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Qiushi

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Qiushi
StatoCina (bandiera) Cina
Linguacinese, inglese
Periodicitàbimestrale
Genererivista politica
Fondazione1 luglio 1988
EditoreComitato centrale del Partito Comunista Cinese
ISSN1002-4980 (WC · ACNP)
Sito webwww.qstheory.cn/
 

Qiushi (求是S, QiúshìP, lett. "Cercando la verità") è un periodico bimestrale di teoria politica edito dal Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, con sede a Pechino.[1][2]

Fondata il 1 luglio 1988, la rivista ha sostituito il periodico Hongqi ("Bandiera Rossa")[3][2] di Mao Zedong che fu chiuso da Deng Xiaoping alla luce del mutevole clima politico della Cina e del PCC che si era allontanato dagli ideali della Grande rivoluzione culturale a favore del socialismo con caratteristiche cinesi.[4]

Il sito web ufficiale è stato pubblicato il 1 luglio 2009, mentre la sua versione in lingua inglese è stata lanciata il 1 ottobre 2009[2] all'interno di un progetto da 45 miliardi ¥ (circa 6 miliardi $) perseguito dal PCC per promuovere i principali media cinesi all'estero.[5]

Nel 2010 ha registrato una diffusione di 1,26 milioni di copie in più di 100 paesi e regioni. Secondo quanto riferito dalla redazione del periodico, ha avuto nello stesso anno "una circolazione domestica di oltre 1 milione di copie per 14 anni consecutivi".[2]

Nel gennaio 2015, Qiushi ha pubblicato un articolo scritto dal funzionario del PCC Xu Lan nel quale criticava i professori universitari per "diffondere i valori occidentali" tra i giovani cinesi.[6]

Lo scopo del Qiushi è quello di "pubblicizzare la filosofia di governo del PCC" con contenuti che riportano questioni politiche, economiche, culturali e sociali, fornendo allo stesso tempo delle analisi sulla politica internazionale e sulle relazioni estere della Cina.[2] Circa il 60% dei suoi articoli sono scritti da membri del Partito, mentre la restante percentuale vede la partecipazioni di professori ed accademici dei principali istituti cinesi.[2] Viene spesso usato dai segretari generali come ulteriore mezzo per esprimere e approfondire le proprie idee e politiche.[7]

Il Qiushi è ampiamente diffuso tra i funzionari di alto livello del Partito Comunista.[8] Il titolo deriva dalla citazione shi shì qiú shì (实事求是), ovvero "Cercare la verità a partire dai fatti". Il logo della rivista è scritto con la calligrafia di Deng Xiaoping.[2]

Al Qiushi è affiancato l'Hongqi Wengao (红旗文稿S, Hóngqí wéngǎoP), un periodico semestrale pubblicato e distribuito anche all'estero con il titolo Red Flag Manuscript.[5][9]

La versione inglese viene realizzata traducendo articoli selezionati dall'edizione cinese e dalla pubblicazione affiliata Red Flag Manuscript, oltre ad estratti e articoli teorici provenienti da altri periodici cinesi.[10]

  1. ^ Europa World Year, Taylor & Francis Group, 2004, p. 1142, ISBN 978-1-85743-254-1.
  2. ^ a b c d e f g (EN) About Qiushi Journal, su Qiushi. URL consultato il 14 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 16 febbraio 2015).
  3. ^ Kevin Latham, Pop Culture China! Media, Arts, and Lifestyle, ABC-CLIO, 2007, p. 153, ISBN 978-1-85109-582-7.
  4. ^ (EN) China to Furl Red Flag, Its Maoist Theoretical Journal, in Los Angeles Times, 1º maggio 1988.
  5. ^ a b (EN) Malcolm Moore, Communist Party magazine gets English edition, in The Telegraph, 25 luglio 2009. URL consultato il 2 gennaio 2020.
  6. ^ (EN) Mark Hanrahan, Chinese Communist Party Magazine Blasts University Professors Spreading 'Western Values', su International Business Times, 25 gennaio 2015. URL consultato il 28 aprile 2015.
  7. ^ (EN) Xi's article on China's system, governance published, su Xinhua, 1º gennaio 2020. URL consultato il 2 gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 2 gennaio 2020).
  8. ^ (EN) Sunny skies: China’s gold ambitions, in Financial Times, 17 agosto 2012.
  9. ^ (ZH) 红旗文稿, su qstheory.cn, 求是. URL consultato il 2 gennaio 2020.
  10. ^ (EN) Subscription, su Qiushi, 31 ottobre 2012. URL consultato il 2 gennaio 2020.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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