Politecnico di Bari
Politecnico di Bari | |
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Sede centrale presso il Campus "Ernesto Quagliarello" di Bari | |
Ubicazione | |
Stato | Italia |
Città | Bari |
Altre sedi | Taranto |
Dati generali | |
Soprannome | PoliBa |
Motto | de' remi facemmo ali[1] |
Fondazione | 1990[2] |
Tipo | Politecnico |
Dipartimenti | Ingegneria elettrica e dell'informazione - Meccanica, matematica e management - Scienze dell'ingegneria civile e dell'architettura - Ingegneria civile, ambientale del territorio, edile e di chimica - interateneo di Fisica[3] |
Rettore | Francesco Cupertino |
Dir. generale | Sandro Spataro |
Studenti | 10 072 (2018)[5] |
Dipendenti | 275 docenti 252 tecnici e amministrativi (2018[4]) |
Colori | Ciano |
Sport | CUS Bari |
Mappa di localizzazione | |
Sito web e Sito web | |
Il Politecnico di Bari è un istituto universitario italiano a carattere scientifico e tecnologico. Fondato nel 1990, è il più giovane politecnico in Italia e unico nel Mezzogiorno. Sono oggetto di studio e di ricerca le discipline racchiuse negli ambiti dell'architettura, dell'ingegneria e del disegno industriale.
In base al THE Young University Rankings 2020, il Politecnico di Bari si è classificato 86° su 414 giovani università (con meno di 50 anni).[6]
Il Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management del Politecnico di Bari è stato riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca come Dipartimento di Eccellenza per il secondo quinquennio consecutivo 2022-2027 (dopo il 2018-2022) secondo in Italia per l'Area di Ingegneria Industriale e dell'Informazione, dopo il Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano.[7]
Identità visiva
[modifica | modifica wikitesto]Il Sigillo del Politecnico di Bari riporta sullo sfondo la pianta di Castel del Monte al cui centro campeggia un leone bicorporato, riproduzione del fregio di un capitello della cripta della basilica di San Nicola, sotto il quale è riportato l'anno di fondazione dell'ente. Il simbolo è racchiuso da due quadrati concentrici e di pari dimensione, sfasati di quarantacinque gradi, che sovrapponendosi generano un ottagono che circoscrive la pianta del castello. I due quadrati, inoltre, formano una stella a otto punte, riferimento alla rosa dei venti. Il tutto è racchiuso da una corona circolare nella quale sono riportate la denominazione dell'università e il motto de' remi facemmo ali, preso dall'Inferno di Dante Alighieri.[8]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La storia del Politecnico di Bari affonda le sue radici nella preesistente facoltà di ingegneria dell'Università degli studi di Bari, istituita ufficialmente con il decreto legislativo 28 gennaio 1948, n. 170. L'ateneo barese erogava i corsi del biennio propedeutico del corso di laurea in ingegneria, presso la facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali, già dall'anno accademico 1943-1944, in virtù del regio decreto 27 gennaio 1944, n. 60 (governo Badoglio I).
Inizialmente fu predisposto un unico corso di laurea, in ingegneria civile.
Il 13 aprile 1949, Girolamo Ippolito fu nominato primo preside di Facoltà dell'Università di Napoli, e un anno dopo, nel 1950, fu nominato il primo professore di ruolo, Achille Petrignani, docente di architettura tecnica, che il 25 maggio 1950 sostituì Ippolito nella carica di preside.
Il 30 gennaio 1951 si costituì il Consiglio di Facoltà, che confermò Petrignani nella carica di preside, finché questi non fu sostituito, il 30 novembre 1951, da Edoardo Orabona che ricoprì l'incarico ininterrottamente fino al 31 ottobre 1972.
I primi anni di funzionamento della Facoltà si svolsero tra difficoltà, proteste e incomprensioni che talvolta sfociarono in una vera e propria ostilità: agitazioni studentesche, assemblee e varie contestazioni. I problemi furono cagionati anche dai ritardi con cui furono avviati alcuni corsi, inoltre, l'opinione pubblica barese non comprese da subito l'importanza per la città e la regione di una Facoltà di ingegneria.
Inizialmente, le attività si svolsero in locali di fortuna ubicati al piano terra e al secondo piano dell'edificio della Camera di commercio di corso Cavour, oltre ad altri precari punti di appoggio nell'allora sede della Facoltà di economia di corso Trieste e, verso la fine degli anni '50, nell'edificio dell'Ateneo di piazza Umberto I. Si cominciarono inoltre ad allestire, sia pure in sedi provvisorie, i primi laboratori sperimentali.
Nei primi anni '60, la Facoltà ottenne, per alcuni suoi istituti, una nuova sede nel quartiere Japigia, laddove, secondo un programma edilizio del tempo, fu prevista la collocazione definitiva dell'intera istituzione. Con il trasferimento dalle sedi provvisorie e la realizzazione e/o il potenziamento di diversi laboratori, le attività ricevettero un notevole impulso. Il 29 ottobre 1972, fu inaugurata la nuova sede di via Re David, nel quartiere San Pasquale, all'interno del Campus universitario di Bari, trovarono posto, accanto alle aule, anche gran parte degli Istituti.[9] Con Legge n. 245 del 7 agosto 1990 fu istituito il Politecnico di Bari, dalle facoltà di ingegneria e architettura (istituita nel 1989), a cui si aggiunse, nel 1991, la Facoltà di ingegneria di Taranto. Nel 1991 il Senato Accademico approvò il Sigillo del Politecnico di Bari progettato dallo Studio De Liso di Bari.
Struttura
[modifica | modifica wikitesto]Successivamente all'entrata in vigore della Riforma Gelmini e la conseguente scomparsa delle facoltà, il Politecnico di Bari ha organizzato le proprie attività in cinque dipartimenti:
- Fisica, intitolato a Michelangelo Merlin (inter-ateneo con l'Università degli studi di Bari)
- Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica (DICATECh)
- Ingegneria Elettrica e dell'Informazione (DEI)
- Meccanica, Matematica e Management (DMMM)
- Architettura, Costruzione e Design (ArCoD)
La gran parte delle strutture del Politecnico è raccolta nel campus universitario "Ernesto Quagliariello" di Bari, condiviso con l'Università di Bari, situato in via Orabona nel quartiere San Pasquale. Nella vicina via Amendola hanno sede il rettorato e altre strutture amministrative, oltre all'area dei grandi laboratori nei padiglioni delle ex acciaierie Scianatico. A Bari sono presenti, inoltre, altre due sedi, una nel quartiere Japigia, dove è situata una parte dei laboratori del Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management, l'altra, l'Isolato 47, nel centro storico. L'ateneo dispone inoltre di una sede decentrata a Taranto, dove si trova il Centro interdipartimentale Magna Grecia.
- Laboratori
Il Politecnico dispone di quarantanove laboratori di ricerca, due dei quali afferenti all'ateneo e gli altri dipendenti dalle ex facoltà e dipartimenti.[10]
Biblioteche
[modifica | modifica wikitesto]La rete bibliotecaria è articolata in undici sedi e dispone di fondi librari provenienti da donazioni di istituzioni e cittadini privati, fra questi il Fondo Francesco Moschini e la Biblioteca della Fondazione Gianfranco Dioguardi.
Museo
[modifica | modifica wikitesto]Il museo della fotografia nacque nel 2006, in seguito al rapido sviluppo dell'archivio di architettura e urbanistica del Politecnico.[11]
Radio
[modifica | modifica wikitesto]Radio Frequenza Libera è la web radio universitaria del Politecnico di Bari. Il progetto è stato avviato nel 2013 da un gruppo di studenti sviluppando un palinsesto di contenuti radiofonici originali e musica sotto licenza Creative Commons; il progetto ha successivamente ottenuto il patrocinio da parte del Senato accademico[12]. Radio Frequenza Libera è radio affiliata dell'associazione delle radio universitarie RadUni[13][14]
Rettori
[modifica | modifica wikitesto]Elenco dei rettori del Politecnico di Bari[15]:
- Attilio Alto (1990-1994)
- Umberto Ruggiero (1994-1997)
- Antonio Castorani (1997-2003)
- Salvatore Marzano (2003-2008)
- Nicola Costantino (2009-2013)
- Eugenio Di Sciascio (2013-2019)
- Francesco Cupertino[16] (dal 2019)
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Il sigillo del Politecnico, su Politecnico di Bari. URL consultato il 29 marzo 2018.
- ^ Storia, su Politecnico di Bari. URL consultato il 29 marzo 2018.
- ^ Dipartimenti, su Politecnico di Bari. URL consultato il 16 novembre 2021.
- ^ Ateneo in cifre, su Politecnico di Bari. URL consultato il 16 novembre 2021.
- ^ Anagrafe, su MIUR. URL consultato il 23 ottobre 2020.
- ^ (EN) Young University Rankings, su Times Higher Education (THE), 16 giugno 2020. URL consultato il 23 ottobre 2020.
- ^ Elenco dei 180 Dipartimenti vincitori 2018-2022 (PDF), su anvur.it. URL consultato il 23 ottobre 2020 (archiviato dall'url originale il 26 ottobre 2020).
- ^ Il Sigillo del Politecnico | Politecnico di Bari, su www.poliba.it. URL consultato il 23 luglio 2018.
- ^ Facoltà di Ingegneria di Bari | Politecnico di Bari, su www.poliba.it. URL consultato il 23 luglio 2018.
- ^ (EN) Laboratories | Politecnico di Bari, su www.en.poliba.it. URL consultato il 23 luglio 2018.
- ^ Museo della Fotografia del Politecnico di Bari, in viaggiareinpuglia.it. URL consultato il 23 luglio 2018.
- ^ Verbale Senato Accademico 10/02/2014 (PDF), su poliba.it.
- ^ Sito Ufficiale Radio Frequenza Libera, su frequenzalibera.it.
- ^ Radio Affiliate RadUni, su raduni.org.
- ^ Storia, su poliba.it. URL consultato il 3 luglio 2019.
- ^ Politecnico Bari, insediato nuovo rettore Francesco Cupertino, in La Gazzetta del Mezzogiorno, 1º ottobre 2019. URL consultato il 2 ottobre 2019.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Attilio Alto, Università Politecnico di Bari, in «GB progetti» n. 16, 1993, pp. 158–159
- Ernesto Bosna, Storia dell'Università di Bari, Bari, Cacucci Editore, 1994
- AA.VV., Prima Facoltà di Ingegneria 1947-1997. Cinquant'anni al servizio dell'Alta Formazione della Ricerca Scientifica e del Trasferimento Tecnologico, Adriatica Editrice, Bari 2003
- Vincenzo D'Alba e Francesco Maggiore, Il Palazzo delle Biblioteche: Teoria, Storia e Progetto. Ipotesi per il Campus Universitario di Bari, Mario Adda Editore, 2009
- Geppi De Liso, Il simbolo del Politecnico, in Dalla china con amore, Adda Editore , Bari, 2017
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (IT, EN) Sito ufficiale, su poliba.it.
- Sito ufficiale, su poliba.it.
- Alfredo Sollazzo, Storia della Facoltà di Ingegneria di Bari, su ingbari.poliba.it. URL consultato il 2 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2013).
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