Cultura di Monte Claro
La cultura Monte Claro è una cultura prenuragica diffusasi in tutta la Sardegna intorno alla seconda metà del III millennio a.C. (2400-2100 a.C.), durante il Calcolitico. Prende il nome dall'omonimo colle di Cagliari dove sono stati fatti importanti ritrovamenti, chiamato appunto di Monte Claro[1]. Sul finire del millennio venne succeduta dalla cultura del vaso campaniforme.
Origine e suddivisioni
[modifica | modifica wikitesto]Non vi sono analogie con le precedenti culture isolane né con quelle parzialmente contemporanee come la cultura di Abealzu-Filigosa e pertanto viene considerata, da alcuni studiosi, come una cultura importata dall'esterno da genti immigrate[2]. La sua diffusione, che nella prima fase fu forse segnata da scontri con le popolazioni locali, sembra essere avvenuta attraverso una lenta espansione, partita dal sud verso il nord dell'isola[2].
Viene suddivisa in quattro facies: Sassarese, Nuorese, Campidano, Oristanese. All'interno di ciascuna facies sono riconoscibili delle peculiarità che riguardano non solo la cultura materiale (ceramica, metallurgia ecc.) ma anche l'ambito religioso ed insediativo[1].
Caratteristiche della Sardegna meridionale sono una certa varietà di tipologie tombali, tra cui le tombe a forno, mentre nella Sardegna settentrionale vengono innalzate per la prima volta sull'Isola grandi muraglie megalitiche, una delle quali si trova nel complesso prenuragico di Monte Baranta ad Olmedo.
Insediamenti
[modifica | modifica wikitesto]Sulla base di quanto ritrovato, gli archeologi sostengono che le popolazioni che svilupparono questa cultura si concentrarono in quei territori a chiara vocazione agricola, pastorale e mineraria in particolare nelle vicinanze dei fiumi e nelle pianure[2] dove si stabilirono in villaggi di capanne rettangolari all'aperto, come dimostrano i ritrovamenti effettuati nella Marmilla, e dove a Corti Beccia (Sanluri), si contano 40 capanne, alcuni silos ed una stalla.
Colpisce la difesa con muri e fortificazioni che anticipano quelle dell'Età del bronzo. I ritrovamenti di questo tipo, concentrati nella parte centro-settentrionale dell'isola, evidenziano la costruzione di villaggi fortificati con mura megalitiche: questa necessità era sicuramente dovuta alla difesa in eventuali conflitti tribali con altre popolazioni. Analoghi insediamenti fortificati si trovano nello stesso periodo anche nel Midi francese[3].
Usi funerari
[modifica | modifica wikitesto]Le tombe sono di vario tipo. Spesso si ricorre ad un ingresso costituito da un pozzo profondo all'incirca tre metri dove all'estremità, ai lati disposta a trifoglio venivano scavati nella roccia tre loculi individuali a forma di forno chiuso con muri a secco spessi all'incirca 0,50 m (il morto veniva appoggiato sul lato sinistro in posizione fetale, accanto ad esso venivano lasciate dei vasi o scodelle, forse con del cibo e delle bevande, usanza connessa ad una credenza di un risveglio del morto all'aldilà). Questa tipo di tomba è stata rinvenuta a Cagliari in seguito a scavi per fognature in via Basilicata.
Altre tombe sotterranee venivano delimitate e coperte con lastroni. Quest'ultimo è il metodo seguito nella tomba di Su Quaddu de Nixias (Lunamatrona), ottenendo una costruzione che si chiama olla o cista. Gli oggetti di materiale deperibile non ci sono pervenuti. Dall'esame degli scheletri, gli uomini che vissero in questo periodo avevano un'altezza media di 1,60 m circa e le donne di 1,50 m circa.
Cultura materiale
[modifica | modifica wikitesto]La metallurgia ci ha lasciato reperti notevoli: un crogiolo manicato, pugnali con lama a foglia e punteruoli di rame, grappette di piombo per riparare i vasi di terracotta. Le ceramiche permettono di riconoscere lo status sociale dei proprietari.
Le decorazioni sono ottenute per impressione, incisione, ritaglio e brunitura. Resti databili al 2500 a.C. indicano una notevole produzione di otri e grandi vasi di forma cilindrica, decorati in modo semplice, a testimonianza di un'importante attività agricola che necessitava sicuramente la conservazione dei prodotti. In generale il repertorio vascolare Monte Claro mostra somiglianze con quello della cultura di Fontbouisse della Francia meridionale e con quello della cultura siciliana di Piano Conte[4].
Culto
[modifica | modifica wikitesto]La religione è basata su concezioni astratte, mancano le rappresentazioni antropomorfe. Fra i luoghi di culto conosciuti vi è il sito di Biriai di Oliena, composto da un circolo megalitico segnato da 12 menhir[5].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Brigaglia,Mastino,Ortu, p.11.
- ^ a b c Foschi Nieddu, Alba (2000) I Nuovi dati sull'Eneolitico sardo dagli scavi 1993 nella necropoli di Filigosa-Macomer (NU). In: L'ipogeismo nel Mediterraneo: origini, sviluppo, quadri culturali: atti del Congresso internazionale, 23-28 maggio 1994, Sassari-Oristano, Italia. Sassari, Università degli studi di Sassari, Facoltà di Lettere e filosofia, Istituto di Antichità, arte e discipline etnodemologiche e Dipartimento di Scienze umanistiche e dell'antichità. V. 2, p. 803-818: ill. Contributo in congresso.
- ^ Depalmas, Anna (1989), La Cultura di Monte Claro: considerazioni e aspetti tipologici. Antichità sarde, Vol. 2 , p.5-62
- ^ Laura Sedda, Ceramiche “Monte Claro” dall'insediamento di Monte Olladiri in Monastir (CA): Lotto Coccodi (contenitori 105, 106, 112, 114)
- ^ Brigaglia,Mastino,Ortu, p.12.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- A cura di M.Brigaglia, A.Mastino, G.Ortu Storia della Sardegna 1. Dalle origini al Settecento, Bari, 2006.
- E. Atzeni, Cagliari preistorica, Cagliari, 2003.
- M. G. Melis, L'età del Rame in Sardegna: origine ed evoluzione degli aspetti autoctoni, 2000.