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La donna che visse due volte

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La donna che visse due volte
La locandina realizzata da Saul Bass
Titolo originaleVertigo
Paese di produzioneStati Uniti d'America
Anno1958
Durata128 min
Dati tecniciTechnicolor
rapporto: 1,85:1 VistaVision
Generethriller, giallo, sentimentale
RegiaAlfred Hitchcock
SoggettoPierre Boileau, Thomas Narcejac
SceneggiaturaAlec Coppel, Samuel A. Taylor
ProduttoreAlfred Hitchcock
Casa di produzioneParamount
Distribuzione in italianoParamount (riedizione: Universal Pictures)
FotografiaRobert Burks
MontaggioGeorge Tomasini
Effetti specialiJohn P. Fulton, Farciot Edouart
MusicheBernard Herrmann (dirette da Muir Mathieson)
ScenografiaHenry Bumstead, Hal Pereira
CostumiEdith Head
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Ridoppiaggio (1984)

Logo ufficiale del film

La donna che visse due volte (Vertigo) è un film del 1958 diretto da Alfred Hitchcock. Il film è tratto dal romanzo omonimo del 1954, scritto da Boileau-Narcejac.

Nel 1989 il film è stato inserito fra quelli conservati nel National Film Registry presso la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.[1] Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al sessantunesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi,[2] mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al nono posto.[3] Nell'agosto del 2012, secondo il sondaggio di Sight and Sound per conto del British Film Institute, ha scalzato Orson Welles e il suo Quarto potere, che deteneva il primato dal 1962, andando a occupare il primo posto come migliore film di sempre.[4]

L'avvocato e poliziotto John Ferguson, Scottie per gli amici, soffre di vertigini: durante un inseguimento sui tetti dei grattacieli di San Francisco, aggrappato a una grondaia e sospeso nel vuoto, vede un collega precipitare al suolo nel tentativo di salvarlo. Quest'incidente sarà la causa delle sue successive due fobie: l'acrofobia e la basofobia, a seguito delle quali si dimetterà.

James Stewart nei panni di John Ferguson

Un suo ex compagno di college, Gavin Elster, divenuto grosso imprenditore nel campo dei cantieri navali, gli chiede d'incontrarlo. Vorrebbe affidargli l'incarico di sorvegliare sua moglie Madeleine, vittima di strane ossessioni. La donna s'identifica con la bisnonna materna, Carlotta Valdés, la quale, abbandonata dall'amante e privata della figlia nata dalla loro relazione, morì suicida a 26 anni, la stessa età di Madeleine. Scottie esita ma Elster gli mostra, durante una cena in un lussuoso ristorante, la moglie. La misteriosa bellezza della donna è tale che Scottie ne è conquistato e assume l'incarico.

Scottie incomincia a pedinare Madeleine. Dal fioraio la donna compra un bouquet di fiori, al cimitero visita la tomba di Carlotta, al museo sosta a lungo davanti al ritratto dell'ava a cui somiglia in modo impressionante, nell'antica dimora della famiglia, trasformata in albergo, si è riservata una stanza in cui trascorre qualche ora pomeridiana, infine va a passeggiare sulle sponde della baia di San Francisco nei pressi del ponte Golden Gate. Inaspettatamente si getta nelle acque della baia. Scottie prontamente si tuffa e la salva, per poi condurla nel suo appartamento perché si asciughi e si riprenda. Ormai innamorato, tenta di convincerla ad accettare il suo aiuto per guarire.

Kim Novak interpreta Madeleine/Judy
James Stewart e Kim Novak in una scena del film

Nel parco delle sequoie anche lei dichiara di amarlo e gli racconta i propri incubi. Sperando di fugare i fantasmi che la tormentano, Scottie vuole accompagnarla nei luoghi da lei nominati, per dimostrarle che sono reali e non possono fare paura. Il paesaggio descritto in un suo sogno corrisponde alla missione spagnola di San Juan Bautista. Giunti sul luogo, Madeleine si allontana da lui e sale le scale del campanile. Scottie non la può seguire a causa della sua fobia per l'altezza. In preda a un attacco di vertigini, assiste impotente al precipitare del corpo di Madeleine sul tetto sottostante.

Accertato giuridicamente il suicidio, ma con una malcelata reprimenda del magistrato nei suoi confronti per quello che considera un vero e proprio atto di codardia, Scottie cade in depressione, sentendosi colpevole di non aver salvato l'amata. Finisce quindi in una clinica psichiatrica, dove la sua amica Midge, innamorata di lui e non corrisposta, cerca di aiutarlo a riprendersi. Uscito dalla casa di cura, un anno dopo la tragedia, trova in Judy Barton, una commessa di negozio, bruna e appariscente, una certa somiglianza con Madeleine. La corteggia insistentemente, la convince a vestirsi, a truccarsi, a tingersi i capelli, a pettinarsi come Madeleine.

Judy, che in realtà è proprio la stessa donna, vorrebbe confessare la verità e sparire. Si accinge a scrivere una lettera d'addio in cui rivela di essere stata l'amante di Elster, di aver recitato la parte della moglie, di essere stata complice del suo uxoricidio (concluso da Elster gettando il corpo già morto di Madeleine, vestita alla stessa maniera di Judy, dal campanile). Poi però cambia idea, straccia la lettera e asseconda Scottie.

Scottie, convinto di aver creato in Judy una nuova Madeleine e intenerito dalla sua disponibilità, può finalmente amarla. Ma un giorno, una volta indossato un abito nero da sera, lei gli chiede di aiutarla a chiudere il fermaglio della collana: nel gioiello del pendente Scottie riconosce quello appartenuto a Carlotta Valdés, dipinto nel ritratto, acquisendo quindi la prova dell'inganno subito.

Scottie costringe Judy a tornare all'antica missione e a rivivere la scena del delitto. Vinta definitivamente la paura del vuoto, la spinge sulle scale della vecchia torre campanaria, dove lei confessa il piano delittuoso ordito con Elster, ma riafferma con forza l'amore che l'ha portata a rischiare consapevolmente di essere riconosciuta.

Sulla cima del campanile il dramma sembra concludersi con un bacio appassionato, ma all'improvviso un'ombra misteriosa e lugubre fa sussultare Judy, che precipita nel vuoto come la vera Madeleine. Una suora compare e, suonando la campana, recita un requiem: «Che Dio abbia pietà».

Il titolo originale del film doveva essere From Among the Dead, traduzione letterale del titolo del romanzo D'entre les morts scritto nel 1954 da Pierre Boileau e Thomas Narcejac, da cui il film era tratto. In Italia il romanzo venne pubblicato dopo l'uscita del film, con il titolo La donna che visse due volte.

Differenze fra libro e film

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Mentre l'azione del romanzo si svolgeva nella Francia degli anni quaranta, il film si svolge nella California del decennio successivo, ma le modifiche più importanti fatte da Hitchcock alla trama furono due. La prima è la rivelazione anticipata (a un terzo dalla fine della storia, con la scena della lettera) dell'effettiva identità tra Madeleine e Judy. Questa rivelazione consentiva al regista di spostare l'attenzione dello spettatore verso il tema del doppio, uno dei temi ricorrenti della filmografia di Hitchcock. Tuttavia il regista rimase a lungo incerto se eliminare quella scena, e la decisione finale di mantenerla fu in effetti presa dal produttore Barney Balaban, capo della Paramount.

La seconda riguarda la modalità della morte di Judy. Nel film essa precipita per una fatalità dal campanile mentre nel libro viene uccisa in un impeto di rabbia dal protagonista che, una volta ascoltata la confessione dell'inganno, non vuole credervi. Questo perché, ormai ossessionato dalla figura di Madeleine, non poteva accettare che la donna di cui si era follemente innamorato non fosse che una parte interpretata.

Sceneggiatura

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Il libro venne sottoposto a un primo trattamento da Alec Coppel, ma la sceneggiatura venne bocciata da Hitchcock. Una seconda stesura, quella definitiva, venne elaborata da Samuel A. Taylor, incontrando l'approvazione del regista. Taylor si mise al lavoro senza conoscere il romanzo e senza aver letto il primo trattamento, basandosi soltanto sul racconto della trama, espostogli direttamente da Hitchcock.

La parte di Madeleine era stata originariamente affidata a Vera Miles, già diretta dal regista inglese un anno prima (Il ladro). Ma dopo vari rinvii dell'inizio delle riprese, dovuti anche a un'operazione alla cistifellea cui Hitchcock fu sottoposto, la Miles rimase incinta. Per non ritardare ulteriormente la produzione del film, la Miles dovette rinunciare al ruolo, ma Hitchcock le riserverà l'importante parte della sorella della protagonista femminile nel successivo Psyco. Nonostante l'iniziale diffidenza[senza fonte] nei confronti di Kim Novak, caldeggiata dalla casa produttrice e già comunque famosa per film come Picnic e L'uomo dal braccio d'oro, il regista seppe trasformarla nell'archetipo di bionda inafferrabile[non chiaro] che caratterizzò molti suoi film[quali?].

Nel ruolo del protagonista maschile, James Stewart, alla sua quarta collaborazione con il regista, sa esattamente ciò che vuole da lui ed è capace "con la sua recitazione cupa e romantica di attingere al profondo delle sue capacità". In nessun altro film Hitchcock «...ha mai avuto un alter ego così evidente».[5]

Le riprese, incominciate a settembre, furono completate appena prima del Natale 1957.

La celebre scena in cui Kim Novak cade dal campanile fu girata alla missione di San Juan Bautista

I luoghi di ripresa furono progettati fino all'ultimo particolare: fu calibrata perfettamente l'illuminazione del California Palace of the Legion of Honor, furono prese le misure esatte della sala di prova degli abiti del grande magazzino Ranshoff, la disposizione del negozio di fiori. Lo stesso Hitchcock ha disegnato alcuni dei set, tra cui le scale che Scottie scende per salvare Madeleine.

I resti della California spagnola, come la Mission Dolores dove fu girata la scena del cimitero, e San Juan Batista, l'altra missione dove si svolgono le scene più drammatiche, sono luoghi dall'aspetto misterioso, quasi di sogno.[6]

Giustamente famosi i contributi tecnici del compositore Bernard Herrmann, con una partitura musicale ispirata al melodramma italiano e alla sinfonia I pianeti (Saturno) di Gustav Holst e del title designer Saul Bass, autore della sequenza introduttiva. Si individuano anche riferimenti alla magica e infiammata musica di Le Valchirie e del Liebestod da Tristano e Isotta (molto appropriata alla favola moderna delle due Isotte).[5] Spesso la musica evoca atmosfere del mondo perduto della California spagnola.

Prima: 9 maggio 1958 a San Francisco (Stage Door Theater, 420 Mason St.)

Il film ebbe scarso successo di pubblico e accoglienza tiepida da parte dei critici. Solo più tardi, durante gli anni sessanta, i cinefili incominciarono a rivalutarlo e a riscoprirlo.

Dan Aulier[7] ha suggerito che la rivalutazione del film incomincia per opera dello studioso britannico-canadese Robin Wood che nel suo libro Hitchcock Films (1968), lo definisce «...capolavoro di Hitchcock e uno dei quattro o cinque film più profondi e belli della storia del cinema». Harris-Lasky, 1976-1979, definiscono il film «... la più bella e la più crudele delle love story di Hitchcock».[8]

L'effetto Pigmalione

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Il professore rumeno Victor Stoichiță, autore di un saggio sul “simulacro”, componente fondamentale dell'immaginario occidentale, ha esaminato il film La donna che visse due volte come esempio di assunzione cinematografica del mito di Pigmalione, il mito fondatore del simulacro.[9] Lo studioso afferma che un conflitto pigmalionico si dipana nascostamente in Vertigo.

Se esiste una figura nella cultura moderna che incarna questa relazione è proprio quella del regista, colui che “mette in scena”. A lui soltanto è riconosciuto il potere esclusivo di creare dei simulacri per un pubblico che paga il biglietto. «Ti ha forse istruita? Ti ha fatto provare» chiede rabbiosamente Scottie a Judy riferendosi a Elster. In Vertigo Elster e lo stesso Scottie si costituiscono "pigmalioni", in contrasto con la professione del regista, poiché non esercitano questa professione ma la plagiano con finalità oscure.

Nel finale Scottie ottiene il miracolo di ricreare Madeleine da Judy: «Judy con il tailleur grigio, bionda e con i capelli raccolti in uno chignon esce dal bagno. Nella stanza immersa nella luce verde del neon, si palesa sulla soglia come una sagoma, è confusa e impalpabile come un'apparizione. Madeleine sta tornando? Dopo un istante d'immobilità come se fosse incerta se superare la soglia tra sogno e realtà, finalmente avanza. Un'ombra enorme si proietta sulla parete della camera, ancora un passo e l'ombra scompare. Il doppio è uno. Scottie ha le lacrime agli occhi apre le braccia e nell'abbraccio che segue, accompagnato dalla celeberrima ripresa a 360 gradi e dalla musica memorabile di Herrmann, il suo sguardo continua a essere allucinato.»[9]

Il quadro e la cornice

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Nella sequenza girata al museo, guardando al pari di Scottie, lo spettatore vede Kim Novak, di spalle, assorta nella contemplazione del dipinto, inquadrato di fronte.

Questa "immagine nell'immagine", il "quadro nel film", incastona una immagine fissa in un'immagine in movimento. L'immagine in movimento concerne l'azione, la vita, l'immagine fissa la morte e ciò mette in risalto il fascino del vivente davanti alla morte, un tema che Hitchcock aveva già affrontato, ad esempio in Rebecca, la prima moglie.

La relazione simulata fra Madeleine e Carlotta si configura attraverso alcuni elementi: il mazzo di fiori posato sulla panca come uscito dalla cornice del quadro, il pendaglio di Carlotta che uscirà dalla cornice soltanto alla fine della storia, le onde nei capelli di Carlotta che si trasformeranno nella spirale dello chignon di Madeleine, «... emblema della vertiginosa incastonatura dei simulacri, dell'ebbrezza erotica, dell'attrattiva senza fine degli interdetti e, in definitiva, del film nella sua totalità.»[9]

Il tema del doppio è sottolineato dalla presenza di specchi in molte scene del film: il negozio di fiori all'inizio, la boutique dove Scottie commissiona il tailleur, l'Ernie's Restaurant e la stanza di Judy all'Empire Hotel. Essi rappresentano il continuo gioco di rimandi «... Kim Novak che recita Judy che recita Madeleine che recita Carlotta... un caso limite dell'effetto Pigmalione».[9]

Il volto di Madeleine

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«Un'icona di profilo» lo definisce Jean Pierre Esquenazi.[10]

Scottie, invitato da Elster nel ristorante da Ernie's, è seduto al bar e vede per la prima volta Madeleine di spalle. Poi Madeleine si alza e attraversa la sala: un primissimo piano presenta il suo profilo che si proietta, da sinistra a destra, sulla tappezzeria cremisi della parete.

Nella seconda parte del film, nella stanza dell'Hotel Empire, di sera, Hitchcock inquadra il profilo di Judy che guarda verso sinistra, illuminato dalla luce verdastra di un'insegna al neon. Ha un aspetto spettrale e pare l'esatto negativo di quello di Madeleine: è tutto il passato che ritorna.

«In Vertigo, proprio come nella fotografia e nel film, il negativo è l'originale, e il positivo la contraffazione.»[9]

Elemento visivo caro al regista in molte sue opere raggiunge qui la sua acme con la presenza di scenografie ricchissime di strisce sia orizzontali sia verticali (dalla tappezzeria, alle persiane, alla copertura delle lampade e il rivestimento di poltrone e divani, fino alle cravatte di Scottie, quasi sempre a righe).

Il motivo della spirale, centrale nel film, emerge fin dai titoli di testa realizzati da Saul Bass. Si ripresenta nello chignon di Madeleine, nei cerchi concentrici delle linee del tempo nel tronco di sequoia, nella scala a chiocciola del campanile della missione, negli incubi di Scottie ricaduto nella sua malattia.[11]

I titoli di testa

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Nello schermo nero appare una mezza faccia femminile, la colonna sonora ripete un unico arpeggio, la cinepresa inquadra in primo piano la bocca, si sposta poi verso gli occhi. Scorrono i primi titoli. Nel centro della pupilla compare una spirale che va man mano ingrandendosi, spirali nascono dentro altre spirali, fino a che l'ultima ritorna dentro la pupilla.

Il tema della vertigine

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  • Le vertigini di cui soffre Scottie
  • La vertigine amorosa
  • L'enigma femminile rappresentato dall'acconciatura: la crocchia a spirale
  • Le volute misteriose dell'inconscio
  • La circolarità della vicenda.

Il colore verde

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Nella pellicola si può notare un costante uso del colore verde[12]. La prima volta che Scottie vede Madeleine al ristorante, questa indossa un elegante abito verde. L'automobile di Madeleine è di un intenso verde smeraldo, lo stesso Scottie in una delle scene indossa un maglione verde. Durante l'incubo il lampeggìo sul volto è verde, così come i lampi che passano rapidamente dal rosso al verde. Quando Scottie vede per la prima volta Judy, questa indossa un completo verde (esattamente come la prima volta che aveva visto Madeleine). Quando la sagoma scura di Judy si staglia nella stanza dell'albergo, il lume che rischiara la tenda è verde. Nella scena della boutique, Judy indossa una gonna verde.[13]

L'incubo di Scottie

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Scottie si risveglia dall'incubo

L'incubo che tormenta Scottie, ricaduto nella malattia dopo il finto suicidio della presunta Madeleine Elster, è un'incursione nell'inconscio e nella vertigine della perdita della ragione.

Molte immagini già incontrate, ritornano deformate: la camera buia, il primo piano del volto, lo spalancare degli occhi, l'animazione del fiore che esplode, la collana, la tomba vuota, la testa di Scottie in mezzo a una tela di ragno, il gorgo della spirale, l'inesorabile caduta, il labirinto delle strade di San Francisco. «È la conoscenza di uno stato di assoluta impotenza.»[8]

Tecnica cinematografica

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L'effetto vertigine nella sequenza iniziale

L'effetto delle vertigini è stato riprodotto dopo vari tentativi con una sincronia tra zoomata all'indietro (che crea una profondità maggiore) e carrellata in avanti. Si trattò, per i tempi, di una eccezionale innovazione visuale ottenuta con l'uso di un obiettivo zoom. La tromba delle scale che viene inquadrata era un modellino, costato all'epoca 19 000 dollari, fatto costruire da Hitchcock per riprodurre l'interno della chiesa nei minimi dettagli.[14]

Anche la scena del bacio nella missione spagnola di San Juan Bautista è frutto di un laborioso artificio tecnico: venne dapprima filmato un set circolare con una panoramica a 360°, poi vennero ripresi gli attori che si baciavano, a loro volta sistemati su una piattaforma che ruotava in senso contrario, mentre su uno schermo alle loro spalle veniva proiettata la panoramica girata in precedenza.

Il Golden Gate Bridge di San Francisco, che si vede sullo sfondo nella scena in cui la Novak cade in acqua, è diventato un luogo cult per i cinefili, tanto da essere poi utilizzato in molti altri film; Hitchcock lo aveva scelto come location già nel 1951, definendolo «... un luogo ideale per un delitto».

Il sogno con le spirali rotanti è una citazione del film dadaista/surrealista Anémic Cinéma di Marcel Duchamp (1926).

I titoli di testa rappresentano una vera novità per l'epoca paragonabili nella tecnica a ciò che oggi ci ha abituato a fare la Computer Graphic. Infatti il problema di Hitchcock fu quello di rendere i complessi disegni di Saul Bass immagini in movimento. Per fare ciò egli si affidò a John Withney, il quale utilizzò il moto rotatorio di un calcolatore militare adoperato durante la Seconda Guerra Mondiale per individuare i bersagli in movimento. Ecco dunque che le spirali prendono vita e conducono lo spettatore all'ossessione del protagonista Scottie verso Madeleine.

Anche in questo film Hitchcock si riserva un cameo nei panni di un passante che porta con sé la custodia di un corno mentre passa davanti ai cantieri di proprietà di Elster.

Distribuzione

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Edizione italiana

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Il primo doppiaggio italiano del film fu eseguito dalla C.D.C.; la stessa società si occupò anche di ridoppiare il film per la riedizione del 1984, sotto la direzione di Manlio De Angelis, a causa dell'irreperibilità dell'audio d'epoca.[15][16]

Nel 1997, dopo 12 anni di assenza dalle programmazioni televisive, il film fu restaurato da Robert A.Harris e James C. Katz: originariamente in VistaVision 35 mm a doppio fotogramma da dx a sx, è stato recuperato il 90% del sonoro originale e trasformato in DTS (integrato con suoni riprodotti seguendo le originarie annotazioni di Hitchcock), ed è stato riprodotto in 70 mm a fotogramma unico. Nel 2019, la Cineteca di Bologna ha mandato nei cinema, il 18 novembre, il film restaurato in lingua originale coi sottotitoli.

Riconoscimenti

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  1. ^ (EN) National Film Registry, su loc.gov, National Film Preservation Board. URL consultato il 3 gennaio 2012.
  2. ^ (EN) AFI's 100 Years... 100 Movies, su afi.com, American Film Institute. URL consultato il 12 ottobre 2014.
  3. ^ (EN) AFI's 100 Years... 100 Movies - 10th Anniversary Edition, su afi.com, American Film Institute. URL consultato il 12 ottobre 2014.
  4. ^ Il miglior film di sempre? «La donna che visse due volte» di Hitchcock, su corriere.it, 2 agosto 2012. URL consultato il 19 ottobre 2014.
  5. ^ a b Donald Spoto, Il lato oscuro del genio, Lindau, Torino, 2006, p. 513.
  6. ^ John Russell Taylor, Hitch. La vita e l'opera di Alfred Hitchcock, traduzione di Mario Bonini, Garzanti, Milano 1980, p. 305.
  7. ^ Dan Aulier, Vertigo. The making of a Hitchcock Classic, St. Martin'Press, New York, 1998, pp. 98-103
  8. ^ a b Bruzzone-Caprara, I film di Hitchcock, Gremese, Roma, 1992, p. 225.
  9. ^ a b c d e Victor I. Stoichita, L'effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock, traduzione di Benedetta Sforza, Milano, Il Saggiatore 2006, pp. 215-239. ISBN 88-428-1355-9
  10. ^ (FR) Jean Pierre Esquenazi, Hitchcock et l'aventure de Vertigo. L'invention à Hollywood, CNRS Editions, Paris, 2001, pp. 122-129.
  11. ^ Marco Teti, La vertigine in una spirale. La centralità della figura spiraliforme in La donna che visse due volte.
  12. ^ Jim Emerson, Vertigo | Scanners | Roger Ebert, su rogerebert.com. URL consultato il 7 settembre 2016.
  13. ^ SparkNotes: Vertigo: Themes, Motifs, and Symbols, su sparknotes.com. URL consultato il 7 settembre 2016.
  14. ^ François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Il Saggiatore, 2009, pp. 202-206.
  15. ^ Ernesto Baldo, Pasqua con i cinque Hitchcock d'oro, in La Stampa, 12 aprile 1984, p. 23. URL consultato il 29 settembre 2019.
  16. ^ Michele Anselmi, Ma la voce di Stewart non è più la «sua» (PDF), in l'Unità, 19 aprile 1984, p. 12. URL consultato il 29 settembre 2019.
  • John Russell Taylor, Hitch. La vita e l'opera di Alfred Hitchcock, traduzione di Mario Bonini, Garzanti, Milano 1980.
  • François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, tradotto da Giuseppe Ferrari e Francesco Pittitto, Il Saggiatore, 2009.
  • Paolo Marocco, Vertigo di Alfred Hitchcock. Lo sguardo dell'ozio nell'America del lavoro, Recco-Genova, Le Mani 2003.
  • Mauro Giori-Tomaso Subini, Nel vortice della passione. Vertigo di Alfred Hitchcock, CUEM, Milano 2006.
  • Del Ministro Maurizio, Alfred Hitchcock. La donna che visse due volte, Lindau, Torino 2009 ISBN 978-88-7180-789-8
  • Victor I. Stoichita, L'effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio a Hitchcock, traduzione di Benedetta Sforza, Milano, Il Saggiatore 2006.
  • Jean Pierre Esquenazi, Hitchcock et l'aventure de Vertigo. L'invention à Hollywood, CNRS Editions, Paris, 2001.
  • Natalino Bruzzone-Valerio Caprara, I film di Hitchcock, Gremese, Roma, 1992.

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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