RobMcQuack’s review published on Letterboxd:
Non so nulla di jazz.
È una musica che mi è capitato di ascoltare solo in film e serie TV dedicate. Non è che non mi piaccia eh, anzi, mi trasmette una profonda energia e dedizione da chi la esegue, come se esorcizzasse le sensazioni più profonde e sopite che ho nel cuore tirandomele fuori. Ma non conoscendo nessun artista nello specifico non ho mai avvertito la "spinta" per recuperare questo o quell'altro. Però di Blue Giant ho letto il manga e mi sono perdutamente innamorato tanto dei disegni quanto dei testi di Ishizuka, trovavo incredibile come l'autore riuscisse a farmi avvertire la musica attraverso le pagine. Ma il film di Tachikawa ha preso tutto quello che pensavo di conoscere e l'ha elevato.
Miyamoto è un talento innato nel sassofono, Sawabe ha affinato la sua abilità al pianoforte da quando aveva quattro anno, Tamada è un aspirante batterista: tre persone che non potrebbero essere più diverse tra loro e che si sono avvicinate alla musica in momenti differenti delle loro esistenze finiscono per formare un trittico vincente che lentamente con costanza, impegno, sudore e fatica scalano la vetta della musica jazz nella metropoli nipponica che non dorme mai affacciandosi alle vette del professionismo. Questo è solo l'incipit della storia, ma è quanto vi basta per salire a bordo di quello che non ironicamente sembra davvero un film di Chazelle se si fosse dato agli anime. Chi ha letto il manga si renderà immediatamente conto di come alcune delle parti iniziali dell'opera siano state tagliate, velocizzate se non addirittura raccontate tramite flashback (c'è, per quanto spicciola e minimale una struttura del racconto documentaristica molto interessante in cui versioni più adulte e invecchiate dei personaggi raccontano la vicenda ed offrono allo spettatore neofita tutti gli elementi di background necessari a capire da dove siano partiti i protagonisti), ma è una scelta che non pesa ai fini della visione: nonostante infatti il perno della storia sia Dai, il focus del film vuole essere il rapporto dei tre e il crescendo del loro legame che si manifesta tanto nelle interazioni personali sempre genuine e autentiche per quanto ovviamente vicini agli stilemi della narrativa giapponese, così come nelle abilità tecniche e musicali.
Nei momenti di quotidianità la regia non compie chissà quali guizzi, rende apprezzabili alcuni primi piani e dettagli sulla strumentazione musicale dei tre e su alcuni dischi in particolare che denotano anche quanto Ishizuka sia preparato sull'argomento e guidato da una passione smisurata per la musica jazz; ma durante le esibizioni e le jam session... cambia tutto. Sequenze oniriche dove movimenti di camera sembrano mettere le ali alla regia, tripudi di figure geometriche e soluzioni visive che sfidano logica, spazio e tempo con colori psichedelichi ed equalizer che si sposano ad assoli di sonorità, sinfonie e percussioni che trascineranno gli spettatori in un'altra dimensione, ubriacandoli e facendogli percepire la musica sino alle budella, come se i JASS (così si chiama la band dei protagonisti) stessero suonando usando le corde della nostra anima come strumenti. In quei momenti non rimane altro che restare con gli occhi sbarrati e la mascella spalancata a guardare la totale devozione alla musica, una dedizione che sembra quasi una forza superiore stia muovendo i personaggi mentre sudati e affannati continuano questa escalation in uno stato di trance.
Raramente mi sono imbattuto in esperienze musicali e visive così immersive, c'è tanto di Wiplash e qualcosa di Babylon, non esageravo quando dicevo che c'è tanto di Chazelle qui, ed è così assurdo ritrovare queste "vibes" in un prodotto d'animazione giapponese, ma il coinvolgimento che alcune sequenze sono in grado di creare risultano davvero potenti. Ci troviamo di fronte ad uno di quei progetti dove è possibile immaginare quale sarà l'epilogo, ma è come ci si arriva che fa la differenza; tant'è che la lunga, potente e liberatoria sequenza finale è una delle più belle e soddisfacenti che abbia mai visto.
Ishizuka è un autore prolifico, e, volendo ci sarebbe la possibilità di poter tornare in questo mondo con un sequel. Se questo è il modo con cui lo si intende fare, agiamo quanto prima.
Imperdibile.