domenica 29 ottobre 2023

La mattina del 29 ottobre 1974, era un martedì, stavo lavorando quando mio padre chiamò in ufficio e mi disse: Mamma è verso la fine, vieni. Presi il treno ed andai subito in ospedale. Mamma già non parlava, il respiro affannosso, lo sguardo fisso della cecità indotta dal meningioma, alzava il braccio destro, come era usa a farlo quando mi raccomandava qualcosa d'importante, frustrata dal non riuscir a proferir parola.  

Passammo, io e mio padre, la notte accanto a lei. Il primario del reparto era un amico di famiglia in tre mesi di degenza di mia madre le aveva riservato una cameretta  defilata, in fondo al corridoio, dove  a turno i miei parenti vegliavano giorno e notte mia madre. 

Erano le 7 quando mi svegliai il giorno dopo, 30 ottobre: il respiro si era fatto rantolo. Accorse tutta la famiglia e fu la disperazione. La realtà del temuto distacco,  tenuta a bada per mesi, ormai si palesò chiara ed alle 8:30 mia madre esalò il suo ultimo respiro, rendendo la nostra perdita definitiva.

Quando muore un congiunto i parenti entrano in una bolla d'incredulità. Si sapeva che il giorno sarebbe arrivato, lo si auspica -con rimorso- per liberare il congiunto da una sofferenza così atroce: nonostante i sedativi che la scienza mette a disposizione, un tumore al cervello è devastante. Mia madre aveva soli 42 anni, aveva perso 40 kg di peso era un fuscello, era cieca, le funzioni vitali erano scemate a poco a poco in tre lunghissimi mesi, durante i quali mio padre con ferie e permessi ed aspettativa le fu accanto, accudente meglio di una infermiera,   pulendola nelle sue più intime necessità, parlandole con dolcezza e sicurezza. Mio fratello, i nonni, i miei due zii e le zie si avvicendavano a lui  al capezzale di mia madre in una guardia di tre turni: mattina, pomeriggio, notte, non fu mai lasciata sola. Anche gli altri parenti che abitavano in zona di tanto in tanto davano loro il cambio per alleggerire qualche pomeriggio o qualche notte, quando i lavori lasciavano loro un po' di libertà dalla campagna. 

I giorni che seguirono la morte di Mamma restano ancora confusi. Si agiva o meglio si reagiva alle necessità del momento in una trance particolare, col pensiero al funerale. Il 31 fu fatta l'autopsia, ma il 1° novembre era festivo quindi non si poteva fare il funerale, che fu fissato per il 2 novembre, impossibile a dimenticare per gli anni a seguire. Così il 31 ottobre ed il 1° novembre , oltre alla preparazione con le formalità del funerale,  fu un pellegrinaggio di parenti e di conoscenti del paese, di  orazioni serali con la suorina che si prestava al rosario. La nonna e le zie erano occupate a preparare che tutto fosse in ordine per accogliere chi veniva. Soprattutto a nonna serviva tenersi occupata. Il nonno sedeva in un angolo con lo sguardo nel vuoto, i bisnonni piangevano seduti accanto al focolare.  Papà e noi con un peso nel cuore seguivamo in trance ciò che accadeva, incontrando persone che anche non conoscevamo o solo di vista. Poi arrivò il 2 novembre.  Nella chiesa di Roveredo in Piano si svolse la messa solenne. Alla fine della funzione la bara fu caricata a spalla e portata nell'auto delle pompe funebri, mentre la banda del paese suonava una melodia struggente... e le lacrime scorsero a fiumi.    Il viaggio verso Trieste fu lungo. Una piccola carovana di macchine si snodò da Pordenone fino a Trieste e qui ci unimmo agli altri parenti accorsi dall'Istria e da Trieste per porgere l'ultimo saluto a Mamma. Strinsi tantissime mani quel giorno.

Ma il vero dolore, il vero lutto arrivò qualche giorno dopo, quando ormai riprese le normali attività, io in ufficio, papà anche lui tornato al lavoro, mio fratello all'università, si entrava in casa ed il vuoto che aveva lasciato Mamma si faceva più palese. Abbiamo continuato a vivere la nostra vita di famiglia nonostante la sua assenza, creando un sodalizio nuovo di compiti in una normalità strana. 

Mi rendo conto ora che di quel periodo non conservo alcuna foto... come se volessi cancella tutto di quel dolore conservando questa di quando lei era giovane, forte, determinata, combattiva con un velo di tristezza. 


 





  

lunedì 16 ottobre 2023

Con ieri il tempo è cambiato, da un'appendice fin troppo trascinata d'estate con temperature alte, fino a 27°,  per il periodo, siamo entrati nel vero autunno 9° al mattino 15° nella giornata, ieri temporali e bora, oggi nuvole sparse e bora: il cielo si sta rischiarando. Più vivibile, anche per chi non ama il freddo, perché l'atmosfera insana degli ultimi tempi influiva parecchio con fiacca diffusa, appesantendo la quotidianità. La prossima settimana si torna all'ora solare ed il cerchio si chiude, portandoci a grandi passi verso il Natale. Sì c'è ancora Novembre di mezzo, ma il tempo sta volando. Chissà perché per me gennaio e febbraio sembrano eterni, mentre il resto dell'anno scorre come l'acqua di un fiume che non puoi fermare, ma solo prenderne alcuni sorsi. 


E così viviamo questa vita con il bello che ci porta la giornata, scegliendo e valutando per cosa vale la pena combattere e farsi sciogliere il cuore da ciò che ci aiuta ad andare avanti. Il sorriso vivace di un bimbo, ad esempio, il sorriso di una persona che abbiamo aiutato, l'abbraccio dei figli... basta poco. 

Buon autunno a tutti.♥




 

 

sabato 27 maggio 2023

 E' un momento "no", le cose non vanno come previsto, ci sono preoccupazioni, forse troppe, forse da troppo tempo. Una sottile depressione sgretola resistenze, volontà, fino ad accartocciare l'anima in un grumo doloroso e ci si domanda, che senso abbia questa vita. 

Poi ci si guarda indietro ma il dolore o le prove subite e superate in passato non confortano a sufficienza per dare il giusto impulso per risorgere. Ci si guarda attorno cercando spunti per andare. 

Poi si legge la storia dei "veri" disgraziati, quelli che in Emilia-Romagna hanno perso tutto, che cercano di restare a galla recuperando quanto possono, con una spada di Damocle che ancora rimane sopra la loro testa e l'acqua  marcia che non se ne vuole andare via. 

Si pensa allora che, quando attorno a te la tua casa è asciutta, i tuoi figli stanno bene, tu te la cavi, anche se con qualche difficoltà, parti avvantaggiata e che tutto si supera, basta andare avanti. 


giovedì 25 maggio 2023

 Non so se avete mai avuto nella vostra vita la percezione che uno spartiacque si aprisse e qualcosa di enorme e coinvolgente entrasse nel vostro quotidiano portando un cambiamento esistenziale. Qualcosa d'intangibile, ma determinante che apre ad un nuovo percorso di vita, che porta una speranza, un nuovo modo di vedere il "vecchio" e di voler  cambiare ciò che disturba.

Sono rimasta basita dalla notizia che Tina Turner ieri ha reso il suo spirito e lasciato il suo corpo. Un corpo così forte e inciviso come poche donne hanno, una forza d'animo come tantissime donne hanno, ma non tutte riescono ad emergere ed avere la meglio sul loro destino che le trascina a fondo.  

La sua musica ed il suo esempio sarà la nostra eredità! 

Om mani padme hum!

 https://www.youtube.com/watch?v=a5Tnmd3f_xQ

venerdì 22 luglio 2022

 Amo il caldo, anche se sudo peggio di un cammello. Ma questo caldo non l'ho mai provato, sono parecchio sfinita, stanca. Non solo quest'ondata è terribilmente torrida ed inusuale per durata oltre che per temperatura così alta, ma nella globalità la situazione diventa difficile da sostenere. 

Gli incendi sul Carso, a cavallo del confine si stanno "mangiando"  una vasta distesa di boschi, intere fattorie, paesi, fauna selvatica che fugge impazzita perché il lago dove si abbeverano è percorso dal Canader e dagli elicotteri che vi attingono l'acqua, perché il fuoco è a chiazze e diversi sono i fronti, perché le creature sono tante: è ben popolato di fauna il nostro Carso. Poi ci sono i cavalli, le capre, le mucche, gli asini delle fattorie minacciate dalle fiamme... I volontari, la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco di Trieste, della Slovenia, che ancora lottano sul territorio e con il fronte Sloveno ancora più preoccupante, ormai sono esausti. Non si tratta solo di spegnere un enorme  incendio con un fronte vasto, ma di bonificare TUTTO il territorio, perché se non viene spento tutto, qualche piccolo tizzone soffocato, ma non spento,  con il calore del sole può dar  di nuovo  forza all'incendio. Gli ordigni bellici, di cui le zone colpite dall'incendio sono piene,  esplodono deflagrando e riattizzando il fuoco, spaventando umani ed animali. Penso agli sfollati, che cercano asilo presso familiari e parenti in città, col pensiero della casa abbandonata al destino del fuoco, quelli che invece non hanno nessuno e vengono accolti in strutture alberghiere e BB. Gente che resta nelle case vicino agli incendi, ma non dorme la notte... come si fa a dormire con la paura delle fiamme che ti mangino la casa costruita con duro lavoro e  l'odore acre di fumo che dilaga. 

Il fronte di  fumo  si sposta verso la città, le polveri sottili, portate dalla brezza lieve di vento, cadono e si materializzano in una foschia persistente che prende e gratta la gola, tossisci, non riesci a respirare bene e questo ti affatica ancora di più. Sono subdole le polveri sottili, le respiri senza accorgertene, sono impalpabili, ma tossiche: il Comune di Trieste raccomanda a chi si reca in città di tenere la mascherina FFP2 per isolarsi dalle polveri sottili. 

Per disperazione mi immergo in cucina: il mio passatempo, il mio modo per rilassarmi. Punto su di me il ventilatore a pale e procedo. Preparo una bella scorta di cibo, tanto fa già caldo, grado in più, grado in meno: si, so che  penserete ad una forma estrema di masochismo, ma il ventilatore allevia la calura, lavare le stoviglie poi è un refrigerio ed abbassa la temperatura del corpo, anche se uso l'acqua con parsimonia per non sprecarla. Il risultato : frigo e freezer pieno, qualcuno da far felice al rientro dal duro lavoro di 8-12 ore, con questo caldo! E' un appagamento indicibile per me: stanca, accaldata -ma tanto sudo lo stesso anche senza cucinare-, ma soddisfatta, mi sento utile. 

Nei giorni scorsi a camminare per città è stata un'esperienza micidiale ed ho pensato a quelle località (Brasile, Giappone?) dove questo clima lo vivono normalmente... 

Considero poi gli altri avvenimenti del momento. 

Uno tocca la città in modo diretto: un fulmine a ciel sereno! La Wärtsilä società finlandese che ha rilevato la Grandi Motori (ex Fiat) che costruisce a Trieste i grandi motori appunto per navi, ma anche per centrali idroelettriche che vanno in tutto il mondo (non ultimo alla Fincantieri di Monfalcone che "sforna" transatlantici navi da crociera di tutti i paesi  ) ha chiuso il reparto costruzione motori che trasferisce in Finlandia mandando a casa 420 lavoratori e tenendo solo un piccolo reparto per lo studio di attività di ricerca e sviluppo, vendite, project management, sourcing, servizi e formazione: praticamente "fuffa".

Poi c'è l'ennesima caduta del Governo, economia in sfacelo. 

E penso alle prossime elezioni e non sono per nulla tranquilla. Alle ultime elezioni ne è uscito il Parlamento attuale eletto dal popolo (come amano dire i politici) !!!! MA, chiedo per mia cuggggina, SE è stato il Parlamento eletto dal popolo che dalla posizione  "in ginocchio", ci ha buttato  "nella fossa",  come possiamo pensare di migliorare se le teste di ca@@o sono sempre le stesse e te le raccomando.... 

NOI, speriamo che ce la caviamo!!!  


martedì 17 marzo 2020

Ai tempi del Coronavirus

Mai come nei tempi difficili l'animo umano può tirar fuori il meglio o il peggio di sé. Eravamo in uno stato di vita irreale dove tutto era scontato e dovuto, ora stiamo annaspando in uno stato totalmente sconosciuto ed alieno: quello della limitazione della nostra libertà e del pericolo di vita per noi ed i nostri cari. 
E' proprio nei momenti più difficili che si rinasce e ci si trasforma: i cambiamenti più importanti nascono così! 
Lo dicevano i grandi, senza cambiamento non c'è vita ed il cambiamento esige SACRIFICIO. Una parola che tantissimi hanno perso di vista, anzi stanno annaspando perché non sono abituati a farli i sacrifici, oppure li fanno solo per raggiungere ciò che considerano bisogni assoluti da soddisfare, ostinandosi ad ignorare  i bisogni e le  esigenze degli altri, abbarbicandosi su giustificazioni comode di disinformatori malati di protagonismo che affermano il contrario dell'ordine civile e del Governo. 
L'emergenza c'è, la viralità pericolosa ed a volte mortale esiste non solo per anziani, ma anche per giovani, la leggiamo ogni giorno sui bollettini dei morti, che NON possiamo ancora seppellire!!!!!!! I parenti non li possono nemmeno piangere! 
Certo ci saranno ancora gli irresponsabili, gli irriducibili che infrangeranno le regole per affermare incoscientemente la loro libertà.  
Ma spero che l'Italia tutta esca da questa grande prova più forte e consapevole che nell'Unione sta sempre la Forza, ma non in quella Europea che ci vuole affossare e depredare come la Grecia!
  

martedì 1 ottobre 2019

Ci sono momenti nella vita in cui ci si sente vuoti, dopo una dura battaglia, dopo una lotta che ci ha coinvolti profondamente e da cui siamo usciti con la morte di qualcuno a noi caro. Qualsiasi lotta porta sia sconfitta che vittoria, quello di sicuro che porta è un vuoto in cui a volte annaspiamo, altre invece galleggiamo come in una profondità senza fine, percependo la nuova quotidianità con sensazioni e rumori attutiti come se nulla più ci appartenesse: ci sentiamo straniti perché era l'urgenza del momento passato che dominava le nostre vite e finita quella restiamo disorientati, perchè la fine, la morte ci toglie il respiro, il fine più importante per cui tanto lottavamo. Tanto che il solo proclamare la  fine in qualche modo ci spaventa, il non dirlo è un modo per farlo ancora esistere, se non materialmente almeno spiritualmente. 

Difficile ricominciare. Certo il Sole si alza ogni giorno, la notte succede al giorno e pietosa ci preclude l'attività nel sonno ristoratore, anche se agitato. 
E' morta Mina, la seconda moglie di mio padre, la mia seconda madre, la nonna amorevole dei miei figli che con amore e pazienza mi ha aiutato a crescerli, con tanto amore, ma con rigore e attenzione.  L'esserle stata vicina mi ha arricchita di un indomito esempio di coraggio e di resistenza, perchè ha lottato fino al suo ultimo respiro. La prima frase che disse quando scoprì di avere una malattia maligna resta ancora nella mia memoria: la malattia non influirà sulle mie abitudini di  vita. Ed è così che fino all'ultimo si era riservata di fare con nuovi stratagemmi alcuni servizi a suo nipote sia pure girando per casa con il girello, aveva preteso di badare alla propria igiene personale da sola, faceva qualche piccolo lavoretto per sentirsi ancora utile ed autonoma e solo nell'ultimo mese mi aveva permesso di aiutarla in qualche faccenda. La malattia l'aveva prosciugata e piegata fisicamente, tanto che aveva perso 40 kili e si era accorciata di 20 cm.  Gli ultimi giorni non riusciva quasi a camminare. Era lentissima nei movimenti, ma orgogliosamente tirava avanti a se una gamba alla volta, impiegava un'eternità a percorrere i tratti  in uno sforzo sovrumano ma testardo.  Solo un'emorragia cerebrale ha avuto la meglio su di lei piegandola definitivamente, in poche ore se l'è portata via. 
A noi che restiamo, lo stupore della sua perdita ci fa riprendere la routine senza di lei al rallentatore, camminiamo e lavoriamo automaticamente, qualcosa di importante ci manca fisicamente. Restiamo vicini per affrontare meglio una realtà che ancora non abbiamo fatto completamente nostra.  
 

venerdì 13 aprile 2018

Ogni giorno

Ogni giorno offre sempre una nuova possibilità, per amare, per sorridere, per vivere. Ogni giorno offre sempre qualcosa di bello che ci profuma la vita, ad iniziare dal caffè!
Buona giornata a tutti. 

sabato 17 marzo 2018

Una ferita aperta

 
Dicono che quando si legge qualcosa lo si comprende veramente solo se lo si è già vissuto. Queste che seguono sono le parole di Agnese Moro, davanti alla ex brigatista Adriana Faranda. Le riporto qui omettendo riferimenti espliciti all’assassinio del padre, perché leggendo queste parole ho ravvisato una comune essenza con tutti i generi di ferite profonde, nel mio caso l’ESODO ed hanno portato alla ribalta un punto dolente: perché dopo tanti anni brucia ancora?
 
 
 
**
 
Agnese Moro: La mia vita è rimasta bloccata …, sei sempre lì. E non perché te lo ricordi, ma perché ogni giorno risuccede. E questa dittatura del passato ti isola perché pensi che nessuno ti potrebbe mai capire. Hai dentro un urlo che non riesce a uscire, ti soffoca. Alla fine tutto fa sì che i morti abbiano più spazio dei vivi, di quelli che stanno intorno a te, di quelli che ami. E ti accorgi drammaticamente che il male non rimane lì. Va avanti finché qualcuno non lo fermerà, perché crea altre situazioni di sofferenza. E tutto si accompagna a sentimenti di rancore, di rabbia, anche di senso di colpa …. …. io non sono riuscita a salvarlo. E assieme c’è un desiderio di giustizia ». Che non sono gli anni di carcere. «Non si sta meglio. È un’illusione. Potevano dargli 100mila anni di carcere e non si sarebbe risolto il problema perché tu hai bisogno di avere una giustizia che riguardi anche le ferite che hai ricevuto. E che non sono facilissime da curare.
 
***
 
 
 
Oggi tutti recriminano: son passati tantissimi anni, sarebbe ora di dimenticare. Eppure io, figlia dell’esodo, nata 11 giorni dopo che la mia famiglia aveva voltato le spalle alla propria casa ed alla propria terra  PER SEMPRE, buttando in mare la chiave di una porta che nessuno di loro avrebbe più usato e che racchiudeva tutto il loro mondo, ho assorbito con il latte di mia madre e dagli animi dei miei familiari tutta la disperazione, tutta la miseria del periodo occorso per ricrearsi dal nulla senza soldi, ma con duro lavoro una nuova vita. Ho letto che avvenimenti così radicali modificano il DNA di una persona. Tutti coloro che avevano vissuto l’esodo nella mia famiglia mantenevano dentro di se un’anima spezzata, nonostante la forza e la determinazione con cui si sono ricreati una nuova casa, una nuova vita, nuove conoscenze e nonostante fossero tutti stati accettati per gente buona, grandi lavoratori –dopo l’iniziale brusca a volte molto amara diffidenza- creando amicizie di vita. Ma questo non è sufficiente. Alcuni sono stati feriti così profondamente che non si sono più risollevati e che la depressione ha spezzato fino in fondo.
 
 
 

Una parte rimane sempre ancorata alle radici. Perciò, perché non parlarne? Sicuro, come dice Agnese Moro, senza rabbia. I miei figli non hanno vissuto il nostro dramma da vicino, hanno visitato un paio di volte la Madre Patria, ma come un viaggio con i nonni. Non comprendono la ferita profonda che l’esodo ha segnato in noi, che lo abbiamo vissuto.  Anche perché non si ha piacere nel parlarne e come detto sopra, se non lo provi sulla tua pelle, non lo comprendi. Agnese Moro ha ricucito la ferita confrontandosi con Adriana Faranda, ma io non ho nessuno con cui confrontarmi.  E' facile dire di farsene una ragione, che è passato troppo tempo, che è il corso naturale delle guerre che devastano, poi si ricostruisce e si supera... ma dentro rimane qualcosa spezzato. Come la vivono gli altri? Qualcuno è riuscito a superarlo? 

giovedì 14 dicembre 2017

Natale è già qui...

E siamo arrivati al momento cruciale dell'anno: il Natale. Inesorabile dicembre ci porta un carico molto pesante, pieno di persone che non ci sono più, voglia che ci manca di costruire una Festa che la malinconia appanna, come il freddo le lastre delle nostre finestre. Inevitabili i bilanci, si apre un nuovo anno. Se il 2016 è stato l'anno delle svolte pesanti, il 2017 è stato pesante e basta, ma con una contraddittoria sensazione tra la  pesantezza di ciò che è stato superato, contrapposta alla meraviglia che tutto sia già passato e che sia arrivato un altro anno! Tutti speriamo che quello nuovo sia migliore, ovviamente, è umano! Come affrontarlo? Con la testa calata avanti tutta come un Toro, o prendendo la vita di petto stritolando i problemi con l'abbraccio possente di un Orso... Toro o Orso? Mi sa che mi conviene fare la formichina, forse riesco a scansarli i problemi... AUGURI a tutti... ♥





giovedì 7 settembre 2017

Itaca

ITACA
(di Konstantinos Kavafis, trad. F. M. Pontani, 1961)

Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.
Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto e squisita
è l'emozione che ci tocca il cuore
e il corpo. Né Lestrigoni o Ciclopi
né Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.


Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d'ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Recati in molte città dell'Egitto,
a imparare dai sapienti.


Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna a quell'approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all'isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.


Itaca t'ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha da darti più.


E se la ritrovi povera, Itaca non t'ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un'Itaca.

domenica 28 maggio 2017

Maggio, adagio...

In pochi giorni è scoppiato il caldo, ancora la mattina rinfresca, ma durante la giornata si suda... Meravigliose le giornate di sole che ti chiamano a guardare il cielo ed i voli delle rondini mi riempiono il cuore. Meraviglioso alzarsi alle 5.30 e vedere la luce del nuovo giorno inondare la casa. 
E' un mese fatato, dai primi giorni di freddo, la fine è sempre più calda. 
Il risvolto meno positivo è il tempo che vola, siamo giunti ormai a metà anno e ci si sorprende forse perché con la luce viviamo meglio, viviamo più attenti, mentre il freddo e lo scuro inverno ci incupiscono e rallentano. 
Comunque, nessuna nuova, buona nuova e pertanto si continua assaporando la vita... ad majora gente! E Buona Estate!  Comunque noi siamo sempre pronti per ogni evenienza... 



giovedì 4 maggio 2017

Di bucato...


Oggi è un'incombenza veloce: si mette la roba dentro il cestello, si inserisce il detersivo e gli additivi, si programma la lavatrice e dopo aver spinto il bottone ci si dimentica del “bucato”. Una volta era tutta un’altra cosa.


Io ho ricordo di due bucati, quello della nonna in campagna e quello della mamma in città. 


La nonna aveva spazio nel cortile e davanti a casa c’era ogni giorno di bucato uno spiegamento di strumenti pronti per l'uso. Dalla sera di giovedì, che li poneva sotto il portico per ammollo, le tinozze piene venivano nella bella stagione portate sull’aia di venerdì mattina per dare più spazio al movimento ed alla lavorazione.


Nel caso di lenzuola, si stipavano con un determinato criterio –se ben ricordo, ben piegate- e dentro alla fine veniva versata la lisciva, consistente in cenere sciolta nell’acqua calda. La cenere non macchiava il bucato perché veniva messo un panno a protezione, sotto il quale la biancheria si imbibiva di questo liquido detergente filtrato che scioglieva ogni tipo di sporco e macchie. Era peraltro molto corrosivo e ricordo le mani di nonna e delle zie piene di piaghe. 


C’era poi la suddivisione tra bucato colorato che spesso includeva la roba da lavoro e la biancheria in generale: tovaglie, asciugamani e corredo intimo.  


Ricordo le mie donne chine sulla tinozza appoggiate curve sulla tavola, dove fregavano gli indumenti e smacchiavano con vigorose passate di spazzola di saggina dopo averla passata sopra il sapone. I primi tempi, dopo l’esodo, i soldi non erano tanti e si tentava di risparmiare fabbricando il sapone in casa, solo verso la metà degli anni ’60 si iniziò ad usare i saponi e detersivi commerciali.


Non mancava mai la famosa “varecchina” (ipoclorito di sodio) per disinfettare e sbiancare ulteriormente il bucato da  qualche macchia pervicace.  Infine dopo il risciacquo c’era sempre l’immersione dei bianchi nella tinozza dove era stato sciolto il “perlin”… una polverina blu indaco che esaltava maggiormente il bianco.


Il risciacquo non era cosa facile. La nonna portava secchio dopo secchio vicino al canale d’irrigazione, con le acque del Meduna che arrivavano gelide perfino in estate e lì sciacquava tutto per risparmiare i soldi dell’acqua e perché la pozza le dava agio di scuotere i panni e sciacquarli in acqua abbondante e corrente. La ricordo sempre d’inverno che si portava dietro anche la pentola dell’acqua bollente, dove di tanto in tanto immergeva le mani per riscaldarle dal rigore invernale e dal gelo dell’acqua di fiume. Solo verso la metà degli anni ’60 si comprò la lavatrice semi-automatica della Hoover.  Molto laboriosa, ma almeno le toglieva molta fatica e riposava un po’ le mani.




Nella grande vasca rettangolare si mettevano i panni in ammollo e poi a lavare e risciacquare, mentre nel cestello rotondo si centrifugava. Un grandissimo aiuto per tutte le massaie.


Mentre il venerdì era il giorno del bucato, il sabato era quello dello stiro e del rammendo. Ricordo la bisnonna china sulla biancheria che cercava di rammendare con piccoli punti, immancabilmente nella fretta i punti venivano anche grandi e questi erano denominati i “punti del sabato”, locuzione che si usava anche per indicare un lavoro fatto in fretta, perché tutto doveva essere pronto per la domenica giorno di riposo.


A casa nostra in città invece, mamma aveva due tinozze enormi di zinco, che poi furono sostituite con due di moplen (polimero appena inventato nel 1963 dall’ing. Giulio Natta,  premio Nobel per la Chimica) e che noi si chiamava volgarmente “plastica”. I tini di zinco pieni d’acqua erano pesantissimi e solo con quelli di moplen mamma  riusciva a gestire da sola il bucato.


La ricordo di venerdì mattina pronta dopo aver bevuto due moke da tre tazze di caffè, che si immergeva in questo massacrante lavoro: eravamo in cinque, anche se non ci si cambiava spesso come al giorno d’oggi, perché gli abiti erano pochi, le lenzuola e la biancheria erano sempre molto faticose da lavare. Mamma si massacrò fino al 1965 quando la nonna le regalò la lavatrice moderna. Non la semi automatica, ma proprio completamente automatica. Per mia madre fu una liberazione, si sentiva una “signora” a  solo riempire il cestello e farla andare. Rimaneva solo l’immersione dei panni nella soluzione con il “perlin” da fare a mano, in quanto allora le vaschette predisposte non includevano reparti per ammorbidenti o additivi. Restava anche il lavaggio a mano delle maglie di lana che tassativamente non potevano essere lavate in lavatrice, non essendoci programmi speciali, ma lo sforzo era diluito nel tempo.


Terribile specie d'inverno e con la bora, quando l'inceneritore del vicino ospedale spargeva nell'aria i residui della bruciatura lasciando sulla biancheria di mamma una sorta di corpuscoli neri, che si attaccavano sulle fibre e bisognava rilavare tutto! 

I bucati prima dell’avvento della lavatrice, per mamma, erano estenuanti. Con le moke di caffè prendeva anche le “cibalgine” per il mal di testa e la ricordo sempre il sabato con la testa fasciata per attutire il dolore che le prendevano braccia e spalle, con cervicale annessa, infiammate dallo sforzo prolungato, perché il bucato durava dalla mattina le 8.30 fino al primo pomeriggio, in quanto in mezzo c’era da preparare anche il pranzo e venirci prendere all’asilo e successivamente a scuola.


Lo stiro non era tutto rose e fiori i primi tempi esistevano due tipi di ferro, uno grande a carbone  piuttosto macchinoso, con la stiratura molto difficile perché era facile sporcare di carbone la roba e se era biancheria, ciò vanificava il duro lavoro di bucato.



Più maneggevoli invece i ferri piccoli e massicci di ferro, di cui si teneva due pezzi: uno lo si metteva a scaldare, l’altro lo si usava e si scambiavano quando si raffreddavano.


Questo che vedete è arrugginito, ma in realtà era di facile manutenzione con la lana d’acciaio da cucina si passavano e luccicavano.


Poi è arrivato il ferro da stiro elettrico, che aveva una resistenza interna fatta di piccole “avemarie” di ceramica ed una foglia di mica come conduttore. Era di facile manutenzione perché ricordo che nonno e  papà li sistemavano spesso.


Mamma usava i ferri da stiro piccoli di ferro i primi tempi, perché essendo sarta aveva bisogno di maggior peso per appiattire le cuciture di vestiti, cappotti ecc. Successivamente la nonna le regalò il ferro elettrico che costò una cifra in quanto era professionale e durò un sacco di tempo. 


Impensabile tutto ciò per le  generazioni moderne. Penso sempre con enorme riconoscenza all’inventore delle lavatrici perché ha distrutto una schiavitù immane per le donne ed è forse da annoverare tra le nostre maggiori conquiste. E che dire dei ferri da stiro di famiglia che hanno il vapore, una volta mera esclusiva delle "Puliture" (Lavanderie) dove si portava anche a "sfumare" le stoffe prima di confezionarle (si stiravano con il ferro a vapore) o a smacchiare capi delicati a secco. 

Attualmente si possono trovare lavatrici molto sofisticate, con un sacco di programmi per il tipo di bucato, la natura dell'indumento, le funzioni particolari, con l'oblò grande ed anche uno piccolo incorporato per inserire durante il lavaggio gli ultimi pezzi dimenticati e che quando finisce il suo lavoro ti avvisa con un'accattivante musichetta.  E che dire delle asciugatrici che hanno il pregio di evitare l'83% della stiratura ed ultimamente è previsto l'arrivo di un altro attrezzo magico : 




Tutta un'altra vita! 


sabato 22 aprile 2017

fine Aprile

Tutti parlano dei tempi freddi per la stagione: i contadini fanno i falò per riscaldare l'aria vicino alle viti in fiore. Tutto sta spuntando, ma la "brusa", il ghiaccio mattutino è in agguato e sembra che i Santi del Iazo siano stati anticipati, invece del 5 maggio, son venuti fuori per Pasqua.
E quest'anno avevamo da festeggiare perché anche per gli ortodossi, a Trieste, nella comunità dei Serbi, Russi, Lituani, Ucraini ecc. e dei Greci ricorreva la loro Pasqua. 


Invece il freddo ci ha colti di sorpresa. Le rondini non si sono viste, salvo qualche sparuta coppia. I passerotti e le cince cercano i grumi di grasso e semi che la gente mette sul balcone. 



Ed io mi son trovata in una mattina freddissima, quando la Bora tagliava l'aria, ad aspettare e mi son beccata raffreddore e mal di gola. 



Pazienza, se è il dazio da pagare per una buona stagione che arrivi. E comunque anche il fermarmi a casa mi fa pensare e ripensare alle cose che ho in piedi. 



Domani è San Giorgio: mi son sposata e mi son trovata casa in questo giorno, volevo far qualcosa di speciale, invece è meglio che non vado ad attaccar malanni a qualcuno :D 



Penserò a mio marito, che ormai manca da sei anni. Alla mangiata di pesce fatta in quel giorno... rimasta negli annali della famiglia. Mentre il tempo passa e ci invita a creare nuovi ricordi, a lasciare quanto di triste alle spalle, perché il passato è Passato. 



Buon San Giorgio. 





I popoli Rom e Serbi festeggiano San Giorgio il 6  maggio, perché nella tradizione usano ancora il vecchio calendario gregoriano. Ed è la festa della rinascita e della Primavera quando tutto e tutti si scrollano di dosso torpori e blocchi dell'inverno per rinascere con la Natura nel suo verde brillante e nella luce del Sole. 


sabato 25 marzo 2017

L'ora legale

Che l'ora legale porti un certo scombussolamento è innegabile, che tutti si lamentino, dormiremo un'ora di meno, è una scemata, perché ti alzi un'ora dopo! 
Eh, si, siamo arrivati all'ora legale, sembra ieri che allestivamo l'albero di Natale e stanotte si spostano le lancette dell'orologio: sta iniziando il viaggio verso la bella stagione. 
Come al solito, "non vedevo l'ora"  ... ho fatto la battuta... :D  perché la bella stagione ci porta fuori dal freddo, che mi pesa parecchio, ci porta le rondini, che amo svisceratamente per l'allegria di vivere che hanno, ci aiuta ad asciugare i panni, che d'inverno con le basse temperature è uno stillicidio. Insomma migliora il tenore della nostra vita, si tira tardi volentieri perché il corpo apprezza l'aria tiepida ed ha poca voglia di tornare a casa. 
Leggo che in parecchi posti piove ed il tempo è cupo, per fortuna qui a Trieste i giorni uggiosi si alternano equilibratamente al sole ed a metà giornata la temperatura sale fino a 20°.  
Buona Primavera a tutti! :D


mercoledì 15 marzo 2017

Primavera è alle porte

La primavera mi incanta sempre. Il mio spirito rinasce con la luce del giorno che si protrae per più ore. Amo alzarmi che albeggia, mentre solo un paio di mesi prima alla stessa ora era buio pesto e freddo, tanto freddo. 
L'aria più mite, i tramonti infuocati, le giornate di sole che ci danno un assaggio del tepore che arriverà, mi mettono allegria ed allora ho voglia di fare, di riordinare la mente e la casa, di pulire, di togliere orpelli ormai inutili e fare posto al nuovo. 
Fuori della porta ho appeso il cuore primaverile ed ho riposto il cestino con il pino ed il vischio dell'inverno. Domenica con San Giuseppe si farà festa e le famiglie usciranno per locali e per gite felici di stare assieme. 
Ancora poco ed in Aprile s'inizia ad andare al bagno, che qua da noi significa andare al mare a prender il sole e mettere i piedi nell'acqua salata. Speriamo che riaprano presto la Lanterna, il famoso stabilimento familiarmente denominato El Pedocin. 

mercoledì 4 gennaio 2017

Niki e Puffi

Questa è la storia di Niki e Puffi. 
Niki, lui, un setter inglese, molto melanconico, un po' malconcio, quasi cieco. 
Puffi, lei, una bastardina tra il bassotto e giù di lì, molto allegra, un botolo gioioso, con tanti padroni morti alle spalle. Poi è venuta in città e la sua vita è cambiata. Ha trovato nuovi umani ed l' amico Niki con cui giocare. 
Lei mossa da una fame atavica per un passato di badanti della sua umana che la trascuravano. Finalmente nella casa di Niki ha trovato il paradiso con i suoi umani. 
Lui seguiva il suo odore quando erano in strada perché non ci vedeva più. Lei divorava le sue crocchette e quelle di Niki, Niki la guardava e poi mugolava agli umani denunciando il mal tolto. Era arrivata al punto che si portava in bocca le crocchette dal salone alla camera da letto per masticarle senza farsi sentire dagli umani, che la rimproveravano per la sua voracità.
Lei lo leccava quando lui stava male e col muso lo incoraggiava ad alzarsi. Lei  protestava a vivo abbaio quando lui le montava sopra le zampe perché non la vedeva. 
Poi hanno cambiato casa. Sono stati separati. 
Una grave malattia ha minato Niki, che stava molto male. 
Puffi ha iniziato ad avere problemi di cuore. 
Ieri lei ha avuto un inferto alle 17.20 e lui è morto alle 17.30. 
Ora sono nel paradiso dei cani che sgranocchiano ossa che ormai non ce la facevano più a mangiare. Ma di sicuro so, che Puffi soffierà da sotto il naso a Niki quelli più gustosi, come faceva quando erano qui sulla Terra e vivevano assieme ai loro umani. 


lunedì 26 dicembre 2016

Santo Stefano!

Finalmente è passato Natale! Tiro un respiro di sollievo ed anche le somme.  Tutto sommato è andata moooolto bene! :D 


Nonostante una seccante infreddatura con tosse quasi convulsa in alcuni momenti della giornata, le feste sono trascorse tra incombenze e letizia.



Da una parte mio figlio e mia figlia a rincorrere operai, idraulici, mobilieri e serramentisti per finire il piccolo appartamento dove mia figlia sperava di trasferirsi proprio per Natale, ma pazienza...     ormai i lavori sono agli sgoccioli, ma spesso le rifiniture sono quelle che vanno per le lunghe.



Dall'altra io, sommersa tra i pacchi del trasloco di mia figlia, il dog-sitteraggio di Puffi la sua cagnolina, i vari regali da fare, le commissioni da portare a termine. 



Mi sono rifiutata quest'anno di cucinare io per le feste ed ho preteso, peraltro ben accolta, che i miei figli mi portassero fuori a pranzo per Natale. Ma siamo arrivati tardi: nel nostro locale preferito era tutto esaurito. Abbiamo optato per il cenone della Vigilia. 



Tirati a lustro, perfino io ho messo il tailleur elegante con la camicetta con gli strass che con il mio cappello ci facevo la mia figura. Dopo aver dissipato un nuvolone di malumore di mia figlia, che la sua natura di Drago fa scaturire ad ogni minima contrarietà, finalmente abbiamo assaporato in allegria dei buoni piatti di pesce.  



Il giorno di Natale nel pomeriggio per far riprender le forze alla nonna (83enne che fa la chemio), ci siamo riuniti a casa mia per  scartare i regali. 



Mio figlio in gran segretezza ha occultato in casa mia un mobiletto Ikea per la nonna, che ha assemblato in poco tempo alla Vigilia, ed io l'ho mimetizzato incartandolo ed addossandoci e posandovi sopra tutti i regali. Nel corso della festa ci siamo avvicendati per l'apertura dei pacchi e le esclamazioni compiaciute sono fiorite! Alla fine rimasto il pacco gigante, lo abbiamo fatto scartare alla nonna che si è emozionata vedendo soddisfatto il suo desiderio che stava diventando per lei un vero cruccio, dato che non ne aveva trovati che le piacessero. Non vi dico la fatica di mio figlio 2 ore ad assemblarlo in officina e poi la fatica a portarlo in spalla da solo pesante com'è.  



Nella festicciola abbiamo gustato un ottimo Pandoro, di una pasticceria artigianale di amici, una vera delizia! Bagnato questa volta dal mio limoncello!  Vi do la ricetta perché è delizioso, mio figlio l'ha avuta da un Napoletano verace, quando ha chiuso la sua pizzeria per pensionamento. 



CREMA DI LIMONCELLO della PIZZERIA O' VESUVIO 


3 limoni non trattati, solo la buccia, 
1 l. di alcol Buongusto 95°
2 l. di latte parzialmente scremato a lunga conservazione
1 bacca di vaniglia o vanillina (a piacere) 
1,5 kg. di zucchero semolato (o 2 kg. se usate quello di canna) 

Mettete solo le  bucce dei limoni non trattati a macerare nell'alcol per 3-5 gg.  scuotendo la bottiglia un paio di volte al giorno. 
Quando è maturata l'infusione prima di assemblare i due liquidi, scaldate sul fuoco (io nel Bimby) il latte e scioglietevi dentro lo zucchero e aggiungete la vaniglia, SENZA farlo bollire.  
Quando lo zucchero è sciolto, lasciatelo raffreddare. 
Solo quando il latte è freddo aggiungete l'alcol, mescolate ben bene ed imbottigliate filtrando il liquido. Vi risulteranno 3,5 l. di limoncello. 
Conservate le bottiglie nel freezer (io -21°) Il liquido non gela perché c'è tanto alcol. 

A tutti Buone Feste! 


giovedì 22 dicembre 2016

Buon Natale

Eccoci ! Natale è alle porte, l'atmosfera è satura della febbrile rincorsa della gente ai regali, alla preparazione di una festa, che è stata snaturata dalla commercializzazione, di cui però la nostra famiglia ha bisogno: un momento di respiro, di allegria, il bisogno di lasciare almeno per un giorno il mondo fuori dalla nostra porta per immergerci nella famiglia. Che importa se qualche parente sarà molesto, se qualche nonna tirerà fuori la solita manfrina, se ci saranno frizioni. Davanti al panettone o al pandora si posa la spada e si impugna la forchetta e si fanno scivolare i pensieri negativi, assaporando un'oasi di cui abbiamo bisogno e che troppo spesso lo stress della vita ci impedisce di apprezzare. 
Si cerca di viverla al meglio questa Festa, magari riunendo famiglie lontane, riunendosi dopo lunghe assenze. 

Quest'anno HO deciso che non cucino, che i miei figli mi portino a pranzo fuori, mangeremo del buon pesce e non ci sarà per me la solita maratona ai fornelli, né piatti da lavare alla fine. Ci sarà solo la carta dei regali che scarteremo da riciclare o buttare. 

Quest'anno è stato stancante, son successe tante cose ma siamo "cresciuti" tutti. Nonostante le difficoltà ce la siamo cavata e di questo ringraziamo il Cielo clemente! 

Vi auguro un Buon Natale! State bene in famiglia, fatevi tante risate, che ringiovaniscono e fanno bene al cuore! Soprattutto ricordatevi di dire Ti Amo a chi vi sta vicino! 

Auguri!!! 

domenica 27 novembre 2016

Tempo d'Avvento

Insomma, 5 settimane e l'anno è finito! Che barba però, sempre a misurare il tempo: prima non si vede l'ora che passi, che arrivi il traguardo che con ansia aspettiamo, poi ci si volta indietro, quasi in crisi, e si guarda smarriti... il tempo è andato e restiamo comunque delusi, al di là di ogni realizzazione avuta!  Tipico dell'animo umano. Siamo talmente insicuri da non riuscire a dare un significato soddisfacente al tempo, se non abbiamo raggiunto il traguardo sperato e comunque, a volte, questo ci sembra svilito da come ce lo aspettavamo... ma come? tutto qui??? E ci si arrabatta a pensare come avremmo dovuto operare per migliorarlo oltre le nostre aspettative.

Di solito Dicembre è la resa dei conti, sia finanziari che di vita. Tralasciando le dolenti note dei conti da pagare a fine anno, passiamo al bilancio di vita. Cosa siamo riusciti a portare a compimento, cosa resta in sospeso, perché nonostante siamo riusciti a fare tanto, rimane in bocca l'amaro dell'insoddisfazione. 

Sarà che ci programmano per il fallimento? Quanto i media ci lavano il cervello dandoci dei stereotipi fasulli di perfezione da raggiungere, mentre la realtà è così misera e  ben al di sotto delle aspettative? 

Nel mio 2016 ho portato a termine alcuni grossi cambiamenti. Uno ancora in atto, ma sempre motivo di progressi e quindi mi dichiaro soddisfatta, anche se il transitorio non è mai tranquillo, ma crea ansia e quindi fino al traguardo sto "come color che son sospesi". 

Ottimismooooo!  

Deve essere la nostra parola chiave!  Chi vede la vita con ottimismo ha la strada più lieve del cupo misogino pessimista! Che diamine, già la vita è dura, a che serve complicarcela?

Resta comunque la spada di Damocle di chi, al di fuori della nostra responsabilità, ha una grossa parte nella nostra vita: i politici. 

Su questo argomento dovremmo aggiornarci per San Nicolò, sperando che il santo dei Marinai ci preservi dal "naufragio politico". Che illumini gli Italiani ad una scelta coerente... e speriamo che Dio ce la mandi buona qualsiasi risultato venga raggiunto. Perché comunque vada saremo sempre solo ed esclusivamente nelle LORO mani. 

Buona Vita, ma soprattutto Buon Avvento a chi crede e chi non ci crede, fa lo stesso: siamo tutti uguali sotto il sole!  


venerdì 18 novembre 2016

Venerdì di pioggia

Ogni mattina esco con i miei figli ed andiamo a bere un caffè al nostro bar preferito, così di fretta, poi li accompagno alla macchina,  si parla un paio di minuti, a volte di più a volte di meno, secondo il tempo a disposizione e poi li saluto con un bacio e loro se ne vanno a lavorare.
La mia giornata inizia presto. Mi lavo, poi inizio a preparare: colazione per me e mia figlia, pranzo per mio figlio, per la nostra cagnolina e poi mi vesto e scendiamo. Tutti in macchina alla volta del bar. Per cui dopo che i miei figli partono io finalmente mi rilasso. Torno al bar, mi siedo al mio tavolino, ormai "mio" per usucapione, visto che mi ci seggo ogni giorno lavorativo e vado in quel locale dal 1974... mi siedo ed aspetto la mia amica, con cui scambiare un po' di chiacchiere prima che anche lei vada a lavorare. E sono le 8:30. 
La mia vita si dipana in questa routine mattutina, che mi vede poi fare commissioni, fare la spesa, andare per uffici quando serve... insomma... continuare la mia vita da pensionata. 
Le ore, i giorni, le stagioni ed anche gli anni si dipanano in una matassa ora quieta, ora aggrovigliata, con gioia o con ansia, a volte con dolore: è la vita...
A volte mi guardo indietro, forse troppo spesso. Ripenso, come sarebbe andata, se avessi agito diversamente? La domanda sembra inutile, in realtà non lo faccio per rimpiangere occasioni perdute, ma per capire dove ho sbagliato e come posso utilizzare l'informazione per il futuro e se posso guarire ferite ancora aperte. Da questa analisi parte una trasformazione vitale : il CAMBIAMENTO! Necessario, a volte straziante, a volte entusiasmante... l'importante è capirlo, abbracciarlo e perfezionare il tiro fino a che non si centra il bersaglio. 
In questo periodo il cambiamento è molto pesante. Direi un periodo difficile, ma non il peggiore, anzi. Tra alti e bassi sono tante le cose che ho capito, che son riuscita a trasformare, che ho portato a termine. In altre ancora mi arrovello, ma pazienza... un po' alla volta... 
Ed ogni tanto una pausa,  non esco la mattina con i miei figli, resto ad impigrire a casa e quale occasione migliore di una giornata di pioggia per  riprender fiato,   assaporare la sosta prima di riprendere l'azione.  Buona vita a tutti :D 

lunedì 31 ottobre 2016

E' da tanto..

.....che non scrivo.

In questo periodo  sono succeduti molti avvenimenti che mi hanno riempito la vita e portato via il pensiero. 

E così un altro mese è trascorso, abbiamo chiuso con l'ora legale, stiamo apprezzando le ultime giornate di sole dell'Estate di San Martino e già si pensa che presto bisogna fare la lista dei regali per Natale.

Intanto si pensa ai propri morti, perché per noi Italiani è il tempo dell'anima, non abbiamo bisogno di  esorcizzare la morte con la festa di Halloween, noi la morte la viviamo in modo diverso. I morti riposano e non vengono dall'oltre tomba a spaventarci, ma ci proteggono e ci accompagnano, fino a quando i nostri passi non diventano più sicuri.

Come ogni anno la ricorrenza vede un fiume enorme di fiori, il pellegrinaggio ai cimiteri di gente che al cimitero non ci penserà più che fra un anno. Tutti a sentenziare che la gente adempie ad una formalità più che rinnovare il rito della rimembranza, rispondendo con un'ondata di consumismo inutile.

Ma, sapete, secondo me,  va bene anche così! Non è detto che tutti debbano tenere in ordine le tombe dei propri morti per ricordarli.  Molti non ce la fanno psicologicamente e posso capirli. Non si tratta di mancanza di rispetto o di affetto, spesso si tratta di un blocco, a voler dimenticare una perdita che fa troppo male o non voler riconoscere la perdita. 

Nel giorno dei morti di 42 anni fa abbiamo sepolto mia madre. Aveva 42 anni, io ne avevo 19. Per soddisfare un suo desiderio le mettevamo sempre dei fiori freschi sulla tomba andando in cimitero ogni secondo giorno, per 10 anni. Poi fu traslata in un altra città dove abitavano i suoi genitori e da allora le nostre visite diradarono per ovvi motivi. Accudire la tomba di mia madre nei 10 anni era il mantenere un legame con lei, ma soprattutto un "obbedire" alla sua volontà di avere sempre fiori freschi sulla sua tomba, anche uno solo. 

Mio marito è deceduto 5 anni fa, eppure se vado da lui un paio di volte l'anno  è tanto. Quando vado lì non riesco a capacitarmi che lui non ci sia più. La mia mente non vuole accettare la sua dipartita, anche se fisicamente non è più nella mia vita, lo sogno spesso, durante i primi anni era come se la nostra vita coniugale continuasse nel sogno. Ed i sogni talmente vividi da sembrare una vita parallela.  Ed andare al cimitero era sancire l'ineluttabilità del distacco della morte. 

In realtà non ho ancora accettato di riconoscere di aver seppellito mio marito: quello che giace lì sono le  ossa di un uomo trasformato dal dolore e dalla malattia, menomato nella mente dal panico, dai farmaci, dai danni di un leggero ictus. La sua anima ed il suo spirito sono svaniti a poco a poco, mangiati dalla sofferenza. Solo la sua ombra arrancava e lottava con la forza di un leone indomito contro la malattia.  Non ho mai accettato ciò che era diventato e la morte che per lui è stata una liberazione, per me è stata la fine di una battaglia. 

Quanto è effimera la nostra vita. Prima siamo parte di una realtà fisica, poi più nulla... restiamo e viviamo solo nei ricordi, non c'è vita nelle loro tombe, c'è il deposito di un'enorme sofferenza che i morti hanno patito. Ma la loro anima è vicina a noi, la possiamo percepire, il ricordo, non la tomba, li lega a noi...

E come  recita la poesia...


La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.