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Mario Andrea Rigoni

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Mario Andrea Rigoni

Mario Andrea Rigoni (1948 – 2021), scrittore italiano.

Variazioni sull'impossibile

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  • Se Platone avesse potuto conoscere il cinema, sarebbe morto di terrore.
  • Si è detto talvolta che Platone annuncia il cristianesimo. Ma non c'è niente in lui del guazzabuglio giudaico: il mondo doveva trovare salvezza nelle forme, non nella fede.
  • La volgarità di un'idea si misura dal suo bisogno di proselitismo.
  • Cristo in vicinanza della morte trema, piange, si abbandona alla disperazione. Socrate conversa serenamente con i suoi discepoli sull'immortalità.
  • Che si siano sempre pregati gli dèi è umano, ma ciò non depone, a dire il vero, in favore della nostra eleganza. Meno che mai della loro.
  • Nel reale si rischia di soffocare, nell'irreale di perdersi.
  • Nel migliore dei casi la filosofia è solo una buona mitologia.
  • Oltre un certo grado la bellezza, come l'eleganza, non è più una semplice sfida all'imperfezione e alla miseria del mondo, è una provocazione, anzi un oltraggio: ciò spiega l'odio che non poca gente nutre verso di essa.[1]
  • Verrà presto il giorno in cui, smarrito anche l'ultimo ricordo dell'anima, non potremo più versare sulla vita che lacrime finte.
  • Se leggiamo ancora le opere della filosofia antica e moderna, non è per il contenuto di verità, ma per l'emozione estetica che le loro teorie dischiudono ai nostri interrogativi sull'esistenza: tutta la storia della filosofia è storia fantastica, tutti i sistemi sono romanzi.
  • La conoscenza è l'artificio che la vita ha inventato per dimenticare ciò che essa è: una vertigine immane.
  • La superiorità dell'aforisma consiste nell'uccidere la spiegazione.
  • I grandi pensatori sono tutti contemporanei tra loro e si richiamano, per amicizie o inimicizie ideali, al di là dei secoli e dei millenni.
  • Non abbiamo nulla contro la ragione: purché si sappia che è una conoscenza dell'insolubile e un'organizzazione dell'atroce.
  • Il sesso non avrebbe niente di attraente se non fosse, insieme, cerimonia e rapina.
  • «Pensa» faccio a un amico «un giorno arriva uno che dice "Io sono il figlio di Dio"». «Imbarazzante, no?» osserva lui. Questa laconica ed elegante battuta resta, in definitiva, l'unico giudizio consentito sull'essenza del fenomeno cristiano.
  • Il cinema è arte metafisica per eccellenza. Esso offre una finzione completa della vita ma, nel contempo, mostra la vita come completa finzione. Proiettato artificialmente su uno schermo, il mondo scopre la sua essenza più vera: un regno di ombre.
  • È una delle tante assurdità dell'essere che non solo il vivere ma anche il morire debba essere ugualmente, e spesso ancor più, guadagnato. Sarebbe giusto che dal mondo si potesse almeno andarsene con passo leggero... (p. 40)
  • Convivere con gli altri è un'arte la cui difficoltà è superata soltanto da quella di convivere con sé stessi.
  • Disdegnoso gusto, quel misto di amaro piacere e ribelle disprezzo che Dante attribuisce al suicida Pier della Vigna – come definire meglio il sentimento che provo così spesso verso me, verso tutto?
  • Ciò che inebria in ogni avventura amorosa non è tanto la lusinga offerta alla propria vanità quanto la sfida recata ai limiti dell'individuazione, il fatto di irrompere in un'altra carne, attraversare un'altra vita.
  • Tutta la mia morale è in una frase di Chamfort: «Godi e fai godere, senza nuocere né agli altri né a te stesso». Tutta la mia metafisica in una di Madame du Deffand: «Non sono fatta per questo mondo; non so se ce ne sia un altro; se sì, quale che possa essere, lo temo».
  • Se mai c'è stata una conoscenza del divino, la sua fine ha coinciso con la nascita della teologia; se mai c'è stata una comunione con l'essere, essa ha durato fino all'avvento della filosofia; e così si deve dire di tutto il resto. La vita stessa rimane vita finché non spira nel pensiero e nel linguaggio. La speculazione, figura della nostalgia, cresce soltanto fra le macerie dell'esperienza, quando il possesso è cessato e l'oggetto svanito.
  • Conta di più la visita a un mattatoio che l'esperienza filosofica di venticinque secoli.
  • Ciò che rende impenetrabile alla comprensione moderna il mondo antico e rinascimentale nella loro più propria essenza è forse il fatto che in essi non si era ancora dischiuso quel mortale occhio interiore attraverso il quale, soltanto, noi oggi guardiamo.
  • Capire è fare, rispetto alla vita, quel passo indietro che ce ne escluderà per sempre.
  • Vi sono due tipi di uomini in relazione al modo di percepire l'esistenza. Gli uni vedono la realtà come realtà, pensano che il mondo sia assolutamente ovvio, naturale, logico e umano, accettano tutto e non si meravigliano di nulla e perciò vivono e muoiono, per quanto possibile, in pace; gli altri trovano tutto reale e irreale allo stesso tempo, concepiscono il mondo come un solido incubo, un'allucinazione tangibile, una vertigine pietrificata e non hanno mai potuto vincere in sé, neppure per un giorno, lo sbalordimento e il panico di essere. Nessun punto di contatto, nessuna possibilità d'intesa fra di loro, perché i secondi considerano i primi degli sciocchi fortunati e i primi giudicano i secondi dei pazzi incomprensibili.
  • Ogni autore, ogni movimento artistico o intellettuale lavora nella presunzione segreta o dichiarata che la propria idea corrisponda non soltanto a una nuova forma poetica, ma alla realtà stessa delle cose. Felice abbaglio, inganno salutare, in assenza del quale non si potrebbe produrre. In realtà, tutte le attività della mente, in qualunque ambito, riposano sul più arbitrario dei fondamenti, l'immaginazione, e sono dunque – ad un tempo – tutte ugualmente giustificate e tutte ugualmente gratuite.
  • Della verità non c'è visione o conoscenza, perché è precisamente la mancanza della verità che permette di vedere e di sapere.
  • Forse non c'è volontà di liberarsi dall'inganno che non obbedisca a un più sottile e segreto bisogno di inganno.
  • ...Istanti di gioia pura, cieli senza ombre né esalazioni di pensiero.
  • Per una di quelle leggi infernali che dominano l'esistenza, non c'è accordo possibile fra lo spirito e il corpo: l'uno risplende soltanto sulle rovine dell'altro.
  • Quand'ero ragazzo temevo che la morte fosse la fine di tutto. Più tardi ho sperato che fosse la fine di tutto. Oggi non so più nemmeno io che cosa temo e spero, dato che la mia paura si è insieme svuotata e diffusa, si è trasformata in angoscia, in uno spavento senza oggetto perché comprende tutti gli oggetti.
  • Se avete dubbi sull'antisocialità dell'uomo, se le affermazioni di certi filosofi vi sembrano eccessive o gratuite, non avete che da fare un lungo viaggio di piacere gomito a gomito con i vostri migliori amici per vedere quanti disappunti, malintesi, rivalità e irritazioni sorgano, in modo latente o manifesto, da così ideali premesse.
  • L'amore ha anche questo in comune con la poesia: che, quando ci si spiega, si è perduti.
  • Il reale pratica con uguale felicità tutti i generi letterari, ma quello che predilige, quello in cui eccelle senza confronti, è il nero.
  • Non sempre l'entusiasmo nei riguardi di un autore o di un'opera, di una persona o di un fatto, rappresenta la condizione ideale della comprensione, dato che niente eguaglia in profondità certi giudizi illuminati dall'odio.
  • Non per il numero degli imbecilli e dei folli, che sarà rimasto pressoché invariato, ma per il credito intellettuale e sociale che ha loro accordato, il nostro tempo passerà alla storia.
  • Non scrivere né per te né per gli altri, né per l'oggi né per il domani, né per il guadagno né per la gloria: insegui il tuo piccolo assoluto.
  • C'è stata un'epoca della conversazione, c'è stata un'epoca della discussione. Incapaci dell'una, nauseati dell'altra, non ci resta adesso che il soliloquio in compagnia.
  • Sono tutte illusioni, siamo d'accordo, ma le illusioni non sono tutte uguali: da quella che scegli si capisce chi sei.
  • Per staccarsi dagli altri animali, per sovrastarli e dominarli, l'uomo doveva creare in sé un'altra belva, più segreta, più raffinata e più feroce, della quale tuttavia sarebbe stato non meno vittima che padrone: così è nata la psiche.
  • Nel nostro sangue si trascina una folla di vite trascorse: di alcune conosciamo qualcosa, delle più non sapremo mai niente.
  • Non mentiamo a noi stessi, abbiamo tutti bisogno di perseguire qualche scopo nella vita, fosse pure quello, assai raro, di non avere nessuno scopo.

Note

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  1. Citato in Gino Ruozzi, Scrittori italiani di aforismi, Mondadori, Milano, 1994, vol. II, p. 1536. ISBN 9788804410294

Bibliografia

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  • Mario Andrea Rigoni, Variazioni sull'impossibile, Rizzoli, Milano, 1993. ISBN 9788817666190

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