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Galateo overo de' costumi

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Galateo overo de' costumi
AutoreGiovanni Della Casa
1ª ed. originale1558
Generesaggio
Lingua originaleitaliano

Il Galateo overo de' costumi, il cui titolo completo è Trattato di messer Giovanni della Casa, nel quale sotto la persona d'un vecchio idiota ammaestrante un suo giovanetto, si ragiona de modi, che si debbono o tenere, o schifare nella comune conversatione, cognominato Galatheo overo de costumi, noto comunemente come Galateo, è un breve trattato scritto da Giovanni Della Casa (1503-56) probabilmente negli anni in cui si ritirò nell'abbazia di Sant'Eustachio presso Nervesa, nel trevigiano, o a Calvisano (BS) tra il 1551 e il 1555, e pubblicato postumo nel 1558.

L'opera era stata preceduta da un breve trattato in latino sullo stesso argomento, il De officiis inter tenuiores et potentiores amicos (1546). Allusioni indirette presenti nel testo del Galateo fanno ritenere che il trattato sia stato scritto tra il 1550 e il 1552, in un periodo di tranquillità seguito alla rinuncia di molte sue cariche e precedente la nomina a Segretario di stato voluta da Papa Paolo IV. L'opera fu dedicata a Galeazzo Florimonte, vescovo prima di Aquino e poi di Sessa Aurunca (da ciò il titolo dell'opera, infatti Galatheus è la forma latina del nome del dedicatario).

Le edizioni del Galateo si rifanno sostanzialmente al testo del manoscritto Vaticano Latino (ex Parraciani Ricci) apografo, ma con correzioni autografe (ha valore quindi di autografo) e all'editio princeps (Vulgata) edita a Venezia e curata da Erasmo Gemini (segretario di Della Casa). La problematicità della scelta delle due lezioni proviene dal fatto che solo il manoscritto è certificato come lezione d'autore (correzioni di Della Casa stesso) mentre discutibile è lo sviluppo del testo nella princeps: per una corretta focalizzazione sulla differenza tra varianti diventa importante il confronto tra l'edizione critica Scarpa (basata usualmente sulla princeps e influenzata dal lavoro di Prezzolini) e l'edizione a cura di Barbarisi (con il riferimento del Vaticano Latino).

  • Nel manoscritto non compare né il titolo né la ripartizione in capitoli
  • Il manoscritto è stato acquistato dalla Biblioteca Vaticana solo negli anni cinquanta del Novecento: prima faceva parte del fondo Parraciani (poi Parracciani-Ricci), un fondo privato e quindi consultabile da pochi "autorizzati"
  • Molte delle varianti della princeps sono forse da attribuire a Erasmo Gemini stesso o al Gualteruzzi
  • Nella lettera dedicatoria a inizio trattato della princeps, Erasmo riferisce di avere avuto non pochi problemi ad avere il permesso di pubblicare il Galateo, opera di proprietà del nipote di Della Casa: Annibale Ruccellai

Il trattato, scritto in forma di dialogo platonico, per quanto l'interlocutore stia in ascolto del "vecchio" per tutto il trattato, condensa le molteplici esperienze di diplomazia e di vita cortigiana accumulate in qualità di Nunzio apostolico a Venezia e Segretario di stato durante il pontificato di Papa Paolo III. Dietro il giovinetto si cela Annibale, il nipote prediletto dell'autore. I trenta capitoli sono stati aggiunti nell'editio princeps probabilmente dall'editore: il manoscritto Vaticano Latino (ex Parraciani Ricci) infatti ne è sprovvisto.

I capitoli trattano i seguenti argomenti

  1. Ideale di vita: i buoni costumi sono utili alla società
  2. Le azioni si devono fare non a proprio arbitrio, ma per il piacere di coloro con i quali si è in compagnia
  3. Cose laide da non fare o nominare
  4. Aneddoto di Messer Galateo e del Conte Ricciardo
  5. A tavola: modi dei commensali e dei servitori
  6. Comportamenti da tenere in compagnia degli altri
  7. Bisogna adattarsi alle usanze degli altri nel modo di vestirsi, di tagliarsi i capelli e la barba
  8. Non avere a tavola modi violenti o noiosi o sconci; aneddoto di Messer Bandinelli
  9. Utilità della ritrosia, ma senza eccessi
  10. Non si devono usare modi vezzosi come quelli delle donne
  11. Evitare argomenti che non interessano o temi sottili difficili da capire
  12. Condanna dei bestemmiatori e di coloro che raccontano i propri sogni - il sogno di Messer Flaminio Tomarozzo
  13. Contro i millantatori e i bugiardi o coloro che si vantano
  14. Sul linguaggio da tenere durante la conversazione: chiarezza, onestà; evitare parole sconce o dal doppio senso o le cerimonie fatte per tornaconto o per adulazione
  15. Conclusione contro le cerimonie, perché degli uomini malvagi e sleali
  16. Sulle cerimonie per debito o per vanità - le cerimonie imposte dalla legge da usare tenendo conto del luogo e delle usanze - aneddoto di Edipo e Teseo
  17. Non usare cerimonie fuor del convenevole per non essere vanitosi
  18. Le persone schifano l'amicizia dei maldicenti - condanna dell'eccesso del dare consigli
  19. Bando agli scherni e alle ingiurie - occorre saper fare bene le beffe
  20. Sui motti di spirito
  21. Il conversare disteso deve rappresentare le usanze, gli atti e i costumi
  22. Sul linguaggio da tenere durante la conversazione: chiarezza, onestà; evitare parole sconce o dal doppio senso
  23. Prima di parlare bisogna sapere cosa dire - il tono della voce - scelta delle parole dal miglior suono e dal miglior significato
  24. Lasciare che anche gli altri parlino - non interrompere qualcuno quando parla - il soverchio dire reca fastidio, il soverchio tacere odio
  25. Aneddoto del Maestro Chiarissimo - il costume e la ragione sono i maestri per porre freno alla natura - l'educazione deve essere impartita fin nella più tenera età
  26. La bellezza femminile: convenevole misura fra le parti verso di sé e fra le parti e 'l tutto
  27. La bellezza è armonia: anche il vestire deve essere armonico
  28. Fuggire vizi come lussuria, avarizia, crudeltà - ogni azione (vestire, portamento, camminata, parlata, stare a tavola, ecc.) deve essere armonica
  29. Norme generali di comportamento
  30. Ancora norme di comportamento

Nei primi capitoli si dice che un gentiluomo debba essere in ogni occasione costumato, piacevole e di bella maniera. Inoltre non deve mai menzionare, né fare, né pensare cose spiacevoli che invochino nella mente dell'interlocutore immagini disdicevoli; da qui, evitare di fare vedere che si è in procinto di andare o si è appena tornati dal bagno, soffiarsi il naso e guardare nel fazzoletto come se vi siano diamanti o pietre preziose, sputare, sbadigliare in pubblico e punzecchiare con il gomito. Della Casa ci dice che l'aspetto esteriore è molto importante; infatti i vestiti devono essere fatti su misura e calzare come un guanto, rispecchiare lo status sociale di chi li indossa e soprattutto seguire le mode locali.

Arrivati al capitolo VIII si può trovare l'unico riferimento certo sulla datazione del libro a noi pervenuto: viene infatti citato Messer Ubaldino Bandinelli, vescovo di Montefiascone e Corneto, nonché amico e protettore di Della Casa, dicendo che, al momento della stesura del libro, era morto da poco. Discorrendo con la lettura si continua a parlare dei comportamenti riguardanti il favellare: bisogna parlare di argomenti graditi a tutti i presenti e mostrare rispetto verso tutti; se si inizia a parlare di un determinato argomento e ci accorgiamo che gli altri non sanno di che cosa si stia parlando, è buon costume cambiare oggetto della conversazione; l'oggetto però non deve essere né se stessi né la propria famiglia.

Quando Della Casa scrive i suoi appunti la Chiesa e quindi la religione avevano un ruolo importante nella vita delle persone, e mai Dio sarebbe stato chiamato in causa in una discussione se non per lodarlo. Essendo molto religiosi non avrebbero nemmeno dovuto mentire o ingannare le altre persone perché significava andare contro il volere di Dio. A un certo punto, nel capitolo XIV si parla del modo il cui ci si pone alle altre persone e la prima cosa che l'autore sottolinea è che il mal costume riguardo al quale è in procinto di parlare non è italiano, bensì è stato importato in Italia da un altro popolo, quello spagnolo.

Non dobbiamo dimenticare che già la parte meridionale della penisola faceva parte del S.R.I., e che nemmeno un decennio dopo la stesura di questo libro, con il trattato di Cateau Cambresis del 1559, il settentrione, Repubblica Veneta esclusa, sarà ufficialmente sotto il dominio spagnolo. Il costume in questione è il cerimoniare le altre persone; questo comportamento per l'autore è indice di vanità e non meno grave del mentire. In più il fatto che un uomo di basso rango adotti un simile comportamento con il suo padrone sta come a significare che egli non abbia il potere necessario a imporre il proprio volere: infatti da cotali persone non si richiedeva altro che obbedienza.

Altro affare è se le cerimonie ci vengono fatte: mai rifiutarle perché potrebbe essere preso come segno di arroganza. Gli stessi princìpi devono essere osservati nelle lettere cartacee. Dopo questa piccola parentesi Della Casa torna a illustrare i costumi del favellare. Ci dice che mai si devono usare termini vili o sconvenevoli in un discorso, neanche se il fine del quale è il riso e che, non tanto se la discussione è breve ma per lo più quando si ha intenzione di portarla avanti, si deve usare un linguaggio il più possibile “ordinato e ben espresso” in modo tale che l'uditore possa essere in grado di immaginare le cose con cui lo si sta intrattenendo. Oltre alla chiarezza delle parole usate è importante anche che queste abbiamo un bel suono.

In più, prima di parlare di un qualsiasi argomento, è bene saperlo nella propria mente. Non sta bene né interrompere qualcuno mentre sta parlando, né tantomeno aiutarlo a trovare le parole se in difficoltà perché significherebbe incentivarlo alla pigrizia. Al capitolo XXV Della Casa paragona il suo manuale con il ben più antico Canone di Policleto: evidenzia anche il fatto che a differenza del grande maestro greco lui non possa fornire un esempio concreto, ma può solo augurarsi che le persone, le quali leggeranno questo suo libro, mettano in pratica i suoi consigli.

Secondo l'autore i cattivi costumi sono da considerarsi come le malattie, e più in là con gli anni si va e più è difficile liberarsene; infatti consiglia di iniziare la pratica delle buone maniere fin da piccoli perché “la tenera età, sì come pura, più agevolmente si tinge d'ogni colore”. Negli ultimi tre capitoli l'autore ci parla di alcuni comportamenti generali: tutto ciò che si fa non deve solo essere giusto, ma deve anche essere fatto con leggiadria; il gentiluomo non deve mai correre o camminare troppo lentamente; inoltre, secondo la visione dell'autore "non abbiamo potere di mutare le usanze a nostro senno, ma il tempo le crea" quindi, ovunque ci troviamo, è giusto e doveroso adattarsi ai costumi locali.

Della Casa ci riporta anche dei comportamenti da tenere a tavola, come il non grattarsi, non riempirsi troppo la bocca, non pulirsi i denti con il tovagliolo, né tantomeno con lo stuzzicadenti e non sputare, prendendo in questo esempio da quei popoli di cui aveva tanto sentito parlare, i persiani, che non avevano mai avuto quest'abitudine. Altra cosa che sconsiglia caldamente è l'offrire da bere, altra “malattia” d'oltralpe, ma che per fortuna non si è ancora radicata in Italia. Il lavarsi le mani in pubblico è accettabile solo prima di pranzo e dinnanzi ai commensali, così che possano essere sicuri che la persona con cui divideranno il cibo è pulita; infatti nel XVI secolo era ancora diffuso il dividere il piatto e il bicchiere con un'altra persona e l'uso delle posate non era ancora ben radicato.

L'opera si inserisce nel filone umanistico e didascalico che, prendendo le mosse dall'opera allegorica di Brunetto Latini e dal Fiore dantesco, attraverso le speculazioni degli Umanisti del Quattrocento raggiunge i suoi culmini con il Cortegiano (1513-1518) di Baldassarre Castiglione, gli Asolani (1505) e le Prose della volgar lingua (1525) di Pietro Bembo. Alla radice dell'ispirazione dell'autore sta lo stesso concetto di "Grazia" e di "decoro" caratteristici dell'opera del Castiglione; tuttavia il modello etico ed estetico dell'uomo rinascimentale nel Galateo non viene ristretto alla nobiltà, ma dichiarato raggiungibile ed esemplabile da tutti.

Stile dell'opera

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La penna di Della Casa, che come poeta fu prolifico autore di capitoli in stile bernesco, oscilla felicemente tra il serio e il faceto, e persino gli espedienti retorici sono rivelati solo quando vogliano suscitare con la loro sostenutezza il sorriso del lettore a fini didattici, per esempio polisindeti come:

"Sono ancora di quelli che così si dimenano e scontorconsi e prostendonsi e sbadigliano" (VI)

La lingua rispecchia una completa ricezione della lingua toscana quale modello proposto pochi anni prima dal Bembo: Della Casa già come autore di un Canzoniere si era mostrato ligio e geniale alfiere e interprete del verbo delle prose bembesche. La lunga parola che apre il trattato - Conciossiacosaché - ha invece contribuito non poco a fare credere pedantesco e noioso un libro che oggi è considerato una delle prose più eleganti del XVI secolo.

L'autore stesso specificò di non volere scrivere un trattato di filosofia morale, quanto piuttosto una precettistica minuta, e ciò concorse notevolmente al successo dell'opera in tutta Europa (è significativo l'oblio toccato al De officiis inter tenuiores et potentiores amicos). Proprio il sostanziale abbassamento dal punto di vista dell'uso quotidiano si rivelò la formula vincente dell'opera.

Tra i contemporanei che seguirono la scia del successo del 'Galateo', favoriti anche dal clima controriformistico, vanno ricordati:

Il trattato godette di indiscussa diffusione e fortuna per oltre tre secoli.

Oggi il Galateo, come molti altri classici, è ormai più ricordato che letto, ma esso rimane nell'immaginario collettivo a seguito del suo passaggio a nome comune.

Edizioni antiche

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Edizioni critiche

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  • Giovanni della Casa, Galateo overo de' costumi, a cura di Emanuela Scarpa, Franco Cosimo Panini Editore, Modena 1990 (edizione della princeps, 1558)
  • Giovanni della Casa, Galateo, titolo orig. Galatheo, ò vero de' costumi, a cura di Gennaro Barbarisi, Marsilio, Venezia 1991 (edizione del manoscritto)

Edizioni recenti

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  • Giovanni della Casa, "Galateo ovvero de'costumi", a cura di Bruno Maier, edizioni mursia gum testi
  • Giovanni della Casa, Galateo overo de' costumi, a cura di Giancarlo Rati, Tascabili economici Newton, Roma 1993
  • Giovanni della Casa, Galateo overo de' costumi, testo originale con la versione in italiano di oggi di Myriam Cristallo, introduzione di Giorgio Manganelli, premessa al testo e note di Claudio Milanini, B.U.R., Milano 1992
  • Giovanni Della Casa, Galateo ovvero de' costumi, a cura di Stefano Prandi, 1994, 2000 e 2016 (nuova edizione riveduta), Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, (ET CLASSICI - Einaudi Tascabili Classici), www.einaudi.it, ISBN 978-88-06-23206-1, pp. LIX-116
  • Galateo-serie aggiornata (periodico di Ettore Gallelli-editore)
  • E. Bonora, Il boccacismo del Galateo, in Retorica e invenzione, Milano, Rizzoli, 1970
  • M. Santoro, La "discrezione" nel 'Galateo' di G. Della Casa in M.Santoro, Fortuna e prudenza nella civiltà letteraria del Cinquecento, Napoli, Liguori, 19782
  • G. Paparelli, Humanitas in tono minore: il 'Galateo' di G. Della Casa, in G. Paparelli, Feritas, Humanitas, Divinitas, L'essenza del Rinascimento, Napoli, Guida, 19732.
  • N. Elias, La civiltà delle buone maniere, trad. it. Bologna, Il Mulino, 1982

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Collegamenti esterni

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