Allyson Swaby
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Allyson Renee Swaby (1996 – vivente), calciatrice giamaicana.
Citazioni di Allyson Swaby
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Onestamente, non ricordo la prima volta con un pallone tra i piedi. Non c'è stato un momento della mia vita in cui non ho amato il calcio. L'ho sempre adorato, per me è stato sempre un divertimento, mai un peso o qualcosa che mi metteva pressione. [...] La difficoltà più grande, da giovane ragazzina nera, era che non vedevo nessun altro come me fare quello che facevo io.[1]
Daniele Manusia, ultimouomo.com, 26 giugno 2020.
- [«Tu sei nata e cresciuta negli USA, che rapporto hai con le tue origini giamaicane?»] Entrambi i miei genitori sono immigrati. Mio padre è venuto in Connecticut quando aveva diciassette anni, era nato e cresciuto in Jamaica, mentre mia madre è nata a Londra da genitori giamaicani. Quindi è sempre stata parte della mia cultura, con dei genitori immigrati di prima generazione è stato quasi come crescere in Jamaica. Ci sono molte cose che sono radicate in me.
- Che lo si voglia o meno ammettere, [nella discussione pubblica] la voce degli atleti è molto influente.
- Da quando sto in Italia devo pensare molto di più, anche perché in realtà qui le giocatrici sono talentuose e intelligenti, non importa se magari sono dieci centimetri più basse di me. Sono diventata una calciatrice migliore dal punto di vista tattico e tecnico e ho dovuto abbandonare la mia comfort zone, che era appoggiarmi sulle mie capacità atletiche.
- Magari lo sguardo di una singola persona non ti rovina la giornata, ma è la somma di tutti gli sguardi che a un certo punto diventa troppo. Io credo che il razzismo più "soft" sia altrettanto pericoloso di quello più aperto.
- [«Gli italiani che hai conosciuto, a cui hai detto che sei una calciatrice, come hanno accolto la notizia?»] Ho notato un po' di confusione a volte, come se non capissero che giocare a calcio è la sola cosa che faccio, che sono qui per questo. È difficile per me da dire, perché ogni tanto non capisco proprio benissimo, ma mi sembra che ci sia qualcosa di scioccante, come se alcune persone non riescano ad afferrarlo.
Intervista di Martina Mozzati, cosmopolitan.com, 20 luglio 2023.
- [«Quando hai capito che ti sarebbe piaciuto diventare una calciatrice professionista?»] Penso di averlo sempre saputo, in fondo. Forse il momento preciso, però, è stato quando ho lasciato il college per proseguire la mia carriera professionale esclusivamente come atleta nella squadra nazionale. Mi sono resa conto che ero davvero felice quando giocavo. Con dei sacrifici, ovviamente. [...] È difficile lasciare tutto e partire per l'estero, ovviamente la mia vita non mi permette di vedere spesso i miei amici e di stare con la mia famiglia, ma credo allo stesso tempo che il successo che ottengo sul campo, e vedermi fare quello che mi rende felice, sia un motivo di gioia anche per loro, oltre che per me. Questa vita comporta delle scelte, ma anche grandi soddisfazioni per tutti e ne vale assolutamente la pena. Alla fine il sacrificio è lasciare indietro situazioni che non sono in linea con gli obiettivi che vuoi raggiungere e con i sogni che vuoi realizzare per te stesso, in favore della mia carriera in questo caso. E io sono fortunata ad avere al mio fianco persone che hanno capito dove voglio arrivare.
- Il coraggio è un concetto molto potente nel calcio, dipende molto però anche da come ti senti il giorno del match, c'è sempre un momento in cui è difficile trovare coraggio, in cui tutto sembra impossibile. Poi c'è il gioco di squadra: è vero che la propria performance viene prima di tutto, ma bisogna sempre ricordarsi che ci sono altre 10 persone in campo, che non esiste calcio senza gruppo, e così come la squadra è lì per tirarti su se cadi, anche tu sei lì per le compagne. La creatività è un bellissimo concetto da applicare al calcio, è ciò che separa un calciatore amatoriale da un professionista, lo trovo bellissimo. Per me un'altra caratteristica fondamentale è essere versatile. Nella vita succedono così tante cose che è molto importante saper reagire, quindi in questo senso è come essere sul campo, dove siamo abituate a rispondere sempre a quello che ti succede di fronte. E soprattutto è fondamentale continuare a insistere anche se la partita non sta andando proprio come vorresti o come ti saresti immaginata.
- [«Esiste una differenza tra il calcio femminile e maschile?»] Penso che sia solo nel tipo di investimento fatto dagli sponsor e dai media nel dargli visibilità, è tutto ancora molto nuovo per il pubblico. Perché raggiungano lo stesso livello è importante che si arrivi alla parità in ambito commerciale, solo a quel punto anche le persone lo percepiranno allo stesso livello del campionato maschile.
- [...] il calcio è lo specchio di come un Paese si auto-rappresenta, è un lato culturale e identitario fondamentale.
- [«Per anni hai giocato nell'Angel City, di proprietà di Natalie Portman e America Ferrera. Anche una leadership femminile è un atto politico»] Quando ci vengono a vedere mentre giochiamo e si siedono a bordo campo è abbastanza surreale [ride, ndr]. Quando ti capita di avere due attrici che stanno in panchina mentre giochi? Penso che quello che fanno è incredibile, hanno deciso di rendere l'Angel City FC femminile anche nella leadership. La squadra è formata da donne, per le donne, ispirata dalle donne, è un progetto che ha anche un successo economico e commerciale, è molto potente. L'uguaglianza passa anche da questo tipo di scelte e il pubblico lo percepisce, è un passo verso il cambiamento.
Note
[modifica]- ↑ Dall'intervista di Francesco Paolo Giordano, Allyson Swaby ha fatto la storia del calcio giamaicano, Undici nº 51, luglio-agosto 2023; citato in rivistaundici.com, 10 agosto 2023.
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