi che di altra nazionalità, erano una forma di fanteria essenzialmente statica - difensiva. La decisione di re Filippo di farli avanzare contro gli inglesi a Crécy, in particolar modo senza i loro pavesari, suggerisce fortemente che gli uomini al comando dell'esercito francese durante questa battaglia non avevano alcuna idea di come impiegare quella che era considerata la migliore fanteria dell'Europa Cristiana. Colpiti dalle frecce lanciate dal poderoso arco lungo inglese, e dai cannoni schierati dagli inglesi, e vista la difficoltà di combattere dopo una forte pioggia (nel fango), il comandante dei balestrieri, Ottone Doria, fece ritirare le sue truppe: la manovra fu accolta come segno di diserzione dal re Filippo VI di Francia che mandò i suoi cavalieri alla carica, nella speranza di colpire velocemente gli arcieri inglesi, noncurante dei balestrieri genovesi sul tragitto della cavalleria. Per di più la retroguardia francese era formata da coscritti senza alcuna esperienza, che spinsero ulteriormente i cavalli, fino a travolgere ed uccidere la quasi totalità dei balestrieri, compreso il loro capitano. Gli inglesi approfittando del caos generato, vinsero rapidamente la battaglia, che si concluse col massacro dei transalpini. Esiste un'altra versione di questo fatto, nella quale Re Filippo avrebbe volutamente caricato i genovesi in ritirata, considerandoli dei traditori. L'idea che Filippo VI avrebbe intenzionalmente ordinato ai suoi cavalieri di caricare i Genovesi in rotta è inconcepibile, perché avrebbe rovinato il momento della carica di cavalleria francese - la loro principale tattica militare vincente. I Balestrieri dovevano aprire un varco nelle linee inglesi che avrebbe permesso alla cavalleria di penetrare lo schieramento. Quando però i balestrieri furono in rotta i cavalieri decisero di tentare il tutto per tutto caricando, chiaramente non hanno preso cura di evitare la loro fanteria dispersa e causarono perdite supplementari mentre cavalcavano (David Nicolle - Crecy 1346 Triumph of the longbow - Osprey - Campaign 071).

Nonostante questa sconfitta (che dipese in ogni caso dai gravissimi errori tattici francesi, confidando troppo nella parola dei mercenari), i balestrieri genovesi rimasero utilizzati come mercenari fino a circa due secoli dopo l'introduzione della polvere da sparo. L'arco lungo, nonostante la sua ampia gittata e potenza, richiedeva un addestramento di anni per potere essere usato al meglio (difatti alcuni monarchi inglesi ne promossero l'uso fin dalla tenera età), mentre era sufficiente relativamente poco tempo per padroneggiare l'uso della balestra. Questa caratteristica non da poco fece sì che l'arco lungo fosse usato esclusivamente da inglesi e gallesi, mentre il resto degli eserciti europei continuò ad affidarsi alla balestra. Infine, verso la metà del Cinquecento, la balestra, come l'arco, vennero definitivamente abbandonati da tutti i campi di battaglia europei (sebbene l'arco rimanesse ancora usato nei paesi mediorientali); queste armi furono sostituite dagli archibugi e più tardi dai moschetti; il loro uso venne riservato esclusivamente alla caccia, e il tramonto della balestra segnò anche quello del vetusto corpo militare genovese. Questo avvenimento scatenò un calo repentino della nomea e della forza della città di Genova.

I balestrieri nei videogiochi

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I balestrieri genovesi sono presenti come unità reclutabili nel videogioco Medieval II: Total War. Per ragioni di gameplay, la città di Genova e questo tipo di unità sono incluse nella fazione di Milano. Alcune modificazioni apportate da appassionati di videogame a giochi come The Sicilian Vespers hanno successivamente ricreato la fazione genovese inserendola correttamente nel contesto del gioco.

Non si tratta della prima imprecisione storica della software house The Creative Assembly: nel primo gioco della serie (errori spesso dovuti sempre ad esigenze di gameplay), i genovesi erano inclusi in una fazione chiamata Gli Italiani, che includeva geograficamente tutta l'Italia settentrionale, ma erano chiamati genoese sailors, ovvero marinai genovesi, ed armati con l'arco invece della balestra.

Nel videogioco Age Of Empires II le unità "Balestrieri Genovesi" sono le unità speciali della civiltà italiana, a partire da Age of Empires II: The Forgotten.

Nel videogioco strategico Knights of Honor, la fazione genovese ha la capacità di produrre balestrieri leggeri e pesanti in tutte le città conquistate.

Nella mod total conversion Anno Domini 1257, del videogioco di ruolo Mount & Blade: Warband, è possibile reclutare i balestrieri genovesi, se si è selezionata la nuova modalità di reclutamento implementata dalla mod. È sufficiente recarsi a Genova e selezionare l'opzione "Recruit Volounteers". Le compagnie mercenarie di balestrieri sono formate da una ventina di balestrieri e un sergente.

Nella mod total conversion Medieval Kingdoms 1212 A.D. del videogioco Total War: Attila è possibile impersonare la repubblica di Genova e reclutare i balestrieri genovesi

  1. ^ a b (EN) Fabio Romanoni, "Boni balistrarii de ripperia Ianue". Balestrieri genovesi attraverso due cartulari del 1357, in "Archivio Storico Italiano", CLXVIII (2010).. URL consultato il 1º febbraio 2019.
  2. ^ (EN) Fabio Romanoni, DA LUCHINO A GIOVANNI: GLI ESERCITI DELLA GRANDE ESPANSIONE (1339- 1354), in Nuova Antologia Militare, 1º gennaio 2022. URL consultato il 5 febbraio 2022.
  3. ^ a b Francesco Cesare Casula, La Storia di Sardegna.

David Nicolle - Crecy 1346 Triumph of the longbow - Osprey - Campaign 071

Historiae Partriae Monumenta Tomus XVIII Leges Genuenses

Settia A. Aldo - De Re Militari Pratica e teoria nella guerra medievale, 335 p, Viella editore

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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