Hemacandra

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Hemacandra

Ācārya Hemacandra, o Hemachandra, o Somachandr, pseudonimi di Chandradeva o Changadev (Dhandhuka, 1088Patan, 1173), è stato un letterato, monaco giainista e filosofo indiano.

Statua di Hemachandra al Centro Jain del New Jersey, USA

Hemacandra nacque in un'agiata famiglia di mercanti indiana, figlio di un visnuista e di una giainista.[1][2]

Hemacandra fu un monaco appartenente al culto giainista, che all'età di ventuno anni venne ordinato insegnante (Ācārya) della scuola Svetambara.[1][2]

È particolarmente conosciuto ed apprezzato per la sua versatilità che lo ha spinto a dedicarsi a molteplici discipline, per le quali, complessivamente, viene ritenuto uno degli intellettuali ed eruditi più importanti del suo Paese,[3] tanto è vero che venne soprannominato sarvajña (onnisciente).[4] Inoltre si fece stimare per la sua generosità, tolleranza e mitezza.[5]

Nell'ambito religioso, Hemacandra compose un voluminoso poema intitolato Triṣaṣṭiśalākāpuruṣacarita ("Gesta dei sessantatré uomini superiori"), incentrato sulla dottrina giainista e sulle biografie degli esponenti più in vista della religione.[6]

Un altro poema significativo fu il Kumârapâlacarita, di genere storico-celebrativo, ma pregnante anche per gli approfondimenti linguistici. In quest'opera Hemacandra descrisse la famiglia reale del Gujarat, che grazie ai suoi insegnamenti aderì al Giainismo e realizzò un prestigioso tempio giainista a Taranga.[3] Hemacandra dal 1125 assunse il ruolo di consigliere del re Kumarapala,[7] e tra le più importanti indicazioni che diede vi furono quella di proibire l'uccisione degli animali e di praticare la dieta vegetariana.[5]

Ma la celebrità di Hemacandra è dovuta soprattutto ai suoi studi di linguistica, culminati con la grammatica Siddhahemacandra, scritta nello stile di Pāṇini e basata sulle ricerche e sulle analisi riguardanti il sanscrito e il pracrito, con il dizionario degli omonimi Anekârthasamgraha, con quello dei sinonimi Abhidhânacintâmani, con quello di genere scientifico Nightantuçesa ruotante intorno alla morfologia e alla fisiologia delle piante,[2] e a vari trattati concernenti le teorie e le pratiche dei versi poetici, tra i quali Chandonuçâsana e Kâvyânuçâsana.[3]

Hemacandra si dimostrò anche un valente filosofo, come evidenziarono le dissertazioni di logica, di morale e di argomenti speculativi.[3]

Infine, ma non per questo meno importanti, Hemacandra scrisse anche trattati politici, come ad esempio Laghvarhannitîçâstra.[3]

Profetizzò la sua morte con un certo anticipo e digiunò nei suoi ultimi giorni, nel pieno rispetto dei riti giainisti.[7][8]

  1. ^ a b Paul Dundas, The Jains, Psychology Press, 2002, p. 134–135, ISBN 978-0-415-26606-2. URL consultato il 17 dicembre 2015.
  2. ^ a b c Amaresh Datta e vari, The Encyclopaedia Of Indian Literature (Volume uno (A To Devo), vol. 1, Sahitya Akademi, 1º gennaio 2006, p. 15–16, ISBN 978-81-260-1803-1. URL consultato il 17 dicembre 2015.
  3. ^ a b c d e le muse, V, Novara, De Agostini, 1964, p. 496.
  4. ^ Hemacandra, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 16 dicembre 2015.
  5. ^ a b Hemacandra nella jainworld.com, su jainworld.com. URL consultato il 7 dicembre 2015 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2008).
  6. ^ Hemacandra nella Enciclopedia.com, su encyclopedia.com. URL consultato il 7 dicembre 2015.
  7. ^ a b Hemacandra nella Enciclopedia Britannica, su britannica.com. URL consultato il 7 dicembre 2015.
  8. ^ Dinkar Joshi, Glimpses of Indian Culture, Star Publications, 1º gennaio 2005, p. 79–80, ISBN 978-81-7650-190-3. URL consultato il 17 dicembre 2015.
  • (EN) Dinkar Joshi, Glimpses of Indian Culture, Star Publications, ISBN 978-81-7650-190-3.
  • (EN) Olle Quarnström, The Yogaśāstra of Hemacandra: A Twelfth Century Handbook of Śvetāmbara Jainism, Harvard University Press, 2002.

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