Giappone postbellico
Il termine Giappone postbellico (戦後日本?, Sengo Nihon) designa quella parte di storia giapponese che intercorre tra la ratificazione della resa incondizionata nella Seconda guerra mondiale (2 settembre 1945) e la conclusione del Periodo Shōwa, coincidente con la morte dell'Imperatore Hirohito (7 gennaio 1989).[1][2]
Politica
[modifica | modifica wikitesto]Nell'immediato dopoguerra si verificò l'Occupazione del Giappone da parte degli Alleati e così il Paese asiatico venne posto sotto il controllo del generale statunitese Douglas MacArthur, il quale impose al Giappone una nuova costituzione.[3][4] Essa stabilisce i princìpi democratici e pacifici sui quali si fonderà il nuovo Stato giapponese, che viene inquadrato politicamente come una monarchia parlamentare.[5] Il generale aveva infatti lo scopo di smantellare l'assetto militarista e totalitario del Giappone e al contempo creare i presupposti per una nazione prospera.[6] L'imperatore del Giappone mantenne il ruolo di capo di Stato ufficiale, ma perse tuttavia il potere politico che fu invece vincolato nelle mani del parlamento. A tal proposito il sovrano fu costretto a ratificare la Dichiarazione della natura umana dell'imperatore, con cui egli stesso rinunciava istituzionalmente alla leggendaria discendenza dalla dea Amaterasu, attribuitagli dai testi antichi della mitologia giapponese.[7] Fu quindi definitivamente abolito lo shintoismo di Stato e al contrario vennero imposti il laicismo e la libertà religiosa.[8] MacArthur riteneva che Hirohito non fosse direttamente responsabile dei crimini commessi dall'Esercito imperiale e inoltre sosteneva che la sua permanenza sul Trono del Crisantemo fosse utile per tenere il Giappone al sicuro dall'anarchia e dal comunismo, sviluppando così un valido partner per l'Occidente.[9] Al contrario dei membri della Famiglia imperiale, tutti gli altri appartenenti alla nobiltà giapponese furono obbligati a perdere il proprio status nobiliare e qualsiasi altro diritto di carattere ereditario tratto dall'antico sistema feudale nipponico.[10]
I comandanti dell'Esercito imperiale giapponese, della marina e i gerarchi del regime fascista nipponico furono imprigionati e molti di essi condannati alla pena di morte, a causa della loro responsabilità nei crimini di guerra giapponesi commessi durante lo scenario bellico.[11] Gli Alleati imposero inoltre lo scioglimento di tutte le società segrete e paramilitari (Sakurakai, Società del Drago Nero, ecc...) e soprattutto delle forze armate ufficiali dell'Impero giapponese. Il Giappone fu quindi disarmato e posto sotto la protezione e il controllo dell'US Army fino al termine dell'occupazione alleata. Nel 1954 infatti vennero fondate le Jieitai (Forze di autodifesa giapponesi), il cui nome riflette il carattere prettamente difensivo che caratterizza il Giappone postbellico.[12] Il definitivo reinserimento del Giappone nella comunità internazionale avvenne negli anni '50 con la ratifica dei negoziati di pace previsti dal Trattato di San Francisco e il ritorno nell'ONU. L'occupazione americana ebbe fine e la nazione riacquisì la propria sovranità formale ma perse i suoi possedimenti coloniali, inoltre la politica estera rimase vincolata e allineata alla volontà degli Stati Uniti. Gli stretti rapporti tra i due paesi proseguirono con la stipulazione del Trattato di mutua cooperazione e sicurezza nel 1960, con cui gli USA mantenevano le proprie truppe in territorio giapponese.[13] Ciò era in linea con la Dottrina Yoshida, attuata a partire dal governo del primo ministro Shigeru Yoshida. La sua strategia consisteva nel lasciare che della difesa e della politica estera nazionale se ne occupassero principalmente gli alleati statunitensi, mentre il Giappone doveva invece concentrarsi principalmente sulla ripresa economica, lasciandosi alle spalle la negativa e devastante esperienza bellica.[14] Malgrado questo non tutta la popolazione concordava con le scelte del governo e la situazione sfociò nelle Proteste Anpo, una serie di violente agitazioni di massa in cui i manifestanti chiedevano la ritirata delle truppe statunitensi dal Giappone e l'abrogazione del trattato con gli USA. Tuttavia gli oppositori inizialmente ottennero soltanto le dimissioni del premier Nobusuke Kishi e l'annullamento della visita del presidente americano Dwight D. Eisenhower. In particolare il governo Kishi era apertamente favorevole al trattato di cooperazione, mentre le principali forze di opposizione lo avversavano. Successivamente le proteste coinvolsero anche l'attuale prefettura di Okinawa, che dal 1945 per cinque anni fu amministrata da un autoritario governo militare statunitense, per poi essere gestita dall'Amministrazione civile degli Stati Uniti d'America per le isole Ryūkyū fino al 1972, anno in cui l'arcipelago ryukyuano fu infine restituito allo Stato del Giappone.[15]
Con l'intento di alimentare il riscatto internazionale del Giappone postbellico, si provvide all'organizzazione dei Giochi olimpici di Tokyo 1964. Il Giappone colse quest'occasione per riabilitare la propria reputazione, dimostrando al mondo intero di essersi lasciato alle spalle gli orrori della guerra e il disonore di nazione sconfitta, ma soprattutto di affermarsi come paese tecnologico e all'avanguardia.[16]
La scena politica del periodo postbellico fu in larga parte dominata dal Partito Liberal Democratico, tutt'ora il principale schieramento politico del Paese. All'epoca i principali avversari politici dei liberaldemocratici furono il Partito Socialista, il Partito Democratico Socialista e il Partito comunista. Soltanto tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 la sinistra moderata si aprì alla cooperazione militare con gli USA, mentre i comunisti rimasero inamovibili nel loro antimilitarismo. L'evento più sconvolgente della politica interna giapponese del dopoguerra, fu l'assassinio in diretta TV del leader socialista Inejirō Asanuma nel 1960, ad opera dello studente Otoya Yamaguchi.[17][18]
Nel Giappone postbellico i tentativi di attuare un colpo di Stato furono molto limitati. La manovra del 1961 per uccidere il premier Hayato Ikeda e ottenere il controllo della Dieta finì con un nulla di fatto, giacché la polizia giapponese agì preventivamente sventando il golpe. Il tentativo più iconico fu tuttavia quello dell'illustre scrittore Yukio Mishima che nel 1970 con i miliziani della Tatenokai irruppe nel quartier generale delle Jieitai cercando vanamente di provocare un moto rivoluzionario, una volta fallito il suo intento Mishima si tolse la vita commettendo seppuku, emulando così le gesta degli antichi samurai.[19]
Il 1989 si apre con la morte dell'anziano e controverso monarca Hirohito a cui succede l'erede al trono Akihito. Con l'intronizzazione del nuovo imperatore giapponese si chiuse così dopo ben sessantatré anni l'Epoca Showa per lasciare spazio al trentennale Periodo Heisei.[20]
Economia
[modifica | modifica wikitesto]La Guerra del Pacifico lasciò in eredità un paese distrutto e martoriato, tanto materialmente quanto spiritualmente. L'arcipelago giapponese aveva perso sotto i colpi delle bombe buona parte del suo apparato industriale e inoltre doveva fare i conti con la cessione delle colonie, che rifornivano un territorio altrimenti povero di materie prime. Nel 1946 la produzione industriale nipponica non raggiunse nemmeno un terzo dei valori rilevati prima della guerra. MacArthur era conscio del fatto che per favorire l'abbandono del sistema militarista e ultranazionalista era necessario lo sviluppo di un sistema politico democratico e soprattutto di un apparato produttivo forte, competitivo e ben integrato in una moderna economia di mercato. I giapponesi erano consapevoli che gli aiuti economici provenienti dagli USA erano preziosi, ma altrettanto consci del fatto che la questione economica era troppo cruciale per essere completamente lasciata alle regole del libero mercato. Così a partire dal 1949 il Ministero dell'Industria e del Commercio estero iniziò a prendere provvedimenti in ambito economico per risollevare il Giappone. I funzionari del ministero si preoccuparono di adottare le misure adatte per trovare un giusto compromesso che accontentasse il governo, i burocrati e le grandi imprese. In primo luogo il Giappone si concentrò sullo sviluppo dell'industria pesante, in particolare il comparto siderurgico e navale. In seguito arrivò la crescita dell'industria leggera, focalizzata sulla produzione di elettrodomestici. La strategia includeva principalmente investimenti mirati per lo sviluppo dei settori strategici e la tutela di determinati comparti ritenuti più fragili.[21] L'adozione della precedentemente citata Dottrina Yoshida, permise in seguito al Paese di concentrare i propri sforzi sulla crescita economica. Con gli americani impegnati nella Guerra di Corea, il vicino Giappone divenne il primo fornitore di beni e servizi per le truppe statunitensi e ciò contribuì alla ripresa dei settori strategici nazionali. Tuttavia negli anni '50 i prodotti esportati dal Giappone erano considerati di scadente fattura, così il governo adottò un sistema di controllo dei prodotti che permise di incrementare notevolmente gli standard di qualità della manifattura nipponica. Inoltre la produzione nazionale era già tornata a competere ai livelli prebellici. Ulteriore fattore vantaggioso fu il costo piuttosto contenuto del petrolio importato dal Giappone, che essendone privo non poteva estrarlo nel proprio territorio. Per sopperire al problema i giapponesi realizzarono impianti di estrazione e fabbriche direttamente nei paesi di esportazione, soprattutto nella zona del Golfo Persico. Nel giro di pochi decenni, il potere d'acquisto dei lavoratori giapponesi venne triplicato e questo alimentò il consumismo e la crescita economica. Così in breve tempo il marchio Made in Japan divenne sinonimo di qualità e affidabilità soprattutto nel comparto elettronico e tecnologico, di cui la maggior parte dei leader mondiali erano aziende giapponesi. Negli anni '60 il Giappone si era già affermato come la terza potenza economica più grande del mondo, dopo USA e URSS. Il boom economico subì un brusco calo nel 1973 in seguito alla Guerra del Kippur, che causò un elevato aumento dei prezzi delle importazioni petrolifere.[22]
Tuttavia l'economia giapponese si riprese ben presto e negli anni '80 la sua enorme influenza economica e finanziaria era addirittura in grado di concorrere con gli Stati Uniti.[23] Lo storico Chalmers Johnson tentò di far luce su quali fattori siano stati decisivi per la realizzazione del miracolo giapponese. Egli affermò che pur avendo adottato un sistema capitalista, il Giappone ha messo in atto numerosi interventi per favorire la crescita e lo sviluppo, come previsto dall'economia pianificata. Questa sinergia tra intervento statale e libero mercato definisce il modello di Stato Sviluppista portato avanti dal Giappone postbellico.[24]
Cultura
[modifica | modifica wikitesto]A partire dal dopoguerra il Giappone è stato interessato da un crescente fenomeno di assimilazione di usi e costumi provenienti dall'Occidente. L'incontro tra la cultura giapponese e la cultura occidentale ha ispirato generazioni di artisti nipponici in numerosi ambiti, come la musica, la letteratura e il cinema. Tuttavia è anche vero il contrario, difatti seppur gli anni bellici diffusero un certo sentimento antigiapponese, mano a mano che il Giappone riacquisiva credibilità agli occhi del mondo, la cultura pop del Sol Levante si diffondeva all'estero. Così i ragazzi occidentali cominciarono ad appassionarsi ai prodotti artistici del Giappone postbellico: film kaijū, anime e manga. Questo fenomeno ha dato vita alla sottocultura otaku, tanto in Giappone quanto all'estero.[25] Altri fattori determinanti per la diffusione della nippofilia su scala globale è stata la possibilità di poter fruire delle arti marziali giapponesi e della filosofia a esse correlate.[26] Nel dopoguerra la rigidità e il tradizionalismo della società giapponese si scontrarono con la gioventù ribelle e desiderosa di rompere gli schemi imposti, ciò ha causato la nascita del fenomeno dei bosozoku, i teppisti di strada che a bordo delle loro motociclette si dilettavano nel compiere azioni sovversive.[27] A questo modello sociale sregolato si contrappone il salaryman, l'impiegato provetto dipendente delle grandi imprese giapponesi che fa della diligenza e dello stacanovismo il perno della sua esistenza, mostrando in un certo senso nei confronti dei propri dirigenti aziendali la stessa fedeltà che il samurai era solito riservare al suo signore feudale.[28]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La fine di un'era, su difesaonline.it.
- ^ Un'epoca densa di cambiamenti, su japan-experience.com.
- ^ Il comandante supremo delle forze alleate, su treccani.it.
- ^ La costituzione del 1947, su questionecivile.it.
- ^ Il pacifismo del nuovo Giappone, su corriere.it.
- ^ Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, Mondadori, 2021, pp. 207-209.
- ^ Dichiarazione della natura umana dell'imperatore, su biblio.toscana.it.
- ^ Abolizione dello shintoismo di Stato, su treccani.it.
- ^ Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, Mondadori, 2021, pp. 215-216.
- ^ Fine del Kazoku, su vivant.it.
- ^ Il Processo di Tokyo, su corriere.it.
- ^ Nascita delle Forze di autodifesa giapponesi (PDF), su archiviodisarmo.it.
- ^ I trattati del dopoguerra, su lospiegone.com.
- ^ La Dottrina Yoshida, su giapponegiappone.it.
- ^ La questione delle Isole Ryukyu, su ilmanifesto.it.
- ^ Le olimpiadi di Tokyo 1964, su ilpost.it.
- ^ L'assassinio di Asanuma, su lefotografiechehannofattolastoria.it.
- ^ Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, Mondadori, 2021, pp. 244-245.
- ^ Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, Mondadori, 2021, pp. 243-244.
- ^ Il Periodo Heisei, su tokyokodokan.it.
- ^ Kenneth G. Henshall, Storia del Giappone, Mondadori, 2021, pp. 235-236.
- ^ La ripresa economica, su focusgiappone.net.
- ^ Superpotenza manifatturiera e finanziaria, su tesionline.it.
- ^ Le cause dello sviluppo, su ilsileno.it.
- ^ Anime e manga nella cultura popolare, su it.emb-japan.go.jp.
- ^ Arti marziali e filosofia giapponese in Occidente, su abcallenamento.it.
- ^ Gioventù ribelle, su tuttogiappone.eu.
- ^ Il lavoro come prigione sociale, su it.insideover.com.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Articolo 9 della costituzione giapponese
- Attentato contro la Mitsubishi Heavy Industries
- Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki
- Comandante supremo delle forze alleate
- Fronte armato antigiapponese dell'Asia Orientale
- Movimento indipendentista delle Isole Ryūkyū
- Nippon Kaigi
- Processo di Tokyo
- Relazioni internazionali del Giappone
- Repubblicanesimo in Giappone
- Storia dello shintoismo
- Trattato di normalizzazione dei rapporti tra Corea del Sud e Giappone
- Uyoku dantai
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giappone postbellico
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Japan - Post-WWII, Economy, Culture, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Controllo di autorità | NDL (EN, JA) 00568283 |
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