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Stachys alopecuros

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Betonica bianca
Stachys alopecuros
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi I
OrdineLamiales
FamigliaLamiaceae
SottofamigliaLamioideae
TribùStachydeae
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineLamiales
FamigliaLamiaceae
TribùStachydeae
GenereStachys
SpecieS. alopecuros
Nomenclatura binomiale
Stachys alopecuros
(L.) Benth., 1834
Sinonimi

Stregona bianca
Betonica coda di volpe

La betonica bianca (nome scientifico Stachys alopecuros (L.) Benth.) è una piccola pianta erbacea dai fiori labiati appartenente alla famiglia delle Lamiaceae.[1]

Il nome generico (stachys) deriva dal greco e significa "simile alla spiga di grano".[2][3] L'epiteto specifico (alopecuros = coda di volpe) si trova per la prima volta in Teofrasto (371 a.C. – Atene, 287 a.C.), filosofo e botanico greco antico, discepolo di Aristotele, autore di due ampi trattati botanici.[4][5]

Il binomio scientifico di questa pianta è stato proposto inizialmente da Linneo (1707 – 1778), conosciuto anche come Carl von Linné, biologo e scrittore svedese considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, perfezionato successivamente dal botanico inglese George Bentham (22 settembre 1800 – 10 settembre 1884) nella pubblicazione "Labiatarum Genera et Species - 531" del 1834..[6]

Il portamento
Le foglie
Infiorescenza

Queste piante arrivano ad una altezza di 2 - 4 dm (massimo 50 cm). La forma biologica è emicriptofita scaposa (H scap), ossia in generale sono piante erbacee, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e sono dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di foglie. L'indumento è formato da peli semplici (raramente sono ramificati).[7][8][9][10][11][12][13]

Le radici sono secondarie da rizoma.

La parte aerea del fusto è ascendente e subcilindrica (o quasi quadrangolare a causa della presenza di fasci di collenchima posti nei quattro vertici). La superficie è ricoperta da sparsi peli riflessi o irsuti.

Le foglie sono di due tipi: basali e cauline. Quelle basali formano una breve rosetta, sono picciolate ed hanno la lamina a forma triangolare, cordata alla base e con i bordi regolarmente dentati; sono inoltre persistenti alla fruttificazione. Quelle lungo il fusto sono disposte in modo opposto a due a due; ogni verticillo è alterno a quello precedente; sono minori e subsessili. Inoltre sono verdi di sopra e più pallide di sotto. Lunghezza del picciolo: 5 – 10 cm. Dimensione delle foglie basali: larghezza 4 – 5 cm; lunghezza 5 – 6 cm.

Infiorescenza

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L'infiorescenza è portata in vari verticilli di tipo tirsoide (o racemo spiciforme) disposti in posizione ascellare e sovrapposti lungo il fusto. I verticilli sono compatti (a volte il primo verticillo basale è più distanziato). Ogni verticillo è composto da alcuni fiori disposti circolarmente e poggianti su due brattee (o foglie bratteali) a forma lanceolata. Le brattee del verticillo seguente sono disposte in modo alternato. Alla base del fiore è presente una bratteola lineare lunga quanto il tubo del calice. Lunghezza delle brattee: 6 – 7 mm. Dimensione della bratteola: larghezza 0,5 - 1,5 mm; 5 – 12 mm.

I fiori sono ermafroditi, zigomorfi (il calice è attinomorfo), tetraciclici (con i quattro verticilli fondamentali delle Angiosperme: calice– corollaandroceogineceo) e pentameri (calice e corolla sono formati da cinque elementi). Lunghezza del fiore: 12 – 16 mm.

  • Formula fiorale. Per questa specie la formula fiorale della famiglia è la seguente:
X, K (5), [C (2+3), A 2+2], G (2), supero, drupa, 4 nucole[8][10]
  • Calice: i cinque sepali del calice sono concresciuti (calice gamosepalo) in una forma conico-campanulata con base allargata. Il calice termina con dei denti oblungo-lanceolati, acuti e uguali. La superficie del calice è irsuta ed è percorsa da 5 - 10 nervature longitudinali. Questo organo è persistente. Lunghezza del tubo: 5 – 6 mm. Lunghezza dei denti: 2 – 3 mm.
  • Corolla: i cinque petali sono quasi completamente fusi (corolla gamopetala) in un'unica corolla pubescente formata da un tubo completamente rinchiuso nel calice e terminante da due labbra molto sviluppate derivate da 5 lobi (la struttura è 2/3). Il labbro superiore è lievemente concavo, bifido (o bilobo) e mediamente sviluppato, con la funzione di proteggere gli organi di riproduzione dalle intemperie e dal sole. Il labello (il labbro inferiore) è più sviluppato e piegato verso il basso per fare da base di “atterraggio” agli insetti pronubi; è inoltre trilobo con la parte centrale più sviluppata e bifida. Le fauci internamente sono circondate da un anello di peli (caratteristica comune a molte "labiate" che ha lo scopo di impedire l'accesso ad insetti più piccoli e non adatti all'impollinazione). La corolla è gialla. Lunghezza della corolla: 12 – 16 mm.
  • Androceo: l'androceo possiede quattro stami didinami e parzialmente inclusi nella corolla e posizionati sotto il labbro superiore. I filamenti sono adnati alla corolla. Le antere sono biloculari. Le teche sono più o meno distinte e divaricate (raramente sono parallele); la deiscenza è logitudinale. Gli stami dopo la fecondazione divergono e si attorcigliano. I granuli pollinici sono del tipo tricolpato o esacolpato. Il nettario è ricco di sostanze zuccherine.
  • Gineceo: l'ovario, profondamente quadri-lobato, è supero formato da due carpelli saldati (ovario bicarpellare) ed è 4-loculare per la presenza di falsi setti. La placentazione è assile. L'ovario è arrotondato all'apice. Gli ovuli sono 4 (uno per ogni presunto loculo), hanno un tegumento e sono tenuinucellati (con la nocella, stadio primordiale dell'ovulo, ridotta a poche cellule).[14] Lo stilo inserito alla base dell'ovario (stilo ginobasico) è del tipo filiforme ed è incluso nella corolla. Lo stigma è bifido con due lacinie uguali.
  • Fioritura: da giugno ad luglio (settembre).

Il frutto è una nucula acheniforme (schizocarpo); più precisamente è una drupa (ossia una noce) con quattro semi (uno per ovulo derivato dai due carpelli divisi a metà). Questo frutto nel caso delle Lamiaceae viene chiamato “clausa”. Le quattro parti in cui si divide il frutto principale, sono ancora dei frutti (parziali) ma monospermici (un solo seme) e privi di endosperma. La forma è da obovoide a oblunga arrotondata all'apice.

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama): ditteri, imenotteri e più raramente lepidotteri.[15][16]
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).[17] Per questo scopo i semi hanno una appendice oleosa (elaisomi, sostanze ricche di grassi, proteine e zuccheri) che attrae le formiche durante i loro spostamenti alla ricerca di cibo.[18]

Distribuzione e habitat

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Distribuzione della pianta
(Distribuzione regionale[19] – Distribuzione alpina[20])

Fitosociologia

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Areale alpino

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Dal punto di vista fitosociologico alpino Stachys alopecuros appartiene alla seguente comunità vegetale:[20]

  • Formazione: delle comunità delle praterie rase dei piani subalpino e alpino con dominanza di emicriptofite.
  • Classe: Elyno-Seslerietea variae

Areale italiano

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Per l'areale completo italiano Stachys alopecuros appartiene alla seguente comunità vegetale:[22]

  • Classe: Festuco-seslerietea
  • Ordine: Seslerietalia caeruleae
  • Alleanza: Caricion austroalpinae
  • Suballeanza: Caricenion austroalpinae

Descrizione: questa "suballeanza" si riferisce alle praterie emicriptofite, spesso dominate da Sesleria caerulea e da Carex sempervirens, diffuse sui versanti carbonatici da 1.700 m al limite degli alberi nelle Alpi meridionali. È una comunità relativamente termofila con microclima fresco e umido. Le comunità del Caricenion australpinae possono ritrovarsi anche in ambiti collinari e submontani. La distribuzione è relativa all'alleanza endemica del territorio insubrico.[23]

Altre alleanze per questa specie sono:[22]

  • Ranunculenion hybridi

La famiglia di appartenenza della specie (Lamiaceae), molto numerosa con circa 250 generi e quasi 7000 specie, ha il principale centro di differenziazione nel bacino del Mediterraneo e sono piante per lo più xerofile (in Brasile sono presenti anche specie arboree). Per la presenza di sostanze aromatiche, molte specie di questa famiglia sono usate in cucina come condimento, in profumeria, liquoreria e farmacia. Il genere Stachys comprende più di 300 specie[11][24] con una distribuzione cosmopolita (ad eccezione dell'Australia e Nuova Zelanda), due dozzine delle quali vivono spontaneamente in Italia. Nell'ambito della famiglia il genere Stachys è descritto all'interno della tribù Stachydeae Dumort., 1827[24] (sottofamiglia Lamioideae Harley, 2003[25]). Nelle classificazioni meno recenti la famiglia Lamiaceae viene chiamata Labiatae.[8][9]

Per questa specie il basionimo é:[20]

  • Betonica alopecuros L., 1753

Per questa specie sono riconosciute le seguenti sottospecie:[1][7][21]

  • Nome scientifico: Stachys alopecuros subsp. alopecuros.
  • Descrizione:
  • la pianta ha delle dimensioni medio-ridotte;
  • foglie: le foglie basali sono più grandi con 13 - 18 denti per lato;
  • infiorescenza: la spiga ha una forma cilindrica compatta con eventualmente 1 - 2 verticilli inferiori poco distanziati (0,5 - 1 cm);
  • calice: lunghezza del calice di 6 - 7 mm;
  • corolla: il labbro superiore è intero, arrotondato e sviluppato a cupola.
  • Nome scientifico: Stachys alopecuros subsp. jacquinii (Godron) Vollmann.
  • Descrizione:
  • la pianta ha delle dimensioni medio-ridotte;
  • foglie: le foglie basali sono più grandi con 13 - 18 denti per lato;
  • infiorescenza: i verticilli inferiori sono molto distanziati (5 - 10 cm);
  • calice: lunghezza del calice di 8 mm;
  • corolla: il labbro superiore è diviso in due punte più o meno acute;

(Non tutte le checklist riconoscono questa sottospecie.)

  • Nome scientifico: Stachys alopecuros subsp. divulsa (Ten.) Pignatti.
  • Descrizione:
  • la pianta ha dimensioni maggiori;
  • foglie: le foglie basali hanno 18 - 28 denti per lato;
  • infiorescenza: la spiga è compatta;
  • calice: lunghezza del calice di 10 mm;
  • corolla: il labbro superiore è bilobo, ossia diviso in 2 lobi più o meno arrotondati;

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[1]

  • Betonica alopecuros L.
  • Betonica alopecuros subsp. godronii (Rouy) M.Laínz
  • Betonica alopecuros var. jacquinii (Gren. & Godr.) Nyman
  • Betonica alopecuros subsp. jacquinii (Gren. & Godr.) O.Schwarz
  • Betonica alpina Mill.
  • Betonica flava St.-Lag.
  • Betonica jacquinii Gren. & Godr.
  • Betonica jacquinii subsp. albanica Kümmerle & Jáv.
  • Betonica lutea Lam.
  • Betonica orphanidea Heldr. ex Boiss.
  • Sideritis alopecuros (L.) Scop.
  • Stachys alopecuros subsp. godronii (Rouy) Merxm.
  • Stachys godronii (Rouy) Rouy ex Prain
  • Stachys jacquinii (Gren. & Godr.) Fritsch
  • Stachys javorkae Pénzes

Altre notizie

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La betonica coda di volpe in altre lingue è chiamata nei seguenti modi:

  • (DE) Gelbe Betonie, Fuchsschwanz-Ziest
  • (FR) Épiaire vulpin
  1. ^ a b c Stachys alopecuros, su The Plant List. URL consultato il 5 aprile 2016.
  2. ^ David Gledhill 2008, pag. 360.
  3. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 5 marzo 2016.
  4. ^ David Gledhill 2008, pag. 43.
  5. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 5 marzo 2016.
  6. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato il 5 aprile 2016.
  7. ^ a b Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 463.
  8. ^ a b c Judd, pag. 504.
  9. ^ a b Strasburger, pag. 850.
  10. ^ a b dipbot.unict.it, https://web.archive.org/web/20160304200501/http://www.dipbot.unict.it/sistematica/Lami_fam.html (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  11. ^ a b Kadereit 2004, pag. 223.
  12. ^ Motta 1960, Vol. 3 - pag. 761.
  13. ^ Catalogazione floristica - Università di Udine, su flora.uniud.it. URL consultato il 5 aprile 2016.
  14. ^ Musmarra 1996.
  15. ^ Kadereit 2004, pag. 177.
  16. ^ Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 437.
  17. ^ Kadereit 2004, pag. 181.
  18. ^ Strasburger, pag. 776.
  19. ^ Conti et al. 2005, pag. 170.
  20. ^ a b c d e Aeschimann et al. 2004, Vol. 2 - pag. 122.
  21. ^ a b EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 5 aprile 2016.
  22. ^ a b Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org, p. Stachys alopecurus. URL consultato il 5 aprile 2016.
  23. ^ Prodromo della vegetazione italiana, su prodromo-vegetazione-italia.org, p. 46.2.2.1 SUBALL. CARICENION AUSTROALPINAE POLDINI & FEOLI CHIAPELLA IN FEOLI & CHIAPELLA & POLDINI 1994. URL consultato il 5 aprile 2016.
  24. ^ a b Olmstead 2012.
  25. ^ Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 14 dicembre 2015.
  • Giacomo Nicolini, Enciclopedia Botanica Motta., Milano, Federico Motta Editore. Volume 3, 1960, p. 761.
  • Sandro Pignatti, Flora d'Italia. Volume secondo, Bologna, Edagricole, 1982, p. 463, ISBN 88-506-2449-2.
  • AA.VV., Flora Alpina. Volume secondo, Bologna, Zanichelli, 2004, p. 122.
  • 1996 Alfio Musmarra, Dizionario di botanica, Bologna, Edagricole.
  • Eduard Strasburger, Trattato di Botanica. Volume secondo, Roma, Antonio Delfino Editore, 2007, p. 850, ISBN 88-7287-344-4.
  • Judd S.W. et al, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, ISBN 978-88-299-1824-9.
  • F.Conti, G. Abbate, A.Alessandrini, C.Blasi, An annotated checklist of the Italian Vascular Flora, Roma, Palombi Editore, 2005, p. 170, ISBN 88-7621-458-5.
  • Kadereit J.W, The Families and Genera of Vascular Plants, Volume VII. Lamiales., Berlin, Heidelberg, 2004, p. 223.
  • David Gledhill, The name of plants (PDF), Cambridge, Cambridge University Press, 2008. URL consultato il 5 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  • Richard Olmstead, A Synoptical Classification of the Lamiales, 2012.

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Collegamenti esterni

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