Alia Guagni
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Alia Guagni (1987 – vivente), calciatrice italiana.
Citazioni di Alia Guagni
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Negli Stati Uniti il calcio è semplicemente uno sport come un altro, che possono praticare tutti e che, forse, è preferito dalle ragazze sin dai tempi della scuola. Loro puntano molto sull'educazione fisica sin dall'infanzia, noi le consideriamo due ore di ricreazione. In più, in alcuni casi, ti mettono anche i bastoni tra le ruote se, come me, pratichi sport a livello agonistico. Non mi hanno mai supportata, anzi: mi hanno ostacolata! Hanno fatto di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote![1]
- [Sul passaggio dal Firenze alla Fiorentina] Prima eravamo una realtà piccola che faticava ogni anno ad arrivare a fine stagione. Mio padre era Presidente, era una lotta continua e l'ho vissuta da vicino. Molte stagioni non abbiamo preso un Euro, lo abbiamo fatto per la gloria e l'onore. Ci allenavamo la sera, dopo che ognuna di noi aveva lavorato o studiato. Era una realtà dove non potevi permetterti di pensare a un futuro. In molte hanno dovuto smettere per il lavoro, altre perché non riuscivano ad arrivare a fine mese, da noi come in molte altre Società. Grazie all'ingresso della Fiorentina è cambiato tutto: prima uscivo di casa alle 6, dopo tutta la giornata andavo agli allenamenti e tornavo a casa alle 22, tutti giorni; oggi ci permettono di fare del calcio la nostra vita, siamo seguite da uno staff sanitario adeguato, ci alleniamo due volte al giorno in strutture moderne. Io ricordo trasferte fatte sul ponte della nave, viaggiando tutta la notte. Si arrivava, si giocava e si tornava indietro. Oggi si parte un giorno prima, si arriva, si fa allenamento oppure scarico e, anche se si viaggia in giornata, abbiamo un albergo dove riposarci. La Fiorentina ha reso possibile quello che fino a due anni fa non ci potevamo neanche sognare. Loro ci hanno creduto per primi.[1]
- [«Tu sei un difensore che segna davvero tanto. Tra fare un gol e un intervento difensivo decisivo, cosa sceglieresti?»] Forse fare un gol. Sono un difensore alternativo.[2]
- Quello che fa la differenza è il gruppo. Il calcio è uno sport di squadra, si lavora tutti insieme. Avere un gruppo forte vuol dire dare tutto in campo per la squadra e questo alla fine fa la differenza.[3]
Intervista di Cristiano Carriero, Quattrotretre.it, 9 settembre 2020.
- Ai tempi del Firenze [...] approfittavo delle pause estive per andare a giocare in America: l'ho fatto per tre anni. Finivo la stagione in Italia, dopo una settimana partivo e una volta rientrata iniziavo nuovamente a giocare col Firenze. Quando una cosa ti appassiona, non esiste vacanza!
- La mia generazione è partita dal niente, poi è arrivata a disputare un mondiale e a vedere le proprie partite in TV. Non è ancora professionismo, ma lo facciamo di professione e quindi abbiamo visto l'inizio di un'evoluzione del movimento. Bisogna fare in modo che questo venga notato da tutti gli italiani, perché è un problema di cultura [...]. Purtroppo, non solo nel calcio, ma in quasi tutti gli ambienti la donna fa fatica, deve sempre lottare per ottenere probabilmente un decimo di quello che ottiene l'uomo. Il salary gap è ovunque, in tutti i campi. Quindi sì, in parte ci sentiamo ambasciatrici [...]. Si è aperto un mondo, si sono accorti, adesso sta a noi far vedere che mondo è, quello che si può raggiungere e i valori che portiamo. Da una parte, ci sentiamo un po' responsabili di questa cosa.
- [...] ci stiamo battendo per il professionismo nel calcio femminile, perché sarebbe anche ora che ci venga riconosciuto quello che facciamo. Non parlo di stipendi simili, perché non è quello il nostro obiettivo, e sarebbe fantascienza. Mi riferisco proprio al professionismo. Io lo faccio per lavoro e mi dev'essere riconosciuto come lavoro, che prenda mille, cinquemila o i milioni di euro che prendono i calciatori. Se nello sport al femminile italiano non esiste il professionismo, possiamo parlare di parità dei diritti? No. Le donne fanno qualcosa peggio degli uomini? Non mi sembra. È semplicemente un problema culturale ed è grande [...]
- [...] nella mia carriera ho ricoperto praticamente tutti i ruoli. Nella prima esperienza, quella con il Firenze, era praticamente necessario. La nostra non era una squadra organizzata come potevano esserlo la Torres o il Bardolino di quei tempi. Era una squadra che puntualmente tirava fuori quattro/cinque giocatrici forti dal vivaio e lottava. Noi eravamo proprio delle combattenti. All'interno della squadra, ero quella che riusciva ad adattarsi di più e quindi ho sempre fatto praticamente tutto quello che c'era da fare. Se mancava l'attaccante, lo facevo io. Sono stata anche capocannoniere. Se c'era bisogno di fare l'esterno, lo facevo. Ho fatto pure il centrale di difesa per un sacco di anni. [...] In realtà, per tanti anni non ho mai capito quale fosse il mio vero ruolo.
Dall'intervista di Elena Marinelli, Undici n° 45; citato in Rivistaundici.com, 24 luglio 2022.
- [«Secondo te qual è l'eredità principale che la tua generazione lascerà alle calciatrici più giovani?»] Il professionismo. Abbiamo lavorato per loro, per chi verrà dopo. Noi non ci godremo il professionismo per tanti anni; le calciatrici più giovani e quelle che adesso sono nelle giovanili e ancora prima a casa a guardare la tv, invece, sì.
- [«Quali sono i momenti più importanti della tua carriera fino a qui?»] Se devo scegliere, dico i primi. A Firenze e all'inizio era davvero come stare in famiglia. Oggi abbiamo una certa popolarità mentre in quegli anni si trattava di uscire con le amiche e tirare calci a un pallone. Ho avuto la possibilità di vivere un tempo del nostro sport in cui il pensiero principale era il divertimento e l'unica spinta era la passione. [...] Un po' mi manca quell'atmosfera. Adesso ci sono gli eventi, le interviste e va bene, si parla del calcio femminile ed è giusto, ma queste cose ti fanno cambiare prospettiva sulle cose. [...] Troppe luci possono far perdere l'orientamento.
- Il calcio [...] è stata sempre la cosa che mi ha fatto stare meglio. In campo passa tutto. Il calcio ti fa sfogare, ti fa stare in compagnia e ti fa divertire o arrabbiare. È emozione.
- [«Uno dei pregiudizi più grandi nei confronti del calcio femminile è che, rispetto a quello maschile, manca l'agonismo [...]»] Non sono affatto d'accordo. C'è sempre stato tanto agonismo tra di noi, però finita la partita finiva la competizione. Fuori dai campi ci conoscevamo tutte, mentre nel maschile dubito che accada. Il nostro agonismo era attaccamento alla maglia, era voglia di scendere in campo in ogni condizione, era "immolarsi alla causa", senza pentimento.
Note
[modifica]- ↑ a b Dall'intervista di Tommaso Lavizzari, Alia Guagni: «Io e l'Italia che va ai mondiali», Esquire.com, 26 giugno 2018.
- ↑ Da Interviste di Lusso: Alia Guagni, Riservadilusso.it, 23 febbraio 2019.
- ↑ Citato in Salvatore Cantone, Milan femminile, Alia Guagni: "È la svolta della mia vita", Pianetamilan.it, 4 gennaio 2022.
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