Ercole

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Ercole Farnese (Museo archeologico nazionale di Napoli)
Opera bronzea d'epoca romana rappresentante Ercole, al Louvre di Parigi
Statua di Ercole al Palazzo del Melograno (Genova), un edificio storico oggi adibito a sede di un grande magazzino
Ercole e Lica di Antonio Canova
Erma di Ercole barbato in abito di filosofo, dagli Horti Sallustiani a Roma
Ercole su Aureo romano

Ercole (in latino Hercules) è una figura della mitologia romana, forma italica del culto dell'eroe greco Eracle, introdotto probabilmente presso i popoli Sanniti dai coloni greci dalla colonia di Cuma, e presso i Latini e i Sabini dal culto etrusco ad Hercle.

Per antonomasia si definisce così una persona di grande forza fisica e, in passato, il forzuto che si esibiva nei circhi e nelle fiere[1].

Ercole nell'antica religione romana

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Il culto di Ercole a Roma ricalca il mito greco di Eracle, con alcune aggiunte e specificità.

Ercole era venerato il 12 agosto e aveva gli epiteti di Invitto, Vincitore, Custode. Spesso il culto era associato a fonti e specchi d'acqua.

Virgilio, nel libro VIII dell'Eneide fa arrivare Enea a Pallanteo, dove regna il re Evandro, che sta celebrando un rito in onore di Ercole. Dopo il banchetto seguito alla cerimonia, il re racconta a Enea le origini di quel rito. Ercole, di ritorno dalla Spagna con la mandria dei buoi catturati da Gerione, fa sosta nel Lazio, a quel tempo infestato dal mostruoso Caco, che ruba la mandria di Ercole e la nasconde nel suo antro; l'eroe, irato, lo scopre e lo uccide. Gli abitanti del luogo, grati per essere stati liberati dal flagello, gli dedicano un rito, testimoniato ancora ai tempi di Virgilio dall'Ara massima di Ercole Invitto, situata nel Foro boario, da cui partivano i cortei trionfali.

Per la tradizione romana l'officio di questo culto, l'unico di derivazione non romana accolto da Romolo, era attribuito ai membri della Gens Potitia, una delle famiglie patrizie più antiche di Roma,[2] fino a che Appio Claudio Cieco vi avrebbe rinunciato, e per questo sarebbe stato punito con la cecità e l'estinzione della famiglia.[3]

Poiché Ercole fu il primo mortale che riuscì a diventare dio, nei sarcofagi romani sono frequenti le raffigurazioni delle "dodici fatiche", quale simbolo delle prove che deve affrontare il defunto per raggiungere l'immortalità.

Il filosofo Seneca scrive le tragedie Hercules furens e Hercules Oetaeus; nella sua satira Apokolokyntosis sulla morte dell'imperatore Claudio, immagina ironicamente che Ercole abbia il ruolo di portinaio e buttafuori dell'Olimpo.

Alcuni Imperatori si ispirarono ad Ercole: Commodo che amava combattere nell'arena, vestito come il semidio e Massimiano Erculio che diceva di essere suo discendente e aveva una guardia del corpo dedicata, gli Herculiani.

Numerose sono le leggende che hanno Ercole come protagonista e numerosi sono i suoi figli, protagonisti a loro volta di ulteriori miti, come quello di Telefo.

Ercole era figlio di Giove, che si era unito con l'inganno alla regina Alcmena; la forza prodigiosa del bambino sarebbe scaturita dal latte di Giunone, che fu fatto bere a Ercole, mentre la dea dormiva. Più tardi l'eroe ebbe in moglie una mortale, Deianira. Un giorno, durante una delle sue imprese, Ercole e Deianira dovevano attraversare un fiume tumultuoso. L'eroe lo attraversò, ma lasciò che la moglie fosse traghettata da un centauro battelliere, Nesso, che tentò di rapire Deianira. Ercole allora colpì il centauro con una delle frecce avvelenate col sangue dell'Idra. Il centauro morente si prese la sua vendetta offrendo a Deianira il proprio sangue, e convincendola che esso avrebbe costituito un potentissimo filtro d'amore che avrebbe reso Ercole fedele a lei per sempre. Un giorno Deianira ebbe il sospetto che il suo sposo fosse un po' troppo interessato a un'altra donna. Così, dette a Ercole una tunica su cui aveva sparso un po' del sangue del centauro morente. Ovviamente il sangue era un potente veleno, dato che era stato contaminato dal sangue dell'Idra. Quando Ercole indossò la tunica avvelenata, si compì la vendetta del centauro: cominciò a essere preda di dolori lancinanti e sentì le carni bruciargli in modo talmente insopportabile da preferire la morte. Ma nessun mortale poteva ucciderlo, ed Ercole decise di darsi la morte da sé, facendosi bruciare vivo su una pira funeraria. Giove, impietosito dalla sorte del suo figlio prediletto, scese dal cielo e lo prese con sé nell'Olimpo, mettendo fine alla sua agonia.

Nell'Olimpo sposò Ebe, dea della giovinezza. Ci sono varie versioni sul genetliaco di Ercole:

  1. l'anniversario della nascita di Ercole è festeggiato il quarto giorno di ogni mese;
  2. secondo un'altra tradizione Ercole nacque quando il sole entrò nella decima costellazione (Capricorno);
  3. per altri quando il sole entra nella dodicesima costellazione (Pesci).

Ritrovamenti archeologici

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A Tivoli vi sono i grandiosi resti del santuario di Ercole vincitore, dove Ercole era venerato come dio guerriero, protettore dei commerci e custode della transumanza delle greggi, attività fondamentale per la cittadina. Il culto di Ercole sembra fosse nato a Tivoli e sarebbe stato trasferito a Roma alla fine dell'epoca repubblicana da Marco Ottavio Erennio. Collegato al tempio c'era un collegio di musici (tibicines). Le danze e i canti del culto si intensificavano nel mese di agosto, quando si celebrava il dies natalis di Ercole.

A Roma, nel Foro Boario, si conserva ancora quasi intatto il Tempio di Ercole Vincitore che quasi certamente conteneva la statua in bronzo dorato di Ercole con i pomi delle Esperidi o Ercole del Foro Boario, ritrovata nei pressi. Presso le terme di Caracalla fu ritrovata invece la statua colossale di Ercole in riposo sulla clava, con in mano i pomi delle Esperidi Ercole Farnese.

A Ostia antica sono stati trovati i resti del tempio di Ercole Invitto, dove si esercitava un culto oracolare, legato al fortuito ritrovamento di una statua di Ercole in mare.

Ercole epitrapezio

Diversi affreschi raffiguranti episodi del mito di Ercole ritrovati nelle case di Pompei testimoniano la popolarità dell'eroe presso i Romani. La stessa città di Ercolano si riteneva fosse stata fondata da Ercole. Durante alcuni scavi è stato ritrovato un altare dedicato ad Ercole in località Lierna, sul lago di Como.

Ercole nell'arte

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Pur non apparendo direttamente, Ercole viene menzionato più volte all'interno della Divina Commedia, più precisamente nell'Inferno, come protagonista di numerose battaglie contro creature mostruose. Viene in tutto citato 4 volte: nel nono canto il messo celeste rimprovera i demoni della città di Dite ricordando loro l'episodio in cui trascinò Cerbero fuori dagli inferi, nel venticinquesimo si allude all'uccisione di Caco per mano sua, nel ventiseiesimo Ulisse allude alla costruzione delle celebri colonne, mentre nel trentunesimo si fa riferimento alla sua vittoria contro Anteo.

Ercole Sassano[4], 1569, affresco a Villa d'Este, appartamento inferiore, a Tivoli.

Il personaggio appartenente alla mitologia greca era stato già protagonista de Le Trachinie di Sofocle, ne Gli Eraclidi di Euripide e anche in Alcesti ed Eracle, sempre di quest'ultimo. Il personaggio fu famoso anche nel teatro romano.

Una scena de Gli amori di Ercole, (1960)

Dagli anni sessanta in poi furono girati numerosi film di genere peplum (mitologico misto a kolossal) in cui i protagonisti, oltre a Eracle (o Ercole per i romani) in questo caso ribattezzato Hercules, erano noti eroi della mitologia greca e romana, ma nel maggior caso delle volte anche inventati. Alcune trame sono basate su avvenimenti della vicenda mitica del famoso personaggio, seguendo a volte anche le tragedie di Eschilo o Euripide, ma spesso le vicende degli altri film, molto rielaborate dagli sceneggiatori, ottenevano in pubblico scarso successo. Ciò avvenne anche per i personaggi di Maciste e di Ursus; tuttavia il primo, essendo stato creato da Gabriele D'Annunzio e interpretato nei primi film muti da Bartolomeo Pagano, ottenne più successo.

  1. ^ Ercole, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 9 agosto 2009.
    «èrcole (o Èrcole) s. m.»
  2. ^ Tito Livio, I, 7.
  3. ^ Compendio delle antichità romane ossia leggi, costumi, usanze, e cerimonie dei romani. Compilato per l'istruzione della gioventù. Traduzione dal francese, G. Miglio, 1817 - 224 pagine, pg 81-82
  4. ^ Antonio del Re, Antichità Tiburtine, cap. I-II [collegamento interrotto], su scribd.com, ed. 2012 [1607]. URL consultato il 10 febbraio 2016.
  • Anna Maria Carassiti, Dizionario di mitologia greca e romana, Roma, Newton & Compton, 1996, ISBN 88-8183-262-3.
  • Maria Pieranna Masala, Il culto di Ercole in Sardegna, Cargeghe, biblioteca di Sardegna Documenta, 2008, ISBN 978-88-95205-30-4.
  • Luigi Piccardi, Lucia Alberti e Claudia Paterna, Eracle e le sue fatiche: L’età del Bronzo greca raccontata da uno dei suoi protagonisti, Roma (Italia), CNR Edizioni, 2017, ISBN 978-88-8080-205-1.
  • Harula Economopoulos, La forza e l'ingegno. Stefano Maderno e il mito di Ercole nella scultura tra Cinque e Seicento, Roma, Paparo editore, 2020.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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