Operazione Ke
Operazione KE parte del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale | |
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La mappa della fase finale dei combattimenti e dell'evacuazione | |
Data | 1º - 7 febbraio 1943 |
Luogo | Isole Salomone |
Esito | Successo operativo giapponese |
Schieramenti | |
Comandanti | |
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L'operazione Ke fu il capitolo finale della campagna di Guadalcanal, nel quale i giapponesi evacuarono per mezzo di veloci puntate di cacciatorpediniere la maggior parte dei propri soldati rimasti su Guadalcanal. Di 20.000 soldati presenti, comandati dal generale Harukichi Hyakutake, quasi tutti vennero evacuati entro il 7 febbraio 1943 con l'ultimo soldato che saliva a bordo del cacciatorpediniere Isokaze[1], entro una segretezza pressoché totale e senza essere molestati dalle forze statunitensi. In aggiunta, il 29 gennaio una formazione di bombardieri attaccò le navi statunitensi della forza di blocco, comandata dall'ammiraglio Giffen, affondando l'incrociatore Chicago nella battaglia dell'isola di Rennel[2].
Parte l'evacuazione
[modifica | modifica wikitesto]Il 14 gennaio una spedizione giapponese inviò un battaglione come retroguardia, per proteggere l'evacuazione, denominata in codice Operazione Ke. Un ufficiale da Rabaul accompagnò le truppe per notificare a Hyakutake l'ordine di ritirarsi. Contemporaneamente, le navi da guerra giapponesi assieme a vari aerei iniziarono a portarsi in posizione attorno alle aree di Rabaul e Bougainville per eseguire l'operazione di ritiro. L'intelligence alleata rilevò i movimenti della flotta, ma li interpretò erroneamente come i preparativi per un nuovo tentativo di riconquistare l'isola[3].
La risposta statunitense
[modifica | modifica wikitesto]Il generale Alexander Patch, avvertito di quella che pensava essere un'imminente offensiva nemica, inviò una parte relativamente piccola delle sue truppe per continuare l'offensiva alle forze di Hyakutake. Il 29 gennaio Halsey, agendo in base alle stesse informazioni di intelligence, inviò un convoglio di rifornimento a Guadalcanal con la copertura di un gruppo di incrociatori. Durante la sera questa flotta di navi alleate venne avvistata da bombardieri giapponesi, che la attaccarono danneggiando gravemente l'incrociatore USS Chicago. Il giorno successivo altri aerei attaccarono il Chicago affondandolo. Halsey ordinò al resto della task force di tornare alla base e il resto delle forze navali di spostarsi nel Mar dei Coralli, a sud di Guadalcanal per essere pronti a ricevere l'offensiva nemica[4].
Nel frattempo, la 17ª Armata nipponica si ritirò verso la costa occidentale dell'isola, mentre le unità in retroguardia controllavano l'offensiva statunitense. Durante la notte del 1º febbraio, 20 cacciatorpediniere dell'8ª Flotta di Gun'ichi Mikawa al comando di Shintarō Hashimoto raccolsero con successo 4 935 soldati, principalmente appartenenti alla 38ª divisione. Entrambe le nazioni persero un cacciatorpediniere a causa di attacchi aerei e navali durante l'evacuazione[5]. Le unità statunitensi non attaccarono mai a fondo l'avversario, perché avvisate dei movimenti navali nipponici li interpretarono come volti a rinforzare le truppe per rinnovare l'attacco[6].
Nelle notti del 4 e del 7 febbraio, Hashimoto e le sue cacciatorpediniere completarono l'evacuazione del resto delle forze giapponesi da Guadalcanal. A parte alcuni attacchi aerei, le forze alleate, ancora in attesa di un'offensiva nemica, non tentarono di bloccare le operazioni di salvataggio di Hashimoto. In totale, il Giappone riuscì a prelevare da Guadalcanal 10 652 soldati. Il 9 febbraio Patch capì che i giapponesi avevano lasciato l'isola e la dichiarò Guadalcanal sicura per le forze alleate, ponendo fine alla campagna[7].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La seconda guerra mondiale - la lotta per il Pacifico - vol. 3, Guadalcanal, pag. 246
- ^ La seconda guerra mondiale - la lotta per il Pacifico - vol. 3, Guadalcanal, pag. 247
- ^ Miller, p. 338, Frank, pp. 540–560, Morison, pp. 333–339, Rottman, p. 64, Griffith, pp. 269–279, Jersey, pp. 384–388, Hayashi, p. 64.
- ^ Hough, pp. 367–368, Frank, pp. 568-576, Miller, pp. 319–342, Morison, pp. 342–350. Dopo aver sbarcato il loro carico, i trasporti statunitensi evacuarono il 2º reggimento Marines dall'isola, che era presente fin dall'inizio della campagna.
- ^ Frank, pp. 582–588, 757–758, Jersey, pp. 376–378, Morison, pp. 364–368, Miller, pp. 343–345, Zimmerman, p. 162, Dull, p. 268.
- ^ La seconda guerra mondiale - la lotta per il Pacifico - vol. 3, Guadalcanal, pagg. 241 e succ.
- ^ Frank, pp. 589–597, Jersey, pp. 378–383, 383, 400–401, Miller pp. 342–348.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Autori vari - direzione di Claude Bertin, La seconda guerra mondiale - la lotta per il Pacifico - vol. 3, Guadalcanal, Ginevra, Edizioni Ferni, 1972.
- Jack D. Coombe, Derailing the Tokyo Express, Harrisburg, PA, Stackpole, 1991, ISBN 0-8117-3030-1.
- David C. (Editor) Evans e Raizō Tanaka, The Struggle for Guadalcanal, in The Japanese Navy in World War II: In the Words of Former Japanese Naval Officers, 2ª ed., Annapolis, Maryland, Naval Institute Press, 1986, ISBN 0-87021-316-4.
- Richard B. Frank, Guadalcanal : The Definitive Account of the Landmark Battle, New York, Penguin Group, 1990, ISBN 0-14-016561-4.
- Samuel Eliot Morison, The Struggle for Guadalcanal, August 1942 – February 1943, vol. 5 of History of United States Naval Operations in World War II, Boston, Little, Brown and Company, 1958, ISBN 0-316-58305-7.
- Mark R. Peattie, Sunburst: The Rise of Japanese Naval Air Power 1909-1941, Annapolis, Maryland, Naval Institute Press, 1999, ISBN 1-59114-664-X.
- Michael T. Smith, Bloody Ridge: The Battle That Saved Guadalcanal, New York, Pocket, 2000, ISBN 0-7434-6321-8.
Altri progetti
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