Vai al contenuto

Elettrodo di riferimento

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Apparato per la misurazione del potenziale di elettrodo:
1) elettrodo di lavoro
2) elettrodo ausiliario
3) elettrodo di riferimento.

Un elettrodo di riferimento è un elettrodo che presenta un potenziale di elettrodo ben determinato e stabile, indipendente dall'intensità di corrente che attraversa la cella elettrochimica in cui è inserito.[1] Si dice a tale proposito che l'elettrodo di riferimento è "idealmente non polarizzabile": per ottenere ciò, ossia per rendere trascurabile il passaggio di corrente attraverso tale elettrodo, esso deve essere inserito in un circuito ad alta impedenza[2].

Gli elettrodi di riferimento sono utilizzati per la misura del potenziale elettrochimico a partire dal potenziale di cella, che è pari alla differenza di potenziale tra l'elettrodo di lavoro e l'elettrodo di riferimento.

Esempi di elettrodi di riferimento

[modifica | modifica wikitesto]

I più comuni elettrodi di riferimento sono:

Requisiti degli elettrodi di riferimento

[modifica | modifica wikitesto]

La stabilità degli elettrodi di riferimento è solitamente ottenuta utilizzando un sistema redox i cui costituenti sono a concentrazione costante.

La costanza della concentrazione della soluzione elettrolitica nella quale è immerso l'elettrodo di riferimento è in genere assicurata utilizzando:

Altro requisito essenziale degli elettrodi di riferimento è l'essere non polarizzati.[4]

  1. ^ IUPAC Gold Book.
  2. ^ Università degli Studi di Padova, Laboratorio di chimica fisica (PDF), su chimica.unipd.it. URL consultato il 6 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2018).
  3. ^ Potenziali di giunto, su dsch.univ.trieste.it.
  4. ^ Copia archiviata (PDF), su siba.unipv.it. URL consultato il 23 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 6 agosto 2010).

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]