Ngugi wa Thiong'o

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Ngugi wa Thiong'o

Ngugi wa Thiong'o, noto anche come James Ngugi[1] (Kamiriithu, 5 gennaio 1938), è uno scrittore, poeta e drammaturgo keniota, considerato uno dei principali autori della letteratura africana.

Ha scritto romanzi, opere teatrali, racconti, saggi e opere per bambini, sia in inglese che in lingua kikuyu. È fondatore e direttore della rivista in kikuyu Mutiiri. È stato proposto più volte come candidato al premio Nobel per la letteratura.

Ngugi è nato il 5 gennaio 1938 a Kamiriithu, nei pressi di Limuru nella contea di Kiambu, in Kenya, in una zona popolata dall'etnia Kikuyu, e fu battezzato "James Ngugi". Durante la rivolta dei Mau-Mau perse il fratellastro e sua madre fu catturata e torturata.

Frequentò la scuola missionaria locale, diventando un cristiano devoto. Nel 1963 si laureò alla Makerere University di Kampala, in Uganda; ma già l'anno prima era iniziata la sua carriera letteraria, con la messa in scena della sua opera teatrale The Black Hermit ("L'eremita nero"), che fu anche la prima opera teatrale in lingua inglese pubblicata in Africa Orientale.

Nel 1964 pubblicò il suo primo romanzo, anche in questo caso il primo in Africa Orientale, Se ne andranno le nuvole devastatrici (Weep Not, Child), scritto mentre frequentava l'Università di Leeds, in Inghilterra. Nel successivo The River Between (1965) affrontò per la prima volta il tema della rivolta dei Mau-Mau, ponendola sullo sfondo di una storia d'amore contrastata dal conflitto fra cristiani e non-cristiani.

La svolta, letteraria e politica, venne con A Grain of Wheat ("Un chicco di grano", 1967), romanzo nel quale Ngugi espresse per la prima volta posizioni esplicitamente marxiste-fanoniste. Nel libro, la difesa della proprietà collettiva della terra viene rappresentata come strumento fondamentale di riscatto per il popolo keniota. Anche in questo caso l'ambientazione è il Kenya della ribellione Mau-Mau, descritta in toni quasi epici.

Poco tempo dopo la pubblicazione di A Grain of Wheat, Ngugi rinnegò la propria fede cristiana e l'uso della lingua inglese, abbandonando anche il suo nome "coloniale" James Ngugi e adottando quello completamente kikuyu di Ngũgĩ wa Thiong'o. Successivamente iniziò a scrivere esclusivamente nella lingua nativa del suo popolo, il kikuyu, e in swahili, iniziando a esprimere posizioni politiche sempre più apertamente ostili al potere politico di quegli anni. Riuscì tuttavia a ottenere e mantenere una cattedra presso l'Università di Nairobi.

L'opera teatrale Ngaahika Ndeenda ("Mi sposerò quando lo vorrò", 1977) causò il suo arresto, ordinato dal vicepresidente Daniel arap Moi. Mentre si trovava nel carcere di Kamiti, Ngugi scrisse il suo primo romanzo in gikuyu, Caitaani mũtharaba-Inĩ ("Diavolo in croce") su alcuni rotoli di carta igienica.

Ngugi wa Thiong'o

Fu rilasciato nel 1977, ma non gli fu concesso di tornare a insegnare a Nairobi. Nel 1981 pubblicò Detained ("Detenuto"), il diario dei suoi anni in prigione, e l'anno successivo, anche in seguito a minacce e molestie subite dalla sua famiglia, scelse l'esilio volontario, trasferendosi negli Stati Uniti il 5 giugno. Nel 1986 pubblicò il saggio Decolonizing the Mind: The Politics of Language in African Literature ("Decolonizzare la mente: la politica della lingua nella letteratura africana", 1986), in cui sostenne l'importanza delle lingue africane in letteratura. L'anno successivo pubblicò una delle sue opere di maggior successo, Matigari, una satira basata su una fiaba tradizionale kikuyu.

Nel 1992 divenne docente di letteratura comparata, prima presso Yale e poi presso l'Università di New York.

La sua ultima opera (la prima dopo circa un ventennio di silenzio), Wizard of the Crow, è stata pubblicata nel 2006 da Random House.

Nel 2019 è stato insignito dal governo autonomo catalano del prestigioso Premio Internazionale della Catalogna per la sua difesa delle lingue africane e del multilinguismo[2].

Traduzioni italiane

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  1. ^ Ngugi viene scritto in diversi modi: N'Gugi, N'gugi, Ngũgĩ
  2. ^ (EN) 2019. Ngugi wa Thiong'o, su presidencia.gencat.cat. URL consultato il 10 settembre 2020.

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