E de la Patria onor, Garzon bennato, 135Ed in buon punto ardesti al puro foco
Di quelle luci, che ver Te pietose
L’inelita Giuliana alfin converse.
Mira qual ben disposto, ed agil corpo
Avvolga in ricchi manti, e come i passi 140In leggiere volubili carole
Vezzosamente maestosa intrecci.
Odi in quante non sue culte favelle
Schiuda gl’ interni sensi, e, quasi vena
Di presto mele ibleo, versi tesoro 145Di peregrini accenti. In Lei ravvisa
Le materne virtù; ravvisa in Lei
Trasfufo il Genitor, che tanto accresce,
E tanto illustra lo splendor de gli Avi.
Mestier certo io non ho di pormi a tergo 150Immaginate penne, e gir nel grembo
Caliginoso de i futuri tempi,
E là dentro veder, qual deggia questo
Nobile Par d’Amanti al secol nostro
Dar generosi Figli, ond’ abbian grido 155Le Toghe, e gli Ostri, e le onorate spade,
E l’Italico nome in pregio torni;